"PER UN MONDO DIVERSO"
23-01-2024 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
Il primo quaderno del Partito d’Azione recentemente costituitosi, dà una rappresentazione concisa, ma esaustiva delle radici e delle direttrici lungo le quali si vuole muovere. All’interno di questo manifesto politico viene riportata una celeberrima frase di Carlo Rosselli “il socialismo è ma potrebbe anche non essere”. Ecco bisogna ripartire da questa frase per dare una prospettiva ad un movimento che voglia coniugare “Giustizia e Libertà”. Cerco di essere più chiaro.
La crisi che attanaglia il movimento socialista è globale e riguarda sia il filone marxista leninista sia quello socialdemocratico. Infatti, è stato sufficiente che il paradigma produttivo del capitalismo cambiasse perché automaticamente si modificasse il rapporto fra imprenditore e lavoratore (giustificato dal gioco della domanda e dell’offerta individuato come paradigma della vita sociale), lasciando quest’ultimo praticamente inerme di fronte al datore di lavoro. La disparità fra i due contendenti presenti sul mercato del lavoro (sempre meno tutelato) è tale che il confronto è inesistente e l’inerzia è tutta a favore del datore di lavoro.
L’analisi marxiana è invece incentrata su una società che vede la fabbrica di massa come momento topico che fa nascere una coscienza nei lavoratori, per unirli verso obbiettivi che avrebbero condotto prima al miglioramento della vita della classe operaia e poi al socialismo.
Lo sviluppo capitalistico è andato in tutt’altra direzione.
Il capitalismo studiato nell’Ottocento e nel Novecento e le politiche proposte per cercare di arginarlo e poi di batterlo sono divenuti strumenti obsoleti.
I frutti che il liberismo attuale ha prodotto sono sotto gli occhi di tutti: l’egoismo ha soppiantato lo smithiano interesse personale moderato dalla socialità umana. Sono aumentate a dismisura le disuguaglianze economiche, il lavoro non è per tutti e quello che c’è ha tutele minori rispetto a qualche anno fa, il welfare è diminuito. Soprattutto, per una logica perversa dimostra tutto l’errore e l’orrore insiti in questo tipo di sviluppo. Vae victis chi non diviene ricco, non importa come, è un perdente e non ha diritto a nessuna compassione. L’ auri sacra fames costituisce la stella polare dei comportamenti umani. Questo pensiero, purtroppo, ha infettato anche la sinistra che non solo non è riuscita a creare un argine a questa nuova ventata, ma vi si è immersa. La nascita del PD, nel 2007, ha dato un duro colpo alle aspettative di sinistra. Si è trattato di una scelta decisa verso il liberismo. L’accettazione acritica delle regole ultraliberiste che presidiano la vita della Comunità Europea e che vedono come peccato mortale qualsiasi intervento dello Stato nella vita economica, sono un altro indizio di questa scelta.
Tanto per fare un esempio si è demandata la fissazione del prezzo del gas, in Europa, alla Gasunie, una società privata olandese, che possiede una rete di infrastrutture per il trasporto del gas in Olanda. Questo mercato, peraltro molto asfittico, funziona come una qualsiasi borsa valori è fortemente speculativo per cui il prezzo viene influenzato da valutazioni che non hanno alcuna corrispondenza con il prezzo pagato dalle compagnie. Il problema è che l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) basa i suoi calcoli sui prezzi così determinati. Infatti, gran parte del commercio di gas si svolge altrove e vede le principali compagnie fare di solito contratti trentennali. Ora questi contratti hanno di solito un prezzo maggiore rispetto a quello spot, in Italia l’utente paga di più per coprire questi costi aggiuntivi. Sembra una barzelletta. Sapete chi firma questo decreto (D.Lgs. 16.3.99 n. 79)? Pier Luigi Bersani. Certo doveva seguire le decisioni comunitarie, ma non si poteva agire a monte della decisione?
