Il 33° congresso del PSI/IOS [1] (Parigi, 26-28/6/1937, terzo ed ultimo dell'esilio, confermò a larga maggioranza la linea Nenni-Saragat di unità d'azione col PCdI [2], visto come un valido strumento per combattere il dilagante fascismo in Europa, e rielesse lo stesso Nenni alla segreteria del Partito [3]. Ma, in quell'occasione emerse una minoranza “di destra”, rappresentata sostanzialmente da G.E. Modigliani e da Angelo Tasca [4], piuttosto diffidente verso la collaborazione col PCdI. Al congresso intervenne anche il segretario della Federazione del Sud-Ovest (Tolosa), intitolata a Giacomo Matteotti, Giovanni Faraboli. Questo il suo intervento, così riassunto sul n. del 10 luglio 1937 del Nuovo Avanti:
Il Congresso è stato una bella, grande ed elevata manifestazione di fede socialista. In ognuno di noi vibra il desiderio di intensificare lo sviluppo e l'azione del nostro Partito. Sul problema della unità d'azione siamo tutti concordi; non siamo d'accordo per l'adesione del nostro Partito alla Unione Popolare [5]. Rafforziamo il Patto di unità d'azione che è una cosa seria ed uno strumento per la realizzazione dell'unità del proletariato italiano.
Giovanni Faraboli, bracciante figlio di braccianti, nacque a Fontanelle (Comune di Roccabianca, nella Bassa Parmense), da Luigi e da Alba Giordani, il 23 marzo 1877. Pur avendo raggiunto un grado di istruzione non elevato (terza elementare) egli era dotato di una viva intelligenza, di una fortissima volontà di apprendere e di una notevole capacità di comunicare, che gli consentiranno di raggiungere importanti traguardi per realizzare quello che era il suo più grande sogno: il riscatto dei lavoratori.
Quell'omaccione alto e massiccio come una quercia, dalla chiara e onesta faccia [6] diventerà in breve un fervente sostenitore della cooperazione integrale, cioè della cooperazione intesa come forma economica autonoma (da sostituirsi al sistema economico liberale esistente), da lui immaginata come soluzione ai mali del suo tempo: un progetto che trovò piena realizzazione nella sua Fontanelle.
Il suo riformismo infatti non aveva nulla di ideologico né burocratico. Come quello di Prampolini nel Reggiano, il suo era un riformismo concreto, costruito giorno per giorno, con la lotta dei lavoratori, aperto a tutti, sostenuto da un'attività intensa e continua di proselitismo.
Un progetto, il suo, che non si limitava alla crescita economica del bracciantato, allora alla mercé del latifondismo locale, mediante la creazione di cooperative agricole (per affittare vaste estensioni di terreno da coltivare), di consumo (per calmierare i prezzi) di lavoro (per partecipare agli appalti di opere pubbliche); ma che mirava anche al riscatto sociale e culturale dei lavoratori, come dimostra la promozione di corsi di istruzione serali e la fondazione di una pubblica biblioteca, intitolata al grande scrittore socialista, il celebre autore di Cuore Edmondo De Amicis [7].
Intensa, coerente e decisa, si evolveva la sua azione politica e sindacale e soprattutto cooperativistica. Il 7 aprile 1901 il giovane Faraboli fondò la prima lega contadina di Fontanelle, il cui immediato obiettivo era l'aumento dei bassissimi salari; di essa divenne presidente attivissimo, tanto che nel 1905 entrò nella Commissione Esecutiva della Camera del Lavoro della provincia di Parma.
Nel 1902 si iscrisse al Partito Socialista Italiano (PSI), aderendo alla corrente riformista, allora maggioritaria in Italia [8] e nella Bassa Parmense, dove si trovavano Fontanelle e il collegio elettorale dell'attuale Fidenza che aveva eletto deputato il riformista prof. Agostino Berenini [9].
Infatti il suo socialismo, fortemente pragmatico, concepiva la militanza politica finalizzata ad una graduale e continua emancipazione dei lavoratori, in cammino verso una società di liberi ed eguali.
Parte assai rilevante ebbe Faraboli nella costituzione (1904) della cooperativa di consumo, poi chiamata Casa dei socialisti. Funzionale al suo impegno di cooperatore era anche la presenza di un forte sindacato, per cui Faraboli estese il suo incessante impegno organizzativo ai paesi vicini al suo.
