FRANCIA E GRAN BRETAGNA: I PERICOLI DEI “CHIARIMENTI POLITICI”
I PERICOLI DEI “CHIARIMENTI POLITICI”
22-07-2024 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
Il 22 maggio il primo ministro britannico Rishi Sunak annuncia a sorpresa che le elezioni legislative si terranno il 4 luglio. Dopo 14 anni di governo conservatore durante i quali si sono succeduti il referendum sulla Brexit e cinque premier, il Paese mostra segni di insofferenza sempre più inquietanti. I sondaggi per i conservatori sono catastrofici, ma il premier, puntando su dati economici positivi – ritorno della crescita e rallentamento dell'inflazione – decide di fare il grande passo.
Qualche cosa di analogo accade al di là della Manica. Il 9 giugno, non appena è chiara la clamorosa vittoria del partito di estrema destra Rassemblement National di Marine Le Pen alle elezioni europee, con l'intento di ottenere un “chiarimento politico” lo sconfitto presidente francese Emmanuel Macron scioglie a sorpresa l'Assemblea Nazionale e indice elezioni legislative anticipate che si terranno il 30 giugno e il 7 luglio.
Un “chiarimento politico” ci sarà, ma in Gran Bretagna, non in Francia. Il risultato del voto del 4 luglio non lascia infatti adito a dubbi: la schiacciante vittoria delle sinistre consegna al leader laburista Keir Starmer il comando totale del partito e del parlamento. Starmer, 62 anni, ex avvocato per i diritti umani, ha vinto perché ha saputo trasformare il Labour, inquinato dall'antisemitismo, controllato dalla sinistra radicale. Ha vinto grazie a un programma che prevede crescita economica, rilancio dell'edilizia popolare, finanziamenti alla sanità, all'istruzione e ai servizi pubblici. Ha vinto perché ha evitato la retorica emotiva. Perché ha saputo comunicare fiducia nella sua capacità di riportare nel Paese sicurezza, stabilità, legge e ordine. Potendo contare su una maggioranza di 170 voti, può realizzare il cambiamento di cui il Paese ha bisogno. Non solo. Essendo deciso a sostenere l'Ucraina e a ripristinare buone relazioni con gli altri Paesi europei, anche se non è più membro dell'UE, è in grado di proporre una più stretta cooperazione con l'Europa in molti settori. I Tories, pur avendo perso più di 7 milioni di voti rispetto al 2019, con il 24% dei consensi rimangono il principale partito di opposizione al Labour. Se sono al collasso, lo devono anche al partito sovranista e populista Reform Uk del fautore della brexit Nigel Farage, che ha diviso il voto della destra. Non è riuscito a eclissare i conservatori, ma con 4 milioni di voti si è piazzato al terzo posto i termini di preferenze.
Mentre la Gran Bretagna ha ora un governo centrista forte e stabile, in terra di Francia la situazione politica è a dir poco instabile. Il Paese sembra essere stato travolto da ondate di decisioni contrapposte. Mentre il 30 giugno il primo turno delle elezioni parlamentari anticipate si è risolto in un referendum contro il presidente centrista Emmanuel Macron e in un trionfo dell'estrema destra, il 7 luglio al secondo turno, proprio quando il potere sembra ormai nelle mani del partito di Marine Le Pen, gli elettori progressisti e quelli centristi uniscono le forze contro l'estrema destra. L'accordo si rivela un successo. Rassemblement National di Marine Le Pen, che sperava di raggiungere la maggioranza assoluta, pur rafforzando il numero dei suoi parlamentari, con 143 seggi crolla al terzo posto. Il partito centrista Renaissance di Macron, dato per finito, con 164 seggi si piazza secondo, mentre il Nouveau Front Papulaire, la coalizione di sinistra composta da quattro partiti molto diversi fra loro, tra cui l'euroscettico e populista La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon, con 182 seggi si guadagna il primo posto. La decisione di Macron, se da un lato ha dimostrato che gli elettori non intendono essere governati da una destra populista e xenofoba, dall'altro, anziché a un “chiarimento politico”, ha portato alla paralisi. Il parlamento si trova ora diviso in tre gruppi principali e antagonisti fra di loro, nessuno dei quali ha la maggioranza. Il NFP ha bisogno del sostegno dei parlamentari di Macron, i quali