IN MATERIA DI FINE VITA UN NUOVO RICHIAMO DELLA CONSULTA AL PARLAMENTO di Sergio Castelli
di Sergio Castelli
21-09-2024 - STORIE&STORIE
La Corte costituzione denuncia la «perdurante assenza di una legge che regoli la materia» e auspica «che il legislatore e il servizio sanitario nazionale assicurino concreta e puntuale attuazione». In Italia, infatti, la morte assistita è legale proprio grazie a una sentenza della Corte costituzionale, ma non è mai stata approvata una legge per definirne le modalità nonostante i molti richiami da parte della stessa Corte. La Regione Toscana avvia la procedura per riconoscere come propria la legge d’iniziativa popolare supportata da oltre 10mila firme e depositata dall’associazione Luca Coscioni il 14 marzo 2024.
Con sentenza n. 135 del 18 luglio 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Giudice per le indagini preliminari (Gip) di Firenze sull’articolo 580 del Codice penale con riferimento al procedimento che vede coinvolti Marco Cappato, Felicetta Maltese e Chiara Lalli (il primo tesoriere, le restanti due volontarie dell’associazione Luca Coscioni) per aver contribuito ad accompagnare un 44enne toscano, da sei anni affetto da sclerosi multipla, in una clinica svizzera a praticare il suicidio assistito (la morte assistita è la pratica con cui, ad alcune condizioni, ci si può auto-somministrare un farmaco letale: in Italia è legale non grazie a una legge, che non è mai stata approvata, ma per via di un’altra sentenza della Corte costituzionale, che tra le altre cose ha stabilito i quattro requisiti per poter accedere alla pratica, tra cui quello del trattamento di sostegno vitale). Le questioni sollevate dal Gip miravano a estendere l’area della non punibilità del suicidio assistito oltre i confini stabiliti dalla Corte con la precedente sentenza del 22 novembre 2019, n. 242. Con tale dispositivo la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 580 c.p. «per violazione degli artt. 2, 13 e 32, secondo comma, Cost., nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 recante Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento - ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, con modalità equivalenti nei sensi dianzi indicati -, agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente», nell’inerzia del legislatore, peraltro già richiamato nelle conclusioni della suindicata disposizione: «doveroso» consentire al Parlamento ogni opportuna riflessione e iniziativa, «in uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale». Ciò al fine di «evitare, per un verso, che, nei termini innanzi illustrati, una disposizione continui a produrre effetti reputati costituzionalmente non compatibili, ma al tempo stesso scongiurare possibili vuoti di tutela di valori, anch’essi pienamente rilevanti sul piano costituzionale» e nella perdurante assenza di una legge che regoli la materia in Italia. Anche in questo caso la Corte ha invitato il parlamento a fare una legge: ha parlato di «perdurante assenza di una legge che regoli la materia» e del «forte auspicio che il legislatore e il servizio sanitario nazionale assicurino concreta e puntuale attuazione» al diritto a ricorrere a morte assistita, quando previsto, i requisiti per l’accesso al suicidio assistito restano oggi quelli stabiliti dalla sentenza n. 242 del 2019, compresa la dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, il cui significato deve però essere correttamente interpretato in conformità alla ratio sottostante a quella sentenza, dal momento in cui in Italia, infatti, la morte assistita è legale proprio grazie alla decisione della Consulta, ma non è mai stata approvata una legge per definirne le modalità nonostante i molti richiami da parte della stessa Corte, che ancora una volta invita il legislatore a disporre una norma che preveda per le persone malate il diritto di autodeterminarsi nel proprio fine vita, inclusa la possibilità di accedere all’eutanasia nei modi già indicati dalla Corte nella decisione sopraindicata. Tutti questi requisiti - irreversibilità della patologia, presenza di sofferenze fisiche o psicologiche che il paziente reputa intollerabili, dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli - devono essere accertati dal servizio sanitario nazionale, con le modalità procedurali stabilite in quella sentenza.
All’indomani della pronuncia n. 135/2024 della Corte Costituzionale, l’AUSL Toscana Nord-Ovest ha convocato la Commissione multidisciplinare per il riesame della domanda di suicidio assistito di una 54enne che da quattro anni, affetta da sclerosi multipla progressiva, soffre terribili dolori. L’Asl, che ha dimostrato da sempre estrema attenzione a questa tematica (è stata tra le prime Aziende sanitarie in Italia a elaborare e approvare una procedura in questo delicato ambito), si è infatti attivata subito, tramite la Commissione e d’intesa con la Direzione aziendale, per applicare i principi di cui alla sentenza della Corte Costituzionale numero 242 del 2019, già precedentemente posta in attuazione, per come ulteriormente precisati dalla successiva decisione numero 135 del 18 luglio 2024.
