"LA GUERRA E LE SUE CONSEGUENZE"
21-03-2022 - CRONACHE SOCIALISTE
È sempre complicato scrivere mentre una guerra è in corso. Si rischia di essere smentiti dai fatti nel giro di qualche giorno o anche di poche ore.
Proviamo a mettere insieme qualche dato. L'invasione dell'Ucraina da parte del presidente russo Vladimir Putin non sembra procedere spedita come sperava chi l'ha scatenata. La popolazione del paese aggredito si mostra indomita e disposta a sacrificarsi fino al limite estremo. Il corso della guerra sta progressivamente alienando alla Russia le simpatie degli ucraini che, per vari motivi (etnici, linguistici, culturali) non le erano pregiudizialmente ostili. Gli Stati Uniti riforniscono costantemente le forze armate ucraine con sistemi d'arma sofisticati; la stessa Unione europea ha abbattuto un tabù adottando una decisione senza precedenti: ha deciso anch'essa di dotare gli ucraini di armi con un gesto che, se dal lato pratico potrà avere un impatto limitato, ne ha avuto uno forte politicamente, avendo dato a Putin la percezione di un'Europa solida e coesa. La decisione è stata assunta il 27 febbraio prelevando i fondi (5 miliardi di €) da una dotazione speciale dell'UE mentre altri Paesi membri avevano già provveduto a farlo singolarmente. Grande sensazione ha destato la decisione tedesca di fornire armi all'Ucraina: un qualcosa di mai visto dalla fine della seconda guerra mondiale, oltretutto da parte di un paese la cui politica di approvvigionamento energetico dipende in maniera quasi esclusiva dai rifornimenti russi. Anche l'Italia ha aderito ma questa decisione ha suscitato un ampio dibattito tra chi sostiene che l'invio di armi può solo posticipare una inevitabile resa da parte degli ucraini ai russi a costo di ulteriori morti e chi, invece, ritiene opportuno mettere gli ucraini nelle condizioni migliori per fronteggiare il nemico. A questo proposito, ci permettiamo di osservare che chiunque voglia sedere a un tavolo negoziale ambisce a farlo, se non da una posizione di forza, quanto meno da quella che consente il minor danno possibile, in particolare dal punto di vista dell'integrità territoriale, dunque ci sembra opportuno far giungere le armi ai resistenti ucraini, sì, resistenti, perché questo è ciò che sono.
Si è anche assistito a un imponente flusso di profughi verso ovest, in particolare verso la Polonia che, con gran sorpresa di molti commentatori, ha allestito in pochissimo tempo rifugi d'emergenza e strutture per il ricovero dei fuggitivi. Molti hanno pensato di vedere in questo atteggiamento di apertura verso i rifugiati ucraini un cambio di marcia nella politica di accoglienza di questo paese ma non credo che in questo caso ci si debba meravigliare troppo che questo sia avvenuto né che si possa intenderlo come una nuova politica verso i migranti. Bisogna piuttosto considerare che i rifugiati ucraini fuggono da una guerra le cui propaggini hanno lambito il territorio polacco (Leopoli dista solo 70 km dal confine con la Polonia) ma che, soprattutto, sono europei, bianchi e cristiani e che tutto questo ha fatto finora la differenza. Vedremo se questi eventi provocheranno una presa di coscienza del problema dei migranti nella politica polacca ma nutro forti dubbi in proposito.
Dall'altra parte, il vertice informale dei Capi di Stato e di governo dei Paesi dell'UE che si è tenuto a Versailles il 10 e 11 marzo scorso ha sancito l'unità di fatto del fronte europeo mettendo l'accento sulla necessità dell'indipendenza energetica e sulla possibilità di avanzamento del progetto di difesa comune europea integrata in modo da avere, in futuro, un maggiore coordinamento da mettere in campo per fronteggiare le crisi internazionali.
Proviamo a mettere insieme qualche dato. L'invasione dell'Ucraina da parte del presidente russo Vladimir Putin non sembra procedere spedita come sperava chi l'ha scatenata. La popolazione del paese aggredito si mostra indomita e disposta a sacrificarsi fino al limite estremo. Il corso della guerra sta progressivamente alienando alla Russia le simpatie degli ucraini che, per vari motivi (etnici, linguistici, culturali) non le erano pregiudizialmente ostili. Gli Stati Uniti riforniscono costantemente le forze armate ucraine con sistemi d'arma sofisticati; la stessa Unione europea ha abbattuto un tabù adottando una decisione senza precedenti: ha deciso anch'essa di dotare gli ucraini di armi con un gesto che, se dal lato pratico potrà avere un impatto limitato, ne ha avuto uno forte politicamente, avendo dato a Putin la percezione di un'Europa solida e coesa. La decisione è stata assunta il 27 febbraio prelevando i fondi (5 miliardi di €) da una dotazione speciale dell'UE mentre altri Paesi membri avevano già provveduto a farlo singolarmente. Grande sensazione ha destato la decisione tedesca di fornire armi all'Ucraina: un qualcosa di mai visto dalla fine della seconda guerra mondiale, oltretutto da parte di un paese la cui politica di approvvigionamento energetico dipende in maniera quasi esclusiva dai rifornimenti russi. Anche l'Italia ha aderito ma questa decisione ha suscitato un ampio dibattito tra chi sostiene che l'invio di armi può solo posticipare una inevitabile resa da parte degli ucraini ai russi a costo di ulteriori morti e chi, invece, ritiene opportuno mettere gli ucraini nelle condizioni migliori per fronteggiare il nemico. A questo proposito, ci permettiamo di osservare che chiunque voglia sedere a un tavolo negoziale ambisce a farlo, se non da una posizione di forza, quanto meno da quella che consente il minor danno possibile, in particolare dal punto di vista dell'integrità territoriale, dunque ci sembra opportuno far giungere le armi ai resistenti ucraini, sì, resistenti, perché questo è ciò che sono.
Si è anche assistito a un imponente flusso di profughi verso ovest, in particolare verso la Polonia che, con gran sorpresa di molti commentatori, ha allestito in pochissimo tempo rifugi d'emergenza e strutture per il ricovero dei fuggitivi. Molti hanno pensato di vedere in questo atteggiamento di apertura verso i rifugiati ucraini un cambio di marcia nella politica di accoglienza di questo paese ma non credo che in questo caso ci si debba meravigliare troppo che questo sia avvenuto né che si possa intenderlo come una nuova politica verso i migranti. Bisogna piuttosto considerare che i rifugiati ucraini fuggono da una guerra le cui propaggini hanno lambito il territorio polacco (Leopoli dista solo 70 km dal confine con la Polonia) ma che, soprattutto, sono europei, bianchi e cristiani e che tutto questo ha fatto finora la differenza. Vedremo se questi eventi provocheranno una presa di coscienza del problema dei migranti nella politica polacca ma nutro forti dubbi in proposito.
Dall'altra parte, il vertice informale dei Capi di Stato e di governo dei Paesi dell'UE che si è tenuto a Versailles il 10 e 11 marzo scorso ha sancito l'unità di fatto del fronte europeo mettendo l'accento sulla necessità dell'indipendenza energetica e sulla possibilità di avanzamento del progetto di difesa comune europea integrata in modo da avere, in futuro, un maggiore coordinamento da mettere in campo per fronteggiare le crisi internazionali.
Ancora una volta sembra sia necessario dare ragione a Jean Monnet che vedeva nelle crisi lo strumento privilegiato per far avanzare il progetto europeo.
Fonte: di ANDREA BECHERUCCI