"CALENDA E LA SCUOLA DI PARTITO INTITOLATA A CARLO ROSSELLI. UN SACRILEGIO"
26-06-2023 -
Il mese scorso il leader di Azione l'On. Carlo Calenda ha inaugurato la scuola di formazione del suo partito. “Le radici di ieri, le sfide del domani” così è chiamata la prima edizione della Scuola politica di Azione dedicata a Carlo Rosselli, come risulta nel sito del Partito.
Credo che niente sia più lontano del pensiero rosselliano dalle politiche propugnate da Carlo Calenda.
L'ineffabile vecchio sodale di Luca Cordero di Montezemolo continua in questa sua patetica sceneggiata con la quale afferma che lui è l'erede del Partito d'Azione, per cui il nome Azione dato al suo partito ne sarebbe la dimostrazione e il suo pensiero politico e quindi la sua azione politica deriva da quello di Carlo Rosselli.
Penso che l'On. Calenda, insieme a tutti coloro che sostengono che il socialismo liberale ha il suo ubi consistam in un sistema dove operi un regime capitalistico con al suo interno un po' di welfare, non abbia mai letto una riga di Rosselli e abbia una vaga conoscenza di “Socialismo Liberale” o cerchi di diffonderne una interpretazione finalizzata ad un obbiettivo politico contingente. L'On. Walter Veltroni, anche qui in buona compagnia, ne è un esempio.
In realtà è una dottrina che cerca di superare il capitalismo attraverso un metodo che non sia quello della rivoluzione e dell'instaurazione del dominio di una classe su tutte le altre, ma di giungere all'obbiettivo mantenendo le libertà individuali. Insomma, un socialismo “etico”.
Non starò ad annoiarvi nel raccontarvi “Socialismo Liberale”, ma cito un breve segmento de lo “Schema di programma” di Giustizia e Libertà (che deriva direttamente da “Socialismo liberale”) l'associazione politica fondata, a Parigi, da Carlo Rosselli, insieme ad altri fuoriusciti, dopo la fuga da Lipari, e “Chiarimenti al Programma”. “Nello Schema di Programma” si afferma “Il controllo operaio, introdotto in tutte le grandi e medie aziende, così pubbliche che private, dovrà assicurare alle classi lavoratrici una effettiva compartecipazione alla gestione delle aziende. Esso sarà organizzato in modo da affermare la libertà operaia nella fabbrica da sviluppare le capacità industriali della classe operaia, e da opporsi, nell'interesse della produzione, alle tendenze di burocrazia e di centralizzazione”. (p. 7), mentre poco prima si afferma: “Le industrie e le aziende...saranno socializzate”. (p. 6). Nell'articolo successivo “Chiarimenti al Programma” si afferma: “Resterebbero escluse da una socializzazione immediata le due principali industrie italiane – tessile e meccanica – e tutta una serie di industrie minori che non hanno mai avuto bisogno di grandi appoggi dello Stato, che sono naturali all'Italia e che sono riuscite ad affermarsi brillantemente sui mercati internazionali. La loro esclusione non significa che esse non possano formare oggetto più tardi, sulla base delle esperienze compiute, di provvedimenti di socializzazione: né significa che esse vengano abbandonate totalmente alla iniziativa privata. Il controllo operaio rinnoverà completamente anche in queste industrie i rapporti di fabbrica mettendo fine al dispotismo padronale: e l'intervento della collettività, da effettuarsi attraverso organi non burocratici, ridurrà l'iniziativa privata entro limiti rispondenti all'interesse della produzione” (p. 16). [Ambedue queste citazioni sono tratte da “Quaderni di Giustizia e Libertà” numero 1, gennaio 1932. Documentazione reperibile in rete.]
Se qualcuno pensa che questa sia una interpretazione del pensiero rosselliano cito una frase scritta direttamente da Carlo, dove afferma: “È un socialismo (il controllo operaio), se volete, induttivo, sperimentale che si sprigiona dal basso, anziché essere imposto dall'alto, socialismo in azione, il socialismo degli uomini concreti, operanti, e non il socialismo dei teologhi, degli astratti che a forza di inseguire schemi di società perfette razionalizzate al 100%, perdono di vista gli uomini”.(Istituto Storico della Resistenza in Toscana, Controllo operaio, AGL-CR.4.2).
Anche per quanto riguarda il ruolo dello Stato, sovente, si ricorda che Rosselli si dichiara a favore di una organizzazione che garantisca la vera libertà degli individui contro la pervicace tendenza dello Stato ad occupare ogni momento della vita di un individuo, che non è data da una democrazia parlamentare, ma da una democrazia funzionale. Anche in questo caso l'unica cosa che si può fare è lasciare la parola, anzi lo scritto a Carlo Rosselli. “La conclusione è chiara: La rivoluzione italiana se non vorrà degenerare in una nuova statolatria, in più feroce barbarie e reazione, dovrà sulle macerie dello Stato fascista capitalista, far risorgere la Società, federazione di associazioni quanto più libere e varie possibili. Avremo bisogno anche domani di una amministrazione centrale, di un governo, ma così l'una come l'altro saranno agli ordini della società e non viceversa. L'uomo è il fine. Non lo Stato” (C. Rosselli, Contro lo Stato in “Giustizia e Libertà”, a. I (1934), n. 19, 21 settembre, p. 1)
Se quanto sostenuto non appare sufficiente per condividere la mia interpretazione, mi sembra opportuno ricordare una cosa che Carlo Rosselli sicuramente non avrebbe mai fatto, e che rende Calenda sideralmente lontano dal pensiero e dell'azione di Carlo Rosselli: dialogare con un Governo che vede alla sua guida un erede del fascismo.
Fra Carlo Rosselli e Carlo Calenda mi sento di affermare, con assoluta certezza, che in comune non ci sia nient'altro che il nome proprio.