Nel frattempo, prendeva campo un sistema produttivo che è noto come supply chain, cioè un sistema che funziona come una ragnatela, composto da unità produttive autonome l’una dall’altra, ma al contempo interdipendenti. Il capo fila di queste imprese è di solito un grande player mondiale il cui compito principale è la ricerca: sia intesa come avanzamento tecnologico, sia come semplificazione operativa delle varie fasi produttive che gli permette di individuare i paesi dove il costo del lavoro è sempre più basso e la protezione legale dei lavoratori praticamente inesistente. Un ricatto permanente nei confronti non solo dei lavoratori dei paesi più avanzati, ma anche un ricatto continuo dal punto di vista fiscale alle nazioni. La conseguenza di questi comportamenti è che gli imprenditori decidono di non investire più nel captale produttivo e di dedicarsi a impieghi finanziari, riuscendo al contempo a far sì che i capitali circolino liberamente fra le Nazione.
Questa concatenazione di modifiche produttive ha colpito le classi di riferimento dei partiti della sinistra. La quale, a parte qualche nostalgico del marxismo, ha mutuato la risposta da Humphrey Bogart nel film L’Ultima minaccia: “È il mercato, bellezza, e non puoi farci niente”.
Il Governo Renzi ha aperto le danze seguendo la teoria economica mainstream. È intervenuto sull’offerta partendo dal mercato del lavoro, riducendo le imposte, tagliando la spesa pubblica e diminuendo i vincoli amministrativi. Appiattendosi anche a livello europeo sulle politiche proposte dalla Germania sbagliate da un punto di vista teorico e dannose su quello pratico (ovviamente all’infuori della Germania), salvo poi pietire una maggiore elasticità sul debito italiano.
La sinistra si è messa a fare il centro.
A questo punto è stato un gioco facilissimo l’inserimento dei sovranisti. Hanno fatto credere che i colpevoli di questa crisi siano gli immigrati, le tasse, i poteri forti e l’Europa. Insomma, siamo ritornati, in forma riveduta e corretta, al complotto demo-pluto-giudaico-massonico. In realtà essi non hanno nessuna intenzione di cambiare questo stato di cose.
Questo significa che il socialismo è finito? Credo di no. Se noi partiamo da un altro concetto quello del socialismo inteso non come un fatto meramente economico ma come un fatto che coinvolga le persone che devono ritrovare una loro socialità e un loro interesse verso il bene pubblico.
Questo è il socialismo di Carlo Rosselli, un “socialismo etico”, come lo definì G.D.H. Cole, che è l’unico, in questa temperie, in grado di ricreare quel minimo comun denominatore che consenta di poter formare quella aggregazione necessaria per avere la forza di iniziare una nuova traversata del deserto.
La crisi che attanaglia il movimento socialista è globale e riguarda sia il filone marxista leninista sia quello socialdemocratico. Infatti, è stato sufficiente che il paradigma produttivo del capitalismo cambiasse perché automaticamente si modificasse il rapporto fra imprenditore e lavoratore (giustificato dal gioco della domanda e dell’offerta individuato come paradigma della vita sociale), lasciando quest’ultimo praticamente inerme di fronte al datore di lavoro. La disparità fra i due contendenti presenti sul mercato del lavoro (sempre meno tutelato) è tale che il confronto è inesistente e l’inerzia è tutta a favore del datore di lavoro.
L’analisi marxiana è invece incentrata su una società che vede la fabbrica di massa come momento topico che fa nascere una coscienza nei lavoratori, per unirli verso obbiettivi che avrebbero condotto prima al miglioramento della vita della classe operaia e poi al socialismo.
Lo sviluppo capitalistico è andato in tutt’altra direzione.
Il capitalismo studiato nell’Ottocento e nel Novecento e le politiche proposte per cercare di arginarlo e poi di batterlo sono divenuti strumenti obsoleti.
I frutti che il liberismo attuale ha prodotto sono sotto gli occhi di tutti: l’egoismo ha soppiantato lo smithiano interesse personale moderato dalla socialità umana. Sono aumentate a dismisura le disuguaglianze economiche, il lavoro non è per tutti e quello che c’è ha tutele minori rispetto a qualche anno fa, il welfare è diminuito. Soprattutto, per una logica perversa dimostra tutto l’errore e l’orrore insiti in questo tipo di sviluppo. Vae victis chi non diviene ricco, non importa come, è un perdente e non ha diritto a nessuna compassione. L’ auri sacra fames costituisce la stella polare dei comportamenti umani. Questo pensiero, purtroppo, ha infettato anche la sinistra che non solo non è riuscita a creare un argine a questa nuova ventata, ma vi si è immersa. La nascita del PD, nel 2007, ha dato un duro colpo alle aspettative di sinistra. Si è trattato di una scelta decisa verso il liberismo. L’accettazione acritica delle regole ultraliberiste che presidiano la vita della Comunità Europea e che vedono come peccato mortale qualsiasi intervento dello Stato nella vita economica, sono un altro indizio di questa scelta.
