"SOLO IERI"
23-09-2017 - STORIE&STORIE
Cosa ti ha insegnato la vita? A essere onesto, prima di tutto. Hai mai pensato di avere più soldi? Non avrei saputo che farne. Non ho neppure una casa. Mi basta poter comprare dei libri. E qual´è l´agognata società socialista? E´ quella società che riesce a dare a ciascun individuo la massima libertà di decidere la propria esistenza e di costruire la propria vita. Per il futuro come andrà a finire? Non finirà mai. Io sono molto incuriosito da tutto quel che stiamo vivendo: è un´epoca di grandi cambiamenti in cui tutto è in gioco. Ci sono troppe cose da vedere e da capire. E poi, non penso mai alla morte...
Era il 18 settembre 1984 e in una la clinica romana, la Mater Dei, l´acomunista - nè filo nè anticomunista - Riccardo Lombardi, smetteva di analizzare, testare, la società, fatta di uomini e donne, che aveva davanti: quando un problema si pone la soluzione si cerca e si trova [...] se il problema è posto con l´insistenza necessaria e non viene negato [...] quando si rappresentano dobbiamo affrontarli, i problemi, perchè non se li mangia il lupo, e subito poi per dire la sua secondo il metodo sempre seguito: la ricerca, l´ininterrotta ricerca di provare e riprovare.
Quale migliore occasione allora - in un contesto culturale e politico, l´attuale, infettato dai rigurgiti di virus letali per l´umanità, che si credevano, erroneamente, sconfitti e debellati: razzismo e xenofobia, ereditati dal fascismo e dal nazismo, e, loro diretta emanazione, populismi e apatia per la convivenza sociale - che riproporre, a 33 anni esatti dalla cremazione senza riti religiosi disposta già anni prima, la figura e il pensiero del partigiano Rio, giellista e azionista prima, poi sempre socialista.
Certo, di anni ne sono passati diversi e di cambiamenti ce ne sono stati tanti, anche epocali: non ci sono più nè il Psi in cui Lombardi militò, ininterrottamente, dal 1947 al 1984, non prima di aver stilato la sua severa e profetica sentenza al Cc del 30 giugno: un Psi così non ha ragione di esistere; nè il Pci travolto nel 1989 dal crollo - annunciato dalla destalinizzazione di Kruscev - del Muro di Berlino sotto le cui macerie rimase sepolto il comunismo sovietico che Lombardi ritenne sempre irriformabile, nè la Dc - la considerava per gli interessi difesi un avversario e non un alleato - sopravvisuta, sotto altre vesti, allo tsumani di Tangentopoli del ´92-´93.
Eppure, nonostante l´enorme sconquasso culturale, politico e sociale, da cui si è salvato il capitalismo per aver cambiato pelle, ci sono valori umani validi, magari da rimpolpare e da precisare ulteriormente, per rinverdire l´idea lombardiana di una società più ricca, non più povera e triste, perchè diversamente ricca: è il tipo di benessere, di consumi che noi vogliamo cambiare, come uguaglianza e divesità, libertà e giustizia sociale, laicità e mutualità, onestà e rigorosità, competenza e coerenza, che hanno contrassegnato la vita di un presbite assai scomodo alla politica dei suoi tempi, figurariamoci dei nostri!
Suo malgrado si ritrovò inserito dall´intellettuale francese Gilles Martinet in La conquista dei poteri tra gli ideatori del riformismo rivoluzionario, un ossimoro: o si era riformisti o si era rivoluzionari, quale strategia per realizzare il socialismo - e non la socialdemocrazia di cui ne anticipò, nel 1981, la crisi incipiente - perchè, ammoniva, o si trova una soluzione socialista o siamo alla barbarie, insieme a Vittorio Foa, Bruno Trentin, Lelio Basso e Pietro Ingrao.
Non pensava mai alla morte del capitalismo, nè era convinto che alla morte del capitalismo sarebbe successo il socialismo, semmai progettava una profonda ristrutturazione, attraverso non le blande riforme di piccoli aggiustamenti, ma con le riforme di struttura tali da incidere dal di dentro il sistema messo in piedi perchè il capitalismo è diventato troppo costoso per noi e per l´umanità intera.
In primo piano alla sua analisi c´erano da una parte l´uso indiscriminato e distruttivo, e non sobrio e egualitario, delle risorse naturali, e dall´altra lo sfruttamento disumano del Terzo Mondo: una situazione, questa, che alla lunga il Pianeta, lo si vede oggi, non può sostenere.
Di certo non fu il solo a vivere la politica come un fare, non per se stessi, la propria carriera e le prebende incluse, ma per gli altri, per milioni e milioni di persone, specie per i più deboli e meno abbienti: un modo questo, anomalo, di stare e operare nel mondo politico dedito a calcoli e compromessi finalizzati a vantaggi per il partito, se non personali, che discendeva dall´onestà, dal rigore e dalla coerenza.
Ci si può allora, per l´oggi, riferire a l´altra sinistra, quella che non ha vinto elettoralmente ma culturalmente, a un drappello di antifascisti eterogeno, transitati per Giustizia e Libertà dei fratelli Rosselli e poi per il Partito d´Azione, come Vittorio Foa; di comunisti anomali, come Bruno Trentin e Giuseppe Di Vittorio, come Pietro Ingrao e Antonio Giolitti; di liberali formatisi alla scuola di Piero Gobetti, come Ernesto Rossi, e, per finire, a Antonio Gramsci.
