"L'ENERGIA"
23-03-2022 - STORIE&STORIE
“Stiamo assistendo ad un aumento del prezzo dei carburanti ingiustificato, non esiste motivazione tecnica di questi rialzi… Il mercato ha alzato i prezzi in maniera irragionevole e lo stanno pagando le nostre imprese…. Siamo in presenza di una colossale truffa che viene dal nervosismo del mercato”. Così dichiara il Ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani; quindi, secondo il Ministro nella supply chain degli idrocarburi c’è chi specula pesantemente. A sentire queste affermazioni c’è da saltare sulla sedia. Il 16 marzo il Ministro, durante un’informativa al Senato “sui recenti ulteriori rincari del costo dell'energia e sulle misure del Governo per contrastarne gli effetti e conseguente discussione”, conferma, sostanzialmente, le affermazioni fatte nell’intervista del giorno precedente. “Vi faccio presente che un anno fa, di questi tempi, quando il gas era esattamente uguale a quello che c'è adesso, anzi un po' di meno, perché ora stanno flussando [non male come neologismo] leggermente di più, il costo era di 30 centesimi a metro cubo. Quindi, gli stessi 10 miliardi avrebbero richiesto un anticipo di 3 miliardi. Ora, non ho nessuna intenzione di sollevare problemi senza proporre soluzioni, come qualcuno ha voluto intendere; però, siccome la quantità di gas è uguale, non è molto giustificato il fatto che, a parità di tutto, il prezzo mi vada da 30 centesimi a 1,5 euro e quindi che uno stoccaggio mi costi da 3 miliardi di anticipo, che potrà fare l'operatore, a 15 miliardi, perché è una cosa un po' diversa. Questa è stata la mia affermazione, forse un po' dura e sicuramente non mi sono espresso con termini giuridicamente corretti, ma credo abbiate capito lo spirito: se la materia è la stessa, non è possibile costi cinque volte di più, perché stiamo mettendo in ginocchio gli operatori, i cittadini e tutti quanti. È ovvio che non c'è qualcuno che in Italia sta facendo una cosa sbagliata. È un problema di quotazione di un mercato di questi hub, che non lavorano sulla materia prodotta, ma scambiando contratti, certificati e future. Questo è un problema molto serio, che non solamente sta mettendo in ginocchio l'Italia, ma sta toccando tutti i Paesi europei”.
Signor Ministro a quando i nomi e le prove? C’è bisogno di chiarezza soprattutto per la carica che ricopre.
La sua proposta è quella di fissare un tetto massimo, a livello europeo, al prezzo del gas mi sembra poca cosa rispetto ai problemi che ha sollevato. Il Governo in mancanza di un qualsiasi accordo a livello di EU ha deciso una misura temporanea di abbattimento dei costi del carburante alla pompa di circa 25 centesimi che termina alla fine di aprile. Forse il Governo non può fare altro nell’immediato, ma non può certo cavarsela con questi provvedimenti. Il caro energia sta di nuovo allargando le differenze sociali, se non si pone mano rapidamente a ridurre questa faglia il rischio di una tenuta democratica del paese appare sempre più concreto. La crisi energetica che stiamo vivendo è il frutto di una serie di scelte sbagliate che si sono affastellato anno dopo anno. Un paese senza fonti energetiche non può “impiccarsi” in maniera determinante ad un solo paese che è stato una potenza mondiale e che vuol ritornare ad esserlo.
La politica energetica della Russia negli anni scorsi è stata quella di legare a sé le diverse nazioni dell’Europa occidentale attraverso la realizzazione di diversi gasdotti a prezzi estremamente bassi. Con questa modalità ha creduto che le singole nazioni occidentali prigioniere dei loro interessi economici non avrebbero opposto grande resistenza al disegno egemonico russo. Né la Russia ha creduto possibile, dopo la ingloriosa ritirata da Kabul, che gli Stati Uniti d’America fossero in grado di poter contrastare le politiche russe. Ha sbagliato il calcolo, “sleepy Joe”, come era chiamato Joe Biden dal suo predecessore Donald Trump, è riuscito in pochi mesi a rinsaldare le fila della NATO e a costruire una nuova e più solida alleanza. A tutto questo va aggiunto il comportamento determinato, orgoglioso e volitivo del governo e del popolo ucraino.
