IN EUROPA SEMPRE LA STESSA MUSICA?
23-06-2024 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
Precedute da una campagna elettorale, quantomeno per ciò che riguarda l’Italia, triste e monotona, centrata in grandissima parte su argomenti d’interesse nazionale, si sono concluse le elezioni europee destinate a inaugurare la decima legislatura del Parlamento europeo eletto a suffragio universale. Dovremmo forse dire “finalmente” concluse visto che mai come questa volta poco si è parlato di Europa. Il primo dato che pare significativo è la percentuale di votanti mai così bassa dal 1979 quando era andato alle urne il 62% dei potenziali elettori. Nel 2024 si è recato alle urne poco meno del 50% degli aventi diritto al voto. Un risultato che, però, disaggregato, mostra come in alcuni paesi dell’area balcanico-danubiana), Slovenia, Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca si sia registrata l’affluenza più sostenuta da quando questi paesi votano per il rinnovo del Parlamento europeo.
In due dei paesi fondatori della Comunità europea, Francia e Germania la risposta degli elettori è stata netta: in entrambi il governo è stato sonoramente bocciato. In Francia il partito del Presidente Macron ha subito un vero e proprio tracollo a vantaggio del Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen e del suo delfino Jordan Bardella. Macron esce a tal punto ridimensionato dalla competizione che ha preferito sciogliere l’Assemblea nazionale e indire nuove elezioni legislative scommettendo sulla mancata tenuta nel lungo periodo del RN nel caso che anche le legislative premino la formazione di Marine Le Pen.
Il vero sconfitto di queste elezioni europee è senza dubbio il presidente francese che pure molto si era speso nella campagna elettorale. Se è vero che le simpatie dei francesi verso il presidente erano da tempo declinanti non era possibile prevedere una sconfitta dai contorni così netti.
Ugualmente, era facile prevedere una vittoria del RN anche se con difficoltà si poteva immaginare un successo di tali dimensioni. Da molti anni il Front National (poi Rassemblement national) avanza in tutte le elezioni nel sostanziale disinteresse delle classi dirigenti francesi che, nella migliore delle ipotesi non sanno fare di meglio che evocare l’esperienza del Fronte popolare del 1936 e ricorrere all’usurato barrage républicain a far sbarramento contro Marine Le Pen e i suoi elettori.
Il processo di dédiabolisation della formazione di Marine Le Pen procede ormai da anni con successo. Essa ha fatto breccia ormai anche nell’elettorato moderato oltre a conservare e fidelizzare i suoi seguaci. Ha intercettato da tempo le paure e i bisogni della Francia profonda e così facendo ha esaltato la distanza dalla gente comune dei tecnocrati come Macron e come il Primo ministro Attal. Si teme ora una riunificazione di parte delle destre sotto la bandiera del RN. Il progetto sembra già in atto dal momento che il segretario del partito gollista Les Républicains Eric Ciotti ha preso accordi con Bardella. Tuttavia, questo progetto di una “grande destra” comprendente anche parte della destra repubblicana gollista è patrocinato da anni – neanche tanto sotto traccia – dal magnate dei media Vincent Bolloré, nemico giurato del presidente Macron e che aveva già ispirato la discesa in campo, qualche anno prima, di Eric Zemmour (che al momento non sarebbe ospite gradito del nuovo “campo largo” della destra francese).
La scelta di sciogliere il parlamento potrebbe sembrare un azzardo totale se non conoscessimo la comprovata attitudine di Macron a rilanciare senza subire gli eventi ma cercando di piegarli alla propria volontà. Una campagna elettorale di sole tre settimane pone parecchi interrogativi dato che difficilmente – a parte manifestazioni esteriori di dissenso, anche importanti – lo schieramento opposto a Le Pen e Bardella troverà il tempo e il modo di ricompattarsi intorno a temi d’interesse comune. Rimane da verificare quanto una vittoria del RN possa effettivamente portare giovamento alla sua leader in vista delle presidenziali del 2027.
