"50 ANNI FA LO STATUTO DEI LAVORATORI: UNA CONQUISTA DI CIVILTA' GRAZIE AI SOCIALISTI"
26-05-2020 - RIFLETTORE
Era il 20 maggio del 1970 quando la Camera, con il voto favorevole del Psi, della Dc, del Pri, del Psu e del Pli approvò la legge 300: ossia lo Statuto dei lavoratori. I voti contrari furono solo dieci: Pci, Psiup e Msi si astennero. Si trattò di una conquista del mondo del lavoro ottenuta grazie all'azione dei socialisti: di Giacomo Brodolini, ministro del lavoro che, purtroppo, era morto a Zurigo l'11 luglio 1969 per un tumore. Brodolini non vide l'arrivo in porto della legge da lui voluta; ce la condusse il suo successore, Carlo Donat Cattin, in maniera egregia . Insieme a Brodolini, l'altro vero protagonista fu Gino Giugni che materialmente la stese.
Brodolini, nella storia del socialismo italiano, occupa un posto di rilievo. All'impegno politico era arrivato sotto le armi. Marchigiano di Recanati, ufficiale di complemento, dopo le campagne di Grecia e d'Albania, venne mandato in Sardegna, ove rimase fino all'8 settembre. Qui entrò nel Partito d'Azione di cui divenne, poi, segretario della Federazione di Ancona; vicinissimo a Ferdinando Schiavetti, giellista dal 1937 quando confluì nel movimento di Carlo Rosselli, in Francia, con il suo movimento,l' “Alleanza repubblicano-socialista”, seguace di Emilio Lussu. Alla fine del PdA, Brodolini confluì nel Psi cominciando ad occuparsi delle tematiche sindacali. Segretario della federazione socialista di Ancona, membro del Comitato Centrale del Partito dal 1948, fu chiamato nel 1950 da Rodolfo Morandi, al lavoro nella CGIL quale segretario della Federazione degli edili; in seguito divenne vice-segretario dell'organizzazione sindacale con Di Vittorio segretario generale e Fernando Santi aggiunto. Fu Brodolini che, nel 1956, stese il documento – che ebbe la piena approvazione di Di Vittorio –con il quale la Cgil condannava l'intervento sovietico in Ungheria. Per tale documento Di Vittorio subì una severa reprimenda da parte di Togliatti che lo costrinse ad aderire alla posizione ufficiale del partito. Di Vittorio, tuttavia, pubblicamente non sconfessò il suo operato di leader sindacale per l'esigenza di mantenere unito il movimento dei lavoratori. Deputato dal 1953 e senatore nel 1968, vice-segretario del PSI dal 1963 al 1966, Brodolini divenne Ministro del lavoro nel primo governo Rumor (1968-1969) distinguendosi per un'ampia attività legislativa in campo sindacale e previdenziale, il superamento delle gabbie salariali,la ristrutturazione del sistema previdenziale e la promozione dello Statuto dei lavoratori. Per l'impegno politico profuso, soprattutto nella fase ultima della sua vita, il presidente Giuseppe Saragat lo insignì della Medaglia d'Oro al valor civile.
Brodolini, va detto, smentisce, a diceria sugli azionisti che “non sapevano cosa volevano, ma lo volevano subito”; degli azionisti quale politici astratti, mentre invece erano concreti riformatori. Basti pensare che la nazionalizzazione dell'energia elettrica vide protagonisti due azionisti: Riccardo Lombardi e Ugo La Malfa e quella della scuola, Tristano Codignola; Brodolini, con lo Statuto dei lavoratori, testimoniò cosa significasse l'incivilimento socialista.
In occasione del mezzo secolo dallo Statuto si è ripetuto che, con esso, la Costituzione venne portata in fabbrica. E' vero. Per la prima volta, nella storia d'Italia, l'operaio non era solo un prestatore di opera, ma un cittadino e come tale andava considerato e trattato. Un convegno a Recanati nel 2009, promosso da uno dei suoi più stretti collaboratori, Enzo Bartocci, ne ha ricostruito la vita e la vicenda politica.
E accanto a Brodolini, Gino Giugni, che si era avvicinato ai problemi del lavoro fin dagli anni dell'università – a vent'anni, nel 1947, aveva aderito al partito di Saragat per rientrare poi nel PSI di cui è stato parlamentare – senatore dal 1983 al 1994 e deputato per i Progressisti fino al 1996 - e, nell'ultima fase del PSI, pure suo presidente; ministro nel governo di Carlo Azeglio Ciampi. Laureatosi con Giuliano Vassalli con una tesi sullo sciopero, Giugni fu docente di diritto del lavoro presso le Università di Bari, di Roma e la Luiss; nel 1969 venne incaricato di presiedere la commissione incaricata di elaborare lo Statuto dei lavoratori.
