"GREEN BOOMERANG"
19-09-2021 - DIARIO POLITICO di Giuseppe Butta'
Cosa fatta, capo ha, ma, anche se in ritardo e nella speranza che serva anche a chi ha la responsabilità delle decisioni, si può sempre fare qualche riflessione critica.
Il Governo, ansioso di seguire le orme del ‘saggio' Macron ma anche superandole largamente, ha approvato il nuovo decreto anti-covid che, dal 6 agosto, rende obbligatorio il cosiddetto ‘Green Pass', attestante l'avvenuta vaccinazione, la guarigione dal Covid-19 o l'esito negativo di un tampone fatto nelle ultime 48 ore.
Tale ‘pass' è necessario per accedere ad una serie di servizi e attività. L'introduzione di quest'obbligo – dice il governo – permette di aumentare il numero di avventori e spettatori ammessi sia al chiuso che all'aperto (bar, ristoranti, palestre, piscine, teatri, cinema, fiere, convegni, musei, sale bingo, etc.) e ai grandi eventi (gli stadi ad esempio potranno ospitare pubblico fino al 50% della loro capienza massima); inoltre, sempre ad avviso del governo, la certificazione verde permetterebbe le attività economiche anche in caso di aumento dei contagi e di cambiare i parametri che determinano i colori delle regioni attribuendo maggior peso ai ricoveri ospedalieri piuttosto che ai contagi.
Il ‘Green pass' invece non è obbligatorio per accedere ai mezzi pubblici locali (metropolitane, bus), ai negozi, alle farmacie, al supermercato, etc.. Tuttavia viene richiesto per accedere alle mense aziendali ma non è necessario per accedere al luogo di lavoro nella stessa azienda.
Infatti, alcune contraddizioni appaiono insormontabili: tolti i no vax, non tutti hanno potuto finora vaccinarsi per vari motivi, primo fra tutti la carenza di vaccini e di organizzazione; per rendere obbligatorio questo ‘pass', bisognerebbe quindi che tutti possano avere avuto l'opportunità di avere somministrato il vaccino (se no avremmo discriminazioni del tutto illegittime).
A parte la difficoltà che si può incontrare nell'ottenerlo (la mia personale esperienza di ‘guarito dal covid' e, quindi, avente diritto al ‘green pass', è quella di un'odissea finita nel naufragio: non l'ho potuto avere, non solo per il rimpallo burocratico tra farmacia, medico di base e ASP, ma soprattutto, nonostante che il termine per la vaccinazione dei ‘guariti' sia stato portato (pare sulla base di una valutazione ‘scientifica') fino a un anno dalla guarigione, nonostante che personalmente io abbia molti più anticorpi di quanti mediamente ne abbiano i vaccinati, il rilascio del ‘green pass' non si ha perché il decreto contraddittoriamente non dice nulla a proposito: la mano destra non sa quello che fa la mano sinistra.
L'ipotesi che in questi giorni si fa, di imporre il ‘green pass' agli autisti di mezzi di trasporto locali, e non ai passeggeri è semplicemente ridicola e controsenso: specialmente sui treni, i conduttori sono isolati mentre i passeggeri sono ‘ammassati'.
Questo vale anche per le scuole al cui personale (ma non agli studenti) s'intende imporre l'obbligo del ‘green pass' con le conseguenti pesanti sanzioni della sospensione dalle funzioni e dallo stipendio fino al licenziamento. Ciò si scontra con la logica (escludendo gli studenti, si coprirebbe solo una parte della ‘comunità scolastica') e con i fatti: sono soprattutto gli studenti l'anello di congiunzione con la comunità più ampia e possibili portatori del contagio. L'entusiasmo per il ‘green pass' fa sì che, per bocca del ministro dell'istruzione, Bianchi, il governo esulti perché, «se in una classe sono tutti vaccinati ci si potrà togliere la mascherina, per sorridere tutti insieme». E i contagi?
