ELEZIONI USA – ANATOMIA DI UNA SCONFITTAdi Giulietta Rovera
di Giulietta Rovera
24-11-2024 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
A differenza del 2016, questa volta gli americani conoscevano bene Donald Trump: un personaggio dichiarato responsabile da un tribunale di abusi sessuali. Che ha fomentato una rivolta al Campidoglio rifiutandosi di ammettere di avere perduto. Che ha come obiettivo primario la deportazione di 11 milioni di immigrati clandestini, perché "avvelenano il sangue" dell'America, prosciugano risorse, causano criminalità. Che ha promesso di vendicarsi degli oppositori politici e dei media. Né ignoravano i suoi programmi. Trump non ha fatto mistero di non tenere in alcun conto la libertà della donna per quanto riguarda il problema aborto. Ha dichiarato più volte di considerare l'emergenza climatica "una grande bufala", di essere deciso a rimuovere gli Stati Uniti dall'accordo di Parigi sul clima, ad aumentare la produzione di petrolio e a bruciare più combustibili fossili di quanto si sia fatto nel passato. Né ha nascosto l'intenzione di dare a Robert F Kennedy Jr, noto novax, contrario alla fluorizzazione dell'acqua e alle vaccinazioni obbligatorie per l'infanzia, il ministero della Sanità.
Gli elettori americani sapevano. E il 5 novembre, quando sono andati alle urne, lo hanno votato. Questa volta, al contrario del 2016, non è stata una vittoria risicata. Donald Trump ha conquistato la Casa Bianca, il Senato, la Camera Bassa e, per la prima volta dal 2004 al tempo di George W. Bush, il voto popolare. Più di 75 milioni di americani non sono stati scoraggiati dalla sua fedina penale, dalla sua dichiarata misoginia, dai suoi discorsi intrisi di razzismo.
Di fronte a questa incontestabile vittoria – 312 contro 226 – ci si domanda: perché? Perché questa batosta del Partito Democratico? Perché questa sconfitta schiacciante di una persona intelligente, onesta, rispettosa della Costituzione come Kamala Harris? Nei confronti di Harris ha giocato a sfavore il fatto di essere donna, meticcia e figlia di immigrati. Durante la campagna elettorale, Harris ha mostrato gioia e sorrisi, ma non altrettanta sicurezza nelle interviste: il più delle volte non ha saputo cosa dire, tant'è vero che è stata soprannominata la "candidata del 'no comment'". Il suo atteggiamento ambiguo e sfuggente a proposito delle responsabilità di Washington nel massacro palestinese le è costato la perdita degli elettori arabo-americani e musulmani, il cui voto ha fatto una differenza fondamentale negli Stati indecisi del Midwest. Durante tutta la campagna elettorale, Harris è apparsa esclusivamente concentrata sull'aborto e sui pericoli che stava correndo la democrazia, ignorando sia il problema dell'economia che quello dell'immigrazione. Inoltre, ha sbagliato nella scelta del compagno di corsa Tim Walz; è stata incapace a separarsi da Biden; né le ha giovato spostarsi a destra, corteggiare i repubblicani ignorando i progressisti.
Le responsabilità della sconfitta non sono addebitabili solo a Kamala Harris. Fino al disastroso dibattito Trump-Biden del 27 giugno i democratici hanno ignorato i segni evidenti del declino mentale di un presidente sempre più senile. Biden è rimasto testardamente aggrappato all'illusione di poter sfidare Trump nella corsa alla Casa Bianca, impedendo di fatto che venissero tenute le primarie per la scelta del candidato. Il suo ritiro tardivo ha privato Harris della legittimità garantita da primarie aperte, che se condotte prima avrebbero potuto portare alla scelta di un candidato più forte. Harris non è stata scelta nel corso di un processo democratico, è stata nominata dall'alto. Un errore costato caro, perché numerosi democratici, sentendosi privati di un loro diritto, si sono rifiutati di votare una candidata imposta dal presidente.
