08 Settembre 2024

OLINDO VERNOCCHI
di Ferdinando Leonzio

Partecipe dei fermenti rivoluzionari nella Romagna del primo Novecento, socialista da sempre, giornalista, divulgatore, dirigente politico, attraversò da protagonista due guerre mondiali, il ventennio fascista, la Resistenza, la lotta per la Repubblica e quella contro i tentativi di restaurazione conservatrice. Rimase tuttavia uomo delle istituzioni, nella Consulta Nazionale, nell'Assemblea Costituente, in Parlamento. Non tradì mai il socialismo e si batté sempre per la sua unità. Non approvò la scissione comunista né quella socialdemocratica. Da autonomista convinto si batté per salvaguardare l'identità del PSI dalle sirene comuniste e da quelle socialdemocratiche.
Tutto questo ed altro ancora fu Olindo Vernocchi, il romagnolo dalla voce di tuono, come lo definì Filippo Turati.

Figlio del medico condotto Archimede e di Elsa Ravaioli, egli nacque il 12 aprile 1888 nella romagnola Forlimpopoli, in provincia di Forlì, di cui erano originari due grandi agitatori ed oratori dal contrapposto destino: Benito Mussolini [1] e Pietro Nenni.
Fin fa giovanissimo egli si accostò agli ideali socialisti, divenendone propagandista e divulgatore. Nel 1908 si iscrisse all'università di Bologna, dove conseguì la laurea in giurisprudenza. E intanto teneva comizi e conferenze e pubblicava articoli sul Giornale del Mattino di Bologna e sull'Avanti!
Nel 1910 Il giovane Olindo fu eletto, per la minoranza socialista, consigliere comunale di Forlimpopoli [2]. Nello stesso anno cominciò a collaborare al giornale socialista la Lotta di classe [3] di Forlì, diretto da Mussolini. Il congresso di Reggio Emilia (7-10 luglio 1912) [4] registrò la vittoria della corrente „intransigente rivoluzionaria“, cui Vernocchi aderiva, che elesse Costantino Lazzari segretario del partito e nominò Giovanni Bacci direttore dell'Avanti!
Bacci tuttavia, dopo alcuni mesi, rassegnò le dimissioni dall'incarico e la direzione del giornale, nel dicembre 1912, fu affidata a Mussolini.
La direzione de La lotta di classe fu perciò lasciata a Olindo Vernocchi, Gino Giommi [5], Biagio Pedrizzi [6] e Aurelio Valmaggi [7], autorevoli dirigenti della federazione socialista di Forlì. Nel 1914 Vernocchi fu delegato al XIV congresso socialista (26-29/4/1914), che vide ancora vincente la corrente intransigente rivoluzionaria, di cui egli faceva parte, che dunque riconfermò Costantino Lazzari segretario del PSI e Benito Mussolini direttore dell'Avanti! [8]
Vernocchi vi ebbe un ruolo non secondario in quanto fu chiamato a far parte del gruppo dei segretari del congresso. Pochi mesi dopo partecipò a quella che sarà detta La settimana rossa (7-14/6/1914), una specie di insurrezione popolare partita da Ancona e diffusasi in varie parti d'Italia, principalmente in Romagna e in Toscana, prodigandosi però per evitare forme violente di lotta.

Dopo alcuni mesi Vernocchi divenne direttore unico de La Lotta di classe. Svolgendo questo importante ruolo aveva potuto assistere „da vicino“ ai preliminari, allo scoppio e all'evolversi della prima guerra mondiale, in occasione della quale abbracciò posizioni pacifiste e internazionaliste in consonanza a quelle assunte con fermezza dal PSI. Egli, infatti, considerava quella guerra come una prova di forza voluta dagli opposti imperialismi per impadronirsi dei mercati internazionali.
La linea maestra alternativa che dunque il proletariato doveva seguire era per lui quella della lotta di classe.
Fu dunque fermamente pacifista e neutralista e lo rimase anche quando il suo conterraneo e amico Mussolini, che egli un giorno aveva definito „il Duce dei socialisti“, saltò il fosso e passò all'interventismo più accanito [9]. Da allora le strade fra i due si separarono per sempre. Vernocchi si dedicò a una costante battaglia per la pace, organizzando manifestazioni pacifiste contrarie alla guerra in tutta la Romagna [10].
Ma, com'é noto, l'Italia finì con l'entrare in guerra il 24 maggio 1915 a fianco delle potenze dell'Intesa (Francia, Inghilterra, Russia) e il giovane Olindo fu chiamato alle armi il 7 giugno 1915.
Fu assegnato dapprima a un reggimento di stanza a Forlì, ma egli non smise la sua attività politica, tanto che il 19 giugno fu eletto componente del comitato direttivo della sezione socialista di Forlimpopoli. Successivamente le autorità militari decisero di trasferirlo in un luogo abbastanza lontano da quello in cui il sergente Vernocchi operava: ad Agrigento! Ma anche lì il Nostro si diede da fare politicamente, per fondare leghe operaie e per promuovere la costituzione della locale Camera del Lavoro. Il 13 aprile 1919, prima ancora di essere congedato, prese parte al 1° congresso socialista della provincia di Agrigento.
Il 6 giugno successivo, ottenuto il congedo, tornò in Romagna, per riprendere il suo posto nella lotta per il socialismo nella sua terra d'origine. Ma vi rimase poco, perché fu chiamato a Roma, a lavorare nella redazione dell'Avanti!
Una volta a Roma, Vernocchi non si limitò all'attività di giornalista, ma si inserì anche nella vita interna dell'Unione romana del PSI, di cui ben presto divenne leader, rimanendo fino allo scioglimento dei partiti (1926).

