Da quando è iniziata l'era spaziale, è iniziato l'inquinamento orbitale attorno al pianeta Terra.
Un recente studio teorico stima la luminosità di fondo cielo allo zenit dovuta alla diffusione della luce solare da parte di satelliti artificiali e space debris in orbita circumterrestre. Istintivamente, si è portati a pensare che si tratti di una luminosità trascurabile, ma in realtà già ora il contributo alla brillanza di fondo cielo è circa il 10 per cento della luminosità naturale. Questo valore non farà che aumentare con l'entrata in servizio delle mega-costellazioni di satelliti
Lo sfruttamento dello spazio senza controllo ha negli anni creato una moltitudine di rifiuti che costituiscono un pericolo per i satelliti e le sonde in orbita, oltre che un problema per il futuro della space economy.
Sempre più satelliti in orbita, di diverso tipo ed utilizzo e in orbite diverse. In più, tutti i dispositivi fuori servizio, i frammenti, i detriti e i pezzi derivati dai lanci che si susseguono dagli anni '60. Tutto questo è compreso nel campo dei resident space object (Rso) e costituisce il cosiddetto inquinamento spaziale, un problema sempre più pressante alla luce degli imponenti programmi commerciali che le società private hanno per lo sfruttamento di quella che molti indicano come l'ultima frontiera e il prossimo terreno di scontro strategico tra le nazioni: lo spazio.
L'inquinamento spaziale è il risultato di un'attività antropica praticamente incontrollata che dura dall'inizio dell'era spaziale per l'umanità, un vero e proprio ‘Far West' per usare un eufemismo. Solo recentemente è in atto una nuova consapevolezza sulla cosiddetta sostenibilità dello spazio ovvero sugli effetti che la corsa allo spazio può creare a se stessa se non si fissano nuove norme che regolino l'accesso, l'utilizzo e la tutela dello spazio, ma anche la sua osservabilità dalla Terra. L'effetto di ostruzione e rifrazione creato da tutti gli oggetti in orbita sta già compromettendo la possibilità di osservazione del cielo. Motivo che ha spinto il lancio di telescopi spaziali al di fuori degli spazi orbitali per osservare il cosmo.
I satelliti artificiali in orbita attorno alla Terra attraggono l'attenzione degli astronomi sin dal lancio del primo oggetto del genere, lo Sputnik 1, nel 1957. Al 1° gennaio 2021, ci sono circa 3.372 satelliti in orbita. A questi vanno aggiunti altri novemila oggetti fuori controllo di grosse dimensioni, come stadi dei lanciatori e frammenti provenienti da esplosioni di satelliti, mentre un'ulteriore popolazione di circa 13mila oggetti più piccoli, con dimensioni fra i 10 cm e il metro, porta ad un totale di circa 26mila i satelliti/detriti spaziali in orbita attorno alla Terra. In pratica lo spazio circumterrestre è popolato da una vera e propria “nube” di oggetti artificiali, il cui numero aumenta sempre più anche per effetto delle reciproche collisioni.
Le quote dei satelliti vanno da poche centinaia di km per quelli in orbita bassa (come la Stazione spaziale internazionale - ISS), fino a circa 36mila km per quelli in orbita geosincrona. A questa quota i satelliti sono sempre illuminati dalla luce del Sole e sono sempre visibili dal suolo (ma non ad occhio nudo). Di conseguenza, appaiono come strisce di varie lunghezze e luminosità nelle immagini ottenute con i telescopi a terra: una manna per chi studia le orbite dei satelliti, un disturbo per chi osserva corpi celesti d'interesse astrofisico.
Nel prossimo decennio il numero dei satelliti in orbita attorno alla Terra è destinato ad aumentare di un fattore 10, per via del lancio delle grandi costellazioni di satelliti per le comunicazioni come gli Starlink. Chiaramente questo aumenterà la probabilità di trovare tracce di satelliti nelle immagini astronomiche, in modo particolare per i telescopi a grande campo di nuova generazione.
