"ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLE ELEZIONI PRESIDENZIALI IN FRANCIA"
20-05-2017 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
Sulle recenti elezioni presidenziali in Francia – mi riferisco sia al primo sia al secondo turno – è già stato detto di tutto e di più. Ritengo però che alcune considerazioni possano essere ulteriormente sviluppate soprattutto da chi si colloca in un´ottica non mainstream. Le voci dissonanti non sono mancate, intendiamoci, ma sono state decisamente minoritarie e soffocate dalle trombe e dai tamburi dei media ufficiali. Sia però subito chiaro che non è mia intenzione sminuire la vittoria di Macron, netta e indiscutibile, ma ricordare alcune cose che non mi sembrano irrilevanti.. La prima è che la somma dei voti ottenuti da Macron e da Marine Le Pen al ballottaggio costituisce il 65% degli iscritti alle liste elettorali; Il restante 35% si suddivide fra astenuti e schede bianche o nulle. L´astensione è risultata del 25% per cui, anche se si tratta della più alta dal 1969, si può affermare che la partecipazione elettorale in Francia resta ancora elevata anche se inferiore rispetto al passato: alle presidenziali del 2012 fu del 22% mentre quest´anno al primo turno aveva raggiunto il 24%. Ciò conferma che l´astensionismo è in leggero ma costante aumento. Più rilevante è il fatto che al ballottaggio il 12% dei partecipanti al voto abbia consegnato schede bianche o nulle, elemento inedito in questo tipo di elezione, esprimendo un chiaro rifiuto di entrambe le candidature (il 25% di astenuti non deve però essere sommato al 12% di schede bianche o nulle perché si tratta di percentuali non omogenee per la diversità della base di riferimento). Resta il fatto incontrovertibile che il 35% degli elettori, in un modo o nell´altro, non si è riconosciuto nei due candidati giunti al ballottaggio ed è su questo che penso si debba sviluppare la riflessione politica. Un fatto del tutto nuovo è che al ballottaggio non sono pervenuti né i repubblicani eredi del gollismo né i socialisti; questo non era mai successo nella storia della V Repubblica. Infatti i gollisti o neo-gollisti non erano mai stati esclusi in precedenza mentre per quanto riguarda i socialisti, dopo la rifondazione del partito realizzata da Mitterand nel 1971, soltanto nel 2002 il loro candidato Jospin risultò escluso dal ballottaggio, che infatti si svolse fra il gollista Chirac e il fondatore del Fronte Nazionale Jean- Marie Le Pen. Scattò allora la cosiddetta solidarietà repubblicana e Chirac ottenne l´82% dei voti, praticamente un plebiscito. Questa volta non è stato così anche se molti fra gli elettori di Macron hanno espresso più un voto contro Marine Le Pen e il Fronte Nazionale che un sostegno convinto al giovane tecnocrate centrista. Si possono dire al riguardo almeno tre cose: che l´operazione di defascistizzazione del FN messa in atto dalla Le Pen, compresa l´emarginazione del padre, è riuscita solo parzialmente; che la crisi economica le ha fatto ottenere suffragi che in un contesto migliore difficilmente avrebbe conseguito (non però fra i pensionati intimoriti dall´ipotesi di un abbandono dell´euro); che in ogni caso l´estrema destra suscita ancora profonde apprensioni e contrarietà legate alla sua storia antica e recente. Per questo ho detto che la defascistizzazione del FN è riuscita solo in parte: Marine Le Pen non è sicuramente suo padre, ma le ombre del passato pesano ancora e non poco. Ciò nonostante il risultato di Macron, pur largamente vittorioso, è lontano dal trionfo di Chirac del 2002 e questo conferma il profondo cambiamento dello scenario politico francese. Qualche osservazione deve essere ovviamente fatta anche sui grandi sconfitti di questa elezione: i repubblicani neo-gollisti e i socialisti. Secondo molti commentatori i primi, dopo il pessimo quinquennio di Hollande, avrebbero potuto conquistare l´Eliseo. Però il loro candidato Fillon è stato azzoppato in corsa da un´inchiesta e conseguente scandalo per favori nei confronti della moglie e mi sembra anche di una figlia, remunerate per incarichi pubblici mai svolti. Un comportamento brutto e grave, non c´è che dire, emerso però al momento giusto come spesso avviene. Non va dimenticato che Fillon è esponente del cosiddetto "gollismo sociale", componente da sempre presente