La prima assente è la EU, che, prigioniera degli interessi dei singoli paesi, non ha saputo costruire un percorso per una politica energetica comune nel periodo di transizione verso l’uscita dal carbone e dal petrolio. In primo luogo, l’Europa non è stata capace di contrastare le mire speculative degli operatori dell’opaco mercato dell’energia. Eppure, la vicenda della pandemia ha mostrato, sia pure molto timidamente, che può operare anche un’Europa della solidarietà e non solo dei mercati. La EU ha perso qualche decina d’anni a trastullarsi con problemi del tutto ideologici, si fa per dire, circa il ruolo del mercato e soprattutto accanendosi in maniera fobica nei confronti della spesa pubblica e di tutte le spese (welfare) tese a ridurre le distanze economiche fra le classi sociali. Basta con l’ineffabile Mark Rutte, premier dell’Olanda che fa la morale a tutti i paesi sulla spesa pubblica e guida uno dei paesi, complessivamente più indebitati d’Europa (debito pubblico più debito privato). Il debito ammonta a circa il 360% del PIL per l’Olanda, la “spendacciona” Italia è al 270%.
La EU non riesce ancora a passare dallo stato di dichiarazioni di principio ad una situazione “Hamiltoniana” (da Alexander Hamilton ministro del Tesoro americano che si batte nell’ultimo decennio del 1700, riuscendoci in larga parte, per rafforzare l’allora debole federalismo statunitense). Certamente la politica estera unica e l’esercito comune costituirebbero elementi importanti per la coesione europea. Deve, la EU, rilanciare una politica che passi da un’unione dei mercati ad una unione dei popoli, attivando politiche che riducano la povertà. Questo cambio di passo è necessario perché in ballo c’è anche l’euro, moneta strutturalmente debole, che se non supportata da un Ministero del Tesoro unico a livello europeo rischia di trascinare in una crisi senza fine l’Europa occidentale. Allora sì che la Russia si espanderebbe a macchia d’olio.
Il mercato non rende liberi (parafrasando il titolo un recente libro di M. Gallegati), questa dichiarazione di impotenza fa cadere, se ce ne fosse bisogno, l’ultimo velo sulla responsabilità “sociale” degli imprenditori, anzi per essere più esatti niente è cambiato dagli albori del capitalismo. “Vede [David Ricardo, nella ricostruzione che fa S. N. Patten in Malthus and Ricardo] che sono mossi solo dall'interesse personale [gli imprenditori e/o i finanzieri]. Vendono e comprano ogni volta che intravedono la possibilità di guadagnare un penny, anche ai nemici dell’Inghilterra. Hanno spedito all’estero oro e falsificato le monete nonostante le leggi del paese. Sono disposti a non immettere sul mercato le merci necessarie al Governo fino a quando le loro richieste non siano soddisfatte. Pur di guadagnare una fortuna non hanno nessuno scrupolo a propagare false notizie sulle sconfitte nazionali e a deprimere il corso del debito pubblico.”