È altresì evidente un'altra contraddizione: il ‘green pass' viene presentato come una misura di sicurezza che serve a controllare l'espansione dei contagi: se è così non può essere obbligatorio solo per alcune categorie e non per la generalità dei cittadini perché, in questa forma, oltre che inefficace, sarebbe anche illegittimo: pardon: il governo, accortosi dell'ossimoro, con il DL del 16 settembre lo ha esteso a tutti i lavoratori pubblici e privati perché, dice Draghi, così si potrà continuare ad ‘aprire' e salverà vite. Ma perché, se il ‘green pass' è così utile e importante, il decreto entrerà in vigore solo tra un mese: intanto non riapriamo e moriamo?
In realtà, non c'è da compiacersi di una tale misura perché temiamo una pericolosa eterogenesi dei fini!
Come dice Andrea Crisanti, il certificato verde non è una misura di sanità pubblica: «il governo sul Green pass mente e lo fa in modo pericoloso. Dire che creiamo ambienti sicuri se tutti al loro interno hanno il green pass è una fake news bella e buona». Se non è una misura sanitaria, vuole essere forse, come teme Massimo Cacciari, una misura di controllo sociale: «la deriva verso una società del 'sorvegliare e punire'»?
Non è una misura di sicurezza perché anche i vaccinati possono essere contagiosi:
Ormai tutti sappiamo che i vaccini anti-Sars-CoV-2 attualmente disponibili conferiscono una protezione che va dal 60 per cento di AstraZeneca a oltre il 90 per cento nel caso dei vaccini Pfizer-Biontech e Moderna e che anche le persone vaccinate possono infettarsi e, a loro volta, contagiare altri: è una probabilità che può riguardare il 10% degli immunizzati con un vaccino a mRna e il 30/40 per cento con vaccino tipo AstraZeneca, potenzialmente, più di centomila persone su milione di vaccinati potrebbero dunque contrarre l'infezione e, a loro volta, estendere i contagi il che significa che bisogna non soltanto vaccinare ma anche continuare ad adottare tutti gli accorgimenti (distanziamento sociale, mascherine, etc.) per ridurre la circolazione del virus nella comunità. Occorre aggiungere l'incognita legata alle varianti, soprattutto la delta, rispetto alle quali, tutti i vaccini contro il ceppo originario Wuhan (quelli attualmente inoculati) sembrano perdere di efficacia per una quota compresa tra il 60 e il 70%. Ciò vuol dire che la maggior parte delle persone vaccinate potrebbe infettarsi e/o ammalarsi, anche se non di una forma severa di Covid-19. Dunque, le persone vaccinate, sebbene protette dalla malattia grave, anche se non del tutto, possono infettarsi e contagiare gli altri.
Allora il ‘green pass' non serve anzi è pericoloso. Infatti, temiamo fortemente che il ‘green pass' possa dare ai suoi detentori un'illusoria sensazione di onnipotenza e avere quindi un effetto del tutto opposto rispetto a quello annunziato e atteso: proprio la modalità di uso può trasformare il ‘green pass' in un boomerang – effetto certamente non previsto dal governo e dai sostenitori di questa misura ma probabile e prevedibile – cioè in una maggiore diffusione del contagio sia nei casi in cui il pass viene richiesto, per esempio nell'accesso agli stadi consentendo assembramenti enormi, sia quando non è richiesto come per accedere ai mezzi di trasporto locale (cioè i più affollati): infatti, l'uso di tale certificazione è obbligatorio per fruire di servizi ed eventi cui la generalità dei cittadini accede saltuariamente ma non è richiesto per quelle attività nelle quali la massa dei cittadini è abitualmente coinvolta (mezzi pubblici, la cui capienza è stata irresponsabilmente aumentata all'80% anche in zona gialla, supermercati).
Il che la dice lunga sul raptus autoritario del governo (da cui sembra particolarmente colpito il serenissimo Letta), sulla sua incapacità di fare i controlli necessari perché non venga ammesso un numero di persone superiore alla capienza prevista nei mezzi pubblici, nei supermercati, nelle farmacie, negli stadi o, anche, negli spazi pubblici (per esempio, a Venezia si è svolta la ‘regata storica' in un tripudio di smascherati ammassati, ai quali nessuno ha chiesto il ‘green pass' né il rispetto di quelle regole, e non sappiamo quello che succede negli stadi di calcio spesso frequentati da ‘esagitati'); né si fa molto per migliorare i servizi: per esempio, non tanto per aumentare il numero di treni, bus, etc., (cosa che pure potrebbe essere fatta mobilitando i mezzi dell'esercito o i bus privati) ma per il controllo degli accessi ai mezzi; altrettanto poco si fa per rendere i locali scolastici idonei alla prevenzione dei contagi, per esempio affittando gli spazi necessari.