Nel 1903, per iniziativa di Italo Salsi [10] sorse la Federazione provinciale delle cooperative, al fine di creare, come era già avvenuto nella prampoliniana Reggio, un'organizzazione di coordinamento capace di fronteggiare la voracità delle classi dominanti e di offrire ai lavoratori la speranza concreta di una vita migliore. A questa azione di organizzazione e di aggregazione aderì l'instancabile Giovanni Faraboli, che ne aveva intuito la capacità di creare nuovi modelli di vita, non più assediata dal pericolo della fame.
Nel 1905 fu infatti delegato a rappresentare i lavoratori della zona a Bologna nel Congresso Nazionale della Federazione Lavoratori della Terra (Federterra), che eleggerà segretaria nazionale la grande socialista Argentina Altobelli [11]. Nel 1907 fu costituita una cooperativa di lavoro, idonea a svolgere opere di miglioria agricola.
Con l'arrivo, ancora nel 1907, alla direzione della Camera del lavoro di Parma di Alceste De Ambris [12], il sindacato, anche col contributo di Faraboli, ebbe un grande sviluppo, che culminò nel riuscito sciopero del maggio dello stesso anno. La collaborazione di Faraboli con De Ambris tuttavia cessò quando, dopo la costituzione della Confederazione Generale del Lavoro (Milano 1°-10- 1906) controllata dai socialisti riformisti capeggiati da Rinaldo Rigola, i sindacalisti rivoluzionari abbandonarono i lavori. Successivamente, nel convegno di corrente tenuto a Ferrara il 1° luglio 1907, essi decisero di uscire dal PSI. Quattro mesi dopo, nel corso di un convegno tenuto a Parma il 2 novembre 1907, decisero di lasciare anche la CGdL e costituirono un Comitato Nazionale della Resistenza, che poi sarebbe sfociato nella costituzione di un nuovo sindacato [13].
Giovanni Faraboli, riformista da sempre, assieme a tutta l'organizzazione sindacale della Bassa Parmense, col convegno di Zibello del febbraio 1908, decise invece di rimanere fedele alla CGdL, partecipando alla creazione, a Fidenza, di una nuova Camera del Lavoro, legata appunto alla CGdL, di cui diventerà segretario. Nel marzo successivo Faraboli entrò nel Comitato Centrale della Federterra.
Negli anni seguenti un nuovo fronte di lotta sia aprì per i socialisti di Roccabianca, relativamente all'Amministrazione Comunale, da sempre, grazie ai meccanismi elettorali, in mano agli agrari, che se ne servivano per vessare i lavoratori. Ma alle elezioni del 16 giugno 1914 la lista proletaria, guidata da Faraboli, riuscì a conquistare l'Amministrazione Comunale e ad eleggere sindaco il giovane bracciante Paolo Bertoluzzi, intenzionato a realizzare un programma di importanti interventi sociali, tutti miranti a creare occasioni di lavoro e di istruzione. Faraboli, già consigliere di minoranza dal 1910, venne riconfermato e continuò la sua battaglia per la pace e contro la disoccupazione.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, nell'agosto 1914, egli si schierò senza esitazione coi neutralisti e coi pacifisti, e rimase coerentemente fermo in tale posizione anche quando l'Italia entrò in guerra, adoperandosi per il sostegno alle vittime del conflitto [14], senza però rinunciare al suo pacifismo; per questa sua posizione, cadde sotto l'attenta sorveglianza della polizia, che arrivò a perquisire la sede della “Casa dei socialisti” e la sua stessa casa, nella “speranza” di eliminare dalla scena politica lo scomodo personaggio, che era riuscito persino ad aprire la banca del Piccolo Risparmio.
Nel 1918 Faraboli, già operante nella Federterra e quindi nella CGdL, entrò nel Consiglio d'Amministrazione della Federazione Nazionale delle cooperative agricole e poi nella Giunta Esecutiva della Commissione Provinciale per il collocamento di Parma. Il che gli consentirà di allargare il suo orizzonte politico e sindacale.
Intanto, finita la guerra nel novembre 1918, gli agrari, da un lato timorosi di un allargarsi ad altre nazioni della vittoriosa rivoluzione bolscevica del 1917, dall'altro smaniosi di vendetta contro il fiorente socialismo cooperativistico, ormai diffuso nell'intera provincia di Parma, erano alla ricerca di un braccio armato di cui servirsi per i loro fini reazionari.