Forse, di questi mala tempora currunt, è un´utopia dire che il socialismo non è morto: se anche fosse, serve quest´utopia per continuare a leggere la società che abbiamo davanti dove immettere certi valori umani di 30, 40, 50 anni fa: uguaglianza e diversità, libertà e giustizia sociale, laicità e mutualità, onestà e rigorosità, competenza e onestà per affermare che non ci sono razze umane ma ci sono esseri umani accumunati dall´uguaglianza per la nascita e non per altro.
Era il 18 settembre 1984 e in una la clinica romana, la Mater Dei, l´acomunista - nè filo nè anticomunista - Riccardo Lombardi, smetteva di analizzare, testare, la società, fatta di uomini e donne, che aveva davanti: quando un problema si pone la soluzione si cerca e si trova [...] se il problema è posto con l´insistenza necessaria e non viene negato [...] quando si rappresentano dobbiamo affrontarli, i problemi, perchè non se li mangia il lupo, e subito poi per dire la sua secondo il metodo sempre seguito: la ricerca, l´ininterrotta ricerca di provare e riprovare.
Quale migliore occasione allora - in un contesto culturale e politico, l´attuale, infettato dai rigurgiti di virus letali per l´umanità, che si credevano, erroneamente, sconfitti e debellati: razzismo e xenofobia, ereditati dal fascismo e dal nazismo, e, loro diretta emanazione, populismi e apatia per la convivenza sociale - che riproporre, a 33 anni esatti dalla cremazione senza riti religiosi disposta già anni prima, la figura e il pensiero del partigiano Rio, giellista e azionista prima, poi sempre socialista.
Certo, di anni ne sono passati diversi e di cambiamenti ce ne sono stati tanti, anche epocali: non ci sono più nè il Psi in cui Lombardi militò, ininterrottamente, dal 1947 al 1984, non prima di aver stilato la sua severa e profetica sentenza al Cc del 30 giugno: un Psi così non ha ragione di esistere; nè il Pci travolto nel 1989 dal crollo - annunciato dalla destalinizzazione di Kruscev - del Muro di Berlino sotto le cui macerie rimase sepolto il comunismo sovietico che Lombardi ritenne sempre irriformabile, nè la Dc - la considerava per gli interessi difesi un avversario e non un alleato - sopravvisuta, sotto altre vesti, allo tsumani di Tangentopoli del ´92-´93.
Eppure, nonostante l´enorme sconquasso culturale, politico e sociale, da cui si è salvato il capitalismo per aver cambiato pelle, ci sono valori umani validi, magari da rimpolpare e da precisare ulteriormente, per rinverdire l´idea lombardiana di una società più ricca, non più povera e triste, perchè diversamente ricca: è il tipo di benessere, di consumi che noi vogliamo cambiare, come uguaglianza e divesità, libertà e giustizia sociale, laicità e mutualità, onestà e rigorosità, competenza e coerenza, che hanno contrassegnato la vita di un presbite assai scomodo alla politica dei suoi tempi, figurariamoci dei nostri!
Suo malgrado si ritrovò inserito dall´intellettuale francese Gilles Martinet in La conquista dei poteri tra gli ideatori del riformismo rivoluzionario, un ossimoro: o si era riformisti o si era rivoluzionari, quale strategia per realizzare il socialismo - e non la socialdemocrazia di cui ne anticipò, nel 1981, la crisi incipiente - perchè, ammoniva, o si trova una soluzione socialista o siamo alla barbarie, insieme a Vittorio Foa, Bruno Trentin, Lelio Basso e Pietro Ingrao.
Non pensava mai alla morte del capitalismo, nè era convinto che alla morte del capitalismo sarebbe successo il socialismo, semmai progettava una profonda ristrutturazione, attraverso non le blande riforme di piccoli aggiustamenti, ma con le riforme di struttura tali da incidere dal di dentro il sistema messo in piedi perchè il capitalismo è diventato troppo costoso per noi e per l´umanità intera.
In primo piano alla sua analisi c´erano da una parte l´uso indiscriminato e distruttivo, e non sobrio e egualitario, delle risorse naturali, e dall´altra lo sfruttamento disumano del Terzo Mondo: una situazione, questa, che alla lunga il Pianeta, lo si vede oggi, non può sostenere.
Di certo non fu il solo a vivere la politica come un fare, non per se stessi, la propria carriera e le prebende incluse, ma per gli altri, per milioni e milioni di persone, specie per i più deboli e meno abbienti: un modo questo, anomalo, di stare e operare nel mondo politico dedito a calcoli e compromessi finalizzati a vantaggi per il partito, se non personali, che discendeva dall´onestà, dal rigore e dalla coerenza.
Ci si può allora, per l´oggi, riferire a l´altra sinistra, quella che non ha vinto elettoralmente ma culturalmente, a un drappello di antifascisti eterogeno, transitati per Giustizia e Libertà dei fratelli Rosselli e poi per il Partito d´Azione, come Vittorio Foa; di comunisti anomali, come Bruno Trentin e Giuseppe Di Vittorio, come Pietro Ingrao e Antonio Giolitti; di liberali formatisi alla scuola di Piero Gobetti, come Ernesto Rossi, e, per finire, a Antonio Gramsci.
Forse, di questi mala tempora currunt, è un´utopia dire che il socialismo non è morto: se anche fosse, serve quest´utopia per continuare a leggere la società che abbiamo davanti dove immettere certi valori umani di 30, 40, 50 anni fa: uguaglianza e diversità, libertà e giustizia sociale, laicità e mutualità, onestà e rigorosità, competenza e onestà per affermare che non ci sono razze umane ma ci sono esseri umani accumunati dall´uguaglianza per la nascita e non per altro.
Fonte: di CARLO PATRIGNANI