Fermerò la guerra in Ucraina in un giorno, risolverò il caos in Medio Oriente e eviterò la terza guerra mondiale andava proclamando durante la campagna presidenziale. Ma a 70 giorni dal suo insediamento alla Casa Bianca, Donald Trump non solo non ha risolto nessuno dei conflitti in atto, ma ha aperto nuovi fronti. Come definire altrimenti quanto sta accadendo a proposito dei dazi? Il 47esimoPresidente degli Stati Uniti non aveva ancora preso possesso dello studio ovale che già firmava una serie di ordini esecutivi che impongono tariffe del 25 percento sui beni provenienti da Canada e Messico, con un'aliquota del 10 percento sia sulle esportazioni di petrolio canadesi che sui beni cinesi. Il 10 febbraio annuncia nuove tariffe del 25% sulle importazioni di acciaio e alluminio che colpiranno "tutti", compresi Europa, Brasile, Corea del Sud, Vietnam. Per rappresaglia Bruxelles annuncia una serie di "contromisure" commerciali, ovvero tasse del 50% su beni statunitensi concernenti whisky bourbon, jeans e motociclette Harley-Davidson. Trump minaccia allora tariffe del 200% su vino e champagne esportati dall'Unione Europea. Ha inizio così una sorta di pingpong dall'esito incerto, un'escalation che si sta rivelando quanto mai pericolosa che ha portato a crolli del mercato azionario e timori di inflazione e può provocare una recessione globale.
Atteggiamento tutt'altro che pacifico sta dimostrando nei confronti del Canada. La minaccia di invaderlo se non accetterà di diventare il 51esimo Stato americano, tuttavia, ha ottenuto un risultato che è stato l'opposto di quanto Donald Trump si era prefisso: i sudditi di re Carlo III si sono ribellati dando inizio al boicottaggio dei marchi americani, a un rialzo dei dazi nei confronti degli Stati Uniti e alla probabile vittoria alle elezioni che si terranno quest'anno dopo le dimissioni di Justin Trudeau, del leader liberale anti-Trump Mark Carney. Un effetto analogo lo ha ottenuto per quanto riguarda la Groenlandia – preda ambita in quanto ricca delle cosiddette “terre rare”, della quale Trump ha chiaramente espresso l'intenzione di entrare in possesso “in un modo o nell'altro”. Le sue mire hanno messo in allarme il regno di Danimarca, di cui la Groenlandia fa parte, con il risultato che la più grande catena di supermercati del paese starebbe etichettando i prodotti realizzati in Europa con una stella nera per aiutare i clienti ad acquistare prodotti locali, scartando quelli statunitensi.
Un uso della forza non solo verbale è stato invece messo in atto nei confronti degli Huthi, un movimento armato sostenuto dall'Iran che ha preso il controllo della maggior parte dello Yemen negli ultimi dieci anni. In solidarietà con i palestinesi e Hamas e fare pressione su Israele, in ripetute occasioni gli Huthi hanno colpito le navi che transitano nel Mar Rosso. Gli attacchi aerei contro gli Huthi nello Yemen – che hanno causato morti e feriti anche fra la popolazione civile - sono il primo uso del potere militare statunitense da parte di Donald Trump nella regione da quando ha preso il potere a gennaio. Gli attacchi di sabato 15 marzo, progettati per segnalare un nuovo approccio all'Iran e, più in generale, al Medio Oriente, continueranno indefinitivamente, hanno affermato fonti USA. Il caos nella regione, più che risolversi come promesso nella campagna elettorale, si sta pertanto di fatto aggravandosi. Quanto sta accadendo in Israele con l'appoggio degli USA ne è un'ulteriore conferma. Dopo 15 mesi di scontri, Israele e Hamas stipulano un accordo per il cessate il fuoco e il rilascio di ostaggi ancora prigionieri e di prigionieri detenuti nelle prigioni israeliane. La tregua entra in vigore il 19 gennaio. La scelta della data è di Donald Trump, il quale il 20 gennaio, durante il suo discorso di insediamento alla Casa Bianca, può così rivendicare il merito dell'accordo. Il premier israeliano è costretto ad accettare, nonostante il veto del leader del partito di estrema destra ortodossa: il ministro della Sicurezza Itamar Ben Gvir. Il 18 marzo Israele rompe la tregua. Riprendono i raid aerei sulla striscia di Gaza, ed è di nuovo strage di civili. Netanyahu giustifica la decisione affermando che la responsabilità ricade su Hamas, che si sarebbe rifiutata di rilasciare gli ostaggi come concordato. In realtà Netanyahu, messo sotto pressione dall'ultradestra, non può correre rischi. Solo la tenuta del governo gli garantisce di sfuggire alla magistratura, che lo ha messo sotto processo con l'accusa di corruzione. E' quindi per garantire la sua sopravvivenza politica che dà il via ai bombardamenti con il consenso preventivo degli Stati Uniti. E il Medio Oriente, dove Donald Trump aveva promesso il ritorno della pace, si ritrova travolto in un conflitto sempre più drammatico del quale non si vede la fine.
Veniamo infine al problema Ucraina. Il 18 marzo ha luogo la tanto attesa telefonata fra Donald Trump e Vladimir Putin, durante la quale il Presidente USA propone il piano per una tregua di 30 giorni già sottoscritto da Volodymyr Zelensky. Poco si sa di quanto abbiano concordato i due leader. Pare che Putin, per accettare un cessate il fuoco duraturo, abbia posto una serie di precondizioni tra cui la sospensione delle armi occidentali e del supporto di intelligence a Kiev oltre all'impegno dell'Ucraina di interrompere la mobilitazione di nuove reclute. Putin avrebbe anche accettato di sospendere gli attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine, ma la pausa è durata meno di 24 ore. Già nella notte i missili del Cremlino hanno colpito le fonti di energia nell'Ucraina orientale e centrale. In sintesi, l'atteggiamento del leader russo fa naufragare l'illusione di Trump di porre rapidamente fine a un conflitto che sta devastando l'Europa da più di tre anni. I colloqui fra le delegazioni riprenderanno nei prossimi giorni, ma un accordo di pace duraturo sembra più remoto che mai. E se si arriverà alla pace, con ogni probabilità sarà una pace ingiusta.
L'incubo di Trump ha un nome: Cina. Cercando di strappare Mosca a Pechino, il Presidente americano è disposto a onerose concessioni a spese dell'Ucraina. Se n'era avuto sentore il 28 febbraio durante il disastroso incontro fra Trump e Zelensky a Washington, che aveva visto il presidente ucraino umiliato e offeso lasciare la Casa Bianca. La scelta di campo di Donald Trump sta provocando una profonda spaccatura fra Stati Uniti e Europa le cui conseguenze possono essere disastrose. Non ultime, la corsa al riarmo e l'accelerazione della proliferazione delle armi nucleari. Allarmati dalle sue intenzioni di ritirare gli USA dalla Nato, Germania, Polonia e Corea del Sud stanno valutando la necessità di ottenere una bomba atomica. Pensieri simili stanno manifestando Iran, Arabia Saudita, Turchia ed Egitto. L'auto-nominato pacificatore aveva affermato di volere un mondo libero dal nucleare. Le sue politiche stanno avendo l'effetto opposto.