L’URLO DELLA PAURA di Paolo Bagnoli
di Paolo Bagnoli
23-12-2024 - EDITORIALE
L'anno che finisce ci introduce a uno nuovo che lascia ben poco da sperare. Le incertezze presenti si incupiscono se si pensa all'avvento di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti con l'inedito storico e surreale di un co-presidente quale Elon Musk, un personaggio anche difficile da classificare pur pensando a tutte le sfumature possibili del peggio; un personaggio mai visto prima il quale, unendo la potenza dei soldi a una esibita volgarità, mira a piegare ogni logica politica a quanto ritiene essere il vero e, naturalmente, ciò non può essere mai contro i suoi interessi. In un mondo in cui l'incertezza e la tenuta del quadro internazionale sono fortemente fragili per salvaguardare la pace, cercarla dove c'è guerra, continuare ad affermare il valore della democrazia, la nostra presidente del consiglio si compiace della sua amicizia.
In questo contesto l'Italia, nonostante la rappresentazione da vetrina che ne fa il governo e che gli esponenti della maggioranza ogni sera dai notiziario televisivi ripetono come un mantra propagandistico tragico e patetico, la manovra finanziaria recentemente varata ci offre un quadro veritiero di come stanno le cose; la realtà di un Paese attaccato al proprio debito pubblico come un naufrago a uno scoglio, con un respiro alternato tra un'onda e un'altra. La manovra di bilancio, nel suo complesso, è sbagliata e pure offensiva se si pensa al trattamento riservato alle pensioni e, potremmo aggiungere, alla sanità e alla ricerca. Del recupero dell'evasione nemmeno un accenno mentre si persegue nei condoni e nei bonus che piovono ora un po' qua ora un po' là dilapidando ricchezza per accattare qualche voto. Ma cosa ci si può aspettare da un governo che chiede un prestito alle banche per chiudere i conti? Ma quando mai? Forse nel paese di allegrandia.
La debolezza della politica emerge con tutta evidenza come pure la modestia della classe politica nelle cui mani è il governo del Paese. A questa si contrappone un'opposizione quasi costretta a radicalizzare lo scontro, ma, batti e ribatti, il Pd è fermo, i 5Stelle annaspano nella loro tragicommedia, gli altri sono forse necessari, ma non sufficienti a ribaltare il tavolo sul piano nazionale. I risultati regionali che, poco tempo fa, hanno visto l'opposizione di centro sinistra prevalere sulla destra in due regioni su tre sono importanti, ma non servono a fare opinione pubblica quale massa critica alternativa. Lo dimostra il fatto che l'astensione dal voto è in crescita e, tra la competizione in Liguria e quella in Emilia-Romagna e Umbria, è aumentata, nel giro di pochi giorni, di ben cinque punti. Nessuno se ne occupa, ma siamo all'essicazione della democrazia e non crediamo sia un caso se Sergio Mattarella, recentemente, ha invitato ad amare la democrazia non nascondendo le forti preoccupazioni che agitano il Quirinale.
La crisi della democrazia è testimoniata, pure, giorno dopo giorno, dal dibattito pubblico ovvero da quanto leggiamo sui giornali o ascoltiamo – fatto salvo di avere un buono stomaco – nei programmi che occupano le televisioni mattina pomeriggio e sera; chiacchiere su chiacchiere, urli su urli, patetici spettacoli di vuoto di pensiero pur nella legittimità di opinioni diverse. Il quadro è di uno squallore evidente.
Ma in fatto di urli nessuno supera la presidente Meloni che, per dare forza al proprio governo, alza i decibel della voce come è avvenuto al comizio conclusivo di Atreju. Un comizio simil borgata, un luna park della politica poiché, invece che su pensieri compiuti, ci si muove su bersagli: la politica alla stregua di un tirassegno sul convincimento che il governo di Fratelli d'Italia e questo partito, in particolare, rappresentino lo “spirito della nazione”; ossia, chi non è d'accordo, è contro l'Italia: vale a dire, è antiitaliano.