Da quell'osservatorio privilegiato poté conoscere da vicino, o anche vivere, vicende che ben possono dirsi storiche per le conseguenze che avranno negli anni futuri. In particolare la nascita, all'interno del PSI, della corrente massimalista, così chiamata perché voleva lottare per applicare il programma massimo, cioè per la rivoluzione proletaria e quindi per instaurare il socialismo; essa, guidata dal direttore dell'Avanti! Giacinto Menotti Serrati divenne predominante nel partito, ma fortemente condizionata dalla corrente riformista, maggioritaria nella Confederazione Generale del Lavoro (CGdL) e nel gruppo parlamentare; ma anche da quella comunista, impersonata da dirigenti periferici , come Amadeo Bordiga a Napoli e Antonio Gramsci, Umberto Terracini, Palmiro Togliatti a Torino, ma anche da esponenti nazionali, come Egidio Gennari e Nicola Bombacci, tutti intenzionati a fare come in Russia.

In questo quadro d'azione, il PSI massimalista, al quale Vernocchi aderiva, dopo aver rotto con la Seconda Internazionale, andata in frantumi allo scoppio della guerra del 1914-18 [11], era intenzionato ad aderire alla Terza Internazionale fondata a Mosca nel 1919 [12], la quale tuttavia era ben decisa ad ammettere nelle sue file solo i partiti che avessero rispettato i suoi cosiddetti „21 punti“, fra cui , per il PSI molto pesante, la richiesta di espellere dalle sue file i riformisti.
Ma i massimalisti, fortemente rivoluzionari, erano allora anche fortemente unitari e non se la sentivano di buttare all'aria sindacati, cooperative, amministrazioni locali, sezioni politiche, uomini di grande prestigio [13], per giunta in un momento in cui la marea fascista organizzata da Mussolini e dai suoi ras di periferia era in forte ascesa e assestava colpi durissimi contro il movimento operaio e democratico italiano.

Si arrivò così al drammatico congresso di Livorno, che si concluse con la scissione dei comunisti, cosiddetti „puri“, che il 21 gennaio 1921 costituirono il Partito Comunista d'Italia (PCdI).
Nonostante la scissione, il PSI superò abbastanza bene le elezioni del 15 maggio 1921, quando ottenne 123 deputati, rispetto ai 156 eletti nel 1919. Vernocchi, candidato nel collegio di Agrigento, non fu però eletto.

I tentativi socialisti, seguiti da altrettanti rifiuti, di entrare nell'IC però continuarono. Il congresso di Milano del 10-15/10/1921 si concluse lasciando la situazione praticamente invariata. Vernocchi vi partecipò come delegato autorevole, essendo già segretario della frazione „massimalista unitaria“ [14]. Sarà proprio lui a leggere l'elenco dei membri della nuova Direzione. Segretario del partito venne eletto, a seguito della rinuncia di Giovanni Bacci (1857-1928) [15], Domenico Fioritto (1872-1952) [16].
Vernocchi fu delegato anche al successivo congresso socialista di Milano (1-4/10/1922) che, ormai preso nel vortice di un impressionante cupio dissolvi, decise l'espulsione dei riformisti [17], proprio nello stesso mese in cui il fascismo andava al potere [18].
Inutilmente Artuto Vella e Olindo Vernocchi cercarono di evitare l'espulsione anche dei „centristi“, capeggiati da Vincenzo Vacirca. A seguito della rottura, i riformisti costituirono il Partito Socialista Unitario (PSU), con segretario Giacomo Matteotti [19].
Conseguita l'agognata rottura, i massimalisti ormai si sentivano liberi di finalmente entrare nella Terza Internazionale.
Fu proprio Vernocchi, a nome di un'apposita Commissione ad annunciare, nel prosieguo dei lavori congressuali, la composizione della nuova Direzione: Giuliano Corsi, Domenico Fioritto, Gavino Garruccio, Francesco Lo Sardo, Domenico Marzi, Vincenzo Pagella, Ezio Riboldi, Giacinto Menotti Serrati, ancora riconfermato direttore dell'Avanti! e, in rappresentanza del gruppo parlamentare, Francesco Buffoni che, nel gennaio 1923 sarà sostituito da Tito Oro Nobili. Nella sua prima riunione la Direzione riconfermò segretario politico Domenco Fioritto.

