"L’EUROPA E LO STATO DI DIRITTO"
25-11-2020 - CRONACHE SOCIALISTE
Lunedì 16 novembre, nel corso della riunione dei rappresentanti permanenti degli Stati membri dell’UE (Coreper), è accaduto quel che da settimane si temeva: gli ambasciatori ungherese e polacco hanno posto il veto sul bilancio pluriennale dell’Unione 2021-2027 e, allo stesso tempo, hanno bloccato l’erogazione dei fondi del Recovery Fund – EU Next Generation.
La ragione di questo comportamento da parte dei due paesi sta nella volontà dell’Unione europea di vincolare l’accesso ai fondi strutturali al rispetto nei paesi che ne sono destinatari dei principi dello Stato di diritto come la separazione dei poteri, la libertà d’azione della magistratura e la presenza di una stampa libera e indipendente.
Da anni, infatti, si moltiplicano gli allarmi riguardo a un progressivo restringimento degli spazi di libertà in quei paesi. Già molto tempo fa, su queste stesse pagine, ci eravamo soffermati sulle conclusioni del rapporto redatto dall’eurodeputata olandese Judith Sargentini che elencava nel dettaglio le reiterate violazioni compiute dai governi di Viktor Orban a danno del sistema di garanzie costituzionali dell’Ungheria.
Più o meno la stessa identica cosa è avvenuta in Polonia dove il governo nazionalista guidato da Mateusz Morawiecki procede inesorabile sulla strada dello smantellamento dei valori della democrazia liberale, gli stessi valori che sono alla base del patto di convivenza che lega tra loro i governi che fanno parte dell’UE. In particolare, in Polonia si è presa di mira l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, asservendola sempre più, nei fatti, alla volontà dell’esecutivo. Da ultimo, la Corte costituzionale polacca ha deliberato non consentendo l’interruzione di gravidanza neppure in presenza di gravi malformazioni del feto, consentendo così al paese di avere una legislazione che, al momento, è fra le più restrittive d’Europa. Tutto ciò avviene, ovviamente, in completa violazione dei principi presenti nel Trattato che istituisce l’Unione europea.
Naturalmente quel che è avvenuto in sede di Coreper è gravido di conseguenze per tutti gli Stati membri dell’UE. Senza alcun dubbio si allungheranno i tempi per ricevere i soldi del Recovery Fund – EU Next Generation che troppi in Italia pensavano di avere già in tasca.
Forse ora sarà più facile capire quanto sia complicato portare a casa una vittoria, anche parziale, al termine di un accordo in ambito UE; la verità è che, come ogni altro risultato, anche questo è frutto di una negoziazione defatigante che deve trovare l’accordo di ventisette “soci” e chiunque di noi sa, per esperienza, quanto ciò sia difficile. Del resto nel corso della stessa trattativa ci si è guadagnati la benevola neutralità dei paesi cosiddetti “frugali” con larghe concessioni in termini di sconti sulla quota parte da versare al bilancio di Bruxelles. Venendo all’Italia, certamente si dovrà ricredere chi avesse pensato di poter usufruire dei contributi europei del Recovery Fund – EU Next Generation in tempi relativamente brevi, considerato anche il fatto che, mentre scriviamo, l’Italia non ha ancora inviato alla Commissione i progetti in cui investire al contrario di quanto hanno già fatto Francia e Spagna.
Non rimane che immaginare come si possa uscire da una soluzione del genere. Può essere che, messi alle strette dall’irrevocabilità della posizione di Ungheria e Polonia, gli altri Stati membri possano anche arrivare a fare del Recovery Fund – EU Next Generation un trattato intergovernativo, sciogliendolo dal pacchetto che lo unisce alla discussione più generale sul bilancio pluriennale e, in tal modo, bypassando l’opposizione di Polonia e Ungheria e neutralizzandone così la carica eversiva dell’attuale equilibrio.
Più stravagante appare l’opzione di cui si è fatto portatore il presidente del Parlamento europeo Davide Sassoli secondo il quale sarebbe opportuno cancellare la parte di debito che ciascun paese ha accumulato per rispondere alla crisi innescata dalla pandemia. Quest’ultima sarebbe, indubbiamente, la scelta meno indicata nei confronti dei paesi “frugali” che non aspettano altro per avere una conferma ai loro pregiudizi.
Fonte: di ANDREA BECHERUCCI