"EMMANUEL MACRON E LA RIVOLUZIONE DELLE PENSIONI"
21-02-2023 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
E' dal 1789, dai tempi della rivoluzione, che i francesi hanno preso a scendere in piazza per ribaltare le leggi, anche se approvate da parlamenti democratici. I tentativi di silurare le riforme del sistema pensionistico sono iniziati subito dopo che la Francia, ispirandosi al rapporto Beveridge del 1942, creò lo stato sociale. Da allora, dal 1945 sono continuati periodicamente. Gli sforzi per modificare i diritti pensionistici, considerati una delle sacrosante conquiste sociali del dopoguerra, hanno sempre suscitato reazioni violente, come i vari presidenti francesi hanno constatato a loro spese. Già nel 1953 il governo abbandonò il tentativo di riforma dopo gli scioperi del settore pubblico. Nel 1995 il governo conservatore del neoeletto Jacques Chirac ottenne l'approvazione parlamentare di una legge che fondeva i regimi pensionistici privilegiati dei lavoratori del settore pubblico con il sistema pensionistico generale. Alain Juppé, l'allora primo ministro, fu costretto ad abbandonare la riforma, che era già legge, dopo settimane di scioperi dei dipendenti pubblici, paralisi dei trasporti e violente manifestazioni. Una sconfitta dalla quale Chirac non si è mai ripreso. Nonostante la batosta, nel 2003 il suo governo è riuscito a realizzare un riavvicinamento delle pensioni del settore pubblico al settore privato. Chi ha affrontato con successo i disordini, ignorando settimane di scioperi indotti per impedire l'innalzamento dell'età pensionabile a 62 anni, dai 60 fissati dal presidente Mitterrand nel 1982, è stato Sarkozy nel 2010. Le battaglie sono riprese nel 2019, quando Macron ha prodotto la più grande riscrittura del sistema di pensionamento mai tentata, decidendo di abolire i 42 regimi pensionistici del Paese e creare un sistema unico con un aumento dell'età pensionabile a 64 anni. Godendo della maggioranza assoluta, Macron era sicuro della vittoria, ma settimane di scioperi dei trasporti, proteste e interruzioni bloccarono il progetto. L'epidemia di Covid all'inizio del 2020 lo obbligò a fare marcia indietro. La proposta attuale è meno radicale della versione precedente. L'innalzamento dell'età pensionabile avverrebbe non subito ma in modo graduale, con tre mesi di vita lavorativa in più aggiunti ogni anno fino al 2030. La nuova legge prevede inoltre esenzioni per coloro che svolgono lavori usuranti e che le pensioni privilegiate del settore pubblico siano lasciate intatte. Eppure l'opposizione è più feroce che mai. Per molti, infatti, la soglia della pensione è considerata sacrosanta, espressione inviolabile della responsabilità dello Stato nei confronti del singolo, un elemento prezioso del contratto sociale in un paese in cui molti vedono il lavoro come una fatica imposta da una società ingiusta. Con la sua bassa età pensionabile, la Francia è un'anomalia in un mondo in cui l'aspettativa di vita si è allungata, ma, paradossalmente, i sondaggi suggeriscono che dieci anni fa l'accettazione pubblica della necessità di riforme era maggiore di quella attuale. Macron considera il portare l'età pensionabile a 64 anni il pilastro del suo programma di modernizzazione per il suo secondo mandato. Ma i leader sindacali lo hanno avvertito: “Se vuole fare di questa la madre di tutte le riforme, per noi sarà la madre di tutte le battaglie.” Per costringere il capo dello Stato a un'inversione di marcia e bloccare la “crudele” riforma, minacciano di fermare il Paese con scioperi e proteste. Minaccia attuata il 19 gennaio con lo sciopero nazionale di 24 ore, che ha portato alla cancellazione di treni e voli ed è stato accompagnato da interruzioni nelle scuole, negli ospedali e nelle raffinerie di petrolio. La manifestazione ha rappresentato la più grande dimostrazione di forza da parte dei sindacati da quando il presidente Sarkozy ha innalzato l'età pensionabile nel 2010. Proprio perché in Francia la stragrande maggioranza dei 17,4 milioni di pensionati fa affidamento sul sistema statale per il proprio reddito, la situazione si sta rivelando drammatica. L'iniziativa di Macron fa seguito alla pubblicazione in autunno di un rapporto da cui è emerso che, senza riforme, la spesa annuale per le pensioni statali supererebbe i contributi di dipendenti e datori di lavoro per i prossimi cinquant'anni, aggiungendo centinaia di miliardi di euro al debito nazionale, che già ammonta a € 2,9 trilioni. Il rapporto del Retirement Orientation Council ha evidenziato che la Francia aveva 2,1 lavoratori per ogni pensionato nel 2000, ma solo 1,7 nel 2020. Entro il 2070, quando si prevede che l'aspettativa di vita media sarà di 90 anni per le donne e 87 anni e sei mesi per gli uomini, La Francia avrà solo 1,2 lavoratori per ogni pensionato, a meno che i francesi non accettino di ritardare il pensionamento. Nel suo messaggio di Capodanno, Macron aveva affermato che il sistema pensionistico statale è a rischio collasso. “Dobbiamo lavorare di più”, aveva detto. Eppure il messaggio è impopolare. Che l'opinione pubblica sia contraria al cambiamento del regime pensionistico lo ha rilevato un sondaggio pubblicato di recente da cui risulta che il 68% degli intervistati è ostile al piano. Gli oppositori di Macron, a sinistra e a destra, sperano di cavalcare questa ondata di malcontento e infliggere una sconfitta umiliante al presidente centrista. Marine Le Pen, leader populista di destra, vuole mantenere la pensione a 62 anni per la maggior parte delle persone e ridurla a 60 per coloro che iniziano a lavorare prima dei 20, mentre Jean-Luc Mélenchon, leader del blocco di sinistra, vuole addirittura riportare la pensione a 60 anni, dove l'aveva stabilita il presidente Mitterrand nel 1982. Tuttavia se il sistema pensionistico rimarrà invariato, presto si avrà un disavanzo annuo dello 0,8 per cento del prodotto interno lordo. Il compito di Macron è aggravato dalla convinzione cronica e generalizzata che il paese stia andando in malora. Con la pandemia, la guerra, il cambiamento climatico, l'inflazione e le minacce di interruzioni di corrente, l'atmosfera è cupa. Un calo dei servizi pubblici normalmente eccellenti ha acuito il senso di collasso. Nonostante le tasse altissime che li finanziano, mancano i medici, gli ospedali sono affollati e gli alunni delle scuole sono al di sotto dei livelli europei con un crollo delle competenze di base. Il sistema giudiziario è soffocato da anni di casi arretrati e l'immigrazione clandestina e la criminalità sono percepite dal pubblico come una minaccia nazionale. Macron ha cercato di porre rimedio a tutti questi settori negli ultimi mesi, ma i suoi annunci hanno incontrato un misto di fatalismo e indifferenza. Il futuro si presenta tutt'altro che roseo per il presidente francese. I sindacati stanno infatti pianificando altri scioperi generali, mentre gli intransigenti premono per un'azione continua, in particolare in settori chiave come le raffinerie di petrolio e il trasporto pubblico. Macron per il momento non molla. Vincere la battaglia per le pensioni significa per lui realizzare quella che considera la missione della sua presidenza decennale: suggellare la trasformazione della Francia.
Fonte: di Giulietta Rovera