Credo che il miglior complimento che si possa fare a uno scrittore e, in particolare, a uno storico, sia quello di dirgli di aver letto il suo libro con piacere.
Lo storico, infatti, che è quello che qui ci interessa, specie quando si propone di rivolgersi al grosso pubblico, e non alla ristretta cerchia degli “addetti ai lavori“, si trova di fronte ad alcuni possibili rischi.
Il primo è quello di fare come certi accademici, sostenuti da coorti di assistenti, documentati e precisi fino alla pignoleria, ma spesso aridi nell'esposizione, tanto da avere buone probabilitá di finire col parlarsi addosso e di riuscire solo a procurare sonnolenza, specie quando l'argomento è troppo specialistico.
E' anche esposto al “pericolo” opposto, quando vuole, con eccessiva disinvoltura, ad ogni costo raggiungere il lettore comune, anche quello di facile palato: cioè quando sceglie di usare un linguaggio accattivante e colorito, accompagnato pero' da un impegno facilone e superficiale nei contenuti, caratterizzato da un taglio espositivo leggero ma evanescente, generalizzando e lasciandosi andare ad imprecisioni di vario tipo, senza troppo rispetto per i lettori.
Un altro “pericolo” ancora lo storico deve fronteggiare quando si occupa di storia molto contemporanea, quando cioè i protagonisti delle opposte fazioni o i loro diretti discendenti sono per la maggior parte ancora viventi. Essi fatalmente si aspettano un'esaltazione delle loro “imprese”, condite da frecciatine, ironiche o velenose, contro i loro avversari di un tempo. E se cio', com'è giusto, nel libro non trovano, fatalmente se la prendono con l'autore.
Un'ulteriore difficoltá puo' nascere quando, come nel caso del libro in esame, si devono collegare vicende locali col mutevole quadro nazionale, poiché si rischia di essere discontinui e dispersivi.
Ebbene, a mio parere, Enrico Baiardo e Marco Peschiera tutti questi potenziali ostacoli li hanno brillantemente superati nel loro impegnativo lavoro su I socialisti e Genova.
I due storici genovesi sono riusciti a coniugare una ricerca storica assai puntuale e precisa, come dimostrano la corposa bibliografia e la ricchezza delle annotazioni e delle citazioni che l'accompagnano, con uno stile agile e vivace, quasi parlato, capace di incollare persone di vario livello culturale alla lettura di un libro in realtá molto impegnativo.
La narrazione è infatti interrotta da opportuni intervalli di aneddotica e da ispirate pennellate, capaci di delineare, in poche battute, fatti e personaggi, come quella che a pagina 22 presenta il Nenni reduce da vent'anni di dure battaglie, che nel 1943 cerca di ricostruire il partito socialista: Oratore sontuoso, eccezionale giornalista e titolista, formidabile bestemmiatore come tutti i romagnoli esclusi forse i preti, aveva passato tutta la trafila di carceri, esilio e confino, con in mezzo la guerra di Spagna.
Sembra quasi di veder scorrere davanti a noi, con ritmo incalzante, i giorni epici e convulsi succeduti alla caduta di Mussolini nel luglio del '43, con tutti quei socialisti di varia scuola che sbucano dalle catacombe, che arrivano dall'esilio o dal confino, che escono dalle prigioni fasciste, e si immergono in una frenetica attivitá, fatta di appassionati incontri e di impegnative riunioni, per tentare di ricucire le loro precedenti divisioni; e poi l'invasione tedesca, gli eccidi nazisti, la Resistenza, la vittoria, l'effervescenza eroica, formicolante di iniziative, per l'opera immane della ricostruzione, la battaglia per la repubblica, la fine dell'unitá antifascista, la contrapposizione fra centrismo conservatore e fronte popolare. E ancora l'autonomia socialista, il centro-sinistra, le scissioni e le fusioni, il craxismo, il pentapartito, la dissoluzione del PSI…
Tutti gli avvenimenti sono plasticamente resi, con personaggi veri che si muovono nello scenario genovese e in quello nazionale in un intreccio di vicende, di cui gli autori dimostrano di avere assoluta padronanza.
Sembra anche di vedere un immaginario teatro in cui una sapiente regía sposta il riflettore da un angolo all'altro del palcoscenico, ora su cio' che accade a Genova, ora su cio' che si decide a Roma, senza che venga mai meno lo sguardo d'insieme sulle vicende che senza cadute di ritmo si snodano davanti agli occhi del lettore-spettatore.
Il libro contiene un'imponente mole di particolari, spesso sconosciuti al grosso pubblico, e non solo; ma le note esplicative, che non danno nulla per scontato, aiutano il lettore ad usufruire di una piú consapevole lettura degli avvenimenti narrati.
I nostri autori hanno, ovviamente, come tutti noi lettori, le loro convinzioni e preferenze sul piano politico, ma non si puo' non convenire che essi, nella stesura del testo, si sono sempre sforzati di presentare e documentare le opposte tesi, sfuggendo cosí ad una partigianeria che avrebbe sostanzialmente tradito lo scopo ultimo che essi si proponevano, quello cioè di dipanare lo stretto intreccio fra la storia della propria cittá e quella del piú antico e glorioso partito italiano, il PSI, nato per l'appunto a Genova.
Ma se proprio si vuole indagare sulle loro simpatie, crediamo di poter rinviare il lettore curioso ai due personaggi ritratti in copertina, che, con efficace sintesi, rappresentano il meglio del socialismo italiano.
La posizione degli autori appare comunque netta e puntuale quando affrontano le malefatte dei vari lestofanti o dei voltagabbana, categorie sempre presenti nella complessa vicenda umana. In questi casi essi spesso si servono dell'arma dell'ironia: un'ironia sottile, ricca di battute e sorrisetti, che si esprime soprattutto attraverso opportune citazioni di libri e giornali.
Un altro aspetto che ci sembra di poter cogliere nel libro è una certa rivalutazione del socialismo di sinistra e dell'importante ruolo da esso svolto nell'Italia del Novecento.
Questa rivisitazione è da considerarsi culturalmente alquanto coraggiosa perché in netta contrapposizione con l'intera (o quasi) storiografia contemporanea, anche di parte socialista, compattamente schierata nel sostenere che “Saragat aveva ragione”, mentre dirigenti come Rodolfo Morandi, Emilio Lussu, Lelio Basso, Riccardo Lombardi sembrano ormai relegati nella categoria degli idealisti senza domani.
In conclusione, quello di Baiardo e Peschiera è un libro ricco di contenuti, scorrevole nella forma e che si fa leggere con interesse, che sviscera la storia di una cittá cara a tutti gli italiani e la sua intima connessione con la storia nazionale, e socialista in particolare, nel periodo della Prima Repubblica.
Diciamo, infine, che – a nostro avviso - sarebbe stato opportuno corredare il testo con un indice dei nomi citati, per meglio consentire ai lettori, in particolare ai non genovesi, di piú facilmente collegare i fatti e rintracciare i personaggi.