In questo clima quasi euforico c'era però un neo, che non era stato adeguatamente valutato: l'intervento del siciliano Arturo Vella che, pur schierandosi per l'adesione alla Terza Internazionale, aveva dichiarato a chiare lettere, che questa adesione non sarebbe stata incondizionata. Evidentemente lo spirito autonomistico e libertario nel PSI non era affatto morto.
Il 5 novembre 1922 successivo, mentre iniziava il IV congresso dell'IC, una delegazione del PSI [20] era già presente a Mosca, per trattare la fusione col PCdI, naturalmente sotto la supervisione dei dirigenti bolscevichi.
Raggiunto l'accordo (con voto contrario di Romita), Serrati ne mandò il testo alla Direzione, che l'approvò, ma con la significativa astensione del segretario Fioritto. Mandò inoltre all'Avanti! un entusiastico articolo (All'Unità comunista!), che il redattore-capo Pietro Nenni, che lo sostituiva, si affrettò a pubblicare il 3 gennaio 1923, ma mettendogli a fianco un suo proprio articolo (La liquidazione del Partito socialista?), che smantellava completamente quello di Serrati.

L'imprevisto ed audace dissenso di Nenni si diffuse anche nella base, ormai stanca di stare genuflessa davanti alla chiesa di Mosca per mendicare un'ammissione che non arrivava mai. Si ebbe, di conseguenza, l'ennesima divisione, questa volta dei massimalisti, tra „fusionisti“ (fusione col PCdI) di Serrati e „autonomisti“ (no alla fusione), guidati da Arturo Vella e Pietro Nenni.
Da un convegno tenuto a Milano il 14 gennaio 1914 scaturì la decisione di dare vita a un „Comitato Nazionale per la Difesa Socialista“, composto da un rappresentante per ogni regione. Per il Lazio fu incaricato Olindo Vernocchi, da sempre geloso dell'autonomia del partito.

Il congresso si svolse a Milano dal 15 al 17 aprile 1923 e fu vinto dagli autonomisti. Come ormai era diventata prassi costante, la nuova Direzione fu formata solamente dai vincitori autonomisti [21]. Nuovo segretario sarà eletto Tito Oro Nobili, mentre la direzione dell'Avanti! sarà affidata a un Comitato composto da Momigliano [22], Nenni e Vernocchi, tutti e tre con una consistente esperienza giornalistica alle spalle.
Un'importante direttiva emanata dalla nuova Direzione fu il divieto di costituire o mantenere frazioni organizzate. La frazione vincitrice, dunque il „Comitato di difesa socialista“, si sciolse subito dopo la conclusione del congresso [23]; ma i massimalisti fusionisti di Serrati e i terzinternazionalisti, si riorganizzarono per pubblicare un loro organo di frazione, Pagine Rosse [24], diretto da Giacinto Menotti Serrati, e pertanto furono messi fuori del PSI [25]; stessa sorte toccò, ovviamente, anche a coloro che nelle elezioni politiche del 6 aprile 1924 si erano presentati nelle lista del PCdI [26]: era così, di fatto, realizzata una terza scissione, dopo quella comunista del 1921 e quella riformista del 1922; i radiati nell'ottobre successivo, confluirono nel PCdI. Chiuso dunque definitivamente il discorso sull'adesione del PSI alla Terza Internazionale.
Le elezioni politiche del 6 aprile 1924 [27] si svolsero in un clima di inaudita violenza squadristica, di cui l'episodio più cruento fu, la sera del 28 febbraio precedente, l'assassinio del candidato socialista emiliano Antonio Piccinini.
Un altro delitto di marca fascista colpì il movimento operaio italiano dopo le elezioni: il 10 giugno 1924 venne rapito e accoltellato il segretario nazionale del PSU Giacomo Matteotti.
L'ondata di sdegno che ne seguì in tutta Italia spinse (27-10-1924) molti deputati d'opposizione ad astenersi dai lavori parlamentari fino a quando non fosse stata fatta giustizia („Aventino“).
Vernocchi fu inizialmente un convinto sostenitore dell'Aventino: nella sua visione esso doveva diventare una specie di anti-parlamento, con una impostazione dunque decisamente „rivoluzionaria“, che non poteva certo avere l'adesione dei partiti moderati che ne facevano parte e che invece puntavano, per eliminare il governo Mussolini, sul Re, che, sempre più legato al regime, non era affatto disposto ad intervenire in proposito.
Ne derivò un immobilismo che spinse Vernocchi a criticare decisamente l'Aventino e a spingere per l'uscita del PSI da esso. Egli si dichiarò anche contrario a ogni ipotesi di blocco antifascista in caso di nuove elezioni, perché ciò avrebbe comportato sicuramente una fusione coi riformisti.
Una visione la sua, autonomista a 360°. Come non aveva tentennato nell'escludere dal partito coloro che flirtavano col PCdI, era altresì determinato a distinguere dal partito riformista il PSI, a salvaguardarne l'originalità politica e la purezza ideologica.
Finì perciò per pronunciarsi per l'uscita del PSI dall'Aventino, senza però che ciò comportasse il ritorno in Parlamento: Marx [...] non ha mai detto che il proletariato deve vendere la propria indipendenza di classe e il diritto alla sua battaglia per il piatto di lenticchie delle libertà borghesi. […] lotta di classe sempre e non mai collaborazione [28].
La tesi di Vernocchi, favorevole all'uscita dall'ormai mummificato „Aventino“ man mano guadagnò consensi nel PSI, fino a spingere il segretario Tito Oro Nobili, il 25 aprile 1925, nel corso di una riunione della Direzione, a rassegnare le dimissioni da segretario, pur rimanendo nella Direzione stessa.