I democratici devono smettere di cercare di essere repubblicani moderati e ritornare alle loro radici populiste del New Deal. Il partito democratico è oggi percepito come il partito della classe professionale, delle élite costiere liberali, dei professionisti istruiti con redditi elevati che vivono in grandi città come New York e Washington, fuori dal contatto con la gente comune. Il fatto che il 56% dei non laureati, dei neri e dei latini abbia votato Trump è significativo. I democratici hanno sottovalutato le paure della gente preoccupata per l'immigrazione, per la criminalità, per il prezzo dei generi alimentari e della benzina, per l'inflazione post-pandemia. Trump ha affrontato tali preoccupazioni meglio dei democratici, dando la sensazione – o l'illusione – che avrebbe gestito l'economia e la geopolitica internazionale con maggiore abilità di quanto avrebbe fatto Harris. E ha vinto, nonostante la pessima reputazione e la fedina penale sporca. Come mai la maggioranza degli elettori non ne ha tenuto un gran conto? Perché la maggioranza della popolazione statunitense non è laureata a Harvard, non legge il New Yorker, l'Economist, il New York Times o il Washington Post. Non guarda la CBS, la NBC o la ABC. La maggioranza della popolazione statunitense attinge le proprie informazioni dai media di destra: Fox News, X di Elon Musk – per non parlare dei social media e di Tik Tok. Che hanno inondato il loro pubblico di informazioni false e tendenziose. Sono stati loro i primi a diffondere la falsa storia sui residenti haitiani di Springfield Ohio, che mangiano gatti e cani. Loro a persuadere l'ascoltatore che solo i repubblicani conservatori sono in grado di preservare i grandi valori dell'America - Dio, patria e famiglia. Avere il controllo dei media è prioritario se si vuole avere il controllo del paese: non è casuale il fatto che il primo gesto compiuto da chi fa un colpo di stato sia prendere il controllo delle stazioni radio e della TV. I conservatori l'hanno capito molto meglio dei liberal e dei democratici.
Il 20 gennaio 2025 Donal Trump tornerà alla Casa Bianca. E avrà inizio un cambiamento rilevante non solo negli Stati Uniti ma anche nel resto del mondo. Trump ha affermato che una volta insediato porrà fine alle guerre in 24 ore. Dato il suo atteggiamento verso Putin e Netanyahu, le prospettive per l'Ucraina e per Gaza appaiono tutt'altro che rosee. Per quanto riguarda l'Europa, si prevedono pesanti conseguenze sotto il profilo strategico, economico e politico. È altamente probabile l'indebolimento della Nato, dato il disprezzo di Trump per il principio fondamentale di difesa reciproca; l'aumento dei dazi su tutte le importazioni di beni; l'incoraggiamento ai populisti di destra, in ascesa anche in Europa, con gravi rischi per la democrazia.
Gli elettori americani sapevano. E il 5 novembre, quando sono andati alle urne, lo hanno votato. Questa volta, al contrario del 2016, non è stata una vittoria risicata. Donald Trump ha conquistato la Casa Bianca, il Senato, la Camera Bassa e, per la prima volta dal 2004 al tempo di George W. Bush, il voto popolare. Più di 75 milioni di americani non sono stati scoraggiati dalla sua fedina penale, dalla sua dichiarata misoginia, dai suoi discorsi intrisi di razzismo.
Di fronte a questa incontestabile vittoria – 312 contro 226 – ci si domanda: perché? Perché questa batosta del Partito Democratico? Perché questa sconfitta schiacciante di una persona intelligente, onesta, rispettosa della Costituzione come Kamala Harris? Nei confronti di Harris ha giocato a sfavore il fatto di essere donna, meticcia e figlia di immigrati. Durante la campagna elettorale, Harris ha mostrato gioia e sorrisi, ma non altrettanta sicurezza nelle interviste: il più delle volte non ha saputo cosa dire, tant'è vero che è stata soprannominata la "candidata del 'no comment'". Il suo atteggiamento ambiguo e sfuggente a proposito delle responsabilità di Washington nel massacro palestinese le è costato la perdita degli elettori arabo-americani e musulmani, il cui voto ha fatto una differenza fondamentale negli Stati indecisi del Midwest. Durante tutta la campagna elettorale, Harris è apparsa esclusivamente concentrata sull'aborto e sui pericoli che stava correndo la democrazia, ignorando sia il problema dell'economia che quello dell'immigrazione. Inoltre, ha sbagliato nella scelta del compagno di corsa Tim Walz; è stata incapace a separarsi da Biden; né le ha giovato spostarsi a destra, corteggiare i repubblicani ignorando i progressisti.
