"MISSION ACCOMPLISHED O NO?"
16-09-2021 - E SULLA QUESTIONE AFGHANA
Mentre scriviamo la bandiera bianca dei talebani sventola di nuovo sul palazzo presidenziale di Kabul. Dopo vent'anni di guerra guerreggiata tra la coalizione dei paesi occidentali e le fazioni islamiste radicali presenti nel paese, una cosa è certa: la guerra è persa e gli sconfitti se ne vanno con la coda tra le gambe.
Perché è successo tutto ciò? Si poteva evitare o il destino di questo scontro era già scritto in partenza? Difficile dare una risposta articolata nello spazio destinato a questo articolo ma proveremo comunque ad accennare alcune risposte.
Anzitutto l'Afghanistan. Questo paese è ben noto nella storia per aver dato un colpo decisivo all'impero britannico nel corso delle tre guerre afghane che si svolsero nell'arco di molti anni (dal 1838 al 1907). Queste guerre andavano a inserirsi nel cosiddetto ‘Grande gioco' che vedeva l'impero britannico cercare di contenere le ambizioni russe nei confronti dell'India. Presto i britannici si convinsero, però, che i costi per occupare militarmente l'Afghanistan e tenerlo sotto il loro tallone sarebbero stati insostenibili e convennero sul fatto che sarebbe stato preferibile concedere l'indipendenza al Paese e utilizzarlo come cuscinetto fra le propaggini asiatiche dell'impero russo e l'India.
La seconda potenza che non aveva fatto i conti con l'Afghanistan, la sua orografia, la carenza di vie di comunicazione e l'eterogeneità della sua composizione etnica fu la Russia sovietica che, nel 1979 invase il territorio afghano a sostegno della creazione nel paese di un regime ispirato da Mosca. La guerra proseguirà per dieci anni, il regime moscovita si dissanguerà economicamente e la vittoria della guerriglia dei mujaheddin non sarà estranea al collasso del regime sovietico.
E siamo al giorno d'oggi. George Bush jr. nel 2001 ordina alle forze americane di attaccare il paese in risposta all'attacco suicida di terroristi islamisti alle Torri gemelle dell'11 settembre 2001. La spiegazione che viene data all'opinione pubblica è la cattura di Osama bin Laden - mente degli attacchi perpetrati a New York – mentre, progressivamente le truppe americane e quelle dei paesi NATO, tra cui l'Italia, sono sempre più impegnate in combattimenti sul campo. Nel 2011, sotto la presidenza Obama, gli Stati Uniti riescono ad uccidere Osama bin Laden in Pakistan. Nello stesso tempo, numerosi paesi, tra cui l'Italia – con numerose ONG presenti sul territorio - e gli stessi Stati Uniti, sono impegnati anche in una meritoria (almeno per alcuni settori) opera di nation-building attraverso azioni mirate nei più diversi settori. Il nostro paese si è distinto soprattutto per garantire la tutela dei diritti delle donne e per l'empowerment di queste ultime. Presenze italiane importanti si sono avute anche nei settori dell'istruzione, della giustizia, della salute e del micro credito. Le nostre truppe hanno avuto anche il compito di contribuire a ricostruire le forze armate afghane.
Com'è noto, l'ex-presidente USA Donald Trump aveva già negoziato l'anno scorso, con l'accordo di Doha, la fine delle operazioni in Afghanistan, fissando il ritiro dei militari entro e non oltre il 31 agosto 2021. Quando il termine si è avvicinato, però, niente è andato come previsto.
È evidente che nessuno dei decisori negli Stati Uniti aveva la minima idea di quale fosse la storia dell'Afghanistan (e già questo avrebbe imposto una severa riflessione prima di prendere qualunque decisione) ma è mancato completamente il rapporto tra i politici, le agenzie di intelligence e le forze combattenti. Al Presidente USA Joe Biden sono state propinate narrazioni inverosimili sulle capacità di resistenza e contrattacco delle forze afghane (è ignoto, al momento, se per incompetenza o malafede), quando era chiaro a chiunque avesse avuto occhi per vedere che nessun componente del ricostituito esercito afghano si sarebbe battuto per il regime corrotto del presidente Ashraf Ghani. Era chiaro da tempo a tutti gli osservatori che il tempo lavorava a favore dei talebani e che questi avrebbero solo dovuto attendere il ritiro completo degli occidentali. Le immagini che tutti abbiamo visto in televisione non fanno onore all'impegno che è stato speso da tutti negli ultimi venti anni. Le scene degli afghani collaboratori degli occidentali che si accalcano all'aeroporto di Kabul nella speranza di poter cominciare una nuova vita in qualche altro paese hanno provocato un dolore difficile da descrivere così come il pensiero che le donne di quel paese possano essere rigettate nuovamente nell'angolo più buio della Storia.
Di questo tracollo sono compartecipi a tutti gli effetti anche gli europei che da ora in avanti dovranno fare i conti con la diversa attitudine messa in campo da Biden nei confronti delle crisi internazionali. Se il nuovo principale antagonista della politica estera americana sarà la Cina, all'Unione europea non resterà altro da fare che mettersi intorno a un tavolo per preparare una risposta all'altezza della sfida.
