"L’EUROPA, LA RUSSIA E L'UCRAINA"
21-02-2022 - CRONACHE SOCIALISTE
A distanza di poco più di trent’anni dall’inizio delle guerre che hanno portato alla dissoluzione della Jugoslavia, l’Europa rischia di trovarsi di nuovo con un conflitto armato alle porte delle sue frontiere orientali.
Nel momento in cui scriviamo sono oramai giorni che si succedono notizie di una preoccupante escalation con truppe ammassate alle frontiere, manovre militari e provocazioni lungo il confine che separa l’Ucraina dalla Russia. I rapporti tra i due paesi sono deteriorati da tempo. Dalle proteste scatenatesi in Ucraina dopo la sospensione da parte del presidente Janukovyč dell’accordo di libero scambio tra il suo paese e l’Unione europea, la situazione non è più tornata sotto controllo. Da allora, il presidente russo Putin ha, prima informalmente e poi, sempre più apertamente, appoggiato le rivendicazioni filorusse presenti in Ucraina fino ad avallare i risultati di un referendum farsa indetto nel 2014 per stabilire l’autodeterminazione della Crimea. In seguito si è acceso un conflitto tra esercito regolare ucraino e milizie armate filorusse nel Donbass, regione dell’Ucraina che nel 2014 ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza.
Ci troviamo ora in una situazione in cui giocano la loro partita una molteplicità di attori: la Russia, l’Ucraina, gli Stati Uniti, la Francia, la Germania, l’Unione europea. Le sorti del conflitto sono complicate dagli interessi di cui sono portatori alcuni di questi soggetti; la Russia è fornitore per il 40% del gas naturale destinato all’Europa. Questo gas passa attraverso il gasdotto Nord Stream 1 che porta l’energia dalla Russia alla Germania. Un secondo gasdotto, con un percorso in gran parte parallelo al primo, il Nord Stream 2 è in costruzione ma si parla già – su input degli Stati Uniti – di bloccarlo come eventuale ritorsione a un’invasione russa dell’Ucraina. L’ex-cancelliere tedesco socialdemocratico Gerhard Schroeder ha accettato – una volta cessato dalla carica – di ricoprire incarichi apicali nei consorzi di aziende interessati alla costruzione e alla gestione dei gasdotti Nord Stream, ricevendo laute prebende da grandi gruppi imprenditoriali russi che, come è noto, sono strettamente legati alla politica e al presidente Putin al quale Schroeder non ha mai fatto mancare il proprio appoggio. Lo stesso neocancelliere socialdemocratico Scholz non ha potuto far a meno di rilevare – per sgombrare il campo dagli equivoci - che l’ex-cancelliere ora diventato lobbista non ha alcuna voce in capitolo nella politica del governo attualmente in carica.
Gli Stati Uniti sono alle prese con una leadership debole. Biden finora non si è dimostrato all’altezza della situazione e peggio di lui ha fatto la sua vice Kamala Harris. Gli USA sono sempre più impegnati a misurarsi con la Cina nei teatri dell’Asia e del Pacifico e non è un mistero che abbiano richiesto già da tempo un impegno finanziario maggiore in ambito NATO ai partners europei. È in questo contesto che si è fatta nuovamente strada l’idea di mettere mano a un dispositivo militare europeo integrato per appoggiare le azioni del Servizio europeo per l’azione esterna (il servizio diplomatico dell’UE) il cui rappresentante Josep Borrell, anche in questo caso, non è pervenuto se non con dichiarazioni di principio in appoggio alle posizioni di Kiev mentre l’Ucraina si ritrova tra le pretese di Mosca, le velleità degli europei e le minacce di Washington.
L’attivismo diplomatico del presidente francese Macron, infine, è certamente giustificato dalla presidenza di turno francese del Consiglio dell’UE ma non bisogna dimenticare che in Francia siamo in piena campagna elettorale per le presidenziali.
È necessario capire che mai come questa volta l’Europa si presenta a negoziare in ordine sparso e con obiettivi differenti: la Germania è in larghissima misura dipendente dal gas russo mentre non è così per la Francia che, con Macron, ha dichiarato di voler procedere alla costruzione di sei nuove centrali nucleari per arrivare all’obiettivo dell’indipendenza energetica entro il 2050. Ancora diversa la situazione del nostro paese che – abbandonato il nucleare nel 1987 – ha deciso di estrarre più gas naturale dai propri giacimenti di quanto ne viene estratto oggi e tuttavia, resta – al momento – quasi interamente dipendente dal gas russo con conseguenze disastrose sotto il profilo dell’aumento dei prezzi al consumo.
Eppure una soluzione la si potrebbe trovare con un po’ di buona volontà; bastava ascoltare quanto detto in tv da Romano Prodi in riferimento a un suo scambio di vedute con Putin nel periodo precedente l’associazione alla NATO dei paesi baltici: richiesto a Putin un parere in merito, si sentì rispondere che nulla ostava purché la stessa cosa non fosse fatta con l’Ucraina che avrebbe dovuto fungere da cuscinetto tra la Russia e i paesi dell’Europa orientale già membri della NATO. Perché non ripartire da qui?
