FRANCIA&GERMANIA E L’INCERTO FUTURO DELL’ UNIONE EUROPEA di Giulietta Rovera
23-12-2024 - 11, Anno VIII - Dicembre 2024
La prima settimana di dicembre doveva rappresentare il ritorno trionfale di Emmanuel Macron sulla scena internazionale dopo la batosta elettorale del giugno di quest'anno. Sabato 7 dicembre, presenti di 50 Capi di Stato provenienti da tutto il mondo, veniva infatti riaperta la Cattedrale di Notre Dame, restaurata a tempo di record dopo essere stata drammaticamente danneggiata da un incendio nell'aprile di cinque anni fa. Ma anziché celebrare il trionfo di Macron, la prima settimana di dicembre ne ha decretato una serie di sconfitte umilianti. Mercoledì 4 dicembre con 331 voti, 43 più del necessario, è stato sfiduciato Michel Barnier, il primo ministro nominato soltanto tre mesi prima, dopo tre mesi di trattative estenuanti. La scelta di Barnier non era stata né semplice né casuale. Già capo negoziatore europeo per l'uscita del Regno Unito dall'UE, noto per la sua onestà in tempi disonesti, non era riuscito a creare consenso e condivisione delle responsabilità con i politici francesi per quanto riguarda i tagli alla spesa pubblica. Ormai, dopo lo scioglimento dell'Assemblea nazionale a giugno che ha portato a un parlamento in stallo, si è aperta la battaglia per la corsa alla successione di Macron, e nessuno ha voluto assumersi l'onere di scelte necessarie ma impopolari. E' stata Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra Rassemblement National, a staccare la spina al più breve mandato di primo ministro della Francia moderna ordinando ai suoi deputati di votare la mozione di sfiducia presentata dal partito di estrema sinistra La France Insoumise (LFI) di Jean-Luc Mélenchon. E dire che Barnier aveva fatto di tutto per convincere Marine Le Pen a mantenere in vita il suo governo. Il voto di sfiducia è stato uno schiaffo e un'umiliazione non solo per Barnier, ma anche per Macron.
Il giorno seguente, giovedì 5 dicembre, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, è volata in Uruguay per firmare un accordo commerciale con i Paesi sudamericani del Mercosur - che include i potenti dell'agricoltura Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay - sfidando l'opposizione di Macron. Gli agricoltori francesi temono infatti che l'accordo porterà a un aumento delle importazioni di prodotti sudamericani a basso costo e di qualità inferiore, in particolare carne di manzo e semi di soia. La mossa di von der Leyen ha contribuito a sottolineare la ridotta influenza della Francia in Europa, senza un governo, un malcontento sociale latente, finanze pubbliche in deficit cronico, l'estrema destra in ascesa e con un presidente sempre più impopolare. La mossa di Marine Le Pen di associarsi all'estrema sinistra di Mélenchon nello sfiduciare Barnier è stata motivata dalla speranza di obbligare Macron a dimettersi e andare alle elezioni presidenziali anticipate. Giovedì 5 dicembre nel discorso alla nazione trasmesso a reti unificate, Macron ha però dichiarato che sarebbe rimasto in carica fino alla fine del suo mandato, cioè fino al mese di maggio 2027. E Marine Le Pen non può permettersi di aspettare fino al mese di maggio 2027. Da settembre, è sotto processo con l'accusa di aver utilizzato illegalmente 6 milioni di euro di fondi europei per finanziare il suo partito tra il 2004 e il 2016, cosa che nega. Il 31 marzo dell'anno prossimo, la corte penale di Parigi emetterà la sentenza sul suo caso. I procuratori hanno chiesto non solo che fosse dichiarata colpevole di appropriazione indebita, ma anche che le fossero comminati cinque anni di prigione, tre dei quali sospesi; una multa di 300.000 euro; e il divieto di candidarsi a cariche pubbliche per cinque anni. Tutto questo ostacolerebbe il suo quarto tentativo di vincere l'Eliseo. Viceversa, se Macron fosse costretto a dimettersi prima, potrebbe candidarsi, il che spiega il desiderio di Le Pen di forzare una crisi.
