"LA GIOSTRA DEGLI INCAPACI"
26-02-2020 - AGORA'
Siamo stanchi di questa politica, le gesta di Matteo Salvini, Matteo Renzi, Luigi Di Maio, Nicola Zingaretti e Giorgia Meloni e i loro corifei, stanno facendo regredire il paese e lo stanno trascinando verso un orizzonte per niente positivo.
Il dibattito politico si perde dietro cose di scarso rilievo o di proposte fritte e rifritte, come la riforma costituzionale già bocciata dagli italiani; o sull’affrontare il problema dell’immigrazione come un problema di polizia e non di umanità; o, altra variante, spacciare come risolutrici politiche che non sono altro che mance (job act e il reddito di cittadinanza varato per “cancellare la povertà”)
Siamo stanchi delle fake news che servono soltanto ad avvelenare il clima sociale e a evitare una discussione seria sulle cose che contano nella vita di ciascuno di noi, eludendo qualsiasi confronto e ricorrendo ai monologhi sui social media. Già questa pratica è un affronto alla democrazia.
Certo è molto più semplice creare falsi nemici che cimentarsi nella gestione di una struttura complessa come quella delle società moderne. Perché non occorre nessuno studio dei problemi e soprattutto non è necessario enunciare valori e dimostrare, nell’azione, di essere coerenti con essi.
In realtà ognuno modifica la propria opinione se si trova al Governo o all’opposizione, o cambia alleato. Questo trasformismo non giova certo alla politica, anzi ne deprime sempre di più la credibilità
Ci siamo mai chiesti perché questo accade? Accade perché abbiamo una classe politica non adeguata che ama lo “short-termism” del sondaggio alla risoluzione dei problemi con programmi complessi che danno frutti a lungo termine.
Si parli di disoccupazione o welfare non si riescono ad individuare politiche che vadano oltre la “mancia” di denaro pubblico (quando per salvare le banche non si lesina neanche un centesimo).
Sovente i nostri uomini politici non conoscono o non capiscono le dinamiche sociali ed economiche che guidano l’economia. Come ci ricordava Keynes “Gli uomini pratici, che si ritengono completamente liberi da ogni influenza intellettuale, sono generalmente schiavi di qualche economista defunto.”
Ancora non hanno capito che con la liberalizzazione del mercato dei capitali la produzione di quella particolare “merce” che è il denaro. Esso viene generato direttamente dalle banche e per la sua mole porta ad una gestione, di fatto, che esula completamente dal controllo della politica e da quello democratico. Già questo sarebbe un dato sufficiente per far drizzare le antenne a chi ha a cuore le sorti del proprio paese.
In realtà bisogna aggiungere il passaggio, frutto di questa scelta, da un’economia basata sulla domanda a quella sull’offerta, finanziata a debito capace di distruggere un paese in nome di una libertà fittizia. Perché una economia strutturata secondo questi principi estrae ricchezza (solo per pochi), non la produce
Anche in questo caso vale la pena di ricordare Keynes “… cerchiamo di far sì che i beni vengano prodotti al proprio interno quanto più ragionevolmente e convenientemente è possibile; e soprattutto che la finanza sia essenzialmente nazionale”
Rispetto ai tempi di Keynes, abbiamo l’Europa e queste politiche hanno maggiore probabilità di successo. Perché invece di minacciare ad ogni pie’ sospinto una folle uscita da essa non si cerca di modificarne la politica, che ha la stessa logica in tutti i paesi occidentali?
Non sarebbe questa una battaglia che val la pena di essere combattuta, non per abbattere il capitalismo, ma per creare le condizioni per ridurre gli squilibri fra i più poveri e i più ricchi?
Fonte: di ENNO GHIANDELLI