"IL MODELLO MACRONISTA E' IN CRISI?"
24-03-2023 - CRONACHE SOCIALISTE
Contrariamente all'Italia, la Francia ha una tradizione radicata dello scendere in piazza e dell'opporsi frontalmente all'autorità in carica, sia esso il monarca assoluto o un governo democraticamente eletto. Da sempre oltralpe il pensiero dei cittadini che manifestano, non sempre, invero, pacificamente, rappresenta un assillo costante per il governo in carica. Non bisogna dimenticare che già negli anni del Secondo Impero, il Barone Haussmann procedette alla risistemazione urbanistica di Parigi con l'occhio del prefetto rivolto anche – con la costruzione dei Grands Boulevards – a impedire la costruzione di barricate e a favorire l'afflusso di truppe in città in caso d'insurrezione popolare.
Il presidente francese Emmanuel Macron dopo la rivolta dei gilet gialli (novembre 2018-marzo 2019) si trova nuovamente sotto la pressione delle forze popolari contro la riforma che innalza l'età pensionabile da 62 a 64 anni. Se le manifestazioni di questi giorni rientrano nella tradizione francese cui abbiamo fatto cenno all'inizio, è altrettanto vero che esse fanno parte di una larghissima ondata di proteste delle classi medie presenti in molti paesi europei ed extraeuropei. Non c'è alcun dubbio che al fondo di queste proteste ci sia l'insoddisfazione per gli esiti della globalizzazione che, pur avendo fatto uscire dalla povertà svariate decine di milioni di persone nel mondo, hanno ridotto di parecchio le capacità di acquisto e il livello di occupazione delle classi medie nei paesi più avanzati. La rabbia globale che si percepisce dalle più varie manifestazioni in paesi che più diversi non potrebbero essere fa pensare all'emersione di caratteristiche comuni, indubbiamente presenti, a partire dal ciclo economico recessivo che fa sentire i suoi effetti soprattutto sull'occupazione.
Altro elemento sono certamente le proteste contro la corruzione dei governanti e la battaglia contro élites avvertite dalla cittadinanza come sempre più distanti dai bisogni dell'uomo comune. Dalle primavere arabe alla Russia, dalla Turchia al Brasile le classi medie sono scese in piazza mentre la protesta si è amplificata in breve tempo grazie ai social network.
Macron in Francia si è giovato della crisi dei partiti tradizionali di destra e di sinistra e ha guadagnato per due volte l'Eliseo con un programma liberaldemocratico e riformatore di cui un punto qualificante era rappresentato dalla riforma del sistema pensionistico che nel paese è considerato un vero e proprio feticcio ma a cui è ritenuto indispensabile mettere mano in quanto la Francia, come l'Italia, è afflitta da un grave debito pubblico cui la spesa per le pensioni contribuisce in maniera determinante.
Non è la prima volta che la Francia si divide su quest'argomento e più governi sono già rimasti vittime di un tentativo di riforma del settore abbozzato ma poi abortito. Stavolta il provvedimento è passato facendo ricorso ad un escamotage perfettamente legale che permette al governo di bypassare il parlamento ma il governo del primo ministro Elisabeth Borne sembra sempre più traballante mentre Macron sembra rinfrancato dalla bocciatura subita dalla mozione di censura presentata in parlamento dalle opposizioni contro il governo, benché, persino alcuni deputati macronisti si siano espressi contro la ‘scorciatoia' rappresentata dall'utilizzo dell'articolo 49, comma 3 della Costituzione.
Nonostante il presidente francese abbia vinto una battaglia, è bel lungi dall'aver vinto la guerra. Da quando ha perso la maggioranza parlamentare il paese è sempre più diviso e in balia degli eventi. Da un momento all'altro la crisi da sociale potrebbe diventare politica fino a trasformarsi in una vera e propria emergenza democratica considerato che a conclusione del secondo mandato del presidente Macron ci sono ancora quattro anni e che si potrebbe aprire un nuovo capitolo di manifestazioni da parte della società civile simili a quelle che hanno sconvolto il paese durante la rivolta dei gilet gialli.
