"ITALIA E FRANCIA, E' L'ALBA DI UNA NUOVA STAGIONE?"
21-06-2021 - CRONACHE SOCIALISTE
Il 22 gennaio 1963 è una ricorrenza molto importante nella storia delle relazioni franco-tedesche. In quella data fu firmato a Parigi un accordo di collaborazione in settori strategici tra la Germania federale del Cancelliere Konrad Adenauer e la Francia del Presidente Charles De Gaulle. L’accordo prese il nome di Trattato dell’Eliseo e così è passato alla storia.
Perché ricordare quest’evento a quasi sessant’anni di distanza? La ragione è che il Trattato dell’Eliseo dà ancora la misura di quanto esso abbia contribuito a far progredire il processo d’integrazione europea nel quadro privilegiato di rapporti esistenti fra quella che i francesi chiamano “le couple franco-allemand”.
Forse qualcuno ricorderà che nel gennaio 2018 il premier italiano Paolo Gentiloni e il Presidente francese Emmanuel Macron durante una visita di quest’ultimo a Roma, avevano ipotizzato la necessità di firmare un accordo di collaborazione analogo a quello già esistente tra Francia e Germania. Macron aveva salutato il progetto con un tweet che recitava: «Nous sommes dans une Europe qui doute parfois de ses valeurs. L'ambition du traité du Quirinale: des ambitions nouvelles à dessiner ensemble». Gentiloni, a sua volta, aveva ribadito l’importanza di consultazioni periodiche tra i due paesi per rafforzare, anzitutto, il ruolo dell’Unione europea.
Il progetto sta lentamente maturando dopo essere stato ripreso in mano dal governo Draghi. I motivi per compiacersene sono molti: la Francia è il primo paese per quote d’investimenti in Italia, il terzo paese per numero di filiali impiantate nel nostro paese e il secondo partner commerciale mentre l’Italia è il secondo partner commerciale del paese transalpino. Lo scambio commerciale globale tra i due paesi prima del Covid ammontava a circa 90 miliardi di €. Recentemente, tuttavia, le relazioni bilaterali avevano toccato uno dei loro punti più bassi dal dopoguerra quando- in piena crisi del gilet gialli – in conseguenza delle avventate dichiarazioni del vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio – l’ambasciatore francese a Roma fu richiamato in patria.
Non c’è dubbio che la presenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi abbia dato nuovo impulso ai negoziati. La strada, però, era già stata tracciata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, nel corso di alcuni appuntamenti con il suo omologo francese (a Chambord nel maggio 2019 e a Napoli nel febbraio 2020) aveva riaperto un canale di comunicazione.
Tra Francia e Italia esiste quello che gli studiosi chiamano “il paradosso della prossimità” in ragione del quale si finisce presto per trascurare gli elementi di comunanza anziché approfondirli, in quanto si è convinti che la situazione possa risolversi senza fare sforzi. D’altra parte, ora, anche la Francia sembra aver capito quanto sia necessario correggere l’asimmetria presente nelle odierne relazioni italo-francesi in un momento in cui anche nel “cortile di casa”, ossia i paesi del Maghreb ma soprattutto del Sahel le cose hanno preso una piega non favorevole agli interessi francesi con i recenti colpi di stato in Mali e in Ciad e il disimpegno militare della missione Barkhane attiva ormai nella regione da otto anni. Di recente si sono verificati alcuni episodi (sulla gestione della crisi libica e sulla revoca della dottrina Mitterrand) che paiono indicare un nuovo corso. È assolutamente necessario costruire tra Italia e Francia un clima di fiducia reciproca per permettere ai due paesi di elaborare, se possibile, soluzioni concordate come quella che ha portato alla creazione di debito europeo per fronteggiare le conseguenze della pandemia.
PS Pochissimi giorni fa si è concluso in Cornovaglia il G7 che ha visto anche la prima uscita in Europa del Presidente USA Joe Biden e il suo incontro con il Presidente russo Vladimir Putin. Troppi sono gli argomenti per essere trattati in poche righe. Una cosa possiamo dire, sembra che Biden abbia ricostruito un fronte con i paesi europei che con la presidenza Trump sembrava essersi dissolto, in particolare con la decisione di sospendere per cinque anni i dazi imposti dalla passata amministrazione.