Ci viene allora qualche dubbio sull'utilità del ‘green pass', il dubbio che sia una mera angheria, per giunta stupida, senza offesa per il ministro Brunetta che la definisce una misura geniale che, in modo gentile, spinge a vaccinarsi.
Se ci sarà un nuova ondata epidemica, si dirà che è stata causata dai non vaccinati ma siamo sicuri che non sarà stata dovuta anche al ‘green pass'?
Non è il ‘green pass' a poter controllare l'epidemia né è con il ‘green pass' che si può introdurre, surrettiziamente e ipocritamente, l'obbligo vaccinale: ciò non fa che suscitare resistenze nell'opinione pubblica.
L'efficacia dei vaccini non è qui in discussione ma, di fronte a questi scenari, c'è da chiedersi a cosa serva il ‘green pass', europeo o nazionale che sia: credere nell'utilità dei vaccini, come noi crediamo, non significa credere nel ‘green pass', soprattutto se s'intende usarlo per convincere la gente a vaccinarsi, come nel caso del personale scolastico obbligato al ‘green pass' e minacciato di venire affamato con la sospensione dello stipendio per assenza ingiustificata se non in possesso di tale certificato attestante la vaccinazione o il tampone negativo quasi quotidiano, fatto a proprie spese; a proposito, fino a ora la validità del tempone era di 48 ore, il DL del 16 settembre l'ha portata a 72: forse qualche CTS ha stabilito che non è vero quello che fino ad ora è stato detto, cioè che il tampone è solo un'istantanea che può mutare un momento dopo? O è solo una decisione politica che se ne infischia della scienza, come del resto è lo stesso ‘green pass'?
Così usato, il ‘green pass' è un mezzo di costrizione improprio, un obbligo surrettizio e mascherato di vaccinazione chiaramente illegittimo, che sottrae dalla responsabilità chi lo impone, anche se temiamo di non trovare un giudice a Berlino che lo dichiari tale.
Inoltre, ai fini del tracciamento degli eventuali contagi, il ‘green pass' è lo strumento meno adatto perché mimetizza i portatori sani. Forse il governo, se volesse veramente stroncare la pandemia, dovrebbe piuttosto intensificare il tracciamento (e il sequenziamento) rendendo ampio il più possibile l'uso dei tamponi o di altri sistemi di tracciamento, come ha fatto la Corea del Sud già più di un anno fa.
«Siamo a un passo da una nuova variante di coronavirus resistente ai vaccini … sbagliato basare la lotta al Covid unicamente sui vaccini». È l'allarme lanciato da Andrea Crisanti: «Per sorvegliare l'epidemia non basta guardare solo i dati di ricoveri e decessi ma vanno tracciati i movimenti del virus. Ci sono Paesi che sono covid free pur non avendo vaccinato la popolazione in massa, come la Nuova Zelanda e la Corea del Sud che hanno semplicemente implementato politiche di tracciamento per limitare la trasmissione del virus».
Il mainstream (politico-giornalistico) di regime cerca invece di profittare politicamente attaccando a testa bassa quanti osano sollevare dubbi sulle misure adottate dal governo e dai suoi caudatari – dalla Confindustria alla CISL all'associazione dei dirigenti scolastici – si leva a gran voce il tripudio per il ‘green pass' e la richiesta di una legge che, obbligando alla vaccinazione, sollevi datori di lavoro e sindacati dall'onere di provvedere alla sicurezza dei luoghi di lavoro e ai controlli necessari.
A quanto ne sappiamo, oltre a non abbassare la guardia nel far rispettare le regole della prevenzione, la vaccinazione è ancora il solo mezzo di cui disponiamo per tentare di scongiurare gli effetti più gravi del contagio da sars-cov2. È dunque la vaccinazione del maggior numero possibile, se non di tutti, la priorità che il governo dovrebbe porsi e che certamente si pone.
