"CAMBIA TUTTO O NON CAMBIA NIENTE?"
26-09-2022 - CRONACHE SOCIALISTE
A urne chiuse ma a voti non ancora completamente scrutinati, una cosa è certa: l'Italia avrà il suo primo governo guidato da una donna. Fratelli d'Italia, il partito di Giorgia Meloni veleggia al Senato intorno al 26% alla testa di una coalizione di centrodestra che si assesterebbe sul 44%. Dati simili sono previsti per la Camera dei deputati.
Molto si potrebbe riflettere sul livello infimo della campagna elettorale che ci siamo lasciati alle spalle come sulla volatilità del voto degli italiani ma una disamina di tutti questi aspetti prenderebbe troppo spazio.
Gli sconfitti di questa tornata elettorale sono il PD e la Lega assieme al sedicente terzo polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda. Il risultato uscito dalle urne è chiaro ma sarà, secondo il dettato della Costituzione, il Quirinale a dettare la road map per arrivare al nuovo esecutivo. Dando per scontato che l'incarico di formare il nuovo governo venga assegnato alla leader del partito di maggioranza relativa, non c'è dubbio alcuno che il presidente Mattarella rifiuterà di avallare nomi di ministri non in linea con la collocazione europeista e atlantista del nostro Paese.
I problemi all'orizzonte da risolvere sono numerosi e complessi e la natura della coalizione che, presumibilmente, dovrà affrontarli non garantisce la necessaria coesione per definire le linee d'intervento del prossimo governo. Il partito di Giorgia Meloni si troverà a dover collaborare con due forze, Lega e Forza Italia, nettamente ridimensionate rispetto alle ultime consultazioni elettorali. Il nuovo partito guida della coalizione di centrodestra ha messo a frutto il risultato della sua opposizione (meditata, ma pur sempre opposizione) al governo Draghi ed è stato premiato, evidentemente, per la sua coerenza in una legislatura in cui tutti si sono alleati con tutti. I suoi alleati, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi hanno certamente pagato in termini di voti per l'appoggio dato al governo Draghi ma scontano anche, l'uno una leadership ormai in stato confusionale e l'altro la guida di una forza politica ormai balcanizzata, preda delle sue convulsioni finali.
Con il governo Draghi e le forze che lo hanno appoggiato si è manifestato uno strano paradosso: pur avendo sempre registrato, il presidente del Consiglio altissimi indici di gradimento, le forze che lo hanno sostenuto sono state duramente punite dal voto degli elettori e Giorgia Meloni ne ha potuto raccogliere i dividendi.
I problemi presenti nell'agenda del governo che si appresterà a guidare il Paese sono di ampia portata: dall'aumento dell'inflazione alla crisi energetica al raggiungimento degli obiettivi dettati dal PNRR. Come reagiranno i mercati finanziari alla prospettiva che una forza come Fratelli d'Italia, il cui atteggiamento nei confronti dell'Unione europea è quantomeno ambiguo, guidi la terza potenza industriale europea?
Difficile fare previsioni. Molto dipenderà dalla composizione della coalizione di governo. Se la presenza di Forza Italia – che ha funto finora da elemento moderatore tra le forze di centrodestra - si dimostrasse non determinante ai fini della sua formazione, questo potrebbe indurre nei mercati una maggiore cautela anche se, negli ultimi tempi, Fratelli d'Italia ha cercato di ammorbidire le sue posizioni più autenticamente euroscettiche. Tuttavia, la stessa Meloni ha ribadito, di recente, la necessità di rinegoziare il PNRR alla luce delle difficoltà emerse con la crisi energetica acuitasi dopo il prolungarsi della guerra tra Russia e Ucraina. Non sarà facile, però, neanche per Giorgia Meloni, prendere decisamente le distanze dagli impegni già assunti dal precedente governo. Le direttrici non solo internazionali dei governi europei da molto tempo non sono più tracciate nelle singole capitali europee ma sono la risultante di delicati equilibri negoziati a livello sopranazionale e a questi anche Meloni dovrà adeguarsi se vorrà essere accettata come equal partner tra i rappresentanti degli altri paesi membri dell'Unione europea.
Sicuramente i risultati di queste elezioni lasceranno sul campo morti e feriti: le leadership di Letta e Salvini sono entrambe vacillanti e i segretari dei due partiti dovranno rispondere ai loro elettori del non brillante risultato ottenuto.
