"LA DISFATTA" di Paolo Bagnoli
28-01-2022 - EDITORIALE
Scriviamo queste note a chiusura della votazione del Parlamento che ha bocciato la presidente del Senato che, con non proprio garbo istituzionale, si era autocandidata a succedere a Sergio Mattarella. Non ci dispiaciamo per l’esito della votazione che, se non altro, dimostra come le affermazioni di “alto profilo” e “sopra le parti” siano solo chiacchiere di un ceto politico vuoto di ogni sostanza politica vera il quale,a forza di sostituire quest’ultima con la categoria del potere, naufraga in una generale disfatta come dimostrano questi avvilenti giorni di elezioni.
Non sappiamo come andrà a finire e, quindi, ci asteniamo da ogni previsione. Giudicheremo a episodio concluso. Che il nostro assetto istituzionale fosse roso da un tarlo che lo scava da oramai alcuni decenni lo abbiamo denunciato più volte proprio dalle pagine di questo giornale; oggi, di fronte alo spettacolo miserevole che viene offerto al Paese, non solo ne abbiamo conferma, ma la situazione risulta aggravata poiché, da nessuna parte di questa impropriamente definita “classe politica”, ci si può aspettare una qualche seria resipiscenza sulla fase che la Repubblica sta vivendo. La Repubblica, per essere nel suo pieno costituzionale, morale e culturale, necessita di una rifondazione della nostra politica democratica poiché, solo nella ricostruzione della politica, risiede il meccanismo di selezione di una classe politica degna di questo nome, nonché della sua funzione.
Sulle ragioni della crisi ci siamo in passato soffermati e ci torneremo a elezione avvenuta. Siamo in una democrazia commissariata e, piaccia o non piaccia, la capacità di avere un Paese a testa alta si chiama Mario Draghi; tutto il resto è politichese di terzo grado. Ma se siamo arrivati a tale punto c’è più di una ragione e, vien da dire, che meno male abbiamo un Draghi da spendere pur se, anche a noi, piace più l’idea che ai posti della politica ci siano politici anche se, come dimostra il caso di Carlo Azeglio Ciampi, vi sono delle eccezioni. Ma, in generale, per avere politici occorre la Politica e se questa non c’è come si fa ad avere anche il resto? E allora da dove ripartire con il senso della Politica? E’ una questione complicatissima a cui nessuno pensa e in assenza di senso delle cose, esse vanno per conto loro; nel caso italiano, in una direzione non solo preoccupante, ma di allarme democratico.
Per ripartire occorre coraggio e forza delle idee e, soprattutto, bisogna crederci. In fondo, se si sostituisce il concetto di politica con quello di potere e quello di governo con il governismo, cos’altro ci possiamo aspettare se non lo spettacolo cui stiamo assistendo?
Non sappiamo come andrà a finire e, quindi, ci asteniamo da ogni previsione. Giudicheremo a episodio concluso. Che il nostro assetto istituzionale fosse roso da un tarlo che lo scava da oramai alcuni decenni lo abbiamo denunciato più volte proprio dalle pagine di questo giornale; oggi, di fronte alo spettacolo miserevole che viene offerto al Paese, non solo ne abbiamo conferma, ma la situazione risulta aggravata poiché, da nessuna parte di questa impropriamente definita “classe politica”, ci si può aspettare una qualche seria resipiscenza sulla fase che la Repubblica sta vivendo. La Repubblica, per essere nel suo pieno costituzionale, morale e culturale, necessita di una rifondazione della nostra politica democratica poiché, solo nella ricostruzione della politica, risiede il meccanismo di selezione di una classe politica degna di questo nome, nonché della sua funzione.
Sulle ragioni della crisi ci siamo in passato soffermati e ci torneremo a elezione avvenuta. Siamo in una democrazia commissariata e, piaccia o non piaccia, la capacità di avere un Paese a testa alta si chiama Mario Draghi; tutto il resto è politichese di terzo grado. Ma se siamo arrivati a tale punto c’è più di una ragione e, vien da dire, che meno male abbiamo un Draghi da spendere pur se, anche a noi, piace più l’idea che ai posti della politica ci siano politici anche se, come dimostra il caso di Carlo Azeglio Ciampi, vi sono delle eccezioni. Ma, in generale, per avere politici occorre la Politica e se questa non c’è come si fa ad avere anche il resto? E allora da dove ripartire con il senso della Politica? E’ una questione complicatissima a cui nessuno pensa e in assenza di senso delle cose, esse vanno per conto loro; nel caso italiano, in una direzione non solo preoccupante, ma di allarme democratico.
Per ripartire occorre coraggio e forza delle idee e, soprattutto, bisogna crederci. In fondo, se si sostituisce il concetto di politica con quello di potere e quello di governo con il governismo, cos’altro ci possiamo aspettare se non lo spettacolo cui stiamo assistendo?