I governi passati vengono derisi in quanto perdenti avendo scommesso sul fallimento della destra; ma loro, tracciando “la via italiana” – slogan consegnato al pubblico presente – hanno fatto meglio. Chi si accontenta gode, come dice un vecchio adagio, ma certo non gode il Paese che se è vero che l'occupazione aumenta ci si deve spiegare perché la produzione cala e la ricchezza diminuisce. Noi non sappiamo come spiegarlo, ma nessuno fino a ora lo ha fatto. I bersagli sono continuati: la segretaria del Pd anche per aver ballato sui carri del gay pride; Romano Prodi per avergli lanciato “improperi isterici” oltre a tutto quanto ha fatto nella sua vita pubblica e, naturalmente, Maurizio Landini e Roberto Saviano. Come atto di ottimismo la promessa che il centro in Albania funzionerà chiedendo allo “Stato italiano” e alle “persone perbene” di aiutarla in questa impresa. Visto che c'era non sarebbe stato male se avesse sciolto la definizione di “Stato italiano” e di “persone perbene”; ma si capisce bene a cosa ci si riferisce: a smetterla di essere antitaliani perché, quasi una vendetta postuma della Storia, l'Italia è quanto viene incarnato dallo “spirito della Nazione”. E qui si inserisce una considerazione sul processo a Matteo Salvini a Palermo da cui è uscito assolto. E' chiaro che Salvini avrebbe cavalcato la soluzione ad uso populistico definendosi alla stregua di una guardia costiera politica che difende i nostri confini. Se è per questo il Mediterraneo che ha ingoiato negli ultimi tempi circa duemila migranti ci ha tragicamente difeso più delle pretese seguritarie di Salvini, ma ci viene un brivido solo ad accennare a una così tragica constatazione. Accoglienza non significa sbracatura, ma fare cose non sbracate non è una pratica italiana. Il non aver capito, poi, che il fenomeno migratorio non è una emergenza, ma un fatto epocale che segna il mutamento di un'epoca e che, quindi, abbisogna di politiche adeguate è solo una delle tante dimostrazioni di come da più di tre decenni questo Paese non ha una classe politica all'altezza; ovvero ce l'ha solo del populismo. Ossia di una politica coinvolgente per propri fini di potere al limite della legalità democratica e delle norme morali non scritte della democrazia un popolo concepito con la “p” minuscola. Giuseppe Mazzini, in tutta la sua opera scrive sempre la parola Popolo con la “p” maiuscola. Quando i popoli si mettono in movimento niente o nulla li può fermare e, quindi, bisogna fare delle politiche adeguate, anche rigorose, ma esse non possono negare il presupposto di partenza della questione: l'esistenza non evenemenziale della questione. Organizzare un'Internazionale di destra anche per porre argine al problema come sta facendo Musk consorziando in un sovranismo planetario di cui, naturalmente lui è il sovrano, Neil Farage, Javier Milei, Viktor Orbàn e Calin Georgescu, aggraverà pesantemente il quadro internazionale tra l'altro dandola vinta, sul piano ideologico, a Vladimir Putin esportando nell'Occidente liberaldemocratico una concezione “orientale” del potere. La crisi della democrazia, così, si rafforza e la corruzione delle coscienze dovuta alla falsità che viene elargita momento dopo momento prenderà le forme di una crisi della nostra civiltà. Con ciò il fattore guerra diventerà il dato con cui dovremo convivere. Ma per tornare all'appello della presidente del consiglio ad aiutare lo Stato italiano da parte degli italiani perbene nella realizzazione della politica di contrasto all'emigrazione da lei perseguita, perché non addita, dopo le dichiarazioni seguite alla sentenza di Palermo da parte di Matteo Salvini, il suo vice come l'esempio dell'italiano che incarna lo spirito della Nazione? Così emblematizzerebbe e risparmierebbe anche la voce!
