"IL RESPONSABILE SERGIO MATTARELLA NEL DISCORSO DI FINE ANNO"

23-01-2023 -

Dalla Sala della Musica del Palazzo del Quirinale, lo scorso 31 dicembre 2022, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha pronunciato in piedi (così come accade dal 2019) il discorso di fine anno trasmesso su scala nazionale e seguito da 11 milioni di telespettatori. Si tratta dell'ottavo discorso di auguri per Mattarella, il primo dalla rielezione al Colle avvenuta il 29 gennaio 2022.

Il messaggio di fine anno, non espressamente previsto dalla Costituzione, è una consuetudine nata nel 1949 quando il Presidente Luigi Einaudi trasmise via radiofonica il primo messaggio di 148 parole. Da allora la consuetudine si è trasformata quasi in un vero e proprio rito civile, nel quale la figura più autorevole dell'ordinamento italiano, “capo dello Stato e rappresentante dell'unità nazionale” si rivolge ai cittadini tendendo un bilancio dell'anno giunto alla conclusione e esprimendo gli auspici per quello che inizia.

Ciascun messaggio presidenziale è legato alle traiettorie e al contesto storico e la scelta dei temi e dello stile comunicativo non è un genere vincolante piuttosto un'espressione della personalità del Presidente in cui il proprio percorso, compreso quello di carattere politico, possono giocare un ruolo non secondario.

L' “inatteso” secondo mandato presidenziale – alla vigilia dell'inizio delle elezioni la candidatura più quotata sembrava essere quella di Mario Draghi – è stato ancora una volta denso di eventi politici e istituzionali, alcuni dei quali hanno costituito un unicum nella storia repubblicana.

Il tredicesimo Presidente della Repubblica con tono pacato ripercorre nel suo discorso durato 16 minuti (appena 45 secondi in più rispetto a quello del 2021) lo scioglimento anticipato delle Camere, le successive elezioni politiche tenutesi per la prima volta in autunno, il “chiaro” risultato elettorale che ha permesso un varo rapido del nuovo governo e ha fatto sì che il Presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, divenisse Presidente del Consiglio. Una donna alla guida dell'esecutivo, una novità di “significato sociale e culturale” e una conferma che la democrazia italiana, ancora una volta, si sia rivelata «matura, compiuta, anche per questa esperienza, da tutti acquisita, di rappresentare e governare un grande paese”.

Un governo legittimato in cui l' “arbitro” imparziale Mattarella ribadisce le regole di azione (valide in tutte le sedi istituzionali: Consigli comunali, Consigli provinciali, Regione, Parlamento nazionale) nell'interpretare gli interessi generali del Paese: chi è impegnato in politica deve essere responsabile e avere come bussola il rispetto della Costituzione, Carta scritta da un ampio arco di forze politiche e culturali, che ha garantito in questi primi 75 anni dall'entrata in vigore, il superamento delle prove a cui il Paese è stato chiamato a rispondere.

Un rapporto fra il Quirinale e Palazzo Chigi che dunque si mostra disteso e improntato alla collaborazione, alla correttezza e alla responsabilità. Mattarella super partes non bacchetta né frappone ostacoli all'attività dell'esecutivo. Non vi è traccia di alcuno scontro, che potrebbe nascere, forse, allorquando il tema storico – già proposto negli anni Ottanta durante la “Prima Repubblica” – della riforma costituzionale in senso presidenziale o semipresidenziale verrà affrontato.

Mattarella sottolinea più di una volta come la Costituzione, parola ripetuta tre volte, debba trovare applicazione, debba essere garantita per eliminare tutti quei fattori che infliggono ferite al tessuto sociale della nazione e ostacolano il diritto all' uguaglianza.

Riferimenti alla responsabilità, al lavoro che manca, all'ecologia, al rapporto fra l'uomo e l'ambiente, alla transizione digitale, tematiche care a Mattarella da sempre impegnato socialmente e politicamente, emergono anche in questo messaggio che non manca di affrontare ulteriori punti quali, ad esempio, il conflitto russo-ucraino o la situazione in Iran.

Il discorso coinciso del Capo dello Stato termina con un orizzonte concreto di speranza e con immagini di fiducia, che fanno leva sulle emozioni degli ascoltatori, per superare i limiti e i ritardi del Paese e “progettare il domani con coraggio” specie per le nuove generazioni, alle quali non manca di rivolgersi con un appello diretto.

Particolarmente efficace risulta l'uso della anafora del vocabolo “Repubblica”, “la nostra patria” che produce l'effetto di rendere attuale alla coscienza l'oggetto del discorso. Il termine “Repubblica” viene rievocato anche nella conclusione dove si afferma: “La Repubblica siamo tutti noi. Insieme”. Solo congiuntamente in un cammino condiviso potremmo dare risposta alle emergenze e compiere passi in avanti. Per il Presidente della Repubblica, come emerge in altri interventi, alla base dell'impegno civile vi è la convinzione che non possa esserci crescita e liberazione della singola persona se non in un rapporto di stretta interdipendenza con la crescita e la liberazione degli altri. Già negli anni Novanta Mattarella, che aveva da poco concluso l'esperienza al dicastero della Pubblica Istruzione, ribadiva l'importanza del “crescere insieme”, dell'evitare rapporti intersoggettivi aridi e di coltivare la solidarietà. Richiamava così alle menti la preghiera di San Francesco che non chiedeva tanto di essere amato quanto di amare, non tanto di essere compreso quanto di comprendere, non tanto di essere aiutato quanto di aiutare.





Fonte: di Loredana Nuzzolese