C'è un altro fattore che va tenuto sotto controllo per poter continuare a fare ricerca in campo astronomico: l'inquinamento luminoso. La causa principale di questa forma di inquinamento ambientale va ricercata principalmente nelle sorgenti luminose impiegate per l'illuminazione notturna di strade ed edifici che diffondono una buona parte della loro radiazione verso l'alto, cancellando il cielo notturno. La dispersione verso l'alto della radiazione luminosa, ovvero dove non serve, porta a uno spreco energetico e all'alterazione degli ecosistemi notturni. In effetti è esperienza comune a tutti che, dalle città, il cielo notturno non è più visibile, se non per gli astri più brillanti come Luna e Venere, e che bisogna almeno portarsi in aperta campagna per iniziare a distinguere le principali costellazioni o percepire la debole fascia della Via Lattea. Quello che era patrimonio di tutti è diventato accessibile a pochi.
In un sito affetto da inquinamento luminoso le prestazioni di un telescopio si riducono, per questo motivo gli osservatori astronomici vengono costruiti in posti remoti il più lontano possibile dalla civiltà: basta pensare all'ESO, l'Osservatorio australe europeo, che si trova in Cile, nel deserto di Atacama, in un luogo desolato ma buio.
Le scie lasciate da satelliti e space debris sulle immagini Ccd degli astronomi e l'inquinamento luminoso possono sembrare sorgenti di disturbo separate, ma in realtà un punto in comune c'è. Basta chiedersi: che contributo possono dare satelliti artificiali e space debris all'inquinamento luminoso? Si tratta di una domanda che si sono fatti in pochi e, a prima vista, la risposta sembrerebbe essere che sia del tutto trascurabile. Ha provato a rispondere seriamente un team guidato dall'astronomo slovacco Miroslav Kocifaj ed il risultato è ora illustrato in un paper accettato per la pubblicazione su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society Letters.
Un satellite o uno space debris diffondono una parte della radiazione solare che intercettano verso terra e questa, attraversando l'atmosfera, viene diffusa da molecole e pulviscolo andando ad aumentare la luminosità di fondo cielo. Mentre i telescopi e le fotocamere spesso risolvono gli oggetti spaziali come punti di luce discreti, i rivelatori di luce a bassa risoluzione come l'occhio umano vedono solo l'effetto combinato di molti di questi oggetti. L'analisi teorica di Kocifaj e colleghi include le distribuzioni note delle dimensioni e della luminosità sia di satelliti funzionanti sia di space debris. Non sono state incluse le mega-costellazioni future o gli oggetti non noti perché troppo piccoli. Alla fine dei calcoli l'effetto che trovano gli autori dello studio è un aumento complessivo non trascurabile della luminosità diffusa del cielo notturno.
Questa nuova componente alla luminosità di fondo cielo corrisponde al 10 per cento di quella naturale allo zenit, superando i limiti scelti dalla Unione astronomica internazionale nel 1979 per la luce diffusa che può essere presente nei siti sedi di osservatori astronomici. Il livello naturale di luminosità di fondo cielo è difficile da stabilire, dal momento che qualsiasi banda di osservazione si consideri, compresa quella visuale, è ampiamente variabile a seconda della regione del cielo che si considera, la posizione dell'osservatore, lo stato dell'atmosfera e l'intensità fluttuante dell'airglow. Tenuto conto di questi limiti, la luminosità naturale del cielo nel visibile corrisponde a una brillanza di circa +22 mag/secondo d'arco quadrato. Il contributo della luce diffusa da satelliti e space debris alza questa brillanza a circa +21.9 mag/secondo d'arco quadrato.
A differenza dell'inquinamento luminoso prodotto al suolo, questo tipo di inquinamento luminoso del cielo notturno può essere visto da gran parte della superficie terrestre: avere un osservatorio in luoghi remoti non risolve dunque il problema, e l'entrata in servizio delle mega-costellazioni aumenterà la diffusione della luce in atmosfera.
I risultati pubblicati indicano che la luminosità di fondo cielo è proporzionale al numero di satelliti lanciati e alle loro caratteristiche ottiche una volta in orbita. Le agenzie spaziali, come SpaceX, sono intervenute per ridurre la luminosità dei loro satelliti. Nonostante questi sforzi di mitigazione, l'effetto collettivo di un forte aumento del numero di oggetti in orbita sta per cambiare l'esperienza della visione del cielo notturno in tutto il mondo.
