ELEZIONI EUROPEE FRA INCERTEZZE E PAURE
28-05-2024 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
Il 23 maggio la costituzione tedesca del dopoguerra – ovvero la Legge Fondamentale del 1949 - ha compiuto 75 anni: un documento carico di significato, perché certifica il passaggio dalla dittatura nazista alla democrazia. Il compleanno ha avuto luogo due settimane prima delle elezioni per il Parlamento europeo. In Germania, stando ai sondaggi, a prevalere saranno i partiti anti-establishment, della destra populista e dell’estrema destra. Il partito Alternative für Deutschland (AfD, Alternativa per la Germania), è seconda nei sondaggi, nonostante la bufera scatenata dalle dichiarazioni del capolista Maximilian Krah al quotidiano “La Repubblica”: le SS non erano tutte criminali. Anche negli altri Paesi dell’Unione Europea - in Francia come in Austria, in Italia come in Spagna - si prevede un’avanzata dei partiti antieuropei di estrema destra. Tuttavia, secondo gli analisti, è fuori Bruxelles e Strasburgo che le elezioni del Parlamento europeo potrebbero avere il maggiore impatto. I partiti di estrema destra sono già nei governi di coalizione in Italia e Finlandia ed è probabile che avranno un ruolo chiave nel prossimo governo olandese dove il Partito per la Libertà di Geert Wilders è arrivato primo alle elezioni di novembre; Vlaams Belang è sulla buona strada per arrivare primo nel Belgio fiammingo alle elezioni nazionali di giugno; l’FPÖ è destinato a vincere le elezioni in Austria entro la fine dell’anno. In Francia, Marine Le Pen sembra sconfiggerà Macron con la lista del Rassemblement National (RN).
Tra il 6 e il 9 giugno andranno alle urne per eleggere i 720 membri del Parlamento europeo 450 milioni di cittadini nei 27 Stati membri dell’UE, l’unica assemblea transnazionale al mondo eletta direttamente. Nel prossimo parlamento, i tre gruppi più numerosi saranno la Germania con 96 deputati, la Francia (81) e l’Italia (76); i più piccoli saranno Cipro, Lussemburgo e Malta, con sei ciascuno. Alcuni osservatori ritengono che in queste elezioni, a causa della vittoria dei partiti di estrema destra, saranno compromessi progetti chiave dell’UE come la transizione verde, il sostegno all’Ucraina e il pacchetto migratorio recentemente concordato.
Altri sostengono invece che nonostante la prevista virata a destra, nella pratica cambierà poco, perché i partiti che compongono l’attuale “grande coalizione” di conservatori, socialisti e liberali, pur perdendo un numero considerevole di seggi, manterranno la maggioranza assoluta. Quanto ai partiti nazionalisti europei, pur concordando su temi come l’immigrazione e la lotta alla legislazione verde, sono profondamente divisi su altri, compreso il loro rapporto con la Russia. Le recenti affermazioni di Maximilian Krah hanno contribuito ad approfondire il disaccordo, spingendo Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra Rassemblement National (RN), e Matteo Salvini ad annunciare che non siederanno più nello stesso gruppo parlamentare europeo di AfD a Strasburgo dopo le elezioni di giugno.
In queste ultime settimane a seminare ulteriore incertezza è stata Ursula von der Leyen, presidente uscente della Commissione europea, la quale ha detto che, a seconda della composizione del parlamento e di chi fa parte di ciascun gruppo, il Partito Popolare Europeo non esclude una collaborazione con il Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR), anche se un ECR che includa Orbán potrebbe complicare le cose, dato che molti partiti membri del PPE sono riluttanti ad associarsi con il leader illiberale ungherese. L’incertezza è alimentata anche dal moltiplicarsi dei falsi sondaggi, della pubblicità ingannevole e della disinformazione, progettati per seminare dubbi e confusione sul processo democratico. Non è un segreto che su Facebook sia in atto una campagna per denigrare Emmanuel Macron, Zelenskiy e Ursula von der Leyen. C’è anche un altro fattore che contribuisce a mettere in tensione l’Europa: il crescere della violenza politica. L’acutizzarsi di minacce contro candidati, sindaci e funzionari eletti ha portato alcuni ad abbandonare la politica. Il mese scorso, sono stati aggrediti un candidato socialdemocratico al Parlamento europeo nella Germania orientale, e diversi attivisti dei Verdi, per non parlare del tentato assassinio del primo ministro slovacco, Robert Fico, un leader solidale con Putin. I partiti populisti e di estrema destra che promettono di ripristinare la legge e l’ordine potrebbero essere i beneficiari elettorali dell’ansia generata dalla violenza politica.
