"CINQUANT'ANNI FA VENIVA UCCISO SALVATOR ALLENDE, SOCIALISTA, UN RIVOLUZIONARIO DEMOCRATICO"
25-09-2023 - CRONACHE SOCIALISTE
Era l'11 settembre 1973 quando Salvator Allende cadde ucciso dal golpismo interno appoggiato dall'imperialismo americano che aveva nella coppia Nixon – Kissinger due espressivi dioscuri – quest'ultimo, poi, in nome del realismo non badava a bombe come nel caso del Vietnam, della Cambogia e del Laos – cadde, martire della libertà nel socialismo. Perché questo è stato Salvator Allende; questo il suo esperimento politico e la bellezza della sua persona assumono una luce tanto più forte quanto più il socialismo sembra essere caduto in un buco nero come avviene, sicuramente in Italia, ove quasi mai è nemmeno rammentato. È vero che il socialismo si dibatte in una difficoltà reale, ma è anche vero che partiti socialisti in Europa ci sono e riescono a essere forza di governo. Insomma, il socialismo nel suo complesso non è morto, solo che, soprattutto grazie all'imbroglio ideologico di cui dobbiamo ringraziare Blair, ha perso la linfa originaria; ossia, il superamento del sistema capitalistico dimostrando che un'altra società è possibile. Il socialismo non è una terza via – non si capisce poi quali siano le altre due a meno che non si pensi al capitalismo divenuto illiberale e al comunismo che illiberale lo è sempre stato – bensì una via per conquistare assetti sociali, economici e culturali, naturalmente, che si basino sulla dignità concreta degli uomini e sul sistema della democrazia quale forma politica della libertà. Allende, come è stato scritto da qualcuno nei tanti articoli a lui dedicati per la ricorrenza del golpe, non ideò una terza via in quanto il socialismo, quale strada e obiettivo per il superamento delle ingiustizie sociali provocate dal capitalismo, presuppone la libertà e la democrazia. Allende, nei mille giorni del suo governo composto da socialisti, comunisti, radicali e dissidenti democristiani, inseguì la giustizia, la libertà e l'equità sociale. Non ricorse mai alla violenza e quando il Mir gli chiese le armi per fronteggiare quanto si andava preparando contro di lui oppose un netto rifiuto perché il socialismo non si faceva con le armi, ma con il Parlamento.
Veltroni, in un articolo sul “Corriere della Sera” del 10 settembre, mette in evidenza il tema del rifiuto della violenza, ma sembra quasi stupirsi che «Un marxista, come era Allende, andava al governo del suo Paese seguendo la via democratica». L'abbiamo considerata come una coda astenica legata alle radici del suo vecchio partito; ma perché un marxista dovrebbe essere antidemocratico? Giuseppe Saragat e Francesco De Martino – tanto per rimanere in casa nostra – erano marxisti eppure erano integralmente democratici. Allende era un socialista marxista di formazione liberale, aderiva alla massoneria - una pratica molto diffusa in America latina - e voleva la libertà nel socialismo per conquistare quelle libertà che solo un grande movimento di riscatto ispirato a un altrettanto grande ideale – il più grande manifestatosi nella storia, secondo Piero Gobetti – concretizzasse le libertà: quelle che il socialismo motiva e persegue. Nel suo articolo Veltroni cita un brano significativo di un discorso di Allende del maggio 1972 che ci piace riportare anche noi: «La lotta sostenuta per aprire la strada alla democrazia economica e conquistare le libertà sociali è il nostro più grande contributo allo sviluppo del regime democratico in questa fase della nostra storia. Realizzarlo contemporaneamente alla difesa delle libertà pubbliche e individuali e allo sviluppo del principio di legalità, è la sfida storica che tutti i cileni si trovino ad affrontare». A mezzo secolo di distanza dal sacrificio di Allende il valore della sua “presenza” nella vicenda del socialismo rimane intatto e indica ancora il percorso di lotta da seguire per chi crede che il socialismo non sia tanto o solo una via della politica, ma una vera e propria civiltà.
Veltroni, in un articolo sul “Corriere della Sera” del 10 settembre, mette in evidenza il tema del rifiuto della violenza, ma sembra quasi stupirsi che «Un marxista, come era Allende, andava al governo del suo Paese seguendo la via democratica». L'abbiamo considerata come una coda astenica legata alle radici del suo vecchio partito; ma perché un marxista dovrebbe essere antidemocratico? Giuseppe Saragat e Francesco De Martino – tanto per rimanere in casa nostra – erano marxisti eppure erano integralmente democratici. Allende era un socialista marxista di formazione liberale, aderiva alla massoneria - una pratica molto diffusa in America latina - e voleva la libertà nel socialismo per conquistare quelle libertà che solo un grande movimento di riscatto ispirato a un altrettanto grande ideale – il più grande manifestatosi nella storia, secondo Piero Gobetti – concretizzasse le libertà: quelle che il socialismo motiva e persegue. Nel suo articolo Veltroni cita un brano significativo di un discorso di Allende del maggio 1972 che ci piace riportare anche noi: «La lotta sostenuta per aprire la strada alla democrazia economica e conquistare le libertà sociali è il nostro più grande contributo allo sviluppo del regime democratico in questa fase della nostra storia. Realizzarlo contemporaneamente alla difesa delle libertà pubbliche e individuali e allo sviluppo del principio di legalità, è la sfida storica che tutti i cileni si trovino ad affrontare». A mezzo secolo di distanza dal sacrificio di Allende il valore della sua “presenza” nella vicenda del socialismo rimane intatto e indica ancora il percorso di lotta da seguire per chi crede che il socialismo non sia tanto o solo una via della politica, ma una vera e propria civiltà.
di Paolo Bagnoli
(da nonmollare quindicinale post azionista | 135 | 18 settembre 2023 - la biscondola)