Questa attesa pronuncia della Corte Costituzionale scioglie infatti il nodo interpretativo circa la possibilità del richiedente di accedere al suicidio assistito anche ove rifiuti, in base alla legge 219 del 2017, un trattamento di sostegno vitale valutato dal personale medico necessario, equiparando questa condizione a quella di chi sia già tenuto in vita da tali tipologie di trattamento, recentemente poi meglio definite dal Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB).
Già negli anni precedenti l’Azienda USL Toscana Nord-Ovest si era distinta a livello nazionale dando per prima attuazione in regione a quanto indicato dalla sentenza del 2019, quella che aveva aperto la strada all'aiuto medico al suicidio (SMA).
Era, infatti, stata approvata un’apposita delibera (la numero 780 del 13 settembre del 2021) dal titolo “indirizzi operativi per la verifica dei requisiti previsti dalla sentenza della Corte Costituzionale 242 del 2019” proprio a seguito di quella sentenza. A Pisa, nella primavera 2021, c’era, infatti, stata la richiesta di un cittadino di accedere alla morte volontaria assistita. Ciò aveva sollecitato la pronta risposta dell’Asl che aveva appunto predisposto un apposito percorso al riguardo. Tramite procedura interna, era, infatti, stato costituito un gruppo di lavoro costituito da clinici, avvocati, medici legali e rappresentanti del Comitato per l’Etica Clinica (Com. E.C.) al fine di predisporre quanto previsto dalla sentenza 242 del 2019 per il Sistema Sanitario Nazionale (SSN).
L’Asl aveva poi stabilito la formazione di un’apposita Commissione multidisciplinare col compito di farsi carico di verificare che in un ogni caso successivo di richiesta analoga ci fossero i requisiti previsti dalla sentenza della Corte Costituzionale. La Commissione è composta da 7 specialisti: un medico palliativista, uno psichiatra, uno psicologo, un anestesista rianimatore, un medico specialista nella patologia principale di cui è affetto il richiedente, un medico legale con funzione di coordinatore del collegio, il medico di medicina generale del richiedente. Questo aveva permesso già in precedenza - come avverrà adesso anche nella situazione più recente - di gestire un caso dello stesso tipo in via amministrativa.
Il 19 luglio 2024, dopo settimane di dinieghi, l’Azienda USL Toscana Nord-Ovest ha cambiato posizione e ha accolto la richiesta di accesso alla morte assistita presentata mesi fa dalla 54enne toscana. In questa seconda decisione è stato risolutivo l’aiuto pervenuto dall’ultima sentenza sul tema della Corte Costituzionale, che ha parzialmente esteso l’interpretazione di uno dei requisiti per accedere alla pratica, cioè quello dell’essere mantenuti in vita da «trattamenti di sostegno vitale».
Frattanto, la Regione Toscana tramite il presidente della terza Commissione consiliare permanente Sanità e Politiche sociali, Enrico Sostegni (Pd), ha fatto conoscere di aver avviato, nel preposto organismo, il dibattito affinché, visti gli articoli 32 e 117 della Costituzione, la legge 38/2010 che tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore, la legge 219/2017 in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, e preso atto della pronunce n. 242/2019 e n. 135/2024 della Corte Costituzionale, si realizzi la legge d’iniziativa popolare su «procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 242/2019», supportata da oltre 10mila firme autenticate di cittadine e cittadini, presentata al Consiglio regionale, il 14 marzo 2024, dall’associazione Luca Coscioni con l’obiettivo di definire il rispetto e la diretta applicazione, relativamente a ruoli, procedure e tempi del Servizio sanitario nazionale e regionale, della verifica delle condizioni e delle modalità di accesso alla morte medicalmente assistita, affinché l’aiuto al suicidio non costituisca reato, così come delineato dalle surrichiamate sentenze della Corte Costituzionale.
Nel corso dell’audizione del 30 luglio scorso, dove in terza Commissione, per approfondire le varie questioni di carattere legale e tecnico-medico, sono intervenuti Felicetta Maltese, Gianni Baldini, attivisti dell’associazione Luca Coscioni, Andrea Riccio, medico anestesista e Roberto D’Andrea, dottorando in Diritto penale, il presidente Sostegni ha affermato: «La mancanza di una legge sul suicidio assistito è una lacuna del nostro ordinamento. A settembre continueranno le audizioni in Commissione per capire se il testo va bene o debba essere modificato». Ha concluso sostenendo: «Oggi si apre un lavoro importante. Speriamo che la Toscana sia la prima regione a portarlo fino in fondo».