Auguriamoci, dunque, che questa nuova crisi metta in moto un processo virtuoso che porti a decisioni coraggiose, concrete ed efficaci nel campo della cooperazione militare e della politica migratoria (non scordiamoci le decine di migliaia di rifugiati afghani che sono in cammino verso i paesi europei).
Perché è successo tutto ciò? Si poteva evitare o il destino di questo scontro era già scritto in partenza? Difficile dare una risposta articolata nello spazio destinato a questo articolo ma proveremo comunque ad accennare alcune risposte.
Anzitutto l'Afghanistan. Questo paese è ben noto nella storia per aver dato un colpo decisivo all'impero britannico nel corso delle tre guerre afghane che si svolsero nell'arco di molti anni (dal 1838 al 1907). Queste guerre andavano a inserirsi nel cosiddetto ‘Grande gioco' che vedeva l'impero britannico cercare di contenere le ambizioni russe nei confronti dell'India. Presto i britannici si convinsero, però, che i costi per occupare militarmente l'Afghanistan e tenerlo sotto il loro tallone sarebbero stati insostenibili e convennero sul fatto che sarebbe stato preferibile concedere l'indipendenza al Paese e utilizzarlo come cuscinetto fra le propaggini asiatiche dell'impero russo e l'India.
La seconda potenza che non aveva fatto i conti con l'Afghanistan, la sua orografia, la carenza di vie di comunicazione e l'eterogeneità della sua composizione etnica fu la Russia sovietica che, nel 1979 invase il territorio afghano a sostegno della creazione nel paese di un regime ispirato da Mosca. La guerra proseguirà per dieci anni, il regime moscovita si dissanguerà economicamente e la vittoria della guerriglia dei mujaheddin non sarà estranea al collasso del regime sovietico.
E siamo al giorno d'oggi. George Bush jr. nel 2001 ordina alle forze americane di attaccare il paese in risposta all'attacco suicida di terroristi islamisti alle Torri gemelle dell'11 settembre 2001. La spiegazione che viene data all'opinione pubblica è la cattura di Osama bin Laden - mente degli attacchi perpetrati a New York – mentre, progressivamente le truppe americane e quelle dei paesi NATO, tra cui l'Italia, sono sempre più impegnate in combattimenti sul campo. Nel 2011, sotto la presidenza Obama, gli Stati Uniti riescono ad uccidere Osama bin Laden in Pakistan. Nello stesso tempo, numerosi paesi, tra cui l'Italia – con numerose ONG presenti sul territorio - e gli stessi Stati Uniti, sono impegnati anche in una meritoria (almeno per alcuni settori) opera di nation-building attraverso azioni mirate nei più diversi settori. Il nostro paese si è distinto soprattutto per garantire la tutela dei diritti delle donne e per l'empowerment di queste ultime. Presenze italiane importanti si sono avute anche nei settori dell'istruzione, della giustizia, della salute e del micro credito. Le nostre truppe hanno avuto anche il compito di contribuire a ricostruire le forze armate afghane.
Com'è noto, l'ex-presidente USA Donald Trump aveva già negoziato l'anno scorso, con l'accordo di Doha, la fine delle operazioni in Afghanistan, fissando il ritiro dei militari entro e non oltre il 31 agosto 2021. Quando il termine si è avvicinato, però, niente è andato come previsto.
È evidente che nessuno dei decisori negli Stati Uniti aveva la minima idea di quale fosse la storia dell'Afghanistan (e già questo avrebbe imposto una severa riflessione prima di prendere qualunque decisione) ma è mancato completamente il rapporto tra i politici, le agenzie di intelligence e le forze combattenti. Al Presidente USA Joe Biden sono state propinate narrazioni inverosimili sulle capacità di resistenza e contrattacco delle forze afghane (è ignoto, al momento, se per incompetenza o malafede), quando era chiaro a chiunque avesse avuto occhi per vedere che nessun componente del ricostituito esercito afghano si sarebbe battuto per il regime corrotto del presidente Ashraf Ghani. Era chiaro da tempo a tutti gli osservatori che il tempo lavorava a favore dei talebani e che questi avrebbero solo dovuto attendere il ritiro completo degli occidentali. Le immagini che tutti abbiamo visto in televisione non fanno onore all'impegno che è stato speso da tutti negli ultimi venti anni. Le scene degli afghani collaboratori degli occidentali che si accalcano all'aeroporto di Kabul nella speranza di poter cominciare una nuova vita in qualche altro paese hanno provocato un dolore difficile da descrivere così come il pensiero che le donne di quel paese possano essere rigettate nuovamente nell'angolo più buio della Storia.
Di questo tracollo sono compartecipi a tutti gli effetti anche gli europei che da ora in avanti dovranno fare i conti con la diversa attitudine messa in campo da Biden nei confronti delle crisi internazionali. Se il nuovo principale antagonista della politica estera americana sarà la Cina, all'Unione europea non resterà altro da fare che mettersi intorno a un tavolo per preparare una risposta all'altezza della sfida.
Auguriamoci, dunque, che questa nuova crisi metta in moto un processo virtuoso che porti a decisioni coraggiose, concrete ed efficaci nel campo della cooperazione militare e della politica migratoria (non scordiamoci le decine di migliaia di rifugiati afghani che sono in cammino verso i paesi europei).
Fonte: di ANDREA BECHERUCCI