Anche in Germania il cancelliere Scholz ha ricevuto un sonoro schiaffone da parte dell’elettorato. Il dato che salta immediatamente all’occhio è AFD – partito dell’ultradestra – seconda forza politica in assoluto del paese. Bocciatura totale per i componenti il governo “semaforo”, socialdemocratici, verdi e liberali. I cristiano democratici e con esso le forze facenti parte del PPE reggono ovunque bene tanto che in Germania il leader dei popolari Christian Merz ha potuto invitare il cancelliere Scholz ad appoggiare il rinnovo della candidatura a presidente della Commissione di Ursula von der Leyen. Una novità interessante è la forza populista di sinistra, Bündnis Sahra Wagenknecht – Vernunft und Gerechtigkeit (BSW) guidato da Sahra Wagenknecht, fuoriuscita dalla Linke che ha superato sia i liberali che i socialdemocratici del cancelliere Scholz. Si conferma come e più di prima il cleavage tra la ex Germania federale e l’ex DDR con quest’ultima vera e propria incubatrice della destra più estrema (non sono, purtroppo, mancati in questa campagna elettorale aggressioni e accoltellamenti che fanno andare la mente a periodi ben più oscuri di questo).
Infine, l’Italia. Premesso che raramente anche nel nostro paese si era potuto assistere a uno spettacolo così penoso, lo svolgimento della campagna elettorale ha confermato che una parte degli elettori, è da ritenersi ormai fisiologicamente aliena da qualunque impegno elettorale. A questi si è aggiunta un’ulteriore percentuale di potenziali elettori che, non adeguatamente informati, hanno preferito disertare le urne.
Fratelli d’Italia è l’unica forza politica che non risulta essere stata penalizzata dalla guida del governo. Si conferma una polarizzazione dello scontro politico con le leader dei due schieramenti, Meloni e Schlein che si sono reciprocamente legittimate e complimentate per il risultato raggiunto.
La competitor di Meloni, Elly Schlein ha abbandonato gli argomenti strettamente legati alla tutela dei diritti civili per ampliare lo spettro delle rivendicazioni ricevendone un indubbio beneficio in termine di consensi.
Stupisce il consolidamento della posizione tenuta da Forza Italia su cui nessuno avrebbe scommesso. Dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi, FI si è affidata ad Antonio Tajani, berlusconiano della prima ora ma figura priva di carisma e di iniziativa politica che, tuttavia, ha funto da “usato sicuro” utile a ricompattare quel che restava del partito che tutti davano ormai per morto. Ebbene, il suo grigiore rassicurante ha incontrato il consenso degli elettori che lo hanno premiato.
Altra forza che esce rinvigorita da queste consultazioni è Alleanza Verdi Sinistra di Fratoianni e Bonelli che ha riportato un risultato superiore a ogni aspettativa anche se, probabilmente, “drogato” dalla candidatura di Ilaria Salis.
Il segretario della Lega Salvini rischiava seriamente il posto ma si conferma soprattutto grazie all’exploit del generale Vannacci che va a Bruxelles sull’onda degli oltre 500.000 voti di preferenza ricevuti benché la sua candidatura abbia posto in urto il segretario con la gran parte dei maggiorenti della Lega in Veneto e Lombardia.
Escono dalla consultazione elettorale con le ossa rotte il Movimento 5 Stelle a guida Giuseppe Conte e gli autonominati esponenti del centro, Matteo Renzi e Carlo Calenda che non hanno raggiunto la fatidica soglia del 4%. Conte si è assunto la responsabilità del tracollo elettorale senza però mettere a disposizione il suo incarico. Alle sue spalle si agita Virginia Raggi che potrebbe aspirare a rientrare in corsa come leader della formazione con l’appoggio di Beppe Grillo.
Renzi e Calenda rappresentano ormai qualcosa che si fa fatica a giudicare con il prisma della politica. Somigliano, più, ormai a dei casi clinici. La lista Bonino per l’Europa si è condannata al fallimento imbarcando Renzi. È molto probabile che se si fosse presentata senza Renzi Bonino se la sarebbe giocata fino in fondo. Viceversa, con Renzi a bordo si è attirata l’ostilità di quanti ritengono che Renzi sia ormai politicamente “radioattivo”. D’altra parte questa decisione impone di riflettere anche sulla scarsa lucidità presente nelle ultime scelte di Bonino.
