I primi giorni del marzo 2025 ci rimarranno impressi nella memoria a lungo. La presidenza Trump ha innescato un rivolgimento epocale che potrebbe essere anche irreversibile. Di fatto, molti di questi eventi erano già stati annunciati dal presidente americano durante il suo primo mandato (2017-2021). Poco, quindi, ci dovremmo sorprendere degli annunci che si sono susseguiti negli ultimi giorni, dall'approvazione dei dazi commerciali alla denuncia del multilateralismo alla posizione dell'amministrazione americana nei confronti di Putin e della guerra in Ucraina che hanno reso Trump molto meno imprevedibile di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi.
Al netto delle opinioni che si possono avere sul personaggio Trump (quelle di chi scrive sul presidente USA sono pessime), bisogna ammettere che il suo ritorno al potere ha mostrato le insufficienze e l'impreparazione dell'Unione europea. La seconda presidenza Trump ha scavato un solco profondo tra gli Stati Uniti e i paesi dell'Europa. Questi ultimi hanno capito che non dovranno aspettarsi nessun trattamento di favore da parte degli Stati Uniti ma abituarsi a ricevere lo stesso trattamento riservato fino a pochissimo tempo fa agli Stati considerati dagli USA il proprio “cortile di casa”. L'Alleanza atlantica si è sostanzialmente dissolta mentre gli Stati Uniti non riconoscono più i loro alleati storici ma si identificano solo con gli interessi che, di volta in volta, ritengono di dover tutelare. Insieme con la NATO è morto anche il multilateralismo – quel progetto di governance globale – nato con la fine della Seconda guerra mondiale e sostituito da una versione aggiornata del sistema westfaliano di confronto tra grandi potenze (ma in questo caso sarebbe più opportuno parlare di imperi come Stati Uniti, Russia e Cina).
Trump ha ridotto in macerie gran parte dell'impianto che sopravviveva nell'ambito dei rapporti internazionali ma l'altro elemento che ha mostrato quanto il re è nudo è il nodo della guerra in Ucraina, specchio delle divisioni dell'Unione europea e della sua incapacità di affrontare la crisi che ne è seguita.
Tutti abbiamo ancora negli occhi il violento scontro verbale (o forse dovremmo parlare di agguato?) che ha visto protagonisti Trump e il presidente ucraino Zelensky. Un incontro, nato probabilmente su presupposti sbagliati, verificatosi nel momento sbagliato, usando argomenti sbagliati da parte di Zelensky ma che ha lasciato sbigottita l'opinione pubblica europea per i toni usati da Trump nei confronti del leader di un paese che è pur sempre stato aggredito e la cui popolazione lotta da tre anni valorosamente contro un'aggressione ingiustificata.
Premesso quanto è dovuto, è necessario anche prendere in considerazione le possibili soluzioni per porre fine al conflitto. A Zelensky era stato sottoposto dagli Stati Uniti un accordo sullo sfruttamento delle terre rare che somigliava molto a un'estorsione, qualcosa di simile alla scena del film “Il Padrino” in cui Don Vito Corleone pronuncia la battuta: gli farò un'offerta che non potrà rifiutare. Trump vuole negoziare un buon accordo per gli Stati Uniti sulla pelle dell'Ucraina, su questo non c'è dubbio.
Il riavvicinamento tra Trump e Putin sembra procedere senza troppi problemi confermato dal fatto che il presidente USA ha dichiarato di voler interrompere la fornitura di armi all'Ucraina senza la quale la sorte del paese pare segnata. Sarà possibile che Stati Uniti e Ucraina possano ricucire i rapporti? Al momento un'ipotesi del genere sembra ancora lontana.
In queste circostanze drammatiche che ruolo ha avuto l'Unione europea? Certo non da protagonista. E allora? Comprimaria o semplice spettatrice? L'UE ha mancato ancora una volta l'appuntamento con la storia. È tornata alla luce per l'ennesima volta la necessità di una forza militare europea (quante altre volte è stata invocata invano?)
È tempo per l'Europa di diventare adulta, non ci sono più gli Stati Uniti a tenerle la mano. Ragionevolmente occorreranno almeno dieci anni di tempo e svariate decine di miliardi di euro per surrogare efficacemente la forza militare degli Stati Uniti ma questo ci porta ad un ulteriore problema: aumentare in maniera esponenziale le spese in armamenti farà contrarre gli investimenti in sanità, welfare, istruzione e ricerca e potrebbe finire per delegittimare le forze di governo moderate (siano esse di destra o di sinistra) e avvantaggiare le forze antisistema della destra sovranista più estrema. Uscire da questo cul de sac sarà la sfida dei prossimi anni.
L'appello accorato di Mario Draghi ai paesi dell'Unione europea, do something, risuona ancora nelle nostre orecchie. Torna attuale, a questo punto, la chiamata a raccolta dei paesi interessati a raccogliersi intorno al progetto di un'unione più stretta e solidale che possa rappresentare il primo passo verso un'Europa unita che sia non solo in grado di garantire la pace ma anche di costituire un solido baluardo a difesa dello Stato di diritto.