"MIDTERM STATUNITENSI: SORPRESE, VITTORIE E SCONFITTE"
19-11-2022 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
L’8 novembre, con i midterm statunitensi, si è deciso il destino di 435 seggi biennali alla Camera dei Rappresentanti, 34 dei 100 seggi semestrali al Senato e 36 dei 50 governatori statali. I bassi indici di approvazione del presidente Biden, l'inflazione dilagante, i salari reali in calo, i tassi di interesse in aumento e la criminalità violenta nelle grandi città ormai senza controllo, facevano prevedere un vero e proprio massacro per i democratici. La vittoria avrebbe dato ai repubblicani il potere di rovesciare le sottili maggioranze democratiche in entrambe le Camere, e a Donald Trump la certezza di riconquistare la Casa Bianca alle elezioni del 2024. Non solo. Assumendo la guida del Congresso, i repubblicani avevano in programma di sciogliere il comitato che indaga sulle violenze perpetrate dai sostenitori di Trump al Campidoglio il 6 gennaio dello scorso anno, di tagliare la spesa interna e gli aiuti militari statunitensi all'Ucraina, e di aumentare la spesa per la difesa. Il partito di un presidente al primo mandato perde quasi sempre seggi a metà mandato: è accaduto a Ronald Reagan, George Bush Sr, Bill Clinton e Barack Obama. Questa volta però la posta era più alta che nel passato: in gioco c’era il futuro della stessa democrazia, il cui destino dipende dal fatto che i perdenti accettino o meno la sconfitta. Al contrario dei democratici, Biden appariva ottimista: aveva raggiunto obiettivi importanti con la legge che destinava miliardi di dollari alla riduzione dei costi dei farmaci, alla lotta ai cambiamenti climatici, e al condono dei debiti dei prestiti studenteschi. A giocare a favore dei democratici c’era anche la decisione della Corte Suprema che ha annullato la garanzia federale di accesso all'aborto. Le ambizioni repubblicane di prendere il controllo di entrambe le camere del Congresso cominciano però a vacillare mano a mano che arrivano i risultati del voto. La perdita di un seggio cruciale al Senato come quello della Pennsylvania, dove John Fetterman, nonostante avesse subito un ictus, ha sconfitto il famoso medico televisivo Mehmet Oz appoggiato da Donald Trump, è un colpo durissimo. Poco alla volta risulta evidente che quasi tutti i candidati sostenuti da Trump non ce l’hanno fatta. A dare la batosta principale all’ex presidente non sono però i repubblicani sconfitti e da lui sostenuti, ma il repubblicano che ha stravinto in Florida senza il suo aiuto: il giovane, aggressivo, fotogenico Ron DeSantis, che è ora in pole position per sfidarlo alla nomina presidenziale repubblicana nel 2024. Le elezioni dell’8 novembre hanno riservato anche altre sorprese: la maggioranza dei repubblicani alla Camera è stata inferiore al previsto, mentre il Senato è rimasto nelle mani dei democratici. E per la prima volta in molti Stati si sono infrante le barriere di razza, genere e sessualità. Nel Maryland, il democratico Wes Moore, uomo d’affari e filantropo, è diventato il primo governatore nero dello stato. In Arkansas e New York sono state elette le prime donne governatrici. In Massachusetts, il procuratore generale Maura Healey è diventata la prima donna apertamente lesbica ad essere eletta governatore del paese. La cosiddetta Generazione Z – quella nata nel 1997 e appena eleggibile alla Camera – può vantare il suo primo membro alla Camera: Maxwell Alejandro Frost, un democratico di 25 anni, nero latino del sud, vincitore del seggio a Orlando, in Florida. Quanto ai candidati repubblicani sostenuti da Trump, o sono stati battuti, o hanno avuto risultati inferiori alle previsioni: Kathy Hochul ha vinto la sua prima elezione a New York battendo Lee Zeldin, sostenuto dall’ex presidente. Gretchen Whitmer è stata riconfermata governatore del Michigan sconfiggendo un altro candidato sostenuto da Trump, Tudor Dixon. In Pennsylvania, il democratico Josh Shapiro ha vinto su Doug Mastriano, sostenitore delle false teorie del complotto secondo cui le elezioni del 2020 erano state truccate a favore di Biden. Le elezioni dell’8 novembre hanno mostrato chiaramente che gli elettori si sono allontanati dalla politica dell'estremismo, che sono stanchi di dramma e di isteria, della routine dell'oltraggio e del conflitto – un messaggio per entrambi i partiti, ma soprattutto per i repubblicani. Quanto a Biden, non c’è dubbio che abbia goduto del migliore risultato alle elezioni di medio termine per un presidente in carica da George W Bush nel 2002. Il che lascia il partito democratico di fronte alle conseguenze di un successo inaspettato: convincere il presidente a non perseguire un secondo mandato è diventato difficile, anche se lo stato di deterioramento delle sue capacità cognitive è evidente. Ma qual è l'alternativa? Gavin Newsom, il governatore della California, ha poco fascino. Il talentuoso Pete Buttigeig potrebbe essere ancora un po' troppo gay per molti elettori americani. Se con le elezioni di midterm la stella di Biden è diventata più brillante, quella di Trump è stata offuscata. Tuttavia, nonostante le speranze in un'"ondata rossa" di dozzine di vittorie repubblicane siano andate deluse, il 16 novembre Donald Trump lancia la sua terza campagna per la presidenza degli Stati Uniti “per salvare il nostro Paese” e “costruire la più grande economia di sempre”. In un discorso di un'ora ha passato in rassegna i suoi successi in carica, accusato Biden di numerosi fallimenti e esposto alcune idee per un secondo mandato, tra cui: pena di morte per gli spacciatori, piantare la bandiera degli Stati Uniti su Marte, investire in uno scudo di difesa missilistica per proteggere l'America dall'attacco nucleare. Potrebbe davvero vincere di nuovo? La sua prima sfida è ottenere la nomination repubblicana. Ciò è improvvisamente diventato più difficile rispetto al 2020, perché ora deve affrontare potenzialmente un formidabile rivale repubblicano, il governatore della Florida Ron DeSantis. Più difficile, ma non impossibile. Nel 2017 ha saputo dare voce alle frustrazioni, le speranze e le paure dei molti milioni di americani che si sentono abbandonati e disprezzati dalle élite politiche, culturali ed economiche del paese. E ha vinto. Quelle frustrazioni, speranze e paure non si sono dileguate. Dati i tempi difficili che il paese dovrà affrontare il prossimo anno, è probabile che proliferino. La Casa Bianca è il traguardo cui mirano democratici e repubblicani. Prevedere l’esito della gara, stando all’attuale situazione, è prematuro. Quello che è certo è che la corsa alla prossima presidenza americana è cominciata.
Fonte: di Giulietta Rovera