A dominare il clima delle elezioni europee non è però solo l’incertezza, ma anche la paura. Paura dei migranti, paura di quanto sta accadendo a Gaza, paura di una sconfitta dell’Ucraina, paura della Russia e di una non impossibile vittoria di Trump. L’Europa dell’era post-guerra fredda in cui fiorivano la democrazia, il multilateralismo, il libero scambio, la cooperazione si sta indebolendo di fronte all’avanzare del nazionalismo, l’unilateralismo, il protezionismo. E di questo stato di cose l’Europa non è priva di responsabilità. Prendiamo l’atteggiamento nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina. Quando l’Ucraina sembra sul punto di perdere, i governi europei si fanno avanti e aumentano la fornitura di aiuti militari. Ma quando l’Ucraina riporta vittorie, in Europa cresce la paura che la Russia sconfitta imploda o provochi una catastrofe nucleare. L’assistenza militare a Kiev è stata pertanto spesso scarsa e tardiva. Anche nei confronti del Nord Africa la politica estera, o meglio, l’assenza di politica estera, è stata dettata dalla paura. I recenti accordi dell’UE con i regimi di Tunisia, Egitto, Mauritania e Libano anziché promuovere la migrazione legale, sono né più né meno semplici accordi commerciali che prevedono pagamenti in contanti in cambio dell’impegno dei suddetti paesi a fermare l’emigrazione verso l’Europa. In parole povere la politica dell’UE si limita a pagare governi dal discutibile rispetto dei diritti umani purché tengano a bada migranti e rifugiati. Anche nei confronti del conflitto israelo-palestinese è entrata in gioco la paura. La paura di accuse di antisemitismo da parte di Israele ha paralizzato qualsiasi critica nei confronti dell’attuale governo israeliano. Eppure l’UE, proprio per il fatto di essere un importante partner commerciale e fornitore d’armi di Israele, potrebbe esercitare un’influenza tutt’altro che trascurabile.
La paura sta portando l’Europa alla paralisi. Se l’Unione Europea non prende atto dei molti errori commessi e non decide di ripensare al modo di relazionarsi al resto del mondo, rischia di non sopravvivere.
Tra il 6 e il 9 giugno andranno alle urne per eleggere i 720 membri del Parlamento europeo 450 milioni di cittadini nei 27 Stati membri dell’UE, l’unica assemblea transnazionale al mondo eletta direttamente. Nel prossimo parlamento, i tre gruppi più numerosi saranno la Germania con 96 deputati, la Francia (81) e l’Italia (76); i più piccoli saranno Cipro, Lussemburgo e Malta, con sei ciascuno. Alcuni osservatori ritengono che in queste elezioni, a causa della vittoria dei partiti di estrema destra, saranno compromessi progetti chiave dell’UE come la transizione verde, il sostegno all’Ucraina e il pacchetto migratorio recentemente concordato.
Altri sostengono invece che nonostante la prevista virata a destra, nella pratica cambierà poco, perché i partiti che compongono l’attuale “grande coalizione” di conservatori, socialisti e liberali, pur perdendo un numero considerevole di seggi, manterranno la maggioranza assoluta. Quanto ai partiti nazionalisti europei, pur concordando su temi come l’immigrazione e la lotta alla legislazione verde, sono profondamente divisi su altri, compreso il loro rapporto con la Russia. Le recenti affermazioni di Maximilian Krah hanno contribuito ad approfondire il disaccordo, spingendo Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra Rassemblement National (RN), e Matteo Salvini ad annunciare che non siederanno più nello stesso gruppo parlamentare europeo di AfD a Strasburgo dopo le elezioni di giugno.