Tuttavia – almeno fino a quando non si sarà certi che i vaccini non abbiano effetti collaterali anche mortali (e in questi casi non basta un eventuale ‘indennizzo' statale) o effetti a lungo termine, ancora non noti (per esempio, in Gran Bretagna la vaccinazione dei minori di dodici anni non è stata approvata per i possibili effetti negativi sullo sviluppo: ma siamo sicuri che i vaccini non ne abbiano anche per chi è già sviluppato?) – la vaccinazione deve essere volontaria, non può essere imposta.
Se venisse imposta, a che servirebbe chiedere ai ‘vaccinandi' di firmare il ‘consenso informato'? A fargli accettare qualsiasi rischio e a scaricare da ogni responsabilità chi impone l'obbligo? Il consenso fa a pugni con l'obbligo.
Per superare il limite invalicabile del diritto personale di tutelare la propria vita come ciascuno ritiene meglio, non basta lanciare lo slogan della vaccinazione-dovere civico/morale accusando coloro che hanno dubbi sulla vaccinazione di minacciare la salute pubblica e la libertà degli altri. Non basta che qualche grande ‘guru' come Sabino Cassese – già giudice della Corte Costituzionale – ci spieghi che, essendo la stragrande maggioranza degli italiani vaccinata e quindi favorevole alla vaccinazione, l'eventuale obbligo di vaccinazione sarebbe costituzionalmente legittimo.
Non è necessario ricordargli che l'art 32 della Costituzione, oltre a stabilire che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge», dice anche che «la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana», ma ci preoccupa molto che Cassese non ricordi la grande lezione di Tocqueville sulla tirannide della maggioranza.
Il governo, anziché dedicarsi anima e corpo al ‘green pass', deve piuttosto promuovere una informazione sui vaccini, precisa, convincente , univoca (evitando cioè tutte le incertezze e le contraddizioni finora verificatesi specialmente sul vaccino Astrazeneca) e, oltre a provvedere alla somministrazione del vaccino, deve pure migliorare il sistema di tracciamento rafforzando la rete sanitaria, nonché promuovere la ricerca sulle terapie: che fine ha fatto la terapia con plasma iperimmune? E quella con gli anticorpi monoclonali? Che cosa si fa per rafforzare il tracciamento e la sanità territoriale?
Perché il governo non ci informa?
Fonte: di GIUSEPPE BUTTA'
Il Governo, ansioso di seguire le orme del ‘saggio' Macron ma anche superandole largamente, ha approvato il nuovo decreto anti-covid che, dal 6 agosto, rende obbligatorio il cosiddetto ‘Green Pass', attestante l'avvenuta vaccinazione, la guarigione dal Covid-19 o l'esito negativo di un tampone fatto nelle ultime 48 ore.
Tale ‘pass' è necessario per accedere ad una serie di servizi e attività. L'introduzione di quest'obbligo – dice il governo – permette di aumentare il numero di avventori e spettatori ammessi sia al chiuso che all'aperto (bar, ristoranti, palestre, piscine, teatri, cinema, fiere, convegni, musei, sale bingo, etc.) e ai grandi eventi (gli stadi ad esempio potranno ospitare pubblico fino al 50% della loro capienza massima); inoltre, sempre ad avviso del governo, la certificazione verde permetterebbe le attività economiche anche in caso di aumento dei contagi e di cambiare i parametri che determinano i colori delle regioni attribuendo maggior peso ai ricoveri ospedalieri piuttosto che ai contagi.
Il ‘Green pass' invece non è obbligatorio per accedere ai mezzi pubblici locali (metropolitane, bus), ai negozi, alle farmacie, al supermercato, etc.. Tuttavia viene richiesto per accedere alle mense aziendali ma non è necessario per accedere al luogo di lavoro nella stessa azienda.
Infatti, alcune contraddizioni appaiono insormontabili: tolti i no vax, non tutti hanno potuto finora vaccinarsi per vari motivi, primo fra tutti la carenza di vaccini e di organizzazione; per rendere obbligatorio questo ‘pass', bisognerebbe quindi che tutti possano avere avuto l'opportunità di avere somministrato il vaccino (se no avremmo discriminazioni del tutto illegittime).