in quella complessa area politica, e che aveva espresso giudizi critici sulle politiche di austerità; questi potevano assicurargli consensi anche da sinistra accanto a quelli tradizionali di destra. Insomma, una candidatura forte e non allineata nei confronti dell´ortodossia europea. Non sono complottista né amo la dietrologia, ma ormai ho assistito a così tanti esempi di giustizia ad orologeria da non poter fare a meno di andare con la memoria alla famosa frase di Andreotti circa il pensar male. Che dire dei socialisti? Il socialista di sinistra Hamon, che aveva prevalso nelle primarie contro il centrista Valls, ha pagato per colpe non sue. Il mediocre 6,4% del primo turno dimostra in modo inequivocabile che gran parte dell´elettorato socialista ha abbandonato il PS dividendosi fra il sostegno esplicito a Macron e al suo nuovismo e quello a Mélenchon e al suo movimento "La France insoumise", che ha ottenuto i consensi di molti socialisti di sinistra, dei pochi comunisti rimasti e degli ambientalisti. I voti andati a Mélenchon non sono confluiti al ballottaggio su Marine Le Pen, come ipotizzavano coloro che blaterano di "populismi" in modo generico e superficiale, senza cioè distinguere fra fenomeni molto diversi fra loro, ma si sono suddivisi fra il consenso a Macron in funzione anti Le Pen, l´astensione e la scheda bianca. Solo una piccola parte ha scelto la candidata del FN a conferma di un disagio sociale trasversale e lontano dalle ideologie classiche. Sul neo-Presidente Macron non credo ci sia molto da aggiungere a quanto già ampiamente divulgato. E´ giovane, il che lo rende idolo di tutti i nuovisti, e dopo la laurea in Filosofia ha studiato all´Istituto di studi politici di Parigi ed alla prestigiosa Ecole nationale d´amninistration (ENA). Appartiene all´ormai vasta schiera di coloro che si definiscono né di destra né di sinistra perché ritengono queste categorie vecchie e superate, ma la sua collocazione reale risulta dalle politiche liberiste adottate come Ministro dell´Economia nel secondo governo Valls. Ha inoltre dichiarato che, pur facendo parte di un governo socialista, non era più iscritto al PS dal 2009. Per queste ragioni ha ottenuto un vasto sostegno, da Obama alla Merkel, da Junker a Tajani a Tusk alla Mogherini ed ovviamente a Renzi . Si parla anche di ingenti finanziamenti con in pole position l´immancabile Soros perché è evidente che una campagna elettorale così sontuosa, con alle spalle un movimento costituito solo un anno prima, non si fa soltanto con le belle parole e la buona volontà. In poche parole la Presidenza della Repubblica francese è ormai saldamente nelle mani dell´establishment globalista. Restano però tutti gli interrogativi legati all´elezione dell´Assemblea Nazionale, che si terrà a giugno. Si vedrà allora se la leadership di Macron è esclusivamente personale o se si tratta di un consenso più solido e diffuso. Lo stesso discorso vale per Marine le Pen, con la differenza che il FN è un partito vero con una storia ormai non breve, e per Mélenchon, anche se "La France insoumise" ha un radicamento popolare e territoriale ampio. Con ogni probabilità i repubblicani neo-gollisti dovrebbero recuperare rispetto al primo turno. Le dolenti note riguardano invece i socialisti. Dopo il vergognoso comportamento di Valls, che ha sostenuto fin dal primo turno Macron cercando poi una candidatura, peraltro rifiutata, nelle sue file, ci si attenderebbe uno scatto di orgoglio, visto che lo stesso Valls ha decretato la morte del socialismo. Ma se anche un recupero ci fosse è probabile che, come già avvenuto nelle presidenziali, gran parte dell´elettorato socialista suddivida il suo voto fra il centro moderato di Macron e la sinistra di Mélenchon. In realtà si tratta di una spaccatura presente in gran parte dei partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti europei, spaccatura che almeno in Francia è emersa con chiarezza. Se questa sia una fine, cioè un male, o un nuovo inizio, cioè un bene, lo diranno le vicende successive. Una cosa sola è certa: si è aperto uno scenario inedito e questo richiede una capacità di interpretazione all´altezza dei problemi che il socialismo del XXI secolo deve affrontare. Se questa mancherà il rischio ormai evidente è quello dell´emarginazione e dell´irrilevanza.
Fonte: di MAURIZIO GIANCOLA