Calenda, dal canto suo, sembra sistematicamente sopravvalutarsi salvo poi ammettere candidamente di avere sbagliato. Una coazione a ripetere alla lunga diventata imbarazzante.
Quanto la situazione nei singoli paesi a partire dai più grandi possa influire sulla maggioranza che governerà il prossimo europarlamento è questione che dipende da una molteplicità di fattori che si avvieranno a soluzione solo nelle prossime settimane.
In due dei paesi fondatori della Comunità europea, Francia e Germania la risposta degli elettori è stata netta: in entrambi il governo è stato sonoramente bocciato. In Francia il partito del Presidente Macron ha subito un vero e proprio tracollo a vantaggio del Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen e del suo delfino Jordan Bardella. Macron esce a tal punto ridimensionato dalla competizione che ha preferito sciogliere l’Assemblea nazionale e indire nuove elezioni legislative scommettendo sulla mancata tenuta nel lungo periodo del RN nel caso che anche le legislative premino la formazione di Marine Le Pen.
Il vero sconfitto di queste elezioni europee è senza dubbio il presidente francese che pure molto si era speso nella campagna elettorale. Se è vero che le simpatie dei francesi verso il presidente erano da tempo declinanti non era possibile prevedere una sconfitta dai contorni così netti.
Ugualmente, era facile prevedere una vittoria del RN anche se con difficoltà si poteva immaginare un successo di tali dimensioni. Da molti anni il Front National (poi Rassemblement national) avanza in tutte le elezioni nel sostanziale disinteresse delle classi dirigenti francesi che, nella migliore delle ipotesi non sanno fare di meglio che evocare l’esperienza del Fronte popolare del 1936 e ricorrere all’usurato barrage républicain a far sbarramento contro Marine Le Pen e i suoi elettori.
Il processo di dédiabolisation della formazione di Marine Le Pen procede ormai da anni con successo. Essa ha fatto breccia ormai anche nell’elettorato moderato oltre a conservare e fidelizzare i suoi seguaci. Ha intercettato da tempo le paure e i bisogni della Francia profonda e così facendo ha esaltato la distanza dalla gente comune dei tecnocrati come Macron e come il Primo ministro Attal. Si teme ora una riunificazione di parte delle destre sotto la bandiera del RN. Il progetto sembra già in atto dal momento che il segretario del partito gollista Les Républicains Eric Ciotti ha preso accordi con Bardella. Tuttavia, questo progetto di una “grande destra” comprendente anche parte della destra repubblicana gollista è patrocinato da anni – neanche tanto sotto traccia – dal magnate dei media Vincent Bolloré, nemico giurato del presidente Macron e che aveva già ispirato la discesa in campo, qualche anno prima, di Eric Zemmour (che al momento non sarebbe ospite gradito del nuovo “campo largo” della destra francese).
La scelta di sciogliere il parlamento potrebbe sembrare un azzardo totale se non conoscessimo la comprovata attitudine di Macron a rilanciare senza subire gli eventi ma cercando di piegarli alla propria volontà. Una campagna elettorale di sole tre settimane pone parecchi interrogativi dato che difficilmente – a parte manifestazioni esteriori di dissenso, anche importanti – lo schieramento opposto a Le Pen e Bardella troverà il tempo e il modo di ricompattarsi intorno a temi d’interesse comune. Rimane da verificare quanto una vittoria del RN possa effettivamente portare giovamento alla sua leader in vista delle presidenziali del 2027.
Anche in Germania il cancelliere Scholz ha ricevuto un sonoro schiaffone da parte dell’elettorato. Il dato che salta immediatamente all’occhio è AFD – partito dell’ultradestra – seconda forza politica in assoluto del paese. Bocciatura totale per i componenti il governo “semaforo”, socialdemocratici, verdi e liberali. I cristiano democratici e con esso le forze facenti parte del PPE reggono ovunque bene tanto che in Germania il leader dei popolari Christian Merz ha potuto invitare il cancelliere Scholz ad appoggiare il rinnovo della candidatura a presidente della Commissione di Ursula von der Leyen. Una novità interessante è la forza populista di sinistra, Bündnis Sahra Wagenknecht – Vernunft und Gerechtigkeit (BSW) guidato da Sahra Wagenknecht, fuoriuscita dalla Linke che ha superato sia i liberali che i socialdemocratici del cancelliere Scholz. Si conferma come e più di prima il cleavage tra la ex Germania federale e l’ex DDR con quest’ultima vera e propria incubatrice della destra più estrema (non sono, purtroppo, mancati in questa campagna elettorale aggressioni e accoltellamenti che fanno andare la mente a periodi ben più oscuri di questo).