Gli subentrò, come segretario, appunto Olindo Vernocchi, il quale con queste parole assunse l'impegnativa carica:
Per volontà dei compagni della Direzione del Partito, assumo da oggi la funzione della segreteria politica generale. Sento che l'incarico é grave per la responsabilità che comporta, specialmente in quest'ora in cui il Partito Nostro deve rivolgere le sue cure maggiori all'inquadramento delle forze ed all'opera di proselitismo fra le masse che hanno sentita e sentono l'oppressione della dominazione del regime più tipicamente borghese.
Milite devoto, che ha servito fedelmente senza tentennamenti durante una lunga milizia, non indietreggio dinanzi al passo di questa responsabilità, così come non temo la difficoltà e gli ostacoli che talvolta dovrò incontrare nel mio cammino. So che la battaglia é aspra e lunga e so anche che occorre combatterla animati da una grande fede nel successo. Il nostro partito ha bisogno oggi di tranquillità per secondare il meraviglioso sviluppo delle sue forze che ovunque si manifestano in proporzioni confortanti.

Io mi propongo fermamente, col consenso e la solidarietà dei compagni tutti della Direzione, di mantenere questa tranquillità e dare opera al compimento del voto nostro, che é quello di avere un partito fortemente preparato e disciplinato.
Nell'iniziare il mio lavoro, mentre addito alla riconoscenza del Partito l'opera magnifica compiuta dal compagno Nobili durante i due anni nei quali ha tenuto con capacità e fede questo primo posto di battaglia, invio un affettuoso saluto ai compagni della Direzione, dell'Avanti! e del Gruppo parlamentare, ai fiduciari e ai segretari delle Federazioni ed ai compagni tutti, fiducioso di averli cooperatori attivi, appassionati e disciplinati, animati da una sola volontà: la difesa del Partito nei suoi principi e nei suoi metodi.


La battaglia „aspra e lunga“ prevista da Olindo Vernocchi per il PSI, non tardò ad apparire all'orizzonte. Il fallito attentato (5-11-1925) al Duce, organizzato dal socialista unitario Tito Zaniboni, ebbe come immediata conseguenza che il primo partito ad essere sciolto (6-11-1925) dal regime fosse quello di Zaniboni, il PSU, il partito di Matteotti e dei socialisti riformisti.
Nenni, come sempre animato da spirito unitario, propose alla Direzione di unire le forze socialiste e dunque di accogliere nel PSI i compagni del PSU rimasti senza casa, in un momento in cui la lotta politica era diventata assai dura e il governo si avviava, a passi veloci e decisi, a diventare regime.
La proposta di Nenni fu ben accolta nella base, ma compattamente respinta [29] dalla Direzione, sempre protesa a salvaguardare la purezza politica e ideologica del PSI dai presunti tentativi di adescamento dei comunisti a sinistra e dei riformisti a destra [30]. Per reazione, il 17 dicembre 1925, Nenni si dimise dalla Direzione del Partito e da quella dell'Avanti! [31]

Come al solito, si ritenne necessario affidare la decisione finale a un ennesimo congresso, che fu convocato per il 14 novembre 1926 e che faceva prevedere nuove e drammatiche divisioni.
Nella prospettiva del congresso furono presentate tre mozioni: una da Vernocchi e dalla maggioranza della Direzione, custodi dell'ortodossia massimalista, che conservò il nome di Comitato di Difesa Socialista (Vernocchi, Nobili, Vella), una dagli empirici neofusionisti (Nenni, Romita) e la terza dai saggi pacieri (Bacci, Mazzali).
Il congresso, comunque, non fu mai celebrato, giacché il regime, con le sue leggi fascistissime, diede il colpo di grazia alla democrazia e zittì per vent'anni consensi e dissensi: podestà al posto dei sindaci, fine della libertà di stampa, divieto di sciopero, istituzione del Tribunale Speciale, formato da fascisti per giudicare gli antifascisti, scioglimento di tutti i partiti, tranne il Partito Nazionale Fascista (PNF), decadenza di tutti i deputati d'opposizione.
Per quelli che non riuscirono a rifugiarsi in esilio [32] o che riuscirono a evitare il confino o la galera, ci fu l'impossibilità di svolgere attività politica. In questa difficile situazione si deve dare atto a Olindo Vernocchi e alla Direzione massimalista per il grande intuito dimostrato.
La Direzione, infatti, era riuscita a riunirsi segretamente un'ultima volta per trasferire i suoi poteri a una nuova Direzione (già predisposta) che si sarebbe costituita a Parigi [33] per dare continuità giuridica, organizzativa e soprattutto politica al socialismo italiano, che, di conseguenza, sarebbe rimasto spina nel fianco del regime mussoliniano per tutto il Ventennio.
Vernocchi comunque rimase in contatto con la Direzione di Parigi, ma anche con militanti ed ex dirigenti del PSI rimasti in Italia. Questa fitta rete di relazioni non poteva sfuggire all'occhiuta polizia fascista, sicché il 21 giugno 1927 egli fu arrestato e condannato a due anni di confino. Ma il 12 luglio successivo venne rilasciato e messo in libertà condizionata per intervento del Duce.
Nonostante ciò, rimase sempre in contatto con l'organizzazione del partito in Francia, dove pare abbia anche tentato di espatriare, e con i gruppi clandestini in Italia. Intanto, per vivere, lavorava per una società di assicurazione.
Quando il PSI/IOS [34], la cui Direzione operava in Francia, fu travolto dalla guerra e dall'occupazione nazista, furono proprio Vernocchi e la sua rete di contatti clandestini a risuscitare il socialismo italiano.
Fin dal 1938, infatti, l'indomabile Olindo aveva preso a incontrarsi a Roma con altri vecchi esponenti socialisti, finché, il 22 luglio 1942, nel suo studio, cinque di loro [35] decisero di approvare un documento programmatico per la ricostituzione del PSI.
Il 20 settembre 1942, dopo che il documento era già stato visionato ed approvato da molti socialisti sparsi in varie parti d'Italia, i cinque si costituirono in Esecutivo segreto e permanente, con Giuseppe Romita segretario.
Caduto il fascismo nel luglio 1943, Vernocchi partecipò ad un convegno di fusione tenuto il 22 e 23 agosto 1943 a Roma, in casa di Lizzadri, tra i rappresentanti del PSI, quelli del Movimento di Unità Proletaria (MUP) [36] e quelli di Unità Proletaria Italiana (UPI) [37], da cui scaturì la costituzione di un partito comprensivo di tutte le scuole socialiste italiane, che prese il nome di Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP).
Segretario del partito e direttore dell'Avanti! fu eletto Pietro Nenni, da poco tornato dal confino di Ponza, e vice Sandro Pertini, da poco tornato da quello di Ventotene.

