INFODEMIA, DISINFORMAZIONE E CYBERSICUREZZA di Loredana Nuzzolese
24-02-2025 - AGORA´
Sempre più spesso sentiamo parlare di infodemia ovvero di quel combinato disposto dal moltiplicarsi delle piattaforme e dei dispositivi mobili, i quali oltre alla de-verticalizzazione della diffusione delle informazioni, producono con facilità, a causa della diffusione incontrollata delle notizie, un profondo senso di disorientamento nel singolo, che, talvolta, è in grado di generare crisi all'interno della società, fomentando gruppi ostili alle istituzioni.
Ne consegue che un problema da non sottovalutare e affrontare con urgenza per la sopravvivenza degli equilibri democratici e per garantire una partecipazione effettiva alla vita pubblica è quello relativo alla disinformazione, nelle svariate vesti con cui appare.
Come emerge anche dalla relazione annuale al Parlamento (2023) i servizi di intelligence delle nazioni ostili al “blocco atlantico”, attraverso un uso spregiudicato dello spazio cyber, tendono a sfruttare la permeabilità delle opinioni pubbliche occidentali attraverso campagne di disinformazione e di propaganda. Dunque per garantire un ecosistema sicuro è di primaria importanza individuare le minacce, comprenderne le leve su cui poggiano ed i motivi della loro successiva diffusione in forma di contenuti assimilabili alla disinformazione.
D'altronde lo spostamento delle vite nel cyberspazio ha accresciuto l'insidiosità degli attori ostili, e in più occasioni ha messo a rischio per i cittadini anche la possibilità di fruire di servizi essenziali.
Sicuramente l'azione disinformativa è favorita dalla disintermediazione propria dalle piattaforme digitali che consentono con facilità la circolazione di contenuti fake che in altri contesti avrebbero avuto scarsa diffusione. Un fenomeno complesso quello della disinformazione, che a seconda del livello di falsità e dell'intenzione di provocare effetti dannosi sull'ecosistema informativo e sull'opinione pubblica, può essere suddiviso in misinformation, disinformation e malinformation.
Indipendentemente dalla sua natura, la disinformazione incontra terreno fertile nel clima di costante sfiducia verso le istituzioni e verso il modello di sviluppo, il quale sembra non dare sufficienti risposte alle annose problematiche relative, ad esempio, alle disparità territoriali e generazionali o alla disoccupazione. Il dibattito pubblico si ritrova così a soffrire di una crisi di legittimità delle istituzioni – si veda non a caso il crescente astensionismo – a cui si unisce una crisi di autorevolezza della comunicazione, che a sua volta porta con sé un disordine informativo.
La pervasività poi crescente delle tecnologie digitali che, a ritmi sempre più sostenuti, stanno rivoluzionando il vivere la quotidianità, il modo in cui esercitare i diritti fondamentali, unita all'utilizzo massiccio dei social media provocano uno scenario in cui la schiera degli attori produttori di fake news è piuttosto elevato. A quanto detto va aggiunto che la diffusione della disinformazione è facilitata altresì da fattori psicologici individuali quali i costanti ricorsi a euristiche e bias cognitivi per le scelte individuali.
Per mettere un po' d'ordine in questo scenario sarebbe utile un buon comunicatore politico, che consapevole del proprio ruolo e di quanto ne consegue, sia promotore di uno modus operandi che non insegue il mero consenso nel breve periodo. Le scelte da lui effettuate dovrebbero infatti rispondere a metriche non afferenti alla sola propaganda.
Ne consegue che un problema da non sottovalutare e affrontare con urgenza per la sopravvivenza degli equilibri democratici e per garantire una partecipazione effettiva alla vita pubblica è quello relativo alla disinformazione, nelle svariate vesti con cui appare.
Come emerge anche dalla relazione annuale al Parlamento (2023) i servizi di intelligence delle nazioni ostili al “blocco atlantico”, attraverso un uso spregiudicato dello spazio cyber, tendono a sfruttare la permeabilità delle opinioni pubbliche occidentali attraverso campagne di disinformazione e di propaganda. Dunque per garantire un ecosistema sicuro è di primaria importanza individuare le minacce, comprenderne le leve su cui poggiano ed i motivi della loro successiva diffusione in forma di contenuti assimilabili alla disinformazione.
D'altronde lo spostamento delle vite nel cyberspazio ha accresciuto l'insidiosità degli attori ostili, e in più occasioni ha messo a rischio per i cittadini anche la possibilità di fruire di servizi essenziali.
Sicuramente l'azione disinformativa è favorita dalla disintermediazione propria dalle piattaforme digitali che consentono con facilità la circolazione di contenuti fake che in altri contesti avrebbero avuto scarsa diffusione. Un fenomeno complesso quello della disinformazione, che a seconda del livello di falsità e dell'intenzione di provocare effetti dannosi sull'ecosistema informativo e sull'opinione pubblica, può essere suddiviso in misinformation, disinformation e malinformation.
Indipendentemente dalla sua natura, la disinformazione incontra terreno fertile nel clima di costante sfiducia verso le istituzioni e verso il modello di sviluppo, il quale sembra non dare sufficienti risposte alle annose problematiche relative, ad esempio, alle disparità territoriali e generazionali o alla disoccupazione. Il dibattito pubblico si ritrova così a soffrire di una crisi di legittimità delle istituzioni – si veda non a caso il crescente astensionismo – a cui si unisce una crisi di autorevolezza della comunicazione, che a sua volta porta con sé un disordine informativo.
La pervasività poi crescente delle tecnologie digitali che, a ritmi sempre più sostenuti, stanno rivoluzionando il vivere la quotidianità, il modo in cui esercitare i diritti fondamentali, unita all'utilizzo massiccio dei social media provocano uno scenario in cui la schiera degli attori produttori di fake news è piuttosto elevato. A quanto detto va aggiunto che la diffusione della disinformazione è facilitata altresì da fattori psicologici individuali quali i costanti ricorsi a euristiche e bias cognitivi per le scelte individuali.
Per mettere un po' d'ordine in questo scenario sarebbe utile un buon comunicatore politico, che consapevole del proprio ruolo e di quanto ne consegue, sia promotore di uno modus operandi che non insegue il mero consenso nel breve periodo. Le scelte da lui effettuate dovrebbero infatti rispondere a metriche non afferenti alla sola propaganda.
Fonte: di Loredana Nuzzolese