"LE LEGGI MEMORIALI"
17-02-2018 - CRONACHE SOCIALISTE
Le leggi memoriali sono una specificità del nostro tempo. Da quasi trent’anni, infatti, frutto di quello che gli studiosi hanno chiamato memory boom, si susseguono nei paesi europei provvedimenti legislativi volti a condannare penalmente affermazioni o negazioni di determinati eventi storici quali la Shoah o l’uccisione degli armeni a opera dei turchi nel 1915.
Dominante in questa percezione è stato il paradigma “vittimario”, ossia la centralità della vittima nel discorso pubblico. Partita con le migliori intenzioni, la volontà di fare i conti con la storia in tribunale, ha finito per procedere su chine sempre più scivolose. In Francia la legge Gayssot proibisce, fin dal 1990, di negare i crimini contro l’umanità e con essi la Shoah. L’intenzione originaria del proponente era di porre un argine alle tesi negazioniste fatte circolare nel paese transalpino sia da movimenti ed esponenti dell’estrema destra, sia da militanti di estrema sinistra anche in funzione antisionista e antisraeliana. Alla fine degli anni Novanta ha avuto luogo il duro confronto tra lo storico negazionista britannico David Irving e Deborah Lipstadt finito con la condanna in tribunale di Irving.
Da allora molti altri stati si sono dotati di norme che regolano in maniera prescrittiva la narrazione di certi fatti storici. In Turchia, secondo la lettera del codice penale, può essere perseguito e condannato chiunque faccia menzione del genocidio armeno in questi esatti termini, ricadendo ciò nella fattispecie dell’insulto alla nazione turca. Il tutto è aggravato dal peso geopolitico della repubblica del presidente Erdogan che le consente di farsi beffe impunemente delle istituzioni internazionali e delle loro raccomandazioni. D’altra parte, una normativa del genere può aprire la strada a percorsi inaspettati: nel 2005 in Francia è passato un provvedimento legislativo in cui è scritto: «I programmi scolastici riconoscono il ruolo positivo della presenza francese oltremare, in particolare in Africa del nord».
Neanche la Corte europea dei Diritti dell’Uomo sembra reagire con la necessaria fermezza quando alcune di queste sentenze sono impugnate e portate alla sua attenzione. Molto spesso il condannato non riceve alcun ristoro ma anzi la sua condotta, pur se limitata all’aver dato diffusione a idee che non sono in linea con l’ortodossia, è ancora sanzionata. La scelta di trasformare una verità storica in una verità giudiziaria portando gli storici a difendersi nelle aule dei tribunali invece che nelle sedi scientifiche che a loro competono sta facendo scempio dei valori dell’Europa dei Lumi.
L’ultima notizia in ordine di tempo è stata la legge promulgata in Polonia che impone di non associare in alcun modo i polacchi ai campi di sterminio nazisti e alla Shoah. Quest’ultima notizia sa di beffa. Non solo è ben noto agli storici con quanto zelo alcuni polacchi si siano resi complici delle persecuzioni contro la popolazione ebraica ma è ben conosciuto il massacro di Kielce che nel 1946 – quindi a guerra finita – fece decine di vittime in un pogrom accaduto dopo la Shoah.
Questa è la lezione che dovremmo imparare: la storia agli storici, la politica ai politici.
Fonte: di ANDREA BECHERUCCI