L'annuncio dell'armistizio, la fuga del Re e del governo Badoglio, la reazione tedesca costrinsero il PSIUP e gli altri partiti antifascisti, già costituiti in Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) a rientrare nella clandestinità, fino al crollo definitivo del fascismo, il 25 aprile 1945.
Proprio nel 1945 il governo antifascista presieduto da Ferruccio Parri nominò il giornalista Olindo Vernocchi Commissario Straordinario dell'Istituto Nazionale Luce. Vernocchi fece rientrare a Roma da Venezia, dove il governo fascista di Salò li aveva trasferiti per utilizzarli per la sua propaganda, attrezzature e materiali filmici e, in poco tempo, riuscì a far riprendere la produzione dei notiziari.
Con la formazione del PSIUP l'unità dei socialisti italiani sembrava raggiunta, ma le sue due antiche anime, la massimalista e la riformista, non erano morte.
Conclusasi vittoriosamente la comune battaglia contro il fascismo, esse riemersero durante il Consiglio Nazionale tenuto dal 29 luglio al 1° agosto 1945, importante quasi quanto un congresso per la sua rappresentatività.
Vi si registrarono, infatti, una posizione (Nenni, Basso, Cacciatore, Morandi) unitaria rispetto al PCI e un'altra (Saragat, Silone, Bonfantini) autonomista e favorevole all'indipendenza politica e organizzativa del partito. Ne venne fuori una Direzione ancora unitaria, con Nenni Segretario Generale del PSIUP. Il vecchio leone Vernocchi ne faceva parte.
Le due posizioni – Unità proletaria o Autonomia socialista? - furono confermate nel 1° congresso dopo la Liberazione (Firenze, 11-16/4/1946) e magistralmente espresse negli eccezionali discorsi di Pietro Nenni e di Giuseppe Saragat. A nessuno venne in mente, però, che le due cose non erano affatto inconciliabili.
L'imminenza (2-6-1946) del referendum istituzionale e della contestuale elezione dell'Assemblea Costituente [38], sconsigliarono di tirare troppo la corda e si venne a un compromesso con Nenni presidente e Ivan Matteo Lombardo segretario del Partito. Vernocchi ebbe il meritato riconoscimento e fu eletto alla Costituente [39]. La tregua fra le correnti non durò molto, poiché esplose nel congresso di Roma del gennaio 1947. Toccò a Vernocchi, da sempre unitario, aprire i lavori del congresso della nuova scissione:
Le discussioni precongressuali hanno messo in evidenza le antiche discussioni, l'antico dibattito sui due aspetti del marxismo, discussioni che hanno affaticato tutti da 50 anni a questa parte, ma che hanno sempre consentito la convivenza nello stesso partito degli interpreti dell'uno e dell'altro aspetto. Si faccia pure questa discussione e sia ampia, serena, alta.
Dimostriamo anche noi di non essere indegni dei nostri compagni che hanno combattuto tanto tempo, che hanno portato tanta luce nel nostro partito. Però un'esortazione: non vi sia una parola che offuschi questa nostra riunione, una parola che rispecchi le rivalità personali; dimostriamo a coloro che aspettano una decisione avventata, dimostriamo che noi socialisti, antichi e nuovi, siamo al nostro posto per la difesa del proletariato.