In questo quadro l’Italia è scomparsa dai radar della politica occidentale. Il Presidente Draghi all’inizio ha balbettato circa l’atteggiamento da tenere nei confronti dell’invasore russo. Un Governo che è sorretto da forze che per anni hanno avuti rapporti strettissimi con la Russia non riesce a districarsi da questa ragnatela. La Lega ha un patto di consultazione con Russia Unita, il partito di Putin; un discreto numero di cinque stelle sono favorevoli alla Russia, a rifarsi dal Presidente della Commissione Esteri del Senato Vito Petrocelli. The last but not the latest Forza Italia, il cui leader Silvio Berlusconi, sodale di Putin di vecchia data, non ha speso una parola sulla situazione ucraina, forse i preparativi del suo “matrimonio” lo hanno distratto completamente Questo comportamento ondivago, la volontà di rimanere ai margini sperando di lucrarne gli eventuali benefici (chi non ricorda le iniziali perplessità sulla decisione di escludere la Russia dallo Swift), ha provocato una reazione di fatto da parte dei maggiori paesi occidentali che hanno proceduto senza la partecipazione dell’Italia, che si è trovata ai margini dell’Alleanza Atlantica. A questo punto Draghi, aiutato dalla sesquipedale figuraccia rimediata dal Sen. Matteo Salvini in Polonia, ha riportato l’Italia a tutto tondo nell’alveo della politica occidentale. Ha compiuto, sembra, anche una scelta più che giusta: ha tassato i super profitti delle società petrolifere, provocando gli alti lai del presidente di Confindustria Carlo Bonomi, il cui motto è lo stesso da sempre come ci ricordava Ernesto Rossi “privatizzare i profitti e socializzare le perdite.”
Signor Ministro a quando i nomi e le prove? C’è bisogno di chiarezza soprattutto per la carica che ricopre.
La sua proposta è quella di fissare un tetto massimo, a livello europeo, al prezzo del gas mi sembra poca cosa rispetto ai problemi che ha sollevato. Il Governo in mancanza di un qualsiasi accordo a livello di EU ha deciso una misura temporanea di abbattimento dei costi del carburante alla pompa di circa 25 centesimi che termina alla fine di aprile. Forse il Governo non può fare altro nell’immediato, ma non può certo cavarsela con questi provvedimenti. Il caro energia sta di nuovo allargando le differenze sociali, se non si pone mano rapidamente a ridurre questa faglia il rischio di una tenuta democratica del paese appare sempre più concreto. La crisi energetica che stiamo vivendo è il frutto di una serie di scelte sbagliate che si sono affastellato anno dopo anno. Un paese senza fonti energetiche non può “impiccarsi” in maniera determinante ad un solo paese che è stato una potenza mondiale e che vuol ritornare ad esserlo.
La politica energetica della Russia negli anni scorsi è stata quella di legare a sé le diverse nazioni dell’Europa occidentale attraverso la realizzazione di diversi gasdotti a prezzi estremamente bassi. Con questa modalità ha creduto che le singole nazioni occidentali prigioniere dei loro interessi economici non avrebbero opposto grande resistenza al disegno egemonico russo. Né la Russia ha creduto possibile, dopo la ingloriosa ritirata da Kabul, che gli Stati Uniti d’America fossero in grado di poter contrastare le politiche russe. Ha sbagliato il calcolo, “sleepy Joe”, come era chiamato Joe Biden dal suo predecessore Donald Trump, è riuscito in pochi mesi a rinsaldare le fila della NATO e a costruire una nuova e più solida alleanza. A tutto questo va aggiunto il comportamento determinato, orgoglioso e volitivo del governo e del popolo ucraino.
La prima assente è la EU, che, prigioniera degli interessi dei singoli paesi, non ha saputo costruire un percorso per una politica energetica comune nel periodo di transizione verso l’uscita dal carbone e dal petrolio. In primo luogo, l’Europa non è stata capace di contrastare le mire speculative degli operatori dell’opaco mercato dell’energia. Eppure, la vicenda della pandemia ha mostrato, sia pure molto timidamente, che può operare anche un’Europa della solidarietà e non solo dei mercati. La EU ha perso qualche decina d’anni a trastullarsi con problemi del tutto ideologici, si fa per dire, circa il ruolo del mercato e soprattutto accanendosi in maniera fobica nei confronti della spesa pubblica e di tutte le spese (welfare) tese a ridurre le distanze economiche fra le classi sociali. Basta con l’ineffabile Mark Rutte, premier dell’Olanda che fa la morale a tutti i paesi sulla spesa pubblica e guida uno dei paesi, complessivamente più indebitati d’Europa (debito pubblico più debito privato). Il debito ammonta a circa il 360% del PIL per l’Olanda, la “spendacciona” Italia è al 270%.