Lo trovò nel nascente fascismo che iniziò scientificamente il violento smantellamento delle organizzazioni proletarie e quindi di tutte le conquiste dei lavoratori, realizzate con anni di fecondo impegno.
L'ultima cittadella rossa a cadere sotto i colpi degli squadristi fu quella della Fontanelle di Faraboli. Il 6 agosto 1922 i fascisti incendiarono la “Casa dei socialisti”, gli uffici delle cooperative, la Biblioteca popolare.
E, infine, la stessa casa di Giovanni Faraboli. Tutto ciò che l'eroico bracciante autodidatta aveva saputo creare con la sua passione, con la sua tenacia, l'organizzazione sindacale, le cooperative, agricole, di consumo, di lavoro, la “Casa dei socialisti”, la biblioteca, tutto era distrutto, incenerito… La sua stessa vita era in pericolo.
Faraboli fu costretto a lasciare Fontanelle per Milano dove continuò la sua attività di membro della Direzione Nazionale del Partito Socialista Unitario (PSU) [15], al quale aveva aderito, e di funzionario della Lega delle Cooperative.
Dopo il fallito attentato Zaniboni [16] contro Mussolini e il successivo scioglimento del PSU, Giovanni Faraboli fu costretto, agli inizi del 1926, a fuggire in Francia e precisamente a Tolosa, dove fin dal 1923 si trovavano molti emiliani, di cui alcuni suoi ex collaboratori [17], con cui era rimasto in contatto.
Assieme ad essi, con la stessa costanza degli inizi, ricostruì una cooperativa di lavoro chiamata “Cooperativa dei lavoratori della Bassa Parmense”, nel 1927 rinominata L'Emancipazione, per dare sostegno agli esuli antifascisti emigrati in Francia. E intanto svolgeva una fervida attività di propaganda antifascista, costituendo sezioni, raccogliendo contributi, diffondendo giornali, salvaguardando sempre, nella sua attività, l'identità socialista. Nel frattempo la polizia fascista lo schedava, mettendo sotto la sua fotografia la scritta “Socialista pericoloso da arrestare”.
Nel 1930, dopo il congresso di unificazione socialista (Parigi, 19-20/7/1930), divenne segretario della Federazione regionale del Sud-Ovest, intitolata a Giacomo Matteotti, pronunciandosi a favore della partecipazione alla Concentrazione Antifascista e alla collaborazione con Giustizia e Libertà, il movimento liberalsocialista e antifascista fondato da Carlo Rosselli e altri. Di aperta diffidenza era invece il suo atteggiamento nei confronti dei comunisti, come testimonia il suo intervento – sopra riportato - al congresso del partito del 1937, mentre elevatissimo fu il suo impegno a favore della Repubblica Spagnola, aggredita dai fascisti spagnoli, italiani e tedeschi. Infaticabile, il gigante buono nel 1939 accompagnò il segretario del partito Pietro Nenni in un giro di propaganda nel Sud-Ovest.
Ma nello stesso 1939 stava maturando il frutto velenoso della guerra, che avrebbe messo a soqquadro il mondo intero e, con esso, anche il piccolo mondo del socialismo italiano.
Quando si seppe della firma del patto di non aggressione (23-8-1939) tra la Germania nazista e la Russia comunista, evidente preludio di una nuova guerra [18], l'intero mondo del fuoruscitismo antifascista ne risultò tremendamente scosso e disorientato e accuse assai dure furono mosse ai comunisti.
La Direzione del PSI/IOS di Parigi si riunì – assente il segretario Nenni – il 25 agosto 1939 e dichiarò decaduto il patto d'unità d'azione fra PSI/IOS e PCdI e due giorni dopo rese pubblica la decisione. Nenni, che di quel patto era stato il maggior assertore, il giorno dopo rassegnò le dimissioni da segretario del partito e da direttore del Nuovo Avanti.
Il Consiglio Nazionale del 1° settembre 1939 ratificò l'operato della Direzione, la quale sostituì Nenni, nelle due cariche, con un Comitato Esecutivo composto da Oddino Morgari [19], Giuseppe Saragat e Angelo Tasca.