Infine: l'urlo nei comizi è ammesso, fa parte del canone e, quindi, anche se lo riteniamo un qualcosa di improprio per il capo di un governo, non ce ne stupiamo. Viene usato per dare forza al ragionamento; nel caso del discorso di Atreju ci è parso per nascondere una paura considerate le condizioni del Paese e quelle di una maggioranza che mente sapendo di mentire quando afferma la propria compattezza. Pensiamo che proprio la debolezza e le divisioni della maggioranza a fronte di una situazione economica e sociale complessa e pesante quale è la nostra, la paura di non farcela, a ben vedere, sia più che giustificata.
In questo contesto l'Italia, nonostante la rappresentazione da vetrina che ne fa il governo e che gli esponenti della maggioranza ogni sera dai notiziario televisivi ripetono come un mantra propagandistico tragico e patetico, la manovra finanziaria recentemente varata ci offre un quadro veritiero di come stanno le cose; la realtà di un Paese attaccato al proprio debito pubblico come un naufrago a uno scoglio, con un respiro alternato tra un'onda e un'altra. La manovra di bilancio, nel suo complesso, è sbagliata e pure offensiva se si pensa al trattamento riservato alle pensioni e, potremmo aggiungere, alla sanità e alla ricerca. Del recupero dell'evasione nemmeno un accenno mentre si persegue nei condoni e nei bonus che piovono ora un po' qua ora un po' là dilapidando ricchezza per accattare qualche voto. Ma cosa ci si può aspettare da un governo che chiede un prestito alle banche per chiudere i conti? Ma quando mai? Forse nel paese di allegrandia.
La debolezza della politica emerge con tutta evidenza come pure la modestia della classe politica nelle cui mani è il governo del Paese. A questa si contrappone un'opposizione quasi costretta a radicalizzare lo scontro, ma, batti e ribatti, il Pd è fermo, i 5Stelle annaspano nella loro tragicommedia, gli altri sono forse necessari, ma non sufficienti a ribaltare il tavolo sul piano nazionale. I risultati regionali che, poco tempo fa, hanno visto l'opposizione di centro sinistra prevalere sulla destra in due regioni su tre sono importanti, ma non servono a fare opinione pubblica quale massa critica alternativa. Lo dimostra il fatto che l'astensione dal voto è in crescita e, tra la competizione in Liguria e quella in Emilia-Romagna e Umbria, è aumentata, nel giro di pochi giorni, di ben cinque punti. Nessuno se ne occupa, ma siamo all'essicazione della democrazia e non crediamo sia un caso se Sergio Mattarella, recentemente, ha invitato ad amare la democrazia non nascondendo le forti preoccupazioni che agitano il Quirinale.
La crisi della democrazia è testimoniata, pure, giorno dopo giorno, dal dibattito pubblico ovvero da quanto leggiamo sui giornali o ascoltiamo – fatto salvo di avere un buono stomaco – nei programmi che occupano le televisioni mattina pomeriggio e sera; chiacchiere su chiacchiere, urli su urli, patetici spettacoli di vuoto di pensiero pur nella legittimità di opinioni diverse. Il quadro è di uno squallore evidente.
Ma in fatto di urli nessuno supera la presidente Meloni che, per dare forza al proprio governo, alza i decibel della voce come è avvenuto al comizio conclusivo di Atreju. Un comizio simil borgata, un luna park della politica poiché, invece che su pensieri compiuti, ci si muove su bersagli: la politica alla stregua di un tirassegno sul convincimento che il governo di Fratelli d'Italia e questo partito, in particolare, rappresentino lo “spirito della nazione”; ossia, chi non è d'accordo, è contro l'Italia: vale a dire, è antiitaliano.