A parte la difficoltà che si può incontrare nell'ottenerlo (la mia personale esperienza di ‘guarito dal covid' e, quindi, avente diritto al ‘green pass', è quella di un'odissea finita nel naufragio: non l'ho potuto avere, non solo per il rimpallo burocratico tra farmacia, medico di base e ASP, ma soprattutto, nonostante che il termine per la vaccinazione dei ‘guariti' sia stato portato (pare sulla base di una valutazione ‘scientifica') fino a un anno dalla guarigione, nonostante che personalmente io abbia molti più anticorpi di quanti mediamente ne abbiano i vaccinati, il rilascio del ‘green pass' non si ha perché il decreto contraddittoriamente non dice nulla a proposito: la mano destra non sa quello che fa la mano sinistra.
L'ipotesi che in questi giorni si fa, di imporre il ‘green pass' agli autisti di mezzi di trasporto locali, e non ai passeggeri è semplicemente ridicola e controsenso: specialmente sui treni, i conduttori sono isolati mentre i passeggeri sono ‘ammassati'.
Questo vale anche per le scuole al cui personale (ma non agli studenti) s'intende imporre l'obbligo del ‘green pass' con le conseguenti pesanti sanzioni della sospensione dalle funzioni e dallo stipendio fino al licenziamento. Ciò si scontra con la logica (escludendo gli studenti, si coprirebbe solo una parte della ‘comunità scolastica') e con i fatti: sono soprattutto gli studenti l'anello di congiunzione con la comunità più ampia e possibili portatori del contagio. L'entusiasmo per il ‘green pass' fa sì che, per bocca del ministro dell'istruzione, Bianchi, il governo esulti perché, «se in una classe sono tutti vaccinati ci si potrà togliere la mascherina, per sorridere tutti insieme». E i contagi?
È altresì evidente un'altra contraddizione: il ‘green pass' viene presentato come una misura di sicurezza che serve a controllare l'espansione dei contagi: se è così non può essere obbligatorio solo per alcune categorie e non per la generalità dei cittadini perché, in questa forma, oltre che inefficace, sarebbe anche illegittimo: pardon: il governo, accortosi dell'ossimoro, con il DL del 16 settembre lo ha esteso a tutti i lavoratori pubblici e privati perché, dice Draghi, così si potrà continuare ad ‘aprire' e salverà vite. Ma perché, se il ‘green pass' è così utile e importante, il decreto entrerà in vigore solo tra un mese: intanto non riapriamo e moriamo?
In realtà, non c'è da compiacersi di una tale misura perché temiamo una pericolosa eterogenesi dei fini!
Come dice Andrea Crisanti, il certificato verde non è una misura di sanità pubblica: «il governo sul Green pass mente e lo fa in modo pericoloso. Dire che creiamo ambienti sicuri se tutti al loro interno hanno il green pass è una fake news bella e buona». Se non è una misura sanitaria, vuole essere forse, come teme Massimo Cacciari, una misura di controllo sociale: «la deriva verso una società del 'sorvegliare e punire'»?
Non è una misura di sicurezza perché anche i vaccinati possono essere contagiosi:
Ormai tutti sappiamo che i vaccini anti-Sars-CoV-2 attualmente disponibili conferiscono una protezione che va dal 60 per cento di AstraZeneca a oltre il 90 per cento nel caso dei vaccini Pfizer-Biontech e Moderna e che anche le persone vaccinate possono infettarsi e, a loro volta, contagiare altri: è una probabilità che può riguardare il 10% degli immunizzati con un vaccino a mRna e il 30/40 per cento con vaccino tipo AstraZeneca, potenzialmente, più di centomila persone su milione di vaccinati potrebbero dunque contrarre l'infezione e, a loro volta, estendere i contagi il che significa che bisogna non soltanto vaccinare ma anche continuare ad adottare tutti gli accorgimenti (distanziamento sociale, mascherine, etc.) per ridurre la circolazione del virus nella comunità. Occorre aggiungere l'incognita legata alle varianti, soprattutto la delta, rispetto alle quali, tutti i vaccini contro il ceppo originario Wuhan (quelli attualmente inoculati) sembrano perdere di efficacia per una quota compresa tra il 60 e il 70%. Ciò vuol dire che la maggior parte delle persone vaccinate potrebbe infettarsi e/o ammalarsi, anche se non di una forma severa di Covid-19. Dunque, le persone vaccinate, sebbene protette dalla malattia grave, anche se non del tutto, possono infettarsi e contagiare gli altri.