Secondo la proposta di legge possono accedere al suicidio medicalmente assistito le persone affette da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputano intollerabili; tenute in vita da trattamento di sostegno vitale; pienamente capaci di prendere decisioni libere e consapevoli; che esprimono un proposito di suicidio formatosi in modo libero e autonomo, chiaro e univoco.
Con sentenza n. 135 del 18 luglio 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Giudice per le indagini preliminari (Gip) di Firenze sull’articolo 580 del Codice penale con riferimento al procedimento che vede coinvolti Marco Cappato, Felicetta Maltese e Chiara Lalli (il primo tesoriere, le restanti due volontarie dell’associazione Luca Coscioni) per aver contribuito ad accompagnare un 44enne toscano, da sei anni affetto da sclerosi multipla, in una clinica svizzera a praticare il suicidio assistito (la morte assistita è la pratica con cui, ad alcune condizioni, ci si può auto-somministrare un farmaco letale: in Italia è legale non grazie a una legge, che non è mai stata approvata, ma per via di un’altra sentenza della Corte costituzionale, che tra le altre cose ha stabilito i quattro requisiti per poter accedere alla pratica, tra cui quello del trattamento di sostegno vitale). Le questioni sollevate dal Gip miravano a estendere l’area della non punibilità del suicidio assistito oltre i confini stabiliti dalla Corte con la precedente sentenza del 22 novembre 2019, n. 242. Con tale dispositivo la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 580 c.p. «per violazione degli artt. 2, 13 e 32, secondo comma, Cost., nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 recante Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento - ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, con modalità equivalenti nei sensi dianzi indicati -, agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente», nell’inerzia del legislatore, peraltro già richiamato nelle conclusioni della suindicata disposizione: «doveroso» consentire al Parlamento ogni opportuna riflessione e iniziativa, «in uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale». Ciò al fine di «evitare, per un verso, che, nei termini innanzi illustrati, una disposizione continui a produrre effetti reputati costituzionalmente non compatibili, ma al tempo stesso scongiurare possibili vuoti di tutela di valori, anch’essi pienamente rilevanti sul piano costituzionale» e nella perdurante assenza di una legge che regoli la materia in Italia. Anche in questo caso la Corte ha invitato il parlamento a fare una legge: ha parlato di «perdurante assenza di una legge che regoli la materia» e del «forte auspicio che il legislatore e il servizio sanitario nazionale assicurino concreta e puntuale attuazione» al diritto a ricorrere a morte assistita, quando previsto, i requisiti per l’accesso al suicidio assistito restano oggi quelli stabiliti dalla sentenza n. 242 del 2019, compresa la dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, il cui significato deve però essere correttamente interpretato in conformità alla ratio sottostante a quella sentenza, dal momento in cui in Italia, infatti, la morte assistita è legale proprio grazie alla decisione della Consulta, ma non è mai stata approvata una legge per definirne le modalità nonostante i molti richiami da parte della stessa Corte, che ancora una volta invita il legislatore a disporre una norma che preveda per le persone malate il diritto di autodeterminarsi nel proprio fine vita, inclusa la possibilità di accedere all’eutanasia nei modi già indicati dalla Corte nella decisione sopraindicata. Tutti questi requisiti - irreversibilità della patologia, presenza di sofferenze fisiche o psicologiche che il paziente reputa intollerabili, dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli - devono essere accertati dal servizio sanitario nazionale, con le modalità procedurali stabilite in quella sentenza.
All’indomani della pronuncia n. 135/2024 della Corte Costituzionale, l’AUSL Toscana Nord-Ovest ha convocato la Commissione multidisciplinare per il riesame della domanda di suicidio assistito di una 54enne che da quattro anni, affetta da sclerosi multipla progressiva, soffre terribili dolori. L’Asl, che ha dimostrato da sempre estrema attenzione a questa tematica (è stata tra le prime Aziende sanitarie in Italia a elaborare e approvare una procedura in questo delicato ambito), si è infatti attivata subito, tramite la Commissione e d’intesa con la Direzione aziendale, per applicare i principi di cui alla sentenza della Corte Costituzionale numero 242 del 2019, già precedentemente posta in attuazione, per come ulteriormente precisati dalla successiva decisione numero 135 del 18 luglio 2024.
Questa attesa pronuncia della Corte Costituzionale scioglie infatti il nodo interpretativo circa la possibilità del richiedente di accedere al suicidio assistito anche ove rifiuti, in base alla legge 219 del 2017, un trattamento di sostegno vitale valutato dal personale medico necessario, equiparando questa condizione a quella di chi sia già tenuto in vita da tali tipologie di trattamento, recentemente poi meglio definite dal Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB).
