"DOPO LA PANDEMIA"
21-03-2021 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
Morte, malattia, disoccupazione, disuguaglianze economiche e sociali: non c'è aspetto della nostra vita che la pandemia non abbia toccato. La globalizzazione è stata messa sotto pressione dai nazionalismi, gli Stati hanno chiuso le frontiere, gli USA sono in crisi, la Cina è sempre più spavalda. Quale mondo emergerà nel dopo-pandemia? Tre libri, comparsi di recente, pur partendo da prospettive diverse, arrivano a conclusioni sorprendentemente analoghe: “Is Tomorrow yet?” del politologo bulgaro Ivan Krastev; “Ten lessons for a Post-Pandemic World” del politologo statunitense di fama internazionale Fareed Zakaria, e “Ritorniamo a sognare” di papa Francesco. Le epidemie sconvolgono il nostro mondo come le guerre e le rivoluzioni, dice Krastev, ma queste ultime lasciano nella memoria collettiva un'impronta ben diversa. Perché morire di malattia invece che per causa di una bomba o di una pallottola non è un atto di patriottismo, non richiede un eroico sacrificio. Tuttavia, anche se diamo significati diversi a questi eventi, è tale la traccia che si imprime nella nostra vita in seguito a episodi pandemici come l'attuale, che non se ne può sottovalutare il peso. Proprio osservando la situazione attuale, a Krastev non sfugge una serie di paradossi. Esempio: la rapida diffusione del virus mostra il lato negativo della globalizzazione, ma ci unisce in una comune esperienza. La pandemia ha accelerato la tendenza verso la de-globalizzazione costringendo i Paesi a puntare all'autosufficienza, ma nello stesso tempo mette in luce i limiti del nazionalismo. Il Covid 19 ha messo in risalto le carenze dell'EU: quando l'Italia invocava urgenti materiali sanitari, nessuno Stato membro ha risposto. Questa incapacità, tuttavia, paradossalmente ha stimolato una maggiore integrazione. Krastev prevede che la natura globalizzata del Covid 19, essendo ormai evidente che il nazionalismo economico del 19esimo secolo non è più una soluzione per i piccoli e medi Stati europei, può far nascere una nuova Europa, dar luogo a un nazionalismo a livello europeo. Se il mondo diventerà protezionista, un protezionismo efficace, valido, concreto è possibile solo a livello continentale. Fareed Zakaria parte da premesse diverse. Il Covid 19, afferma, è il terzo maggiore shock a colpire l'ordine mondiale, dopo l'11 settembre e la crisi finanziaria del 2008. Dice Zakaria: ciò che è cominciato come un problema sanitario ha sollecitato un lockdown contestuale di ogni attività nel mondo, con il risultato di una paralisi generalizzata, la cessazione stessa dell'economia. Questo perché viviamo in un sistema instabile: siamo tutti connessi ma nessuno ha il controllo. Il mondo è sempre in overdrive, con un'accelerazione incessante della crescita umana. Rispetto ai due secoli passati, viviamo di più, produciamo di più, consumiamo di più, divoriamo energia e spazio con un ritmo che non ha precedenti – e con lo stesso ritmo produciamo rifiuti. Uno dei capitoli più interessanti di “Ten lessons for a Post-Pandemic World” riguarda il ruolo dei governi nel gestire la pandemia. Zakaria è persuaso che la qualità e non la quantità del governo è la chiave del successo. Taiwan, Corea del Sud, Hong Kong e Singapore hanno affrontato bene il virus, combattendolo fin dall'inizio e limitando il lockdown. Questi sono governi di piccoli Stati con spesa pubblica relativamente bassa. Ma anche i governi di Stati grandi come la Germania, la Danimarca e la Finlandia hanno saputo pilotare la barca in mari relativamente calmi attraverso la burrasca virale. Il fattore comune è uno Stato “competente, ben funzionante, affidabile.” Il che non si può dire degli USA e della Gran Bretagna, che hanno subito le conseguenze dovute a una falsa economia, a un falso risparmio. I mercati non sono sufficienti. E veniamo infine a papa Francesco. “Ritorniamo a sognare” è in parte omelia e in parte manifesto per un profondo cambiamento sociale, totalmente in sintonia con la descrizione secolare del post-pandemia. Scrive Papa Francesco: non possiamo tornare alle false sicurezze dei sistemi politici e economici che avevamo prima della crisi. Abbiamo bisogno di economie che diano a tutti accesso ai frutti del creato, ai bisogni basilari della vita: terra, casa e lavoro. Abbiamo bisogno di una politica che possa integrare e dialogare con il povero, l'escluso e il vulnerabile, che dia alle persone parola nelle decisioni che riguardano la loro vita. Abbiamo bisogno di rallentare, tirare le somme, e tracciare modi migliori per vivere insieme su questa terra. Nota che Paesi guidati da donne hanno in genere contrastato il coronavirus con maggiore successo; cita le opinioni di economiste come Mariana Mazzuccato che mettono in discussione l'impiego del prodotto interno lordo come la misura ultima del successo economico. Addita i limiti del neoliberalismo, approva un reddito universale-base e sottolinea i pericoli della crisi ambientale. Sono frasi queste che risuonano familiari, perché le abbiamo viste in Krastev e Zakaria. Questa è la cosa straordinaria a proposito di questi tre libri. Cominciando da prospettive diverse, questi tre libri convergono su conclusioni simili a proposito di come il mondo potrebbe o dovrebbe cambiare, vivendo in modo più armonioso gli uni accanto agli altri e vagliando più attentamente le competenze di coloro che ci governano. Se qualcuno di questi futuri idilliaci si realizzerà, è un altro discorso.
Fonte: di GIULIETTA ROVERA