Allora il ‘green pass' non serve anzi è pericoloso. Infatti, temiamo fortemente che il ‘green pass' possa dare ai suoi detentori un'illusoria sensazione di onnipotenza e avere quindi un effetto del tutto opposto rispetto a quello annunziato e atteso: proprio la modalità di uso può trasformare il ‘green pass' in un boomerang – effetto certamente non previsto dal governo e dai sostenitori di questa misura ma probabile e prevedibile – cioè in una maggiore diffusione del contagio sia nei casi in cui il pass viene richiesto, per esempio nell'accesso agli stadi consentendo assembramenti enormi, sia quando non è richiesto come per accedere ai mezzi di trasporto locale (cioè i più affollati): infatti, l'uso di tale certificazione è obbligatorio per fruire di servizi ed eventi cui la generalità dei cittadini accede saltuariamente ma non è richiesto per quelle attività nelle quali la massa dei cittadini è abitualmente coinvolta (mezzi pubblici, la cui capienza è stata irresponsabilmente aumentata all'80% anche in zona gialla, supermercati).
Il che la dice lunga sul raptus autoritario del governo (da cui sembra particolarmente colpito il serenissimo Letta), sulla sua incapacità di fare i controlli necessari perché non venga ammesso un numero di persone superiore alla capienza prevista nei mezzi pubblici, nei supermercati, nelle farmacie, negli stadi o, anche, negli spazi pubblici (per esempio, a Venezia si è svolta la ‘regata storica' in un tripudio di smascherati ammassati, ai quali nessuno ha chiesto il ‘green pass' né il rispetto di quelle regole, e non sappiamo quello che succede negli stadi di calcio spesso frequentati da ‘esagitati'); né si fa molto per migliorare i servizi: per esempio, non tanto per aumentare il numero di treni, bus, etc., (cosa che pure potrebbe essere fatta mobilitando i mezzi dell'esercito o i bus privati) ma per il controllo degli accessi ai mezzi; altrettanto poco si fa per rendere i locali scolastici idonei alla prevenzione dei contagi, per esempio affittando gli spazi necessari.
Ci viene allora qualche dubbio sull'utilità del ‘green pass', il dubbio che sia una mera angheria, per giunta stupida, senza offesa per il ministro Brunetta che la definisce una misura geniale che, in modo gentile, spinge a vaccinarsi.
Se ci sarà un nuova ondata epidemica, si dirà che è stata causata dai non vaccinati ma siamo sicuri che non sarà stata dovuta anche al ‘green pass'?
Non è il ‘green pass' a poter controllare l'epidemia né è con il ‘green pass' che si può introdurre, surrettiziamente e ipocritamente, l'obbligo vaccinale: ciò non fa che suscitare resistenze nell'opinione pubblica.
L'efficacia dei vaccini non è qui in discussione ma, di fronte a questi scenari, c'è da chiedersi a cosa serva il ‘green pass', europeo o nazionale che sia: credere nell'utilità dei vaccini, come noi crediamo, non significa credere nel ‘green pass', soprattutto se s'intende usarlo per convincere la gente a vaccinarsi, come nel caso del personale scolastico obbligato al ‘green pass' e minacciato di venire affamato con la sospensione dello stipendio per assenza ingiustificata se non in possesso di tale certificato attestante la vaccinazione o il tampone negativo quasi quotidiano, fatto a proprie spese; a proposito, fino a ora la validità del tempone era di 48 ore, il DL del 16 settembre l'ha portata a 72: forse qualche CTS ha stabilito che non è vero quello che fino ad ora è stato detto, cioè che il tampone è solo un'istantanea che può mutare un momento dopo? O è solo una decisione politica che se ne infischia della scienza, come del resto è lo stesso ‘green pass'?
Così usato, il ‘green pass' è un mezzo di costrizione improprio, un obbligo surrettizio e mascherato di vaccinazione chiaramente illegittimo, che sottrae dalla responsabilità chi lo impone, anche se temiamo di non trovare un giudice a Berlino che lo dichiari tale.