Nell'attesa di avere un osservatorio astronomico sulla faccia nascosta della Luna, gli autori dell'articolo sperano che il risultato del loro lavoro cambierà la natura del dialogo in corso tra operatori satellitari e astronomi su come gestire al meglio lo spazio circumterrestre. Un dialogo costruttivo è auspicabile. In ultima analisi, questo non è più un problema degli astronomi, ma di tutti quelli che amano trascorrere almeno qualche notte all'anno nell'osservazione del cielo notturno: un'esperienza fondamentale per ogni essere vivente consapevole di esistere.
Dal 2009, l'Esa ha dato il via al programma Space Situational Awareness e le aziende che gestiscono il segmento di Terra delle missioni hanno messo a punto una serie di servizi che forniscono alle missioni una vera e propria situazione meteo e del traffico per ogni fase. Sono già operativi e allo studio sistemi che combinano strumenti ottici, radar e sistemi di analisi basati su intelligenza artificiale che permettono il monitoraggio di tutti gli oggetti presenti nello spazio. Lo scorso 9 marzo L'Euspa e l'Unoosa hanno firmato una lettere di intenti per sfruttare tutti i sistemi satellitari di tracciamento, osservazione e comunicazione per disporre di un controllo sempre più puntuale degli oggetti spaziali.
Anche negli Usa, la US Space Force ha sollecitato l'industria privata a trovare una soluzione per l'inquinamento spaziale e la Nasa ha già implementato un sistema di catalogazione degli oggetti spaziali, basato su dimensioni e livelli di rischio, e un programma dedicato denominato Orbital Debris Program Office. L'inquinamento spaziale pone anche problemi giuridici, soprattutto per le nazioni poiché, secondo l'Outer Space Treaty sono esse le responsabili anche per le aziende che ricadono sul proprio territorio.
C'è dunque un rischio potenziale di scontro diplomatico e militare. I primi segni si sono visti in due circostanze. La prima è l'azione formale da parte della Cina verso SpaceX e gli Usa, a seguito delle manovre che la stazione Tiangong avrebbe dovuto effettuare a causa di due satelliti Starlink. La seconda è la decisione della Russia di distruggere un proprio satellite inattivo con un missile strategico lanciato dalla Terra.
Si prepara anche una lotta sulla valutazione della risorsa spazio. Secondo la Cina, la bassa orbita terrestre non può ospitare più di 50mila satelliti. Se SpaceX prevede di portarne in orbita 42mila per la costellazione di Starlink, si apre un problema di concessioni di spazi orbitali e frequenze che coinvolgerà l'International Telecommunications Office, l'organo dell'Onu predisposto a questo scopo. Dunque un problema economico ha già un risvolto politico e strategico che dovrà essere regolato.
La Nasa stima che ci siano 23mila pezzi più grandi di una palla da baseball in orbita intorno alla terra, mezzo milione di dimensioni comprese tra 1 e 10 cm e 100 milioni tra 1 e 10 mm. Ve ne sono anche di dimensioni inferiori, ma quello che conta è che anche i più piccoli viaggiano ad una velocità di almeno 27.000 km/h e costituiscono dunque una seria minaccia per i razzi di lancio, le sonde, i satelliti e i moduli di rientro nell'atmosfera. Allo stesso tempo, sono le missioni stesse a creare ulteriore inquinamento spaziale. Vero è che la riutilizzabilità dei razzi permette di limitare l'inquinamento spaziale, ma non di annullarlo del tutto.
L'inquinamento spaziale è iniziato con l'avvento della corsa allo spazio dal parte dell'umanità nella consapevolezza che il cosmo fosse praticamente infinito e il suo controllo rivestisse un valore strategico e di supremazia tecnologica e politica, ma non in chiave territoriale. Per questo, non si è posto neppure un problema di ripartizione dello Spazio che invece oggi si pone di fronte ai suoi piani di sfruttamento commerciale. I sistemi di lancio sono stati inoltre concepiti come “a perdere” considerando impossibile recuperarli e trascurabile l'effetto di tutti i rottami lasciati nello spazio, anche a fronte della considerazione che, qualora essi fossero risucchiati dalla gravità terrestre, si sarebbero disintegrati durante il loro rientro nell'atmosfera.