Tanto per fare un esempio si è demandata la fissazione del prezzo del gas, in Europa, alla Gasunie, una società privata olandese, che possiede una rete di infrastrutture per il trasporto del gas in Olanda. Questo mercato, peraltro molto asfittico, funziona come una qualsiasi borsa valori è fortemente speculativo per cui il prezzo viene influenzato da valutazioni che non hanno alcuna corrispondenza con il prezzo pagato dalle compagnie. Il problema è che l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) basa i suoi calcoli sui prezzi così determinati. Infatti, gran parte del commercio di gas si svolge altrove e vede le principali compagnie fare di solito contratti trentennali. Ora questi contratti hanno di solito un prezzo maggiore rispetto a quello spot, in Italia l’utente paga di più per coprire questi costi aggiuntivi. Sembra una barzelletta. Sapete chi firma questo decreto (D.Lgs. 16.3.99 n. 79)? Pier Luigi Bersani. Certo doveva seguire le decisioni comunitarie, ma non si poteva agire a monte della decisione?
Nel frattempo, prendeva campo un sistema produttivo che è noto come supply chain, cioè un sistema che funziona come una ragnatela, composto da unità produttive autonome l’una dall’altra, ma al contempo interdipendenti. Il capo fila di queste imprese è di solito un grande player mondiale il cui compito principale è la ricerca: sia intesa come avanzamento tecnologico, sia come semplificazione operativa delle varie fasi produttive che gli permette di individuare i paesi dove il costo del lavoro è sempre più basso e la protezione legale dei lavoratori praticamente inesistente. Un ricatto permanente nei confronti non solo dei lavoratori dei paesi più avanzati, ma anche un ricatto continuo dal punto di vista fiscale alle nazioni. La conseguenza di questi comportamenti è che gli imprenditori decidono di non investire più nel captale produttivo e di dedicarsi a impieghi finanziari, riuscendo al contempo a far sì che i capitali circolino liberamente fra le Nazione.
Questa concatenazione di modifiche produttive ha colpito le classi di riferimento dei partiti della sinistra. La quale, a parte qualche nostalgico del marxismo, ha mutuato la risposta da Humphrey Bogart nel film L’Ultima minaccia: “È il mercato, bellezza, e non puoi farci niente”.
Il Governo Renzi ha aperto le danze seguendo la teoria economica mainstream. È intervenuto sull’offerta partendo dal mercato del lavoro, riducendo le imposte, tagliando la spesa pubblica e diminuendo i vincoli amministrativi. Appiattendosi anche a livello europeo sulle politiche proposte dalla Germania sbagliate da un punto di vista teorico e dannose su quello pratico (ovviamente all’infuori della Germania), salvo poi pietire una maggiore elasticità sul debito italiano.
La sinistra si è messa a fare il centro.
A questo punto è stato un gioco facilissimo l’inserimento dei sovranisti. Hanno fatto credere che i colpevoli di questa crisi siano gli immigrati, le tasse, i poteri forti e l’Europa. Insomma, siamo ritornati, in forma riveduta e corretta, al complotto demo-pluto-giudaico-massonico. In realtà essi non hanno nessuna intenzione di cambiare questo stato di cose.
Questo significa che il socialismo è finito? Credo di no. Se noi partiamo da un altro concetto quello del socialismo inteso non come un fatto meramente economico ma come un fatto che coinvolga le persone che devono ritrovare una loro socialità e un loro interesse verso il bene pubblico.
Questo è il socialismo di Carlo Rosselli, un “socialismo etico”, come lo definì G.D.H. Cole, che è l’unico, in questa temperie, in grado di ricreare quel minimo comun denominatore che consenta di poter formare quella aggregazione necessaria per