"LE RADICI DELLA POLITICA" di Paolo Bagnoli
21-02-2022 - EDITORIALE
Uno dei motivi caratterizzanti questa lunga, lunghissima stagione repubblicana seguita a Tangentopoli, devastante la nostra democrazia per quanto l’antipolitica e il populismo hanno generato, è che si sia pensato – e si continui a pensare – che possa esserci una politica aliena da ogni radice culturale. Non assistiamo solo a una crisi della “ragione politica”, ma più semplicemente della “ragione” tour court.
La nostra quotidianità politica è rappresentata da una accentuata miseria intellettuale, e quindi morale, poiché non assistiamo a nessun vero confronto di idee politiche; il pensiero su cosa dovrebbe essere questo Paese e sui programmi di vita degli italiani, ossia il nostro presente e il nostro futuro, è completamente assente. Tutto è occasionale, le proposte sono improvvisate sull’onda di quanto si pensa possa intercettare le preferenze dei cittadini in quel momento; l’empiria si afferma e si consuma in parole d’ordine, posizionamenti tattici, roboanti dichiarazioni che nulla producono se non titoli di stampa o fari accesi sui social che riempiono le tante solitudini e frustrazioni dell’uomo di oggi. Si tratta di una vera e propria truffa intellettuale poiché, un tale movimento agitatorio si cela per lo più dietro roboanti dichiarazioni di fede ora in un europeismo alla buona, oppure in un nazionalismo e sovranismo che rappresentano la parte maleodorante di un sentire politico improvvisato; qualche volta pure di utopie o di indirizzi addirittura di salvezza; insomma, niente di serio. Di ciò, per grande parte, si nutre la nostra politica. Al contrario, la politica vera e la “ragione” che le dà senso non può che nascere da precisi indirizzi culturali, concezioni ideologiche che raccordano nel farsi della storia, le idee ai fatti; non certo da vaghi principi o valori così astratti che chiamarli valori significa fare un torto alla morale dell’uomo quale persona.
Senza dibattito, senza urto delle idee, non esistono proposte concrete e, quindi, svanisce la strada che porta alla scelta di fini comuni. L’empirismo, infatti, non segna alcun indirizzo, non indica alcuna strada, ma solo un vagabondare che porta alla fine la democrazia a sbattere. La politica e il suo farsi perdono serietà; tutto si consuma nello spazio dell’attimo, ma la serietà della politica nasce dal palpitare delle idee, dalla costruzione del terreno per applicarle che diviene, esso stesso, il terreno delle idee che, nella loro diversità, conferiscono un volto alle forze storiche; a un luogo ove si presta attenzione in un ascolto non formale o di maniera ai conflitti sociali e si lotta per profilare lo spazio del futuro. Per noi il socialismo liberale, ossia il socialismo nella libertà, è la bussola progettuale della democrazia.
La cultura, quindi, è il fondamento imprescindibile della politica che è moralità concreta, passione civile, senso concreto della libertà che spinge e conforma la storia dell’uomo perché implica la costruzione di istituti di libertà, di socialità diffusa, di giustizia sociale in quanto la libertà è il patrimonio di tutte le classi sociali. E’ il messaggio, appunto, del socialismo liberale, della libertà che libera tramite nuovi ordinamenti politici, il superamento delle diseguaglianze economiche dando fondatezza alla dignità dell’uomo.
La cultura unita alla politica esprime una forza argomentativa che permette alle idee di divenire programma in azione. Ciò è possibile se il farsi della politica, ossia l’agire politico, è presupposto dalla intellettualità.
E’ una questione assente dal nostro teatro politico e vuote, talora, risultano le forme della nostra convivenza che non si determina per comune territorialità, ma in quanto le idee che sostengono la politica la disegnano. Per ricostruire la democrazia repubblicana bisogna ripartire da qui; il problema non è né tecnico né meramente pratico, ma intrinsecamente morale.
La nostra quotidianità politica è rappresentata da una accentuata miseria intellettuale, e quindi morale, poiché non assistiamo a nessun vero confronto di idee politiche; il pensiero su cosa dovrebbe essere questo Paese e sui programmi di vita degli italiani, ossia il nostro presente e il nostro futuro, è completamente assente. Tutto è occasionale, le proposte sono improvvisate sull’onda di quanto si pensa possa intercettare le preferenze dei cittadini in quel momento; l’empiria si afferma e si consuma in parole d’ordine, posizionamenti tattici, roboanti dichiarazioni che nulla producono se non titoli di stampa o fari accesi sui social che riempiono le tante solitudini e frustrazioni dell’uomo di oggi. Si tratta di una vera e propria truffa intellettuale poiché, un tale movimento agitatorio si cela per lo più dietro roboanti dichiarazioni di fede ora in un europeismo alla buona, oppure in un nazionalismo e sovranismo che rappresentano la parte maleodorante di un sentire politico improvvisato; qualche volta pure di utopie o di indirizzi addirittura di salvezza; insomma, niente di serio. Di ciò, per grande parte, si nutre la nostra politica. Al contrario, la politica vera e la “ragione” che le dà senso non può che nascere da precisi indirizzi culturali, concezioni ideologiche che raccordano nel farsi della storia, le idee ai fatti; non certo da vaghi principi o valori così astratti che chiamarli valori significa fare un torto alla morale dell’uomo quale persona.
Senza dibattito, senza urto delle idee, non esistono proposte concrete e, quindi, svanisce la strada che porta alla scelta di fini comuni. L’empirismo, infatti, non segna alcun indirizzo, non indica alcuna strada, ma solo un vagabondare che porta alla fine la democrazia a sbattere. La politica e il suo farsi perdono serietà; tutto si consuma nello spazio dell’attimo, ma la serietà della politica nasce dal palpitare delle idee, dalla costruzione del terreno per applicarle che diviene, esso stesso, il terreno delle idee che, nella loro diversità, conferiscono un volto alle forze storiche; a un luogo ove si presta attenzione in un ascolto non formale o di maniera ai conflitti sociali e si lotta per profilare lo spazio del futuro. Per noi il socialismo liberale, ossia il socialismo nella libertà, è la bussola progettuale della democrazia.
La cultura, quindi, è il fondamento imprescindibile della politica che è moralità concreta, passione civile, senso concreto della libertà che spinge e conforma la storia dell’uomo perché implica la costruzione di istituti di libertà, di socialità diffusa, di giustizia sociale in quanto la libertà è il patrimonio di tutte le classi sociali. E’ il messaggio, appunto, del socialismo liberale, della libertà che libera tramite nuovi ordinamenti politici, il superamento delle diseguaglianze economiche dando fondatezza alla dignità dell’uomo.
La cultura unita alla politica esprime una forza argomentativa che permette alle idee di divenire programma in azione. Ciò è possibile se il farsi della politica, ossia l’agire politico, è presupposto dalla intellettualità.
E’ una questione assente dal nostro teatro politico e vuote, talora, risultano le forme della nostra convivenza che non si determina per comune territorialità, ma in quanto le idee che sostengono la politica la disegnano. Per ricostruire la democrazia repubblicana bisogna ripartire da qui; il problema non è né tecnico né meramente pratico, ma intrinsecamente morale.