Già negli anni precedenti l’Azienda USL Toscana Nord-Ovest si era distinta a livello nazionale dando per prima attuazione in regione a quanto indicato dalla sentenza del 2019, quella che aveva aperto la strada all'aiuto medico al suicidio (SMA).
Era, infatti, stata approvata un’apposita delibera (la numero 780 del 13 settembre del 2021) dal titolo “indirizzi operativi per la verifica dei requisiti previsti dalla sentenza della Corte Costituzionale 242 del 2019” proprio a seguito di quella sentenza. A Pisa, nella primavera 2021, c’era, infatti, stata la richiesta di un cittadino di accedere alla morte volontaria assistita. Ciò aveva sollecitato la pronta risposta dell’Asl che aveva appunto predisposto un apposito percorso al riguardo. Tramite procedura interna, era, infatti, stato costituito un gruppo di lavoro costituito da clinici, avvocati, medici legali e rappresentanti del Comitato per l’Etica Clinica (Com. E.C.) al fine di predisporre quanto previsto dalla sentenza 242 del 2019 per il Sistema Sanitario Nazionale (SSN).
L’Asl aveva poi stabilito la formazione di un’apposita Commissione multidisciplinare col compito di farsi carico di verificare che in un ogni caso successivo di richiesta analoga ci fossero i requisiti previsti dalla sentenza della Corte Costituzionale. La Commissione è composta da 7 specialisti: un medico palliativista, uno psichiatra, uno psicologo, un anestesista rianimatore, un medico specialista nella patologia principale di cui è affetto il richiedente, un medico legale con funzione di coordinatore del collegio, il medico di medicina generale del richiedente. Questo aveva permesso già in precedenza - come avverrà adesso anche nella situazione più recente - di gestire un caso dello stesso tipo in via amministrativa.
Il 19 luglio 2024, dopo settimane di dinieghi, l’Azienda USL Toscana Nord-Ovest ha cambiato posizione e ha accolto la richiesta di accesso alla morte assistita presentata mesi fa dalla 54enne toscana. In questa seconda decisione è stato risolutivo l’aiuto pervenuto dall’ultima sentenza sul tema della Corte Costituzionale, che ha parzialmente esteso l’interpretazione di uno dei requisiti per accedere alla pratica, cioè quello dell’essere mantenuti in vita da «trattamenti di sostegno vitale».
Frattanto, la Regione Toscana tramite il presidente della terza Commissione consiliare permanente Sanità e Politiche sociali, Enrico Sostegni (Pd), ha fatto conoscere di aver avviato, nel preposto organismo, il dibattito affinché, visti gli articoli 32 e 117 della Costituzione, la legge 38/2010 che tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore, la legge 219/2017 in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, e preso atto della pronunce n. 242/2019 e n. 135/2024 della Corte Costituzionale, si realizzi la legge d’iniziativa popolare su «procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 242/2019», supportata da oltre 10mila firme autenticate di cittadine e cittadini, presentata al Consiglio regionale, il 14 marzo 2024, dall’associazione Luca Coscioni con l’obiettivo di definire il rispetto e la diretta applicazione, relativamente a ruoli, procedure e tempi del Servizio sanitario nazionale e regionale, della verifica delle condizioni e delle modalità di accesso alla morte medicalmente assistita, affinché l’aiuto al suicidio non costituisca reato, così come delineato dalle surrichiamate sentenze della Corte Costituzionale.
Nel corso dell’audizione del 30 luglio scorso, dove in terza Commissione, per approfondire le varie questioni di carattere legale e tecnico-medico, sono intervenuti Felicetta Maltese, Gianni Baldini, attivisti dell’associazione Luca Coscioni, Andrea Riccio, medico anestesista e Roberto D’Andrea, dottorando in Diritto penale, il presidente Sostegni ha affermato: «La mancanza di una legge sul suicidio assistito è una lacuna del nostro ordinamento. A settembre continueranno le audizioni in Commissione per capire se il testo va bene o debba essere modificato». Ha concluso sostenendo: «Oggi si apre un lavoro importante. Speriamo che la Toscana sia la prima regione a portarlo fino in fondo».
Secondo la proposta di legge possono accedere al suicidio medicalmente assistito le persone affette da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputano intollerabili; tenute in vita da trattamento di sostegno vitale; pienamente capaci di prendere decisioni libere e consapevoli; che esprimono un proposito di suicidio formatosi in modo libero e autonomo, chiaro e univoco.
Fonte: di Sergio Castelli