Data la situazione di instabilità nella quale versa il Paese, Macron è stato costretto a trovare un nuovo primo ministro a tempo di record. Se con Barnier aveva puntato su di una figura di destra, la scelta ora cade su un politico di centro: François Bayrou, sindaco di Pau e leader del Movimento Democratico centrista (MoDem). Nel 2017, è stato grazie all'appoggio di Bayrou se Macron si è insediato all'Eliseo. In realtà, a Bayrou Macron aveva affidato il ruolo di vice primo ministro, preferendogli Roland Lescure, economista, ex ministro dell'industria, al vertice dell'esecutivo. Ma la nomina dell'ex socialista aveva provocato la reazione di Bayrou – se non sono io primo ministro, faccio uscire il mio partito dalla coalizione presidenziale. E' quindi a François Bayrou che il 13 dicembre Macron affida l'incarico di formare il nuovo governo. 73 anni, ex ministro dell'istruzione, Bayrou è un personaggio accettabile per alcuni esponenti della sinistra. Lo descrivono come l'esperto nell' “arte del compromesso”. Ed è un compromesso quello che sta cercando di creare grazie ai voti combinati di centristi, socialisti, verdi e repubblicani, unico espediente per bloccare future mozioni di sfiducia dei grandi partiti di estrema sinistra ed estrema destra. Un compromesso o governo di unità nazionale che dir si voglia darebbe alla Francia un governo stabile e dimostrerebbe che il Paese non è diventato ingovernabile.
Bayrou è il quarto primo ministro ad essere reclutato dal presidente quest'anno, mentre la Francia lotta con una crescente crisi politica in un parlamento diviso. Il suo primo compito sarà quello di formare il governo, riuscire a far approvare un bilancio tampone prima della fine dell'anno, un nuovo bilancio a gennaio e presentare un piano per frenare il debito crescente e il deficit cronico: un compito di proporzioni “himalayane”, lo ha definito lo stesso Bayrou.
Il giorno seguente, giovedì 5 dicembre, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, è volata in Uruguay per firmare un accordo commerciale con i Paesi sudamericani del Mercosur - che include i potenti dell'agricoltura Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay - sfidando l'opposizione di Macron. Gli agricoltori francesi temono infatti che l'accordo porterà a un aumento delle importazioni di prodotti sudamericani a basso costo e di qualità inferiore, in particolare carne di manzo e semi di soia. La mossa di von der Leyen ha contribuito a sottolineare la ridotta influenza della Francia in Europa, senza un governo, un malcontento sociale latente, finanze pubbliche in deficit cronico, l'estrema destra in ascesa e con un presidente sempre più impopolare. La mossa di Marine Le Pen di associarsi all'estrema sinistra di Mélenchon nello sfiduciare Barnier è stata motivata dalla speranza di obbligare Macron a dimettersi e andare alle elezioni presidenziali anticipate. Giovedì 5 dicembre nel discorso alla nazione trasmesso a reti unificate, Macron ha però dichiarato che sarebbe rimasto in carica fino alla fine del suo mandato, cioè fino al mese di maggio 2027. E Marine Le Pen non può permettersi di aspettare fino al mese di maggio 2027. Da settembre, è sotto processo con l'accusa di aver utilizzato illegalmente 6 milioni di euro di fondi europei per finanziare il suo partito tra il 2004 e il 2016, cosa che nega. Il 31 marzo dell'anno prossimo, la corte penale di Parigi emetterà la sentenza sul suo caso. I procuratori hanno chiesto non solo che fosse dichiarata colpevole di appropriazione indebita, ma anche che le fossero comminati cinque anni di prigione, tre dei quali sospesi; una multa di 300.000 euro; e il divieto di candidarsi a cariche pubbliche per cinque anni. Tutto questo ostacolerebbe il suo quarto tentativo di vincere l'Eliseo. Viceversa, se Macron fosse costretto a dimettersi prima, potrebbe candidarsi, il che spiega il desiderio di Le Pen di forzare una crisi.