Successivamente, il 15 dicembre 1939, col voto contrario di Nenni e di Boschi, la Direzione approvò un documento di dura condanna della politica comunista. La sezione di Tolosa, cui era iscritto Faraboli, nell'assemblea del 31 dicembre 1939, approvò l'operato della Direzione contro l'osceno connubio di Mosca con Berlino.
Agli inizi del 1940 Nenni si dimise anche dall'Esecutivo dell'IOS e il 28 aprile, in sede di Consiglio Nazionale, si ritrovò fuori dalla Direzione del PSI/IOS [20]. Il potere all'interno del Partito passò così interamente nelle mani della “destra” riformista, ormai divenuta maggioritaria.
Intanto la ruota della storia continuava a generare una sequela di importanti avvenimenti: lo scoppio della guerra, l'occupazione, da parte della gestapo, della sede di Bruxelles dell'IOS, che di fatto cessò di esistere, l'ingresso in guerra dell'Italia fascista (10-6-1940), la disfatta della Francia che portò (22-6-1940) all'occupazione tedesca della sua parte settentrionale e di quella occidentale (zona occupata), mentre la parte meridionale (zona libera) rimase formalmente indipendente, sotto il governo di Vichy, guidato dal maresciallo Philippe Pétain. Tutto questo comportò la dispersione del vertice del partito [21]. L'ultimo numero del Nuovo Avanti porta la data dell'8 giugno 1940, una settimana prima che Parigi fosse occupata dai tedeschi (15-6-1940). La Direzione fece appena in tempo a delegare i suoi poteri alla Federazione del Sud-Ovest (zona libera), diretta da Giovanni Faraboli.
Il corpulento contadino di Fontanelle, che aveva dedicato la vita al suo sogno di cooperazione integrale, si venne così a trovare alla guida del partito socialista!
La linea politica non subì mutazioni, essendo Faraboli un convinto sostenitore della politica della dispersa Direzione riformista. Ma il governo di Vichy era solo formalmente libero. In realtà esso era un governo collaborazionista, fortemente influenzato dai tedeschi. Era anche un governo autoritario che sciolse i sindacati e i partiti politici.
Ciò travolse anche la Federazione del Sud-Ovest che, mediante una lettera firmata da Giovanni Faraboli, Enrico Bertoluzzi [22] ed Emilio Zannerini [23] si trovò costretta a trasferire la continuità e la rappresentanza del PSI/IOS al Comitato della Federazione socialista italiana in Svizzera [24].
Faraboli divenne dunque segretario del Comitato di assistenza dei profughi italiani, che in qualche modo gli consentiva di svolgere sottobanco una certa attività politica. Denunciato per “sovversivismo” dalla delegazione fascista di Tolosa, dalle autorità francesi fu internato nel campo di Vernet [25] per 10 giorni. Ritornato libero, collaborò attivamente con la Resistenza francese. Ormai anziano e malato, ritornò in Italia nel 1948 e a Genova fu ricoverato in ospedale.
Alcuni suoi compagni si interessarono poi per farlo rientrare a Parma, dove visse isolato e povero. Per la sua lunga attività a favore degli esuli italiani, nel 1951 fu decorato dal presidente della Repubblica Italiana Luigi Einaudi con la Stella dei benemeriti italiani all'estero. Unico suo atto politico risulta essere, in perfetta coerenza con le posizioni da lui sempre tenute all'interno del socialismo italiano, la sua adesione al PSDI [26]. Tuttavia non seppe inserirsi nel nuovo ambiente politico, assai diverso da quello che aveva lasciato nel 1926. Morì all'Ospizio degli Incurabili, dove, del tutto indigente, era stato ricoverato, il 4 febbraio 1953.
Ma i suoi compaesani, che conoscevano il valore di quell'uomo che aveva dedicato l'intera sua vita, con costante passione, al riscatto del lavoro, non lo avevano dimenticato. Per onorarne la memoria, raccogliendo le somme necessarie mediante colletta, vollero erigergli un busto in bronzo, oggi collocato nella piazza di Fontanelle, da cui era iniziata l'avventura umana e politica del loro illustre concittadino. Esso fu inaugurato il 4 settembre 1955, alla presenza di Giuseppe Saragat, che tenne il discorso commemorativo, in cui lo definì apostolo di socialismo e di italianità [27].