La fase che si apre lascia prefigurare scenari, al momento, totalmente nuovi. Vedremo se, nei prossimi giorni, il panorama sarà destinato a semplificarsi o a complicarsi.
Molto si potrebbe riflettere sul livello infimo della campagna elettorale che ci siamo lasciati alle spalle come sulla volatilità del voto degli italiani ma una disamina di tutti questi aspetti prenderebbe troppo spazio.
Gli sconfitti di questa tornata elettorale sono il PD e la Lega assieme al sedicente terzo polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda. Il risultato uscito dalle urne è chiaro ma sarà, secondo il dettato della Costituzione, il Quirinale a dettare la road map per arrivare al nuovo esecutivo. Dando per scontato che l'incarico di formare il nuovo governo venga assegnato alla leader del partito di maggioranza relativa, non c'è dubbio alcuno che il presidente Mattarella rifiuterà di avallare nomi di ministri non in linea con la collocazione europeista e atlantista del nostro Paese.
I problemi all'orizzonte da risolvere sono numerosi e complessi e la natura della coalizione che, presumibilmente, dovrà affrontarli non garantisce la necessaria coesione per definire le linee d'intervento del prossimo governo. Il partito di Giorgia Meloni si troverà a dover collaborare con due forze, Lega e Forza Italia, nettamente ridimensionate rispetto alle ultime consultazioni elettorali. Il nuovo partito guida della coalizione di centrodestra ha messo a frutto il risultato della sua opposizione (meditata, ma pur sempre opposizione) al governo Draghi ed è stato premiato, evidentemente, per la sua coerenza in una legislatura in cui tutti si sono alleati con tutti. I suoi alleati, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi hanno certamente pagato in termini di voti per l'appoggio dato al governo Draghi ma scontano anche, l'uno una leadership ormai in stato confusionale e l'altro la guida di una forza politica ormai balcanizzata, preda delle sue convulsioni finali.
Con il governo Draghi e le forze che lo hanno appoggiato si è manifestato uno strano paradosso: pur avendo sempre registrato, il presidente del Consiglio altissimi indici di gradimento, le forze che lo hanno sostenuto sono state duramente punite dal voto degli elettori e Giorgia Meloni ne ha potuto raccogliere i dividendi.
I problemi presenti nell'agenda del governo che si appresterà a guidare il Paese sono di ampia portata: dall'aumento dell'inflazione alla crisi energetica al raggiungimento degli obiettivi dettati dal PNRR. Come reagiranno i mercati finanziari alla prospettiva che una forza come Fratelli d'Italia, il cui atteggiamento nei confronti dell'Unione europea è quantomeno ambiguo, guidi la terza potenza industriale europea?
Difficile fare previsioni. Molto dipenderà dalla composizione della coalizione di governo. Se la presenza di Forza Italia – che ha funto finora da elemento moderatore tra le forze di centrodestra - si dimostrasse non determinante ai fini della sua formazione, questo potrebbe indurre nei mercati una maggiore cautela anche se, negli ultimi tempi, Fratelli d'Italia ha cercato di ammorbidire le sue posizioni più autenticamente euroscettiche. Tuttavia, la stessa Meloni ha ribadito, di recente, la necessità di rinegoziare il PNRR alla luce delle difficoltà emerse con la crisi energetica acuitasi dopo il prolungarsi della guerra tra Russia e Ucraina. Non sarà facile, però, neanche per Giorgia Meloni, prendere decisamente le distanze dagli impegni già assunti dal precedente governo. Le direttrici non solo internazionali dei governi europei da molto tempo non sono più tracciate nelle singole capitali europee ma sono la risultante di delicati equilibri negoziati a livello sopranazionale e a questi anche Meloni dovrà adeguarsi se vorrà essere accettata come equal partner tra i rappresentanti degli altri paesi membri dell'Unione europea.
Sicuramente i risultati di queste elezioni lasceranno sul campo morti e feriti: le leadership di Letta e Salvini sono entrambe vacillanti e i segretari dei due partiti dovranno rispondere ai loro elettori del non brillante risultato ottenuto.
La fase che si apre lascia prefigurare scenari, al momento, totalmente nuovi. Vedremo se, nei prossimi giorni, il panorama sarà destinato a semplificarsi o a complicarsi.
Fonte: di Andrea Becherucci