Gino Giugni non era un socialista “ideologico”; era un socialista che voleva fare dell'Italia una democrazia compiuta. Modernizzare le relazioni industriali fu il suo grande impegno essendo a tratti più vicino alla CISL che alla CGIL ritenuta troppo appiattita sul Pci. Capì anche bene, con anticipo, che con il cambio della produzione che si stava realizzando, forse lo stesso Statuto andava rivisto; il tanto contestato art.18 è stato poi cancellato dal governo Renzi. Considerò sempre lo Statuto come una legislatura di sostegno alla ricordata entrata della Costituzione in fabbrica. Nel 1983 venne colpito dalle Brigate Rosse per il contributo dato all'elaborazione del protocollo Scotti sulla scala mobile. Socialista, non ebbe mai rapporti facili con Bettino Craxi. Al governo nel gabinetto Ciampi fu Giugni che disegnò l'accordo tra i sindacati e la Confindustria nel segno della concertazione; un accordo per cui gli aumenti salariali non avrebbero potuto superare il tasso d'inflazione programmato.
Brodolini e Giugni: due storie che ci dicono anch'esse cosa sia stato il socialismo italiano; due storie che dovrebbero insegnare a chi oggi continua ancora a guardare al socialismo.
Lo Statuto dei lavoratori rappresenta una vera svolta nella storia del diritto del lavoro in Italia. Ha scritto Marco Revelli:”Erano passati esattamente cinque mesi dal 21 dicembre 1969, giorno della firma di quel contratto dei metalmeccanici che era stato al centro dell' ‘autunno caldo' facendo di quell'anno (45 contratti nazionali in scadenza) il punto più alto e intenso di conflitto sociale nella storia italiana con i suoi 220 milioni di ore di sciopero, le centinaia di migliaia di tute blu mobilitate nelle fabbriche e nei cortei, i picchettaggi di massa, i blocchi stradali, gli scontri di piazza (a Milano, il 19 novembre, era morto l'agente Annarumma). Lo Statuto era la risposta a quell'onda, nel tentativo di mediare il conflitto costituzionalizzando i rapporti d'impresa facendo ‘entrare la Costituzione in fabbrica', e con essa il Sindacato. In sostanza, estendendo la qualità di cittadino anche al lavoratore.”
Il titolo I della legge riguardava Della dignità e libertà dei lavoratori. Vi si legge nell'art.1:”I lavoratori, senza distinzioni di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero.” I Titoli II e III riguardavano la libertà e l'attività sindacale. L'articolo 18, in meno di 1700 parole, costituiva un pò l'architrave di tutto il provvedimento prevedendo di reintegrare il lavoratore licenziato per rappresaglia.
Era iniziata la lunga marcia dei diritti del lavoro, e non solo; il Pci, come già detto si astenne e Il Manifesto-Pdup condannò la legge come un'ennesima truffa a danno dei lavoratori e praticamente, in Parlamento, se ne disinteressò. Nella ricorrenza, una protagonista di allora, Luciana Castellina ha scritto che oggi “è difficile capire come l'intera nuova sinistra abbia potuto esprimere un simil giudizio negativo sullo Statuto dei lavoratori.” Non lo è poi tanto: ce lo dice ancora oggi quanto fa diverso il socialismo dal comunismo; il senso compiuto della democrazia che si evolve nella libertà e l'organicismo politico che, in nome di un arruffato senso rivoluzionario, non porta a nulla e finisce per essere contro il processo di incivilimento che è proprio, nella libertà e nella democrazia, del socialismo.
Oggi il mondo del lavoro è cambiato e sappiamo quanto e più di allora i diritti sono negati a chi vive con il salario,per coloro he hanno la fortuna,si può dire, di averlo. I principi però non vengono incisi dal tempo e a essi bisogna guardare per cambiare le cose,innescare una giusta lotta per la dignità dell'uomo,del cittadino lavoratore,per coloro che rischiano di non avere né lavoro e pure la cittadinanza,quella che indica nello spirito e nella lettera la Costituzione della Repubblica italiana.
Fonte: di PAOLO BAGNOLI