"ESTETISMO POLITICO" di Paolo Bagnoli
24-09-2018 - EDITORIALE
"Una generazione non può scegliere la forma di governo che più le piace; deve accettare quella che i tempi le hanno riserbata. Uno scrittore può sognare quello che vuole, anche di ristabilire la teocrazia medioevale, o di ricostituire il sistema dinastico; ma il mondo va per le sue vie."
Così scriveva Guglielmo Ferrero nel lontano 1925 a fronte della crisi della democrazia italiana e al progressivo farsi regime del fascismo. Ferrero vedeva la crisi del primo dopoguerra conseguenza di una situazione che nessuno aveva saputo governare; il vecchio sistema liberale travolto dalla propria incapacità di vincere il dopoguerra, dopo aver vinto la guerra, non aveva capito che occorreva uno Stato nuovo e che il potere rimasto in piedi aveva perso oramai ogni legittimità e, quindi, essendo venuta meno ogni legalità aveva aperto le porte al fascismo: alla perdita della democrazia proprio perché essa non era stata in grado di sapersi governare secondo i fondamenti dello "stato di diritto".
Quanto scritto da Ferrero ci è tornato in mente in quanto è vero che la storia talora si ripete, ma mai nella stessa maniera. Guardando all´Italia di oggi assistiamo a un progressivo erodersi dello "stato di diritto", che è quell´ordine – come ricordava Norberto Bobbio – governato dalle leggi e non dagli uomini. Il procedere della vita politica attuale consiste esclusivamente nella quotidiana, nevrotica, corrosiva esigenza di crearsi un pubblico; il resto non conta. E se per crearsi un pubblico – problema che nella storia d´Italia si pose per primo Gabriele D´Annunzio e, sulla sua scia, con ben altro successo, Benito Mussolini; sappiamo come andò a finire – occorre calpestare, irridere, minacciare di epurazione chi non si piega, esercitare una reale violenza verso altri coi propri comportamenti, ebbene sia così. Ma così essendo viene meno il dettato costituzionale e la stessa funzione della legge. La sovranità popolare conferisce legittimità al potere che ne deriva, ma tale legittimità viene meno quando la legalità viene infranta. Infatti, si crea un corto circuito che istituzionalizza la crisi dell´ordine democratico; nel caso del nostro Paese, tra l´altro, la crisi della democrazia è una patologia che dura da un buon quarto di secolo.
La ricerca del consenso fine a se stessa erode tutti i margini di una politica democratica poiché ciò che conta è il gesto; oggi questa è una pratica scientificamente adottata e promossa dall´uso scriteriato, ma non per questo non sofisticato, dei social media; un qualcosa che, al contrario, richiede forte senso della responsabilità proprio per la facilità incontrollata con cui incide nel tessuto sociale.
La politica del gesto riduce e immiserisce tutto in un continuo teatro nel quale si recita, secondo la scuola classica dell´estetismo politico, un modo di essere della politica che, alla lunga, travolge tutto quanto riguarda l´ordine politico, asciugando nella giustificazione demagogica ogni legittimità e ogni legalità. Sembra che queste siano le vie cui oggi va il mondo – per riallacciarsi alle ammonizioni di Guglielmo Ferrero – ma l´ entrare in tale logica significa divenirne corresponsabili. Ecco perché la salvaguardia dello "Stato di diritto" diventa prioritaria per tutti coloro che credono nella democrazia repubblicana fondata sui principi e su lo spirito della Costituzione.