Le discussioni erano ormai troppo avanti perché le esortazioni di Vernocchi e l'appassionata mediazione di Sandro Pertini potessero fermare la scissione, capitanata da Giuseppe Saragat [40].
Realizzata la scissione socialdemocratica, i lavori del congresso del PSIUP proseguirono e una delle proposte più importanti fu ancora una volta Vernocchi ad avanzarla:
Compagni, vi prego di ascoltarmi in raccoglimento ed in silenzio, cercando di comprendere il significato delle mie parole, che va oltre il significato letterale. Ricordo l'ormai lontano agosto 1943 quando noi pochi uomini, che avevamo da tempo ricostruito il Partito Socialista, volevamo riunire tutte le forze del Socialismo 1921-1922: deliberammo di chiamarci “Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria”.
Oggi, purtroppo, dopo la parte, fortunatamente minima, di compagni estranei a questo congresso, che tengono il Congresso in altra località, deliberando quasi pregiudizialmente di volersi allontanare dal Partito Socialista, io vi propongo che il “Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria” riacquisti il suo vecchio e glorioso nome. Vi domando se approvate la mia proposta.

La proposta Vernocchi fu approvata per acclamazione e il partito ritornò a chiamarsi Partito Socialista Italiano (PSI).
Vernocchi, benché malato, partecipò ancora al XXVI congresso del PSI (Roma, 19-22/1/1948) e fu anche eletto alla presidenza e a lungo festeggiato. Tema del congresso erano l'adesione al Fronte Democratico Popolare (FDP), che fu approvato a larghissima maggioranza (99,43 %) e l'opportunità di presentare liste uniche col PCI, che fu approvata dalla sola maggioranza di sinistra, a cui Vernocchi apparteneva, col 66,8 %, vista la contrarietà della minoranza neoautonomista di Giuseppe Romita.
Vernocchi non ebbe il tempo di assistere alla sconfitta del Fronte alle elezioni politiche del 18 aprile 1948: ammalato da tempo di cirrosi epatica, la morte lo colse alle 23,30 del 9 marzo 1948, fra le braccia della moglie.
Per ricordare quell'uomo straordinario per dirittura morale, per coerenza politica e coraggio civile, non troviamo parole migliori di quelle pubblicate dal suo amico e compagno di mille battaglie Pietro Nenni sull'Avanti! del 10 marzo 1948:
La morte di Olindo Vernocchi è motivo di tristezza per tutto il Partito. Rattrista gli anziani, che per tanti anni, dal 1911 in poi, hanno visto Olindo Vernocchi in prima linea; rattrista la generazione la cui vita militante s'è svolta fra le due guerre; rattrista i giovani per i quali il Socialismo senza problemi, senza se e senza ma di Olindo fu dapprima una sorpresa e poi la rivelazione di una fede cosi saldamente ancorata da non subire le alternative e gli scoraggiamenti del dubbio.
Tale fu infatti la qualità principale del militante Vernocchi. Egli non fu sfiorato mai dal dubbio. Ardente passionale romantico, la battaglia socialista realizzò per lui quel bisogno di esteriorizzazione che è proprio di tutte le nature esuberanti.
Al fascismo non si piegò mai malgrado fosse più di ogni altro sollecitato a transigere coi principi per aver più comoda la vita. Poté evitare il carcere, non la miseria, che sopportò con animo sereno. Segretario del Partito al momento del crollo, sentì sempre pesare su di lui la responsabilità della sua funzione e si murò vivo nel volontario esilio delle pareti domestiche, fra la compagna della sua vita che adorava e il figlio e le figlie adottive che idolatrava e dalle quali era idolatrato.

Venti anni attese l'ora della riscossa fra i libri il lavoro gli affetti domestici e quando l'ora venne fu pronto a sospendere il suo lavoro con la semplicità del monaco risalito alla cattedra dopo una lunga e dolorosa pausa. Heri dicebamus. Propagandista efficacissimo, membro della Direzione del Partito di una diligenza rara, deputato alla Costituente, Vernocchi fu la prima linea in tutte le battaglie. Presiedette con rara maestria il Congresso della secessione. A quello ultimo appena comparve, debole, spezzato dal male che gli stava togliendo la vita, tuttavia fiducioso in una rapida guarigione. Gli fu di conforto l'applauso affettuoso del Congresso e l'interesse di tanti compagni al corso della malattia: accolse con soddisfazione l'unanime decisione dei compagni membri che egli fosse il loro portabandiera nelle prossime elezioni senatoriali di Perugia. Credeva e tutti credevamo di vederlo presto ricomparire in mezzo a noi.
Il destino non l'ha consentito. Olindo Vernocchi si è spento fra il pianto della sua fedele compagna delle sue figliole dei suoi compagni.
E' un poco del nostro passato e del nostro presente: un poco della storia del Partito, un poco della storia dell'Avanti! che prende con lui la via senza ritorno del Verano. Di Olindo Vernocchi rimane, vivo e perenne per noi e per i giovani, l'esempio di una milizia esemplare e di una ancora più esemplare rettitudine di animo e di costumi. Accolga la sua famiglia l'omaggio della nostra commossa partecipazione al suo lutto che è lutto di tutto il Partito.