non hanno nessuna intenzione di appoggiare la formazione politica di estrema sinistra guidata da Jean-Luc Mélenchon. E' probabile che Macron tenti di reinstallare un governo centrista, appoggiato da socialisti di centrosinistra e repubblicani di centrodestra. Ma la sua alleanza parlamentare ha perso un terzo dei seggi e non è nella posizione di prendere decisioni. La France Insoumise e Rassemblement National minacciano di porre il veto a qualsiasi governo che includa l'altro, ma poiché nessuno ha vinto, senza un compromesso nessun blocco può sperare di formare una maggioranza di 289 parlamentari su un'Assemblea Nazionale di 577 seggi. E un ulteriore “chiarimento” è impossibile: secondo la Costituzione, il presidente non può indire nuove elezioni per un altro anno. Un primo passo che induce a sperare in un'uscita dalla situazione di stallo in cui si trova il Paese è stata la rielezione del presidente dell'Assemblea Nazionale Yaël Braun-Pivet, membro del blocco centrista di Macron, che a sorpresa ha battuto il candidato di sinistra André Chassaigne. Il 26 luglio si sono aperte le Olimpiadi di Parigi e Macron sta facendo di tutto per presentare al mondo una parvenza di unità nazionale.
Non c'è dubbio che Emmanuel Macron sia uscito indebolito dall'esito elettorale e non sia più in grado di offrire una coraggiosa leadership pro-europea. Tuttavia, il risultato elettorale francese del 7 luglio ha suscitato un sospiro di sollievo a Bruxelles, dove il timore che un pilastro dell'Europa si potesse unire a una squadra di governi euroscettici solidali con la Russia era vista con allarme. Parigi non si schiererà infatti con Giorgia Meloni, con Viktor Orbán, né con il nuovo governo olandese dominato da Geert.
Su entrambe le sponde della Manica, come del resto in tutta Europa, l'estrema destra sta avanzando. Vladimir Putin non fa mistero delle sue mire espansionistiche che vanno al di là della conquista dell'Ucraina, mentre Donald Trump è in ascesa nei sondaggi e probabilmente diventerà nuovamente presidente degli Stati Uniti. In un mondo sempre più attratto dal miraggio populista e razzista, il Partito Laburista offre un po' di speranza grazie al suo progetto socialdemocratico liberale.
Qualche cosa di analogo accade al di là della Manica. Il 9 giugno, non appena è chiara la clamorosa vittoria del partito di estrema destra Rassemblement National di Marine Le Pen alle elezioni europee, con l'intento di ottenere un “chiarimento politico” lo sconfitto presidente francese Emmanuel Macron scioglie a sorpresa l'Assemblea Nazionale e indice elezioni legislative anticipate che si terranno il 30 giugno e il 7 luglio.
Un “chiarimento politico” ci sarà, ma in Gran Bretagna, non in Francia. Il risultato del voto del 4 luglio non lascia infatti adito a dubbi: la schiacciante vittoria delle sinistre consegna al leader laburista Keir Starmer il comando totale del partito e del parlamento. Starmer, 62 anni, ex avvocato per i diritti umani, ha vinto perché ha saputo trasformare il Labour, inquinato dall'antisemitismo, controllato dalla sinistra radicale. Ha vinto grazie a un programma che prevede crescita economica, rilancio dell'edilizia popolare, finanziamenti alla sanità, all'istruzione e ai servizi pubblici. Ha vinto perché ha evitato la retorica emotiva. Perché ha saputo comunicare fiducia nella sua capacità di riportare nel Paese sicurezza, stabilità, legge e ordine. Potendo contare su una maggioranza di 170 voti, può realizzare il cambiamento di cui il Paese ha bisogno. Non solo. Essendo deciso a sostenere l'Ucraina e a ripristinare buone relazioni con gli altri Paesi europei, anche se non è più membro dell'UE, è in grado di proporre una più stretta cooperazione con l'Europa in molti settori. I Tories, pur avendo perso più di 7 milioni di voti rispetto al 2019, con il 24% dei consensi rimangono il principale partito di opposizione al Labour. Se sono al collasso, lo devono anche al partito sovranista e populista Reform Uk del fautore della brexit Nigel Farage, che ha diviso il voto della destra. Non è riuscito a eclissare i conservatori, ma con 4 milioni di voti si è piazzato al terzo posto i termini di preferenze.