I governi passati vengono derisi in quanto perdenti avendo scommesso sul fallimento della destra; ma loro, tracciando “la via italiana” – slogan consegnato al pubblico presente – hanno fatto meglio. Chi si accontenta gode, come dice un vecchio adagio, ma certo non gode il Paese che se è vero che l'occupazione aumenta ci si deve spiegare perché la produzione cala e la ricchezza diminuisce. Noi non sappiamo come spiegarlo, ma nessuno fino a ora lo ha fatto. I bersagli sono continuati: la segretaria del Pd anche per aver ballato sui carri del gay pride; Romano Prodi per avergli lanciato “improperi isterici” oltre a tutto quanto ha fatto nella sua vita pubblica e, naturalmente, Maurizio Landini e Roberto Saviano. Come atto di ottimismo la promessa che il centro in Albania funzionerà chiedendo allo “Stato italiano” e alle “persone perbene” di aiutarla in questa impresa. Visto che c'era non sarebbe stato male se avesse sciolto la definizione di “Stato italiano” e di “persone perbene”; ma si capisce bene a cosa ci si riferisce: a smetterla di essere antitaliani perché, quasi una vendetta postuma della Storia, l'Italia è quanto viene incarnato dallo “spirito della Nazione”. E qui si inserisce una considerazione sul processo a Matteo Salvini a Palermo da cui è uscito assolto. E' chiaro che Salvini avrebbe cavalcato la soluzione ad uso populistico definendosi alla stregua di una guardia costiera politica che difende i nostri confini. Se è per questo il Mediterraneo che ha ingoiato negli ultimi tempi circa duemila migranti ci ha tragicamente difeso più delle pretese seguritarie di Salvini, ma ci viene un brivido solo ad accennare a una così tragica constatazione. Accoglienza non significa sbracatura, ma fare cose non sbracate non è una pratica italiana. Il non aver capito, poi, che il fenomeno migratorio non è una emergenza, ma un fatto epocale che segna il mutamento di un'epoca e che, quindi, abbisogna di politiche adeguate è solo una delle tante dimostrazioni di come da più di tre decenni questo Paese non ha una classe politica all'altezza; ovvero ce l'ha solo del populismo. Ossia di una politica coinvolgente per propri fini di potere al limite della legalità democratica e delle norme morali non scritte della democrazia un popolo concepito con la “p” minuscola. Giuseppe Mazzini, in tutta la sua opera scrive sempre la parola Popolo con la “p” maiuscola. Quando i popoli si mettono in movimento niente o nulla li può fermare e, quindi, bisogna fare delle politiche adeguate, anche rigorose, ma esse non possono negare il presupposto di partenza della questione: l'esistenza non evenemenziale della questione. Organizzare un'Internazionale di destra anche per porre argine al problema come sta facendo Musk consorziando in un sovranismo planetario di cui, naturalmente lui è il sovrano, Neil Farage, Javier Milei, Viktor Orbàn e Calin Georgescu, aggraverà pesantemente il quadro internazionale tra l'altro dandola vinta, sul piano ideologico, a Vladimir Putin esportando nell'Occidente liberaldemocratico una concezione “orientale” del potere. La crisi della democrazia, così, si rafforza e la corruzione delle coscienze dovuta alla falsità che viene elargita momento dopo momento prenderà le forme di una crisi della nostra civiltà. Con ciò il fattore guerra diventerà il dato con cui dovremo convivere. Ma per tornare all'appello della presidente del consiglio ad aiutare lo Stato italiano da parte degli italiani perbene nella realizzazione della politica di contrasto all'emigrazione da lei perseguita, perché non addita, dopo le dichiarazioni seguite alla sentenza di Palermo da parte di Matteo Salvini, il suo vice come l'esempio dell'italiano che incarna lo spirito della Nazione? Così emblematizzerebbe e risparmierebbe anche la voce!
Infine: l'urlo nei comizi è ammesso, fa parte del canone e, quindi, anche se lo riteniamo un qualcosa di improprio per il capo di un governo, non ce ne stupiamo. Viene usato per dare forza al ragionamento; nel caso del discorso di Atreju ci è parso per nascondere una paura considerate le condizioni del Paese e quelle di una maggioranza che mente sapendo di mentire quando afferma la propria compattezza. Pensiamo che proprio la debolezza e le divisioni della maggioranza a fronte di una situazione economica e sociale complessa e pesante quale è la nostra, la paura di non farcela, a ben vedere, sia più che giustificata.
Fonte: di Paolo Bagnoli