  1. Vernocchi conobbe Mussolini, che era di Predappio, quando quest'ultimo frequentava la Scuola Magistrale maschile di Forlimpopoli.
  2. Sarà riconfermato anche nel 1914.
  3. Il settimanale Lotta di classe uscì per la prima volta l'8-1-1910 e dal successivo 5/11 divenne „Organo dei Socialisti della provincia di Forlì“. Mussolini ne lasciò la Direzione l'11-10-1911.
  4. L'episodio più rilevante del congresso fu certamente l'espulsione dei riformisti di destra, guidati da Leonida Bissolati, i quali fondarono un loro partito, denominato Partito Socialista Riformista Italiano (PSRI), con segretario Pompeo Ciotti. Sul PSRI si veda il saggio di FL su La Rivoluzione Democratica del novembre 2019.
  5. L'avvocato socialista Gino Giommi, consigliere provinciale di Forlì e poi Segretario della Federazione Provinciale socialista, ottimo conferenziere, era stato direttore de IL CUNEO- Organo della Sezione Socialista di Cesena, che il 5.11-1911 cessò le pubblicazioni per essere assorbito nel periodico provinciale La lotta di classe.
  6. Biagio Pedrizzi (1881-1960), sindacalista dei lavoratori marittimi, partecipò alla “settimana rossa”. Convinto pacifista, nel primo dopoguerra divenne segretario della Camera del Lavoro (1919-20) e nel 1920 assessore anziano (= vicesindaco) di Rimini. Dopo la Liberazione si iscrisse al PCI.
  7. Aurelio Valmaggi (1876-1939), tipografo, fu esponente di rilievo del socialismo forlivese. Era stato direttore del settimanale della Federazione socialista forlivese. L'Idea Socialista (1905-1907). Vicepresidente dell'Amministrazione Provinciale e segretario della Camera del Lavoro di Forlì, fu candidato (non eletto) alle elezioni politiche del 1913).
  8. La decisione più nota del congresso probabilmente fu l'approvazione della mozione Zibardi-Mussolini che stabiliva l'incompatibilità tra l'iscrizione al PSI e l'appartenenza alla massoneria.
  9. Mussolini aveva scritto un articolo intitolato Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante, subito smentito dalla Direzione che ribadì il neutralismo del partito socialista. Mussolini presentò le dimissioni dalla direzione dell'Avanti il 20-10.1914 e fu sostituito da un Comitato di Direzione composto da Costantino Lazzari, Giovanni Bacci e Giacinto Menotti Serrati, che dal 1° dicembre 1914 ne divenne direttore unico. Quando pubblicò (15-11-1914) un suo proprio giornale (Il Popolo d'Italia), dichiaratamente interventista, Mussolini fu espulso dal PSI dalla sezione socialista di Milano cui era iscritto (24-11-1914); la decisione fu poi ratificata dalla Direzione nazionale (30-11-1914).
  10. Il 2-5.1915 tenne un grandioso comizio neutralista a Forlì, assieme a due leader prestigiosi del socialismo: Giovanni Bacci e Giacinto Menotti Serrati.
  11. Allo scoppio della guerra i maggiori partiti dell'Internazionali (tedesco, francese britannico, austriaco) si erano schierati ciascuno a sostegno del proprio governo, costituendo le famose “unioni sacre”, cioè patriottiche o patriottarde. Contrari alla guerra erano rimasti i partiti socialisti italiano, svizzero e russo e minoranze di altri partiti. La Seconda Internazionale fu ricostituita col congresso di Ginevra (luglio 1920), principalmente per iniziativa del Partito Laburista britannico
  12. Dopo la vittoriosa Rivoluzione di ottobre del 1917, per impulso dei bolscevichi russi e di Lenin era stata costituita a Mosca, il 2-3-1919 la Terza Internazionale, detta anche Internazionale Comunista (IC) o Comintern.
  13. Filippo Turati, Claudio Treves, Emanuele Modigliani, Oddino Morgari, Bruno Buozzi, Giacomo Matteotti, etc.
  14. Avanti!, 11-10-1921
  15. Vernocchi ringraziò pubblicamente Bacci per la sua opera indefessa e assidua per il Partito tutto. Egli seppe tenere il timone del Partito in momenti gravi e difficili, sempre tenendo alta la dignità e la grandezza del socialismo.
  16. Nella Direzione vennero eletti, oltre Domenico Fioritto,, anche Adelchi Baratono, Giuliano Corsi, Giuseppe Parpagnoli, Arturo Vella e Giacinto Menotti Serrati, confermato direttore dell'Avanti!
  17. Filippo Turati, a nome del Gruppo parlamentare socialista aveva partecipato alle consultazioni del Re nella crisi di governo del luglio 1922 e si era dichiarato disponibile a sostenere un governo che ripristinasse il rispetto della libertà e dei diritti statutari calpestati dai fascisti.
  18. Il 28-10-1922 ebbe luogo la fascista Marcia su Roma, in seguito alla quale il re Vittorio Emanuele III nominò Mussolini Presidente del Consiglio.
  19. La Direzione del PSU era composta da Gino Baldesi, Nullo Baldini, Giuseppe Canepa, Francesco Flora, G. Emanuele Modigliani, Ferdinando Targetti, Claudio Treves, Filippo Turati e Antonio Greppi, in rappresentanza dei giovani, con segretario Giacomo Matteotti e vicesegretario Emilio Zannerini. Organo del partito La Giustizia, con direttore Claudio Treves e redattore-capo Vincenzo Vacirca.