Solo il tempo ci dirà quale piega prenderanno gli eventi in Ucraina. La speranza è che anche gli insegnamenti da trarre da questa nuova lezione non vadano perduti.
Nel momento in cui scriviamo sono oramai giorni che si succedono notizie di una preoccupante escalation con truppe ammassate alle frontiere, manovre militari e provocazioni lungo il confine che separa l’Ucraina dalla Russia. I rapporti tra i due paesi sono deteriorati da tempo. Dalle proteste scatenatesi in Ucraina dopo la sospensione da parte del presidente Janukovyč dell’accordo di libero scambio tra il suo paese e l’Unione europea, la situazione non è più tornata sotto controllo. Da allora, il presidente russo Putin ha, prima informalmente e poi, sempre più apertamente, appoggiato le rivendicazioni filorusse presenti in Ucraina fino ad avallare i risultati di un referendum farsa indetto nel 2014 per stabilire l’autodeterminazione della Crimea. In seguito si è acceso un conflitto tra esercito regolare ucraino e milizie armate filorusse nel Donbass, regione dell’Ucraina che nel 2014 ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza.
Ci troviamo ora in una situazione in cui giocano la loro partita una molteplicità di attori: la Russia, l’Ucraina, gli Stati Uniti, la Francia, la Germania, l’Unione europea. Le sorti del conflitto sono complicate dagli interessi di cui sono portatori alcuni di questi soggetti; la Russia è fornitore per il 40% del gas naturale destinato all’Europa. Questo gas passa attraverso il gasdotto Nord Stream 1 che porta l’energia dalla Russia alla Germania. Un secondo gasdotto, con un percorso in gran parte parallelo al primo, il Nord Stream 2 è in costruzione ma si parla già – su input degli Stati Uniti – di bloccarlo come eventuale ritorsione a un’invasione russa dell’Ucraina. L’ex-cancelliere tedesco socialdemocratico Gerhard Schroeder ha accettato – una volta cessato dalla carica – di ricoprire incarichi apicali nei consorzi di aziende interessati alla costruzione e alla gestione dei gasdotti Nord Stream, ricevendo laute prebende da grandi gruppi imprenditoriali russi che, come è noto, sono strettamente legati alla politica e al presidente Putin al quale Schroeder non ha mai fatto mancare il proprio appoggio. Lo stesso neocancelliere socialdemocratico Scholz non ha potuto far a meno di rilevare – per sgombrare il campo dagli equivoci - che l’ex-cancelliere ora diventato lobbista non ha alcuna voce in capitolo nella politica del governo attualmente in carica.
Gli Stati Uniti sono alle prese con una leadership debole. Biden finora non si è dimostrato all’altezza della situazione e peggio di lui ha fatto la sua vice Kamala Harris. Gli USA sono sempre più impegnati a misurarsi con la Cina nei teatri dell’Asia e del Pacifico e non è un mistero che abbiano richiesto già da tempo un impegno finanziario maggiore in ambito NATO ai partners europei. È in questo contesto che si è fatta nuovamente strada l’idea di mettere mano a un dispositivo militare europeo integrato per appoggiare le azioni del Servizio europeo per l’azione esterna (il servizio diplomatico dell’UE) il cui rappresentante Josep Borrell, anche in questo caso, non è pervenuto se non con dichiarazioni di principio in appoggio alle posizioni di Kiev mentre l’Ucraina si ritrova tra le pretese di Mosca, le velleità degli europei e le minacce di Washington.
L’attivismo diplomatico del presidente francese Macron, infine, è certamente giustificato dalla presidenza di turno francese del Consiglio dell’UE ma non bisogna dimenticare che in Francia siamo in piena campagna elettorale per le presidenziali.
È necessario capire che mai come questa volta l’Europa si presenta a negoziare in ordine sparso e con obiettivi differenti: la Germania è in larghissima misura dipendente dal gas russo mentre non è così per la Francia che, con Macron, ha dichiarato di voler procedere alla costruzione di sei nuove centrali nucleari per arrivare all’obiettivo dell’indipendenza energetica entro il 2050. Ancora diversa la situazione del nostro paese che – abbandonato il nucleare nel 1987 – ha deciso di estrarre più gas naturale dai propri giacimenti di quanto ne viene estratto oggi e tuttavia, resta – al momento – quasi interamente dipendente dal gas russo con conseguenze disastrose sotto il profilo dell’aumento dei prezzi al consumo.
Eppure una soluzione la si potrebbe trovare con un po’ di buona volontà; bastava ascoltare quanto detto in tv da Romano Prodi in riferimento a un suo scambio di vedute con Putin nel periodo precedente l’associazione alla NATO dei paesi baltici: richiesto a Putin un parere in merito, si sentì rispondere che nulla ostava purché la stessa cosa non fosse fatta con l’Ucraina che avrebbe dovuto fungere da cuscinetto tra la Russia e i paesi dell’Europa orientale già membri della NATO. Perché non ripartire da qui?
Solo il tempo ci dirà quale piega prenderanno gli eventi in Ucraina. La speranza è che anche gli insegnamenti da trarre da questa nuova lezione non vadano perduti.
Fonte: di ANDREA BECHERUCCI