"ESISTE SEMPRE UNA SINISTRA?"
23-10-2018 - STORIE&STORIE
Il grande, epocale quesito: ma la sinistra c’è ancora in Italia e in Europa? La diffusione dei populismi, ossia il rapporto diretto, senza la mediazione dei partiti e dei sindacati, tra un leader e il popolo, farebbe dire di sì.
"Va smentito questo luogo comune che la sinistra non c'è, non esiste. Non è affatto vero: un popolo di sinistra, e quindi la sinistra, in Italia, come in Europa, c'è, esiste. Pd, Leu e Potere al popolo lo comprovano. Certo, è una sinistra che arranca, in grande difficoltà, può essere persino in declino, in Italia e in Europa, ma, pur avendo subito delle gravi sconfitte, specie la socialdemocrazia, c'è, esiste: è da qui, da quel che c'è, che bisogna ripartire".
E’ questa la tesi del politologo e storico Giorgio Galli, un 90enne animato da vigore intellettuale e dotato della capacità di far nessi tra il presente e il passato, davanti alla sfida culturale e politica dei populismi di destra, di sinistra, né di destra né di sinistra, venuti alla ribalta sull'onda delle crescenti diseguaglianze economiche e sociali prodotte dall’ideologia dominante, il neoliberismo unitamente al capitalismo finanziario.
Si tratta ora, nel breve lasso di tempo che ci divide dalle elezioni europee di maggio prossimo, di ricercare, progettare e proporre 'la via d'uscita' dal "flagello del neoliberismo" e di costruire, "una nuova idea di socialità", che - avverte il politologo e storico - "necessita di fantasia e di progetti nuovi e originali".
Idee con le quali e sulle quali la sinistra è nata e cresciuta, come l’anticapitalismo e le nazionalizzazioni dei beni e servizi universali: l’energia, i trasporti, la sanità, l’acqua, la scuola e l’istruzione, la ricerca – oggi sono nelle mani dei populisti che tra l’altro rafforzano la loro netta opposizione all’establishment e al sistema con le campagne di odio e di rifiuto degli immigrati, i barbari, gli invasori.
"Purtroppo la sinistra attuale, in Italia come in gran parte dell’Europa, ad eccezione di Jeremy Corbyn nel Regno Unito, ha perso i suoi consensi, il suo popolo, per aver rinunciato a ogni posizione critica nei confronti del capitalismo e per averne accettato l’impostazione culturale, tanto che oggi assistiamo alla riemersione dell’anticapitalismo di destra che si è sedimentato nella cultura occidentale per la diserzione della sinistra dalla critica al capitalismo diventato quello globalizzato delle multinazionali”.
Non a caso, aggiunge, “idee un tempo esclusive della sinistra, le nazionalizzazioni, sono state fatte proprie dall’attuale inedito governo gialloverde tanto che Di Maio parla di delitto perfetto per la cessione dell’Ilva e definisce ‘prenditori’ gli imprenditori, preferendo Fincantieri (pubblica) alla multinazionale dei Benetton per la ricostruzione (che dovrebbero pagare) del ponte di Genova”,
Dunque è dall’anticapitalismo che si deve ripartire?
"Certo. La ragion d'essere della sinistra è stata ed è la lotta per l'emancipazione dei più deboli dai più forti, dai privilegiati. Così fu alle origini quando si iniziò a parlare di socialismo. La guida teorica poi divenne l'analisi e la critica del capitalismo e, con essa, al dogma del 'libero mercato', di cui, negli anni successivi al crollo dell'impero sovietico, la sinistra fece il suo 'credo'. Questo deragliamento dai valori cardine - uguaglianza, libertà, giustizia sociale - e dall'analisi e critica del capitalismo, è avvenuto perché la cultura, l'intellighenzia di sinistra, ha dedotto che crollata l'Urss fosse crollato anche il marxismo".
L'errore fu quello di aver confuso il marxismo con il regime autoritario e illiberale creato da Stalin nell'Urss?
"Sì. Aver identificato il marxismo e il socialismo con l'Urss ha determinato la decapitazione di quel grande prodotto culturale che è stato il marxismo, che avrebbe consentito di analizzare i veloci cambiamenti del capitalismo e di capire per tempo il capitalismo globabilizzato delle 500 muiltinazionali che governano il mondo, invece di ritrovarsi spiazzata dalla famosa idea della Thatcher 'non c'è alternativa' al sistema neoliberista, è l'unico possibile.
La sinistra deve ricominciare a pensare, a riflettere in che mondo viviamo: chiedersi perché oggi ci ritroviamo i populismi di destra e di sinistra. Questo per non diventare succube del capitalismo delle multinazionali, per riacquistare un pensiero critico, per riappropriarsi di certi valori delle origini, ancora validi".
E' stato questo deragliamento un errore pagato a caro prezzo: ma non è mai troppo tardi per ravvedersi, suggerisce l'autore di tanti saggi che passano al setaccio cambiamenti e misteri dal 1945 ai nostri giorni, e spiega il perchè delle sue affermazioni che illuminano il presente.
"Con l'ideologia neoliberista la sinistra ha sposato il dogma del libero mercato, il mercato che tutto aggiusta. E oggi sentiamo: i mercati sono preoccupati, i mercati reagiscono alle decisioni o non decisioni della politica, che si è fatta ancella dei mercati. Chiarissimamente va detto, allora, che i mercati non esistono: sono entità del tutto astratte, divine, che, come tali, non esistono.
Viceversa, esistono i manager, i top manager delle grandi multinazionali, dei grandi istituti bancari, delle agenzie di rating che governano il mondo: come sistema Italia, siamo l'anello più debole di questo sistema globale, di cui pochi o nessuno parla, proprio perchè non si fa più nè l'analisi nè la critica al capitalismo, per non infrangere lo status quo.
Ecco, io penso che la sinistra dovrebbe battersi perchè i componenti dei CdA delle grandi multinazionali, delle grandi finanziarie, delle agenzie di rating siano eletti a suffragio universale e non per cooptazione: è probabilmente un'utopia, ma per l'oggi, per il futuro chissà".
Insomma il sentimento della rassegnazione non alberga nell'anomalo 90enne che ama osservare e approfondire i mutamenti politici, economici e sociali che alle spalle hanno sempre un 'pensiero' e rifarsi ai clerici vagantes che andavano in giro a raccontare alla gente la loro visione di un nuovo mondo e di "una nuova socialità".
"Sono per natura ottimista e curioso di tutto quel accade in giro: se in Inghilterra il vegliardo Jeremy Corbyn ha saputo ricreare il socialismo delle origini attirandosi le simpatie di tanti giovani con l'obiettivo di una società per i molti, non per i pochi e se lo stesso percorso ha intrapreso negli Usa un altro signore avanti con gli anni, Bernie Sanders, con Our Revolution, non vedo perchè lo stesso non possa accadere un giorno da noi".
Prima di congedarsi, Galli ha un'ultimo pensiero in serbo: "viviamo in un'epoca di grande incertezza. Pur se il voto del 4 marzo ha evidenziato il cattivo funzionamento del sistema politico, giunto forse al capolinea, visto che gli elettori hanno lasciato i partiti tradizionali, di massa, conosciuti nel '900, esso può essere, al tempo stesso, l'occasione storica per avviare la ricostruzione di una sinistra nuova, aperta e originale. Tocca a noi fare questo minuzioso lavoro ideale, e magari insieme".
Fonte: di CARLO PATRIGNANI