"LA SCOPERTA DELL'ACQUA CALDA"
26-01-2021 - CRONACHE SOCIALISTE
A rompere si fa prima che a costruire. Come ha fatto il leader di Italia viva, Matteo Renzi, specialista nelle rotture che, covate a lungo dentro, agisce servendosi lucidamente di mille pretesti e nulla lo ferma, nemmeno una devastante pandemia che fa ogni giorno centinaia e centinaia di vittime: deve arrivare, con ogni mezzo, al suo bersaglio.
E' quello che ha fatto con il governo di cui faceva parte: voleva la crisi del governo giallorosa presieduto da Giuseppe Conte e l'ha provocata - dimissioni di due ministre e un sottosegretario - mandando in fumo qualsiasi tentativo di fermare la crisi.
In tal modo ha costretto, obbligato, il Premier Conte a rivolgersi direttamente al Parlamento per poter disporre della fiducia: alla Camera ha avuto la maggioranza assoluta (321 voti), al Senato solo quella semplice (156).
E' vero che Renzi e i suoi discepoli si sono astenuti nei due rami del Parlamento, Camera e Senato: è stata una scelta strumentale, l'astensione, per poter disporre di un'arma puntata alla tempia.
E per proseguire nel suo assurdo giochino sadico, all'indomani del voto parlamentare che non dà al governo la certezza di proseguire, ha dato il via agli appelli al dialogo: come dire, ha ribaltato la scena, non siamo noi ad averti spinto sul baratro, e noi di Iv possiamo se lo vuoi salvarti dal baratro.
Perchè Renzi ha provocato tutto ciò? Perchè ha tirato la corda fino a spezzarla? Cosa lo anima? Domande del tutto legittime e assolutamente doverose: rientrano nelle dinamiche politiche ed istituzionali o nelle dinamiche interpersonali?
Molto più probabile che si tratti delle dinamiche interpersonali: le prime avrebbero trovato un punto di compromesso, di sintesi senza che nessuno dei protagonisti si sarebbe impoverito, anzi si sarebbe arricchito e di conseguenza si sarebbe arricchito il Paese che ne ha tanto, ma tanto, bisogno.
Il giochino di Renzi somiglia tanto a quello di chi non riconosce, nega l'esistenza dell'altro e poi fa finta di stupirsi di fronte alla reazione sacrosanta, alla rimostranze della vittima: e che fai ti arrabbi? Non ti ho fatto nulla...cosa mai ha detto!
Si cambiano cosi' i ruoli: il 'cattivo' non è Demolition Man, ma chi reagisce ai suoi preordinati freddi lucidi progetti distruttivi e demolitori.
La Politica c'entra per una piccola parte: solo per i luoghi dove si è consumata quest'opera nociva e altamente dannosa per un Paese stremato, messo in ginocchio, dalla pandemia da Covid 19: per buona parte fa parte dei sentimenti, della sensibilità, dell'identità umana dei singoli.
E il Premier Conte il più popolare politico la sua identità umana prima di quella professionale l'ha sapientemente dispiegata con pazienza, ascolto, risolutezza, vicinanza soprattutto alle brutte e tremende sofferenze delle persone: Renzi il più impopolare dei politici ha per l'ennesima volta ha dispiegato la sua perniciosa identità umana di Demolition Man.
Facendo, infine, riferimento alla storia chi rompe, chi provoca crisi di governo incomprensibili alle persone, o per inadeguati e futili motivi, finisce male.
Non successe forse al leader di Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti nel 1998 quando sulla riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore settimanali fece cadere il governo di centro-sinistra, di cui faceva parte, guidato da Romano Prodi?
Alle elezioni del 2001 Rifondazione comunista perse il 3% dei voti passando dall'8,5% del 1996 al 5% del 2001.
E nel 2007 la storia di demolire quel che si è contribuito a far nascere si è ripetuta sempre con Bertinotti che ad inizio di dicembre definì Prodi "un poeta morente" e il suo governo in fase calante, avendo perso la sua spinta propulsiva.
A febbraio 2008 ci furono poi le dimissioni, per questioni giudiziarie risolte positivamente, del Guardasigilli Clemente Mastella, che posero fine al secondo governo Prodi: alle elezioni dell'aprile 2008, 'la Sinistra Arcobaleno' del capolista Bertinotti non superò la soglia del 3% e rimase fuori dal Parlamento.
Se dovesse formarsi un gruppo soprattutto al Senato a sostegno dell'attuale governo giallorosa presieduto da Giuseppe Conte, che ha operato relativamente bene, sarei certamente favorevole.
A questo approda l'analisi del politologo Gianfranco Pasquino, Professore Emerito di Scienza Politica all'Università di Bologna e Accademico dei Lincei, all'indomani del voto sulla fiducia per la crisi provocata da Matteo Renzi e Italia viva, in un momento particolarmente difficile per il Paese dato il combinato pandemia da Covid 19 e crisi economico-sociale.
Dal voto sulla fiducia, non tanto alla Camera dove l'esecutivo la maggioranza assoluta (361), quanto al Senato dove l'asticella si è fermata a 156 (maggioranza relativa), il governo Conte, chiosa Pasquino, "è uscito piu' debole, svigorito, per cui trovo le offerte di rafforzarlo rivolte ad altre forze politiche del tutto legittime".
Aver raggiunto al Senato solo la maggioranza relativa è del tutto "insufficiente" alla sua prosecuzione minata com'è dalla "non fiducia" di Italia viva.
L'analisi politica di Pasquino, le cui preferenze - rimarca - sono per "una coalizione europeista convinta", parte anzitutto dalla necessità imprescindibile di "una coalizione sufficientemente coesa e il centro-sinistra potrebbe diventarlo", mettendosi però al riparo da Iv "attesa alla prova nelle commissioni".
L'acuto politologo, in passato senatore della Repubblica, non vede quindi "alternative" all'attuale esecutivo: "il centro-destra è diviso tra chi, Forza Italia, è europeista e favorevole al Mes e chi, Lega e Fdl, sono contrarie al Mes e all'Ue".
Restano sullo sfondo le elezioni anticipate, un rischio che non si può correre per la drammatica situazione sanitaria ed economica.
"Spero che si trovi presto una efficace soluzione alla precaria situazione di stallo - osserva Pasquino - che si passi a contrastare efficacemente da una parte la pandemia e che dall'altra si faccia presto e bene con il Recovery Plan per la ripartenza del Paese".
Ultima considerazione: molti hanno messo in risalto la crisi dei partiti politici, a volte la loro stessa mancanza.
"Si scopre l'acqua calda - conclude Pasquino - la crisi dei partiti politici, per come li abbiamo conosciuti, risale al 1992-1994. Oggi di partito ce ne è solo uno: il Pd fermo al 20% che pur avendo una sua struttura e delle sue regole non genera entusiasmo nelle persone. Tutti gli altri non sono partiti politici ma organizzazioni personalistiche e fluttuanti".
Fonte: di CARLO PATRIGNANI