Data la situazione di instabilità nella quale versa il Paese, Macron è stato costretto a trovare un nuovo primo ministro a tempo di record. Se con Barnier aveva puntato su di una figura di destra, la scelta ora cade su un politico di centro: François Bayrou, sindaco di Pau e leader del Movimento Democratico centrista (MoDem). Nel 2017, è stato grazie all'appoggio di Bayrou se Macron si è insediato all'Eliseo. In realtà, a Bayrou Macron aveva affidato il ruolo di vice primo ministro, preferendogli Roland Lescure, economista, ex ministro dell'industria, al vertice dell'esecutivo. Ma la nomina dell'ex socialista aveva provocato la reazione di Bayrou – se non sono io primo ministro, faccio uscire il mio partito dalla coalizione presidenziale. E' quindi a François Bayrou che il 13 dicembre Macron affida l'incarico di formare il nuovo governo. 73 anni, ex ministro dell'istruzione, Bayrou è un personaggio accettabile per alcuni esponenti della sinistra. Lo descrivono come l'esperto nell' “arte del compromesso”. Ed è un compromesso quello che sta cercando di creare grazie ai voti combinati di centristi, socialisti, verdi e repubblicani, unico espediente per bloccare future mozioni di sfiducia dei grandi partiti di estrema sinistra ed estrema destra. Un compromesso o governo di unità nazionale che dir si voglia darebbe alla Francia un governo stabile e dimostrerebbe che il Paese non è diventato ingovernabile.
Bayrou è il quarto primo ministro ad essere reclutato dal presidente quest'anno, mentre la Francia lotta con una crescente crisi politica in un parlamento diviso. Il suo primo compito sarà quello di formare il governo, riuscire a far approvare un bilancio tampone prima della fine dell'anno, un nuovo bilancio a gennaio e presentare un piano per frenare il debito crescente e il deficit cronico: un compito di proporzioni “himalayane”, lo ha definito lo stesso Bayrou.
Il 16 dicembre, due settimane dopo il crollo del governo di Michel Barnier, al Bundestag un voto di sfiducia al governo del cancelliere Olaf Scholz ha aperto la strada alle elezioni anticipate a febbraio. È stato il leader dell'SPD, licenziando il ministro delle finanze Christian Lindner, a provocare la fine alla coalizione di governo. Scholz spera infatti di ottenere dagli elettori un mandato più ampio e, grazie a maggiori prestiti e investimenti, sbloccare lo stallo della crescita economica in Germania provocato dal non poter più contare sull'energia russa a basso costo e sulla crescita guidata dalle esportazioni.
Francia e Germania, i due membri più importanti dell'UE, si ritrovano così entrambi in una situazione di instabilità il che mette in pericolo l'intero edificio europeo. Con la minaccia di una guerra commerciale con gli Stati Uniti sotto la presidenza Trump, i dilemmi relativi all'Ucraina, la sfida della Cina, l'estrema destra in ascesa, un sempre più diffuso malessere politico, il futuro dell'Europa si prospetta tutt'altro che roseo.
Francia e Germania, i due membri più importanti dell'UE, si ritrovano così entrambi in una situazione di instabilità il che mette in pericolo l'intero edificio europeo. Con la minaccia di una guerra commerciale con gli Stati Uniti sotto la presidenza Trump, i dilemmi relativi all'Ucraina, la sfida della Cina, l'estrema destra in ascesa, un sempre più diffuso malessere politico, il futuro dell'Europa si prospetta tutt'altro che roseo.
Fonte: di Giulietta Rovera