"LA SINISTRA E L'UMBRIA"
25-11-2019 - CRONACHE SOCIALISTE
L'alleanza di PD e 5S in Umbria, per quanto affrettata, fu vista dai dirigenti di quei partiti – compreso Grillo che ha mandato a ‘vaffa' i grillini riluttanti a stringere quell'alleanza – come una strada obbligata per continuare a poter sperare in un miracolo che gli evitasse la sconfitta nelle odierne elezioni regionali. Ma è stata una speranza vana – confidata in extremis alla cosiddetta foto di ‘Narni' – e si è trasformata in una débâcle sia per i 5S, che hanno perduto più di metà del loro elettorato, sia per il PD che, pur avendo perduto due punti percentuali rispetto alle elezioni europee di quattro mesi fa e ben il 13% rispetto alle elezioni regionali di quattro anni fa, che lo avevano visto vincitore, si consola con la ‘tenuta'.
Potremmo dire che non si va fuori segno se si dice che, con il voto umbro, è fallita o ha subito una battuta d'arresto la strategia del cosiddetto partito ‘scalfariano' per la costruzione di una maggioranza per la ‘sinistra', messa in atto dal 1975 in poi, allora perseguendo la confluenza di una DC secolarizzata, specchio della borghesia edonista, con un comunismo depurato dal fideismo rivoluzionario, e oggi, mutatis mutandis, sostituendo il M5S alla Dc e il PD al PCI.
Una tale strategia – consistente anzitutto nella demonizzazione dell'avversario, con l'accusa di fascismo o parafascismo, e nell'uso massiccio del suo potere mediatico-giudiziario-bancario per orientare l'opinione pubblica ed eliminare gli avversari, v. la defenestrazione di Berlusconi e, ora, l'attacco a Salvini – è connotata da un dna ‘statalista': questa teorizzata maggioranza di ‘sinistra' – del resto raggiunta a mala pena, nel 2006, con il concorso del partito di Mastella fino a quel momento vituperato come democristiano di destra – significa non soltanto gestione centralistico-politico-affaristica dell'economia ma, soprattutto, creazione e occupazione di una sterminata serie di centri di potere nella stessa società civile oltre che nelle strutture amministrative dello stato.
I voti fuorusciti dai 5S non sono andati al PD. Dove sono andati? Forse, in parte, all'astensionismo anche se nel contesto di una partecipazione al voto abbastanza buona; ma, in grande maggioranza, questi voti sono certamente tornati ai partiti del centro-destra, cioè là da dove si erano allontanati anche sotto la pressione convergente del complesso politico-mediatico-giudiziario che si faceva sempre più energica quanto più forte sembrava farsi la coalizione di centro-destra: è evidente che i 5S avevano goduto di questo flusso dalla destra ma è altrettanto evidente come la prova di governo da loro data in quest'anno e mezzo dopo le elezioni del marzo'18 e, tanto meno, questa alleanza con il PD non abbiano soddisfatto quegli elettori.
Ciò dovrebbe far riflettere non solo sulla tendenza attuale dell'elettorato ma anche sulla situazione politica generale che ha caratterizzato la cosiddetta III repubblica. Si potrebbe concludere che quella strategia non piaccia agli elettori, forse non alla loro maggioranza, e che il risultato di un'eventuale elezione politica anticipata ribalterebbe la maggioranza PD-5S oggi al governo.
Delle ragioni che hanno incollato questa maggioranza di governo – Salvini, iva, Europa, etc. – quella più disprezzabile (Conte direbbe miserabile) e, anche la più rivelatrice della temperie costituzionale-democratica che caratterizza soprattutto il Pd, è quella, sostenuta da tutti i membri di questa coalizione, Renzi compreso: quella cioè di evitare che il prossimo Presidente della Repubblica venga eletto da una maggioranza non di sinistra. Certamente non si può dire che l'elezione del Presidente a maggioranza, sia pure assoluta, non sia legittima (la costituzione stessa lo prevede) come non è illegittimo il governo attuale, frutto di una spericolata giravolta politica di tutti i partiti che lo compongono. Del resto, da un po' di tempo, siamo abituati ad avere presidenti eletti da una maggioranza di sinistra o anche di destra, li abbiamo visti all'opera e abbiamo potuto apprezzarne a volte la competenza, a volte lo stile, a volte la partigianeria.
Ciò che è disprezzabile di questo ostracismo posto dalla sinistra è il ricatto ‘manicheo' che esorcizza anzi demonizza l'eventuale elezione del presidente da parte di una maggioranza di destra; disprezzabile perché significa che si vuol fare di questa carica – e, forse, già si è riusciti – un presidio di potere che si aggiunga agli altri già occupati.
Si dovrebbe finalmente sgombrare il campo dalle reciproche delegittimazioni. Per restare al caso dell'elezione del Presidente della Repubblica, si dovrebbe potere contare sul profilo di questa carica disegnato dalla Costituzione: si vuole che il Presidente, privo di ogni potere di indirizzo politico, rappresenti l'unità nazionale e non soltanto una parte; per la sua elezione, si dovrebbe potere contare sulla scelta ‘migliore' per tutti anziché per una parte soltanto. Oppure si pensi a riformare la Costituzione rendendo questa carica perfettamente politica.
Fonte: di GIUSEPPE BUTTA'