Resta da vedere se ad andare in crisi è stato Macron oppure il modello semipresidenziale alla francese. In ogni caso, anche in vista del voto europeo del prossimo anno la situazione va seguita con preoccupazione.
Il presidente francese Emmanuel Macron dopo la rivolta dei gilet gialli (novembre 2018-marzo 2019) si trova nuovamente sotto la pressione delle forze popolari contro la riforma che innalza l'età pensionabile da 62 a 64 anni. Se le manifestazioni di questi giorni rientrano nella tradizione francese cui abbiamo fatto cenno all'inizio, è altrettanto vero che esse fanno parte di una larghissima ondata di proteste delle classi medie presenti in molti paesi europei ed extraeuropei. Non c'è alcun dubbio che al fondo di queste proteste ci sia l'insoddisfazione per gli esiti della globalizzazione che, pur avendo fatto uscire dalla povertà svariate decine di milioni di persone nel mondo, hanno ridotto di parecchio le capacità di acquisto e il livello di occupazione delle classi medie nei paesi più avanzati. La rabbia globale che si percepisce dalle più varie manifestazioni in paesi che più diversi non potrebbero essere fa pensare all'emersione di caratteristiche comuni, indubbiamente presenti, a partire dal ciclo economico recessivo che fa sentire i suoi effetti soprattutto sull'occupazione.
Altro elemento sono certamente le proteste contro la corruzione dei governanti e la battaglia contro élites avvertite dalla cittadinanza come sempre più distanti dai bisogni dell'uomo comune. Dalle primavere arabe alla Russia, dalla Turchia al Brasile le classi medie sono scese in piazza mentre la protesta si è amplificata in breve tempo grazie ai social network.
Macron in Francia si è giovato della crisi dei partiti tradizionali di destra e di sinistra e ha guadagnato per due volte l'Eliseo con un programma liberaldemocratico e riformatore di cui un punto qualificante era rappresentato dalla riforma del sistema pensionistico che nel paese è considerato un vero e proprio feticcio ma a cui è ritenuto indispensabile mettere mano in quanto la Francia, come l'Italia, è afflitta da un grave debito pubblico cui la spesa per le pensioni contribuisce in maniera determinante.
Non è la prima volta che la Francia si divide su quest'argomento e più governi sono già rimasti vittime di un tentativo di riforma del settore abbozzato ma poi abortito. Stavolta il provvedimento è passato facendo ricorso ad un escamotage perfettamente legale che permette al governo di bypassare il parlamento ma il governo del primo ministro Elisabeth Borne sembra sempre più traballante mentre Macron sembra rinfrancato dalla bocciatura subita dalla mozione di censura presentata in parlamento dalle opposizioni contro il governo, benché, persino alcuni deputati macronisti si siano espressi contro la ‘scorciatoia' rappresentata dall'utilizzo dell'articolo 49, comma 3 della Costituzione.
Nonostante il presidente francese abbia vinto una battaglia, è bel lungi dall'aver vinto la guerra. Da quando ha perso la maggioranza parlamentare il paese è sempre più diviso e in balia degli eventi. Da un momento all'altro la crisi da sociale potrebbe diventare politica fino a trasformarsi in una vera e propria emergenza democratica considerato che a conclusione del secondo mandato del presidente Macron ci sono ancora quattro anni e che si potrebbe aprire un nuovo capitolo di manifestazioni da parte della società civile simili a quelle che hanno sconvolto il paese durante la rivolta dei gilet gialli.
Resta da vedere se ad andare in crisi è stato Macron oppure il modello semipresidenziale alla francese. In ogni caso, anche in vista del voto europeo del prossimo anno la situazione va seguita con preoccupazione.
Fonte: di Andrea Becherucci