  20. La delegazione era composta da Giacinto Menotti Serrati, Gavino Garruccio, Fabrizio Maffi, Giuseppe Romita e Giovanni Tonetti.
  21. Ne facevano parte Luigi Fabbri, Riccardo Momigliano, Pietro Nenni, Tito Oro Nobili, Andrea Pirri, Giuseppe Romita, Arturo Vella e Olindo Vernocchi, che cosí si affermava come dirigente nazionale di primo piano. Ad essi si sarebbe aggiunto il rappresentante del gruppo parlamentare, che fu Felice Assennato, in seguito sostituito da Diego Del Bello.
  22. Riccardo Momigliano (1879-1960) fu sindacalista e giornalista. Nel 1919, nel 1921 e nel 1924 fu eletto deputato per il PSI. Coerente antifascista, dopo la Liberazione, fu Consultore Nazionale, deputato alla Costituente e senatore. Nel 1947 aderì al PSLI.
  23. Avanti!, 19-4-1923.
  24. Il quindicinale fu fondato il 20-6-1923 e fu chiuso nell'agosto 1924. Facevano parte del Comitato di Redazione Fabrizio Maffi, Ezio Riboldi, Francesco Buffoni, Mario Malatesta.
  25. Con l'astensione di Pietro Nenni.
  26. La lista, formata da terzinternazionalisti e comunisti fu chiamata Alleanza per l'unità proletaria, che ottenne 19 seggi. Costantino Lazzari e i terzinternazionalisti a lui legati rimasero però fedeli al PSI.
  27. I socialisti del PSI ottennero 22 seggi e quelli del PSU 24.
  28. In Avanti!, 27-1-1925.
  29. Favorevole il solo Giuseppe Romita
  30. Di conseguenza il 26-11-1925 si costituì un triumvirato socialista riformista, composto da Carlo Rosselli, Giuseppe Saragat e Claudio Treves, che organizzò un congresso a Roma (29-11-1925) dal quale scaturì un nuovo partito dei riformisti, il Partito Socialista del Lavoratori Italiani (PSLI).
  31. Direttore unico dell'Avanti fu nominato Riccardo Momigliano, già membro del Comitato di Direzione, essendo Vernocchi diventato segretario del partito e Nenni dimissionario. Nenni, assieme a Carlo Rosselli, pubblicherà il settimanale socialista e antifascista Il Quarto Stato, che durerà pochi mesi, dal 27/3 al 30/10 1926.
  32. Fra i socialisti che finirono in esilio ricordiamo Filippo Turati, Claudio Treves, Oddino Morgari, Emanuele Modigliani, Pietro Nenni, Fernando De Rosa, Giuseppe Saragat, Bruno Buozzi, Sandro Pertini, Franco Clerici, Ugo Coccia.
  33. Ne facevano parte: Ugo Coccia (segretario), Giorgio Salvi (vicesegretario e segretario amministrativo), Alfredo Masini, Gino Tempia, Siro Burgassi, Giovanni Bordini, Carlo Pedroni, Domenico Armuzzi e Massimo Dante Lombardo.
  34. Col congresso di Parigi del 1930, i socialisti del PSI capeggiato da Nenni e i riformisti del PSULI di Saragat e Turati si erano riunificati, dando vita al PSI, aderente all'Internazionale Operaia Sociaslista, che prese il nome il nome di PSI/IOS. Una pattuglia del PSI massimalista, detta PSIm, facente capo ad Angelica Balabanoff, era rimasta fuori dell'unificazione; si dissolverà nel 1940.
  35. Olindo Vernocchi, Emilio Canevari, Oreste Lizzadri, Nicola Perrotti e Giuseppe Romita.
  36. Il MUP era sorto a Milano il 10-1-1943, con leader Lelio Basso. Ne facevano parte, fra gli altri, Carlo Andreoni, Lucio Luzzatto, Domenico Viotto e Corrado Bonfantini, futuro comandante delle formazioni partigiane “Matteotti”. Esso intendeva superare il “tatticismo” riformista e il “nullismo” massimalista.
  37. L'UPI era un movimento romano di giovani antifascisti, fra cui spiccavano i nomi di Giuliano Vassalli, Mario Zagari, Tullio Vecchietti, Leo Solari.
  38. Il PSIUP ottenne il 20,7 % e 115/556 deputati. Ottenne anche la presidenza dell'Assemblea con Giuseppe Saragat. Dimessosi Saragat dopo la scissione, gli subentrò Umberto Terracini (PCI).
  39. Fu eletto nel Collegio Unico Nazionale. Nella primavera 1947 fu relatore della legge sull'ordinamento dell'industria cinematografica nazionale.
  40. L''11.1-1947 gli scissionisti, riuniti a Palazzo Barberini, costituirono un nuovo partito, chiamato Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), a cui aderirono 52 deputati. La Direzione del nuovo partito risulta composta da Saragat, Martoni-Castiglioni, Spalla, U.G. Mondolfo, Schiavi, Viotto, Guazza, Pietra, Zagari, Bonfantini, Dagnino, M. Matteotti, Valcarenghi, Chignoli, Tolino, Russo, V. Lombardi, Giuseppe Faravelli, Alberto Simonini, Giuliano Vassalli. Faravelli, Simonini e Vassalli, il 15-1-1947 furono eletti componenti di una segreteria collegiale.





Fonte: di Ferdinando Leonzio
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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI
Periodico socialista fondato 1897.
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Rivista di politica economica e cultura
fondata da Calamandrei
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