La EU non riesce ancora a passare dallo stato di dichiarazioni di principio ad una situazione “Hamiltoniana” (da Alexander Hamilton ministro del Tesoro americano che si batte nell’ultimo decennio del 1700, riuscendoci in larga parte, per rafforzare l’allora debole federalismo statunitense). Certamente la politica estera unica e l’esercito comune costituirebbero elementi importanti per la coesione europea. Deve, la EU, rilanciare una politica che passi da un’unione dei mercati ad una unione dei popoli, attivando politiche che riducano la povertà. Questo cambio di passo è necessario perché in ballo c’è anche l’euro, moneta strutturalmente debole, che se non supportata da un Ministero del Tesoro unico a livello europeo rischia di trascinare in una crisi senza fine l’Europa occidentale. Allora sì che la Russia si espanderebbe a macchia d’olio.
Il mercato non rende liberi (parafrasando il titolo un recente libro di M. Gallegati), questa dichiarazione di impotenza fa cadere, se ce ne fosse bisogno, l’ultimo velo sulla responsabilità “sociale” degli imprenditori, anzi per essere più esatti niente è cambiato dagli albori del capitalismo. “Vede [David Ricardo, nella ricostruzione che fa S. N. Patten in Malthus and Ricardo] che sono mossi solo dall'interesse personale [gli imprenditori e/o i finanzieri]. Vendono e comprano ogni volta che intravedono la possibilità di guadagnare un penny, anche ai nemici dell’Inghilterra. Hanno spedito all’estero oro e falsificato le monete nonostante le leggi del paese. Sono disposti a non immettere sul mercato le merci necessarie al Governo fino a quando le loro richieste non siano soddisfatte. Pur di guadagnare una fortuna non hanno nessuno scrupolo a propagare false notizie sulle sconfitte nazionali e a deprimere il corso del debito pubblico.”
In questo quadro l’Italia è scomparsa dai radar della politica occidentale. Il Presidente Draghi all’inizio ha balbettato circa l’atteggiamento da tenere nei confronti dell’invasore russo. Un Governo che è sorretto da forze che per anni hanno avuti rapporti strettissimi con la Russia non riesce a districarsi da questa ragnatela. La Lega ha un patto di consultazione con Russia Unita, il partito di Putin; un discreto numero di cinque stelle sono favorevoli alla Russia, a rifarsi dal Presidente della Commissione Esteri del Senato Vito Petrocelli. The last but not the latest Forza Italia, il cui leader Silvio Berlusconi, sodale di Putin di vecchia data, non ha speso una parola sulla situazione ucraina, forse i preparativi del suo “matrimonio” lo hanno distratto completamente Questo comportamento ondivago, la volontà di rimanere ai margini sperando di lucrarne gli eventuali benefici (chi non ricorda le iniziali perplessità sulla decisione di escludere la Russia dallo Swift), ha provocato una reazione di fatto da parte dei maggiori paesi occidentali che hanno proceduto senza la partecipazione dell’Italia, che si è trovata ai margini dell’Alleanza Atlantica. A questo punto Draghi, aiutato dalla sesquipedale figuraccia rimediata dal Sen. Matteo Salvini in Polonia, ha riportato l’Italia a tutto tondo nell’alveo della politica occidentale. Ha compiuto, sembra, anche una scelta più che giusta: ha tassato i super profitti delle società petrolifere, provocando gli alti lai del presidente di Confindustria Carlo Bonomi, il cui motto è lo stesso da sempre come ci ricordava Ernesto Rossi “privatizzare i profitti e socializzare le perdite.”
Fonte: di ENNO GHIANDELLI