"MORIRE A DANZICA" di Paolo Bagnoli
22-01-2019 - EDITORIALE
Nella storia del nostro continente Danzica, la città portuale polacca, evoca tristi presagi. L’Europa che non volle “morire per Danzica”, dando libero corso al dilagare del nazismo in Europa, per la sua cecità pagò un prezzo altissimo. Oggi, l’Europa, con alle viste una importante scadenza elettorale i cui risultati sono destinati, qualunque essi siano, a segnarne il futuro, si trova nuovamente a fare i conti con quanto Danzica pone alla coscienza e alla politica democratica europea. L’uccisione, causata da un colpo di coltello al cuore, del sindaco Pawel Adamowicz, capofila dei progressisti in un Paese sempre più illiberale per la politica del governo dominato dai nazionalpopolari di Jaroslaw Kacynski, fa scattare un campanello d’allarme sul rischio che corre l’Europa se la ventata populistico-sovranista si consolida. L’assassinio di Adamowicz, infatti, è un assassinio politico; europeista, difensore dei diritti delle minoranze, schierato a favore della comunità Lgtb, il sindaco di Danzica è stato vittima del clima di odio promosso e alimentato dal governo. In Polonia è il primo omicidio di un politico dalla fine del comunismo; il primo di un sindaco dal lontano 1926.
L’esasperato sovranismo ha portato la Polonia ai ferri corti con l’Europa soprattutto per gli attacchi allo stato di diritto; come per l’Ungheria e la Romania, Europa significa prima di tutto, difesa della legalità ossia della democrazia. Per la sua involuzione illiberale la Polonia è stato il primo Paese contro il quale la Commissione europea, nel 2017, ha avviato la procedura prevista dall’articolo 7 del Trattato di Lisbona a causa delle gravi violazioni allo “stato di diritto” per la riforma della giustizia che mira ad assoggettare i giudici al potere politico. Quasi tutti i governi europei sono stati concordi; Kaczynski è stato difeso dalle sanzioni grazie a Orban poiché, per comminarle, occorre l’unanimità. Salvini, tuttavia, la scorsa settimana è stato a Varsavia per stringere un patto con Kaczynski in vista delle elezioni europee, promettendo di difendere la Polonia “da quest’ondata di odio e di disprezzo.” La Polonia versa in una situazione grave. Nemmeno l’Ungheria di Orban, che pure ne ha percorsa di strada illiberale, si trova allo stesso livello; infatti, ha ricevuto solo una raccomandazione politica approvata dal Parlamento europeo l’anno passato tra non poche polemiche.
Non dobbiamo chiudere gli occhi di fronte a quanto ci dice l’assassinio del sindaco di Danzica. Oramai la violenza causata da certa politica dilaga in tanta parte del continente. E’ una violenza contro l’Europa, contro chi si trova all’opposizione, contro le minoranze, contro i migranti e, pure, di uno Stato contro uno Stato vicino. E’ in tale quadro che si svolgeranno le elezioni europee del prossimo maggio; un contesto seriamente preoccupante, quasi una resa dei conti tra il populismo-nazional-sovranista e un ‘Europa bisognosa, peraltro, di un nuovo progetto per essere e andare avanti.
Quanto è avvenuto a Danzica ci riguarda direttamente poiché – il viaggio di Salvini lo dimostra – Italia e Polonia non sono poi tanto lontane come non lo è l’Ungheria. I leader di questi Paesi sognano di stringere un’alleanza contro i migranti a difesa dell’Europa e dei suoi storici valori cristiani! Ci sarà certo un interesse elettorale, però crediamo che la questione sia ben più complessa; a noi sembra che, alla base, vi sia la demonizzazione di chi la pensa diversamente. Tragedia nel paradosso di una prospettata internazionale dei nazionalismi. Essa si intravede quando si tratta di gridare all’invasione di popoli stranieri, ma non prende corpo in un disegno politico degno di questo nome. I germi della dissoluzione si accavallano; le divergenze sono profonde. Basti pensare che Salvini è filo russo, mentre il leader polacco è decisamente anti. Vogliamo dire che sembra affacciarsi all’orizzonte dell’Europa un gran turbinio causato dalla degenerazione dello scontro politico e, quindi, un disordine diffuso e permanente che porta con sé la necessità di ripristinare un ordine che vuol, dire, la storia ce lo insegna, consegnarsi a regimi autoritari. Di fronte a tale scenario l’europeismo classico, quello cui siamo abituati, non basta poiché esso non legittima una risposta. La morte di Danzica non ci dice, forse, bella maniera più drammatica, quanto la democrazia europea sia impreparata?