"LA LEGGE ELETTORALE" di Paolo Bagnoli
27-11-2019 - EDITORIALE
Il problema della legge elettorale sembra essere tornato nell’agenda della politica italiana. Vi ha fatto ritorno in piena sintonia con il clima incerto e cupo che avvolge la democrazia italiana nella quale non tiene campo il Paese, ma la crisi irreversibile dei 5Stelle, la falsa saldezza del Pd, i proclami di Salvini, le uscite utilitaristiche di Renzi e le corse sul posto di Calenda.
Per ogni Paese la legge elettorale non è strumentale alle esigenze dell’immediato, bensì un istituto fondante del sistema democratico; di come si ritenga debba essere la cifra della democrazia medesima. Il proporzionale puro era in sintonia con un’Italia fondata sulla centralità del Parlamento. Non è più così poiché il Parlamento da troppo tempo è un organismo sonnecchiante e la sua maggiore forza politica, addirittura, è dell’idea che debba essere superato. Giocando sulle parole dovrebbe transitare dall’ essere la casa di tutti alla Casaleggio; ossia alla mera risonanza di risposte rousseiane. Il Parlamento, inoltre, sonnecchia anche perché la quasi totalità dei suoi componenti, per lo più digiuni di ogni fondamentale delle istituzioni e della politica, non ha percezione di cosa significhi farne parte e della dignità istituzionale che a tale funzione si lega.
In questi lunghi anni di post prima repubblica abbiamo avuto diverse leggi elettorali. Se si eccettua quella che va sotto il nome di Mattarellum, le altre sono state, anche violando le norme costituzionali, strumenti pensati per conquistare il potere; per andare al governo. Andarci, a ben vedere, non per governare, ma per affermare come legittima l’arroganza di un’impostazione politica; impropriamente e pericolosamente un’espressione della democrazia quale valore e sistema racchiuso nel governo. Il risultato è che in Italia abbiamo un sistema parlamentare sempre più debole e governi o arroganti come il Conte I o surreali come il Conte II.
Agli inizi della seconda repubblica la classe politica di allora, cui andrebbero riconosciuti i serti di alloro della modestia, incapace di pensare la portata della crisi indotta da Tangentopoli, si teneva alla larga dalla politica e pensava che tramite lo strumento della legge elettorale – nemmeno a conoscenza del vecchio adagio per cui non c’è soluzione tecnica che ne risolve una politica - si potesse surrogare il vuoto politico, considerato che la legittimità del mandato politico consisteva solo nel conquistare il governo e, quindi, delegittimare gli avversari. Chi vinceva conquistava non solo il governo, ma la verità; chi perdeva le elezioni non solo era stato sconfitto, ma posto addirittura nel recinto della non-verità. Così, chiudendo gli occhi sulla crisi, le sue cause e relative conseguenze, si finiva per dare a un sistema malato una cura fatta di bacilli e non di anticorpi. Le leggi elettorali sono state considerate quali atti strumentali per andare contro qualcuno non per dare al Paese la giusta rappresentanza delle sue tendenze politiche. L’abitudine continua. Oggi la preoccupazione che regna sovrana è fare una legge che impedisca alla destra a trazione salviniana di vincere il governo. Non sembra si sappia bene, nel concreto, cosa fare, ma a battere Salvini non sarà una particolare legge elettorale, ma la politica; quella politica che ci aspettavamo da questo governo che sta dimostrando la propria pochezza, incapacità di pensare l’Italia e che, per battere Salvini, fino a ora non ha fatto niente. I 5Stelle, come tutte le superfetazioni improvvise, al loro sgonfiarsi creano confusione e sbandamenti; Zingaretti dopo una serie di interventi conditi da sorrisi sublimanti la mancanza di pensiero e dopo aver cercato di rieditare una vecchia ricetta di scuola comunista – Togliatti cercò di istituzionalizzare per le proprie necessità l’Uomo Qualunque e D’Alema ripeté lo schema con Di Pietro ed entrambi fallirono – ha proposto un matrimonio strategico, una cosa fuori da ogni ragionevolezza e lucidità,solo dettata dal vuoto di linea e dalla paura del domani, alla fine si è attaccato a Grillo pregandolo di intervenire e sta marciando – udite,udite!! - verso la stipula di un contratto coi 5Stelle; non è nemmeno la storia che si ripete, ma l’educazione ci impone di fermarci qui. Ci sia permesso di aggiungere che pensavamo esistesse ancora, nonostante tutto, anche in politica un comune senso del pudore.
Questo è il clima nel quale si colloca la discussione della legge elettorale; non sfioriamo nemmeno il merito delle possibili soluzioni, ma qualunque cosa venga fuori è facile ritenere che sarà l’ennesimo deleterio pasticcio.