Mentre la Gran Bretagna ha ora un governo centrista forte e stabile, in terra di Francia la situazione politica è a dir poco instabile. Il Paese sembra essere stato travolto da ondate di decisioni contrapposte. Mentre il 30 giugno il primo turno delle elezioni parlamentari anticipate si è risolto in un referendum contro il presidente centrista Emmanuel Macron e in un trionfo dell'estrema destra, il 7 luglio al secondo turno, proprio quando il potere sembra ormai nelle mani del partito di Marine Le Pen, gli elettori progressisti e quelli centristi uniscono le forze contro l'estrema destra. L'accordo si rivela un successo. Rassemblement National di Marine Le Pen, che sperava di raggiungere la maggioranza assoluta, pur rafforzando il numero dei suoi parlamentari, con 143 seggi crolla al terzo posto. Il partito centrista Renaissance di Macron, dato per finito, con 164 seggi si piazza secondo, mentre il Nouveau Front Papulaire, la coalizione di sinistra composta da quattro partiti molto diversi fra loro, tra cui l'euroscettico e populista La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon, con 182 seggi si guadagna il primo posto. La decisione di Macron, se da un lato ha dimostrato che gli elettori non intendono essere governati da una destra populista e xenofoba, dall'altro, anziché a un “chiarimento politico”, ha portato alla paralisi. Il parlamento si trova ora diviso in tre gruppi principali e antagonisti fra di loro, nessuno dei quali ha la maggioranza. Il NFP ha bisogno del sostegno dei parlamentari di Macron, i quali non hanno nessuna intenzione di appoggiare la formazione politica di estrema sinistra guidata da Jean-Luc Mélenchon. E' probabile che Macron tenti di reinstallare un governo centrista, appoggiato da socialisti di centrosinistra e repubblicani di centrodestra. Ma la sua alleanza parlamentare ha perso un terzo dei seggi e non è nella posizione di prendere decisioni. La France Insoumise e Rassemblement National minacciano di porre il veto a qualsiasi governo che includa l'altro, ma poiché nessuno ha vinto, senza un compromesso nessun blocco può sperare di formare una maggioranza di 289 parlamentari su un'Assemblea Nazionale di 577 seggi. E un ulteriore “chiarimento” è impossibile: secondo la Costituzione, il presidente non può indire nuove elezioni per un altro anno. Un primo passo che induce a sperare in un'uscita dalla situazione di stallo in cui si trova il Paese è stata la rielezione del presidente dell'Assemblea Nazionale Yaël Braun-Pivet, membro del blocco centrista di Macron, che a sorpresa ha battuto il candidato di sinistra André Chassaigne. Il 26 luglio si sono aperte le Olimpiadi di Parigi e Macron sta facendo di tutto per presentare al mondo una parvenza di unità nazionale.
Non c'è dubbio che Emmanuel Macron sia uscito indebolito dall'esito elettorale e non sia più in grado di offrire una coraggiosa leadership pro-europea. Tuttavia, il risultato elettorale francese del 7 luglio ha suscitato un sospiro di sollievo a Bruxelles, dove il timore che un pilastro dell'Europa si potesse unire a una squadra di governi euroscettici solidali con la Russia era vista con allarme. Parigi non si schiererà infatti con Giorgia Meloni, con Viktor Orbán, né con il nuovo governo olandese dominato da Geert.
Su entrambe le sponde della Manica, come del resto in tutta Europa, l'estrema destra sta avanzando. Vladimir Putin non fa mistero delle sue mire espansionistiche che vanno al di là della conquista dell'Ucraina, mentre Donald Trump è in ascesa nei sondaggi e probabilmente diventerà nuovamente presidente degli Stati Uniti. In un mondo sempre più attratto dal miraggio populista e razzista, il Partito Laburista offre un po' di speranza grazie al suo progetto socialdemocratico liberale.
Fonte: di Giulietta Rovera