"EUROPA"
20-09-2019 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
Fra i molti problemi che l’Europa ha dovuto affrontare in quest’ultima decade, di rilievo sono stati: debito pubblico crescente, Grecia, immigrazione e Brexit. Il più grave è però un altro: la battaglia per il rispetto delle norme democratiche. L’ascesa strisciante di autoritarismo in Polonia, Ungheria e Romania attacca l’essenza stessa dell’unione europea, creata per proteggere la democrazia e i diritti umani dopo gli orrori del nazismo e le distruzioni della seconda guerra mondiale. Se non si prenderanno presto provvedimenti efficaci, gli effetti potrebbero essere devastanti.
E’ stata l’Italia di Silvio Berlusconi ad aprire la strada nel 1990 alla demagogia e al populismo: trasgressioni imbarazzanti, ma non pericolose. Il rischio del disfacimento dei principi democratici ha avuto inizio solo in seguito, dopo l’ingresso dei Paesi ex-comunisti nell’Unione, non avendo questi ancora assimilato i valori derivanti dallo stato di diritto. Il problema è che l’Europa manca di strumenti efficaci per rimettere in riga questi governi. L’unione europea ha due modi per trattare con i membri ribelli. Può trascinarli davanti alla Corte di giustizia europea per violazioni individuali - una strada sì efficace, ma lunga e graduale. O può dare inizio a procedimenti disciplinari e eventualmente togliere a un membro il diritto di voto: sanzione estrema, questa, ma che può facilmente essere bloccata da un altro Stato. Alcuni considerano però inadeguati tali strumenti, a loro avviso una sanzione più persuasiva sarebbe tagliare i fondi europei, di cui Polonia e Ungheria sono grandi beneficiari.
Come combattere la piega antidemocratica, la minaccia di un autoritarismo strisciante che si sta palesando in questi Paesi? Sappiamo perfettamente che si può, attraverso la democrazia, creare l’autocrazia. Hitler giunse al potere con mezzi democratici. E in poche settimane liquidò la democrazia e rinchiuse nei lager gli avversari politici. Da quando Orban ha cominciato il suo secondo mandato come primo ministro ungherese nel 2010, il suo governo ha dato un giro di vite all’ordinamento giudiziario, ai media e ai gruppi non governativi con l’obiettivo di creare ciò che definisce una “democrazia illiberale”. Le tendenze autoritarie di Orban non sono sempre state evidenti. Sia lui, che il suo omologo polacco Jaroslaw Kaczynski, sono stati dissidenti di rilievo: Orban aveva combattuto contro il comunismo in Ungheria, Kaczynski si era battuto per Solidarność. Quando ha preso il potere, Orban è stato accolto a braccia aperte nel Partito popolare europeo, per poi, gradualmente, ridimensionare i poteri della Corte costituzionale, limitare l’indipendenza del potere giudiziario, introdurre il pensionamento anticipato per i giudici non consenziente. La conseguenza è stata l’aumento della corruzione e la chiusura dei media indipendenti. Quando il Parlamento europeo nel settembre 2018 ha votato per applicare il cosiddetto articolo 7 riguardante provvedimenti disciplinari nei confronti dell’Ungheria, era ormai troppo tardi. Tutti, Angela Merkel e Jean-Claude Juncker compresi, avevano sottovalutato il pericolo. Quest’anno, in seguito alla sua campagna intrapresa contro l’establishment dell’Ue, incluso il collega di partito Juncker, tredici leader del Ppe si sono battuti per chiedere l’espulsione di Fidesz, il partito di Orban. Orban è stato sospeso dal Ppe, ma gli è stato permesso di caratterizzare il verdetto come una sospensione “concordata fra le parti”, non come una sanzione.
La mossa di Orban ha incoraggiato i governi nazionalisti di altri Stati europei, in particolare la Polonia. Varsavia ha lanciato una riforma del sistema giudiziario per assoggettare i giudici al controllo politico dell’esecutivo. E nonostante sia stata forzata dalla Corte europea di giustizia a revocare la decisione di mandare i giudici della Corte suprema in pensionamento anticipato, non mostra alcun segno di fare marcia indietro. Accusa infatti Bruxelles di ingiustificata interferenza nel suo diritto di fare riforme necessarie a ripulire il sistema dal passato comunista, ma sa benissimo che non le conviene rinunciare ai benefici che le vengono dall’ essere membro dell’Ue. Come la Polonia e l’Ungheria, la Romania ha lanciato controversi cambiamenti al suo sistema legale, licenziando il procuratore capo dell’anticorruzione, con l’intento di cancellare i precedenti penali di alcuni politici, il che porterebbe all’“impunità de facto” per il reato di corruzione ufficiale.
In Europa, nazionalisti e euroscettici sono in aumento. Una società autoindulgente o inconsapevole dei reali pericoli rappresentati dalla sfida alla democrazia e alla legalità può portare al dissolversi dei principi democratici e dello stato di diritto: un pericolo mortale che va affrontato sollecitamente. Dice Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della commissione Ue: “Se camminiamo come sonnambuli in un’Europa peggiore, è colpa nostra. Se ci svegliamo in tempo e prendiamo il problema nelle nostre mani, allora riusciremo a creare un’Europa migliore”
Fonte: di GIULIETTA ROVERA