Le responsabilità della sconfitta non sono addebitabili solo a Kamala Harris. Fino al disastroso dibattito Trump-Biden del 27 giugno i democratici hanno ignorato i segni evidenti del declino mentale di un presidente sempre più senile. Biden è rimasto testardamente aggrappato all'illusione di poter sfidare Trump nella corsa alla Casa Bianca, impedendo di fatto che venissero tenute le primarie per la scelta del candidato. Il suo ritiro tardivo ha privato Harris della legittimità garantita da primarie aperte, che se condotte prima avrebbero potuto portare alla scelta di un candidato più forte. Harris non è stata scelta nel corso di un processo democratico, è stata nominata dall'alto. Un errore costato caro, perché numerosi democratici, sentendosi privati di un loro diritto, si sono rifiutati di votare una candidata imposta dal presidente.
I democratici devono smettere di cercare di essere repubblicani moderati e ritornare alle loro radici populiste del New Deal. Il partito democratico è oggi percepito come il partito della classe professionale, delle élite costiere liberali, dei professionisti istruiti con redditi elevati che vivono in grandi città come New York e Washington, fuori dal contatto con la gente comune. Il fatto che il 56% dei non laureati, dei neri e dei latini abbia votato Trump è significativo. I democratici hanno sottovalutato le paure della gente preoccupata per l'immigrazione, per la criminalità, per il prezzo dei generi alimentari e della benzina, per l'inflazione post-pandemia. Trump ha affrontato tali preoccupazioni meglio dei democratici, dando la sensazione – o l'illusione – che avrebbe gestito l'economia e la geopolitica internazionale con maggiore abilità di quanto avrebbe fatto Harris. E ha vinto, nonostante la pessima reputazione e la fedina penale sporca. Come mai la maggioranza degli elettori non ne ha tenuto un gran conto? Perché la maggioranza della popolazione statunitense non è laureata a Harvard, non legge il New Yorker, l'Economist, il New York Times o il Washington Post. Non guarda la CBS, la NBC o la ABC. La maggioranza della popolazione statunitense attinge le proprie informazioni dai media di destra: Fox News, X di Elon Musk – per non parlare dei social media e di Tik Tok. Che hanno inondato il loro pubblico di informazioni false e tendenziose. Sono stati loro i primi a diffondere la falsa storia sui residenti haitiani di Springfield Ohio, che mangiano gatti e cani. Loro a persuadere l'ascoltatore che solo i repubblicani conservatori sono in grado di preservare i grandi valori dell'America - Dio, patria e famiglia. Avere il controllo dei media è prioritario se si vuole avere il controllo del paese: non è casuale il fatto che il primo gesto compiuto da chi fa un colpo di stato sia prendere il controllo delle stazioni radio e della TV. I conservatori l'hanno capito molto meglio dei liberal e dei democratici.
Il 20 gennaio 2025 Donal Trump tornerà alla Casa Bianca. E avrà inizio un cambiamento rilevante non solo negli Stati Uniti ma anche nel resto del mondo. Trump ha affermato che una volta insediato porrà fine alle guerre in 24 ore. Dato il suo atteggiamento verso Putin e Netanyahu, le prospettive per l'Ucraina e per Gaza appaiono tutt'altro che rosee. Per quanto riguarda l'Europa, si prevedono pesanti conseguenze sotto il profilo strategico, economico e politico. È altamente probabile l'indebolimento della Nato, dato il disprezzo di Trump per il principio fondamentale di difesa reciproca; l'aumento dei dazi su tutte le importazioni di beni; l'incoraggiamento ai populisti di destra, in ascesa anche in Europa, con gravi rischi per la democrazia.
Fonte: di Giulietta Rovera