Infine, l’Italia. Premesso che raramente anche nel nostro paese si era potuto assistere a uno spettacolo così penoso, lo svolgimento della campagna elettorale ha confermato che una parte degli elettori, è da ritenersi ormai fisiologicamente aliena da qualunque impegno elettorale. A questi si è aggiunta un’ulteriore percentuale di potenziali elettori che, non adeguatamente informati, hanno preferito disertare le urne.
Fratelli d’Italia è l’unica forza politica che non risulta essere stata penalizzata dalla guida del governo. Si conferma una polarizzazione dello scontro politico con le leader dei due schieramenti, Meloni e Schlein che si sono reciprocamente legittimate e complimentate per il risultato raggiunto.
La competitor di Meloni, Elly Schlein ha abbandonato gli argomenti strettamente legati alla tutela dei diritti civili per ampliare lo spettro delle rivendicazioni ricevendone un indubbio beneficio in termine di consensi.
Stupisce il consolidamento della posizione tenuta da Forza Italia su cui nessuno avrebbe scommesso. Dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi, FI si è affidata ad Antonio Tajani, berlusconiano della prima ora ma figura priva di carisma e di iniziativa politica che, tuttavia, ha funto da “usato sicuro” utile a ricompattare quel che restava del partito che tutti davano ormai per morto. Ebbene, il suo grigiore rassicurante ha incontrato il consenso degli elettori che lo hanno premiato.
Altra forza che esce rinvigorita da queste consultazioni è Alleanza Verdi Sinistra di Fratoianni e Bonelli che ha riportato un risultato superiore a ogni aspettativa anche se, probabilmente, “drogato” dalla candidatura di Ilaria Salis.
Il segretario della Lega Salvini rischiava seriamente il posto ma si conferma soprattutto grazie all’exploit del generale Vannacci che va a Bruxelles sull’onda degli oltre 500.000 voti di preferenza ricevuti benché la sua candidatura abbia posto in urto il segretario con la gran parte dei maggiorenti della Lega in Veneto e Lombardia.
Escono dalla consultazione elettorale con le ossa rotte il Movimento 5 Stelle a guida Giuseppe Conte e gli autonominati esponenti del centro, Matteo Renzi e Carlo Calenda che non hanno raggiunto la fatidica soglia del 4%. Conte si è assunto la responsabilità del tracollo elettorale senza però mettere a disposizione il suo incarico. Alle sue spalle si agita Virginia Raggi che potrebbe aspirare a rientrare in corsa come leader della formazione con l’appoggio di Beppe Grillo.
Renzi e Calenda rappresentano ormai qualcosa che si fa fatica a giudicare con il prisma della politica. Somigliano, più, ormai a dei casi clinici. La lista Bonino per l’Europa si è condannata al fallimento imbarcando Renzi. È molto probabile che se si fosse presentata senza Renzi Bonino se la sarebbe giocata fino in fondo. Viceversa, con Renzi a bordo si è attirata l’ostilità di quanti ritengono che Renzi sia ormai politicamente “radioattivo”. D’altra parte questa decisione impone di riflettere anche sulla scarsa lucidità presente nelle ultime scelte di Bonino.
Calenda, dal canto suo, sembra sistematicamente sopravvalutarsi salvo poi ammettere candidamente di avere sbagliato. Una coazione a ripetere alla lunga diventata imbarazzante.
Quanto la situazione nei singoli paesi a partire dai più grandi possa influire sulla maggioranza che governerà il prossimo europarlamento è questione che dipende da una molteplicità di fattori che si avvieranno a soluzione solo nelle prossime settimane.
Fonte: di Andrea Becherucci