I livelli di affollamento degli spazi orbitali anche da parte di missioni con personale umano, il volume di lanci e satelliti messi in orbita con ogni lancio, SpaceX è arrivata ad inviare 60 satelliti con un singolo lancio, pongono però un problema oggettivo destinato ad aggravarsi già nel prossimo futuro e che ha suscitato la consapevolezza che esista una sostenibilità spaziale da preservare per rendere lo spazio pienamente sfruttabile anche in futuro.
Il problema è sempre più presente anche per la stazione spaziale internazionale che nella sua storia ha compiuto 29 manovre di evitamento (che necessitano di 5 ore l'una), tre delle quali solo nel 2020. La Nasa, di concerto con le altre agenzie spaziali, ha da tempo deliberato per la Iss un ben preciso manuale di comportamento in caso di rischio di collisione che si basa su dati statistici e su parametri quali la dimensione, la distanza e la traiettoria e dell'oggetto.
La consapevolezza del problema dell'inquinamento spaziale intorno alla Luna è ancora più recente di quello che riguarda la Terra, essenzialmente per due motivi: ha una consistenza numerica assai inferiore e non riguarda direttamente l'incolumità di esseri umani o di altre attività umane. Ma proprio perché l'uomo è tornato a guardare alla Luna, la lente degli scienziati si è posata anche questo problema specifico. In più, il 4 marzo scorso un detrito spaziale si è infranto sulla superficie del nostro satellite naturale.
Qualcuno sostiene derivi da un razzo Falcon 9 di SpaceX lanciato nel 2015, altri da un satellite cinese fuori servizio dal 2014. Il pezzo, lungo 12 metri e della massa di 4.500 kg (sulla Terra) dovrebbe essersi infranto ad una velocità di 9.300 km/h creando un cratere largo 20 metri. Il condizionale è dovuto al fatto che l'impatto è stato previsto, ma non osservato. Si calcola che siano oltre 200 i detriti in orbita intorno alla Luna e la loro pericolosità è dovuta a due fattori fondamentali. Il primo è che non c'è un atmosfera che li brucia, in tutto o in parte. Il secondo è che potrebbero sollevare nuvole di polvere le cui dimensioni e movimenti non sono, al momento, ipotizzabili.
L'osservazione inoltre dei detriti lunari è resa difficoltosa dal fatto che la Luna stessa costituisce un'enorme superficie riflettente. Pertanto, le varie agenzie spaziali si stanno attrezzando per mettere a punto strumenti e metodi che permettano di avere un controllo più puntuale della situazione. L'impatto ha tuttavia avuto anche un effetto positivo per la ricerca. L'analisi delle polveri lunari ha evidenziato la presenza di ghiaccio e materiale organico confermando l'ipotesi che l'impatto creato dai meteoriti potrebbe avere liberato acqua e sostanze vitali sulla superficie lunare. Allo stesso tempo, il controllo dei detriti spaziali lunari sarà essenziale per rendere sicure le future missioni seguite da progetti spaziali, commerciali e non, sempre più numerosi.
C'è la crescente consapevolezza che debbano essere dunque le aziende stesse già impegnate nello sfruttamento dello spazio o in procinto di farlo a provvedere nel creare sistemi di tracciamento capaci di essere condivisi con organizzazione sovrannazionali. Anche i satelliti stessi dovranno essere dotati di scudi sempre più robusti (sistemi passivi) e di sistemi attivi che ne consentano una migliore e più rapida manovrabilità e di sistemi che, nel caso, siano anche capaci di fare da spazzini accogliendo i detriti propri e incontrati con una capacità definita Adr (Active Debris Removal) e che dunque è una delle basi tecnologiche per la bonifica dello spazio.
Problematiche sviluppatesi selvaggiamente in un contesto privo di regolamentazione e di una autorevole istituzione preposta per farla rispettare. Problemi spesso ignorati ma che invece riguardano l'umanità di oggi e del futuro in una prospettiva cosmica.