In queste ultime settimane a seminare ulteriore incertezza è stata Ursula von der Leyen, presidente uscente della Commissione europea, la quale ha detto che, a seconda della composizione del parlamento e di chi fa parte di ciascun gruppo, il Partito Popolare Europeo non esclude una collaborazione con il Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR), anche se un ECR che includa Orbán potrebbe complicare le cose, dato che molti partiti membri del PPE sono riluttanti ad associarsi con il leader illiberale ungherese. L’incertezza è alimentata anche dal moltiplicarsi dei falsi sondaggi, della pubblicità ingannevole e della disinformazione, progettati per seminare dubbi e confusione sul processo democratico. Non è un segreto che su Facebook sia in atto una campagna per denigrare Emmanuel Macron, Zelenskiy e Ursula von der Leyen. C’è anche un altro fattore che contribuisce a mettere in tensione l’Europa: il crescere della violenza politica. L’acutizzarsi di minacce contro candidati, sindaci e funzionari eletti ha portato alcuni ad abbandonare la politica. Il mese scorso, sono stati aggrediti un candidato socialdemocratico al Parlamento europeo nella Germania orientale, e diversi attivisti dei Verdi, per non parlare del tentato assassinio del primo ministro slovacco, Robert Fico, un leader solidale con Putin. I partiti populisti e di estrema destra che promettono di ripristinare la legge e l’ordine potrebbero essere i beneficiari elettorali dell’ansia generata dalla violenza politica.
A dominare il clima delle elezioni europee non è però solo l’incertezza, ma anche la paura. Paura dei migranti, paura di quanto sta accadendo a Gaza, paura di una sconfitta dell’Ucraina, paura della Russia e di una non impossibile vittoria di Trump. L’Europa dell’era post-guerra fredda in cui fiorivano la democrazia, il multilateralismo, il libero scambio, la cooperazione si sta indebolendo di fronte all’avanzare del nazionalismo, l’unilateralismo, il protezionismo. E di questo stato di cose l’Europa non è priva di responsabilità. Prendiamo l’atteggiamento nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina. Quando l’Ucraina sembra sul punto di perdere, i governi europei si fanno avanti e aumentano la fornitura di aiuti militari. Ma quando l’Ucraina riporta vittorie, in Europa cresce la paura che la Russia sconfitta imploda o provochi una catastrofe nucleare. L’assistenza militare a Kiev è stata pertanto spesso scarsa e tardiva. Anche nei confronti del Nord Africa la politica estera, o meglio, l’assenza di politica estera, è stata dettata dalla paura. I recenti accordi dell’UE con i regimi di Tunisia, Egitto, Mauritania e Libano anziché promuovere la migrazione legale, sono né più né meno semplici accordi commerciali che prevedono pagamenti in contanti in cambio dell’impegno dei suddetti paesi a fermare l’emigrazione verso l’Europa. In parole povere la politica dell’UE si limita a pagare governi dal discutibile rispetto dei diritti umani purché tengano a bada migranti e rifugiati. Anche nei confronti del conflitto israelo-palestinese è entrata in gioco la paura. La paura di accuse di antisemitismo da parte di Israele ha paralizzato qualsiasi critica nei confronti dell’attuale governo israeliano. Eppure l’UE, proprio per il fatto di essere un importante partner commerciale e fornitore d’armi di Israele, potrebbe esercitare un’influenza tutt’altro che trascurabile.
La paura sta portando l’Europa alla paralisi. Se l’Unione Europea non prende atto dei molti errori commessi e non decide di ripensare al modo di relazionarsi al resto del mondo, rischia di non sopravvivere.
Fonte: di Giulietta Rovera