Inoltre, ai fini del tracciamento degli eventuali contagi, il ‘green pass' è lo strumento meno adatto perché mimetizza i portatori sani. Forse il governo, se volesse veramente stroncare la pandemia, dovrebbe piuttosto intensificare il tracciamento (e il sequenziamento) rendendo ampio il più possibile l'uso dei tamponi o di altri sistemi di tracciamento, come ha fatto la Corea del Sud già più di un anno fa.
«Siamo a un passo da una nuova variante di coronavirus resistente ai vaccini … sbagliato basare la lotta al Covid unicamente sui vaccini». È l'allarme lanciato da Andrea Crisanti: «Per sorvegliare l'epidemia non basta guardare solo i dati di ricoveri e decessi ma vanno tracciati i movimenti del virus. Ci sono Paesi che sono covid free pur non avendo vaccinato la popolazione in massa, come la Nuova Zelanda e la Corea del Sud che hanno semplicemente implementato politiche di tracciamento per limitare la trasmissione del virus».
Il mainstream (politico-giornalistico) di regime cerca invece di profittare politicamente attaccando a testa bassa quanti osano sollevare dubbi sulle misure adottate dal governo e dai suoi caudatari – dalla Confindustria alla CISL all'associazione dei dirigenti scolastici – si leva a gran voce il tripudio per il ‘green pass' e la richiesta di una legge che, obbligando alla vaccinazione, sollevi datori di lavoro e sindacati dall'onere di provvedere alla sicurezza dei luoghi di lavoro e ai controlli necessari.
A quanto ne sappiamo, oltre a non abbassare la guardia nel far rispettare le regole della prevenzione, la vaccinazione è ancora il solo mezzo di cui disponiamo per tentare di scongiurare gli effetti più gravi del contagio da sars-cov2. È dunque la vaccinazione del maggior numero possibile, se non di tutti, la priorità che il governo dovrebbe porsi e che certamente si pone.
Tuttavia – almeno fino a quando non si sarà certi che i vaccini non abbiano effetti collaterali anche mortali (e in questi casi non basta un eventuale ‘indennizzo' statale) o effetti a lungo termine, ancora non noti (per esempio, in Gran Bretagna la vaccinazione dei minori di dodici anni non è stata approvata per i possibili effetti negativi sullo sviluppo: ma siamo sicuri che i vaccini non ne abbiano anche per chi è già sviluppato?) – la vaccinazione deve essere volontaria, non può essere imposta.
Se venisse imposta, a che servirebbe chiedere ai ‘vaccinandi' di firmare il ‘consenso informato'? A fargli accettare qualsiasi rischio e a scaricare da ogni responsabilità chi impone l'obbligo? Il consenso fa a pugni con l'obbligo.
Per superare il limite invalicabile del diritto personale di tutelare la propria vita come ciascuno ritiene meglio, non basta lanciare lo slogan della vaccinazione-dovere civico/morale accusando coloro che hanno dubbi sulla vaccinazione di minacciare la salute pubblica e la libertà degli altri. Non basta che qualche grande ‘guru' come Sabino Cassese – già giudice della Corte Costituzionale – ci spieghi che, essendo la stragrande maggioranza degli italiani vaccinata e quindi favorevole alla vaccinazione, l'eventuale obbligo di vaccinazione sarebbe costituzionalmente legittimo.
Non è necessario ricordargli che l'art 32 della Costituzione, oltre a stabilire che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge», dice anche che «la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana», ma ci preoccupa molto che Cassese non ricordi la grande lezione di Tocqueville sulla tirannide della maggioranza.
Il governo, anziché dedicarsi anima e corpo al ‘green pass', deve piuttosto promuovere una informazione sui vaccini, precisa, convincente , univoca (evitando cioè tutte le incertezze e le contraddizioni finora verificatesi specialmente sul vaccino Astrazeneca) e, oltre a provvedere alla somministrazione del vaccino, deve pure migliorare il sistema di tracciamento rafforzando la rete sanitaria, nonché promuovere la ricerca sulle terapie: che fine ha fatto la terapia con plasma iperimmune? E quella con gli anticorpi monoclonali? Che cosa si fa per rafforzare il tracciamento e la sanità territoriale?
Perché il governo non ci informa?
Fonte: di GIUSEPPE BUTTA'