Perché ricordare quest’evento a quasi sessant’anni di distanza? La ragione è che il Trattato dell’Eliseo dà ancora la misura di quanto esso abbia contribuito a far progredire il processo d’integrazione europea nel quadro privilegiato di rapporti esistenti fra quella che i francesi chiamano “le couple franco-allemand”.
Forse qualcuno ricorderà che nel gennaio 2018 il premier italiano Paolo Gentiloni e il Presidente francese Emmanuel Macron durante una visita di quest’ultimo a Roma, avevano ipotizzato la necessità di firmare un accordo di collaborazione analogo a quello già esistente tra Francia e Germania. Macron aveva salutato il progetto con un tweet che recitava: «Nous sommes dans une Europe qui doute parfois de ses valeurs. L'ambition du traité du Quirinale: des ambitions nouvelles à dessiner ensemble». Gentiloni, a sua volta, aveva ribadito l’importanza di consultazioni periodiche tra i due paesi per rafforzare, anzitutto, il ruolo dell’Unione europea.
Il progetto sta lentamente maturando dopo essere stato ripreso in mano dal governo Draghi. I motivi per compiacersene sono molti: la Francia è il primo paese per quote d’investimenti in Italia, il terzo paese per numero di filiali impiantate nel nostro paese e il secondo partner commerciale mentre l’Italia è il secondo partner commerciale del paese transalpino. Lo scambio commerciale globale tra i due paesi prima del Covid ammontava a circa 90 miliardi di €. Recentemente, tuttavia, le relazioni bilaterali avevano toccato uno dei loro punti più bassi dal dopoguerra quando- in piena crisi del gilet gialli – in conseguenza delle avventate dichiarazioni del vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio – l’ambasciatore francese a Roma fu richiamato in patria.
Non c’è dubbio che la presenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi abbia dato nuovo impulso ai negoziati. La strada, però, era già stata tracciata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, nel corso di alcuni appuntamenti con il suo omologo francese (a Chambord nel maggio 2019 e a Napoli nel febbraio 2020) aveva riaperto un canale di comunicazione.
Tra Francia e Italia esiste quello che gli studiosi chiamano “il paradosso della prossimità” in ragione del quale si finisce presto per trascurare gli elementi di comunanza anziché approfondirli, in quanto si è convinti che la situazione possa risolversi senza fare sforzi. D’altra parte, ora, anche la Francia sembra aver capito quanto sia necessario correggere l’asimmetria presente nelle odierne relazioni italo-francesi in un momento in cui anche nel “cortile di casa”, ossia i paesi del Maghreb ma soprattutto del Sahel le cose hanno preso una piega non favorevole agli interessi francesi con i recenti colpi di stato in Mali e in Ciad e il disimpegno militare della missione Barkhane attiva ormai nella regione da otto anni. Di recente si sono verificati alcuni episodi (sulla gestione della crisi libica e sulla revoca della dottrina Mitterrand) che paiono indicare un nuovo corso. È assolutamente necessario costruire tra Italia e Francia un clima di fiducia reciproca per permettere ai due paesi di elaborare, se possibile, soluzioni concordate come quella che ha portato alla creazione di debito europeo per fronteggiare le conseguenze della pandemia.
PS Pochissimi giorni fa si è concluso in Cornovaglia il G7 che ha visto anche la prima uscita in Europa del Presidente USA Joe Biden e il suo incontro con il Presidente russo Vladimir Putin. Troppi sono gli argomenti per essere trattati in poche righe. Una cosa possiamo dire, sembra che Biden abbia ricostruito un fronte con i paesi europei che con la presidenza Trump sembrava essersi dissolto, in particolare con la decisione di sospendere per cinque anni i dazi imposti dalla passata amministrazione.
Fonte: di ANDREA BECHERUCCI