"LA TRAGICOMMEDIA" di Paolo Bagnoli
29-11-2017 - EDITORIALE
Siamo oramai al finale di spettacolo e, come ogni rappresentazione degna di tale nome, non può mancare l´imprevisto sensazionale. E così è anche per questo confuso e miserrimo fine di legislatura. A dire il vero sul palcoscenico della ribalta nazionale di spettacoli ce ne sono tanti. E´ diventato ampio tema di esame pure la notizia che un grillino che si credeva, evidentemente sbagliando, di primo piano annunciasse la sua non ricandidatura cogliendo a pretesto la nascita di un figlio. Auguri al nuovo venuto, ma l´idea che ci siamo fatti è che il novello padre, fatto fuori dai giochi di vertice e, forse, annusando una brutta aria, dopo aver fatto una sorridente e biciclettante campagna elettorale in Sicilia, a differenza di tanti, senta che per i 5Stelle non tira un buon vento e lascia tutto all´improvvisato suo compagno di partito designato a Palazzo Chigi l´onore e l´onore di batterci la testa.
Naturalmente le luci dello spettacolo, in questi giorni, sono state tutte per Piero Fassino che ha fatto il porta a porta per vendere un prodotto non proprio brillante come il renzismo a possibili alleati del Pd che si trovano alla sua sinistra. Il bello è che l´unica proposta consistesse in una paura: quella di perdere le elezioni A ben vedere, poi, anche questa passava in secondo piano se si fosse riconquistati alla causa del renzismo gli scissionisti. Che ciò non fosse nella logica delle cose lo avrebbe capito anche un bambino, ma Fassino ha fatto tristemente la sua parte e, sicuramente, il suo leader dirà, o farà trapelare, che non l´ha fatta bene visti i risultati. E potremmo continuare tra amenità e tristezze.
Dopo la Direzione del Pd è stato ancora più chiaro quello che, nemmeno prima, appariva scuro. Si riteneva, non a torto, che il risultato delle elezioni siciliane, determinasse qualcosa di nuovo nei rapporti tra tutti coloro che dicono di volere la costituzione di un centro-sinistra - di cosa, poi, politicamente si tratti è tutto da vedere - ma la situazione è rimasta al palo. Si è mossa solo la schermaglia del politichese, di una bassa furberia. Insomma: uno spettacolo penoso. Ci sembrano penosi un po´ tutti. Se si trattasse di una vera compagnia di spettacolo il ruolo di capo comico- anche se c´è ben poco da ridere - spetterebbe a Matteo Renzi che da tempo ha fatto capire di non volere alleanze, figuriamoci poi se queste dovessero implicare la rimessa in discussione della sua figura e dei risultati del governo da lui presieduto. Renzi non vuole intese strategiche, ma nemmeno Pierluigi Bersani e il suo movimentino, pur dichiarando il contrario e ostinandosi a dichiarare che l´intesa si può fare se c´è discontinuità con Renzi. Ognuna delle parti vuole poter dichiarare l´altra colpevole della sconfitta. Nel mezzo c´è il signor tentenna Giuliano Pisapia, i cosiddetti movimenti che, non considerati interlocutori da nessuno, non avrebbero voce nella spartizione dei seggi e i due presidenti delle Camere che fino a quando ricoprono quei ruoli forse era bene rimanessero fuori dalla inconcludente contingenza. . Per quanto riguarda l´ala sinistra di tutto lo schieramento il dato ideologico vero ci sembra essere il confusionismo.
E´ il triste scenario di oltre un quarto di secolo di vuoto della politica democratica: il grado di alterazione malata cui siamo giunti. Oramai tutti danno per scontato che la coalizione di destra prevarrà vedendosela coi 5Stelle che, personalmente, non crediamo siano così in crescita come taluni sondaggi indicano. Infatti, se guardiamo lo stacco nelle elezioni siciliani tra i consensi al candidato presidente dei grillini e al partito appare evidente più di una qualche incrinatura.
Le ragioni per cui - al di là dei patetici appelli di Walter Veltroni e delle battute, non meno patetiche, di Romano Prodi . Renzi non vuole un´alleanza che lo condizioni, sono sicuramente diverse, ma ci pare di poter dire che, comunque vada, il risultato recondito che gli sta più a cuore e tiene nascosto, con questa legge elettorale lo porta a casa: ossia il controllo del gruppo parlamentare anche se questo sarà dimagrito di diverse unità. Avrà finalmente un partito tutto suo: lui sarà il partito e questi sarà lui. Basta vedere come ha impostato la campagna elettorale: sull´assenza del Pd. Può apparire paradossale, ma è così.
Ripetiamo che il voto siciliano potrebbe essere benissimo diverso da quello che, tra qualche mese, sarà quello nazionale. Oggi rimaniamo a questo che ci dice quanto non abbia pagato quello che appariva come uno degli aspetti principali della campagna elettorale: ossia l´assenza del Pd. Tale canone fino ad ora non ha pagato. La Sicilia, ove Renzi si è peraltro appena affacciato, gli ha riservato, un cannolo duro da digerire. Ma, per la Direzione diessina, la Sicilia non è esistita e quindi, per il segretario, tutto bene madama la marchesa.
Il suo è un comportamento che si regge su un ragionamento le cui radici affondano nella suggestione veltroniana del partito a vocazione maggioritaria che, in un passaggio importante quale quello delle elezioni europee quando il Pd raccolse il 40% dei suffragi, apparve essere confermata dai fatti. Ma fu un passaggio, appunto, che come apparve subito dopo scomparve e anche se Renzi mette in coppiola quel risultato con quello del referendum che fu, peraltro, leggermente più basso, solo un´allucinazione può ritenere i due risultati omologabili: che, quindi, ci sia uno zoccolo duro del Paese pari al 40% o vicinissimo a tale percentuale a favore del Pd ossia di Renzi. Evidentemente egli è più che convinto che sia così e su ciò fonda la sua sfida rivolta a tutti, compreso il proprio partito.
Ora, al di là di ogni valutazione di ordine psicologico sull´uomo, il ragionamento evidenzia una solida mancanza di lucidità politica che ci dice, da un lato, quanto egli abbia sofferto la sberla dell´esito referendario e, dall´altro, come non abbia fatto i conti seriamente con quel risultato e sulla sua portata, ma l´abbia considerato alla stregua, né più né meno, di un mero incidente di percorso. Un inciampo da cui lo avrebbero riscattato le primarie, che cita a ogni piè sospinto, per dare ragione dei propri comportamenti. Va anche detto che, in una democrazia senza popolo, ,ma solo delegata a gruppi di comando, quanti lo hanno votato alle primarie, sono una fetta di popolo.
Equiparare il voto europeo con quello referendario è come sommare le pere alle mele: fin dalle elementari, ci hanno insegnato che è impossibile. Infatti, mentre i suffragi europei hanno la caratteristica di conformità politica essendo stati raccolti da una lista partitica, quelli referendari ne hanno un´altra poiché ai referendum i voti sono trasversali e nessuno sa cosa c´è dentro quel voto come nessuno sa cosa c´è dentro il 60% che ha respinto la proposta di riforma costituzionale. Secondo Renzi, però, chi ha votato alle europee il Pd sono gli stessi elettori che hanno poi espresso voto favorevole al referendum. Il ragionamento non sta in piedi politicamente poiché le pere non sono le mele. Quella di Renzi è una vera e propria sfida che lancia alle forze politiche, al Paese, a tutti insomma con un´ostinazione della quale gli va dato atto, ma in politica le sfide di solito non si vincono da soli. Gli esempi abbondano. Un atteggiamento, tra l´altro, in contraddizione con la realtà considerato che, senza Denis Verdini, la legge elettorale non sarebbe passata e di Verdini, tutto lascia capire, ci sarà ancora bisogno per la legge di stabilità. E mentre Verdini ha assicurato che non solo lui ci sarà, ma che c´è sempre stato ,Pietro Grasso e Antonio Bassolino se ne sono andati con toni aspri verso il partito e il suo segretario. I due abbandoni sono il sintomo di un malessere più che profondo e il Pd dovrebbe ringraziare Grasso - a cui, come Presidente del Senato, non c´è proprio niente da rimproverare - per aver deciso di uscire dopo l´approvazione della legge elettorale. Pensiamo cosa sarebbe successo se avesse abbandonato la carica per rivendicare il diritto della Camera che presiede di dibattere la legge elettorale come sarebbe stato giusto? La legge sarebbe sicuramente decaduta, ma il gesto sarebbe stato sicuramente più significativo al fine di recuperare quella autorevolezza delle istituzioni continuamente calpestata. Forse l´intenzione di Grasso era veramente questa, ma forti freni lo devano aver trattenuto.
Il Paese si trova di fronte a uno scenario del tutto nuovo i cui sviluppi non sono prevedibili; certa è la continuazione di un travaglio lacerante la tramatura di un sistema che imporrebbe di essere ricostruito, nello spirito della democrazia repubblicana, politicamente e nel significato morale di cosa significa l´ordinamento democratico in un Paese costituzionalmente motivato. Siamo, appunto, alla tragicommedia.
CAMPO APERTO |
Mezza messa: è un modo di dire siciliano per indicare una verità raccontata a mezzo. Il bello è che, questa volta, la “mezza messa” l'ha detta il Vaticano che di messe, invece, dovrebbe proferirne per intero. Ci riferiamo all'annuncio che, con l'inizio del prossimo anno, lo Stato papalino non venderà più sigarette. Gli anticlericali di una volta avrebbero esultato: il Vaticano ha finalmente deciso di non vendere fumo!! Ma non è così, perché la decisione non riguarda i sigari che, invece, continueranno a essere venduti. Insomma una mezza messa perfetta. Se il sigaro, poi, è il toscano, si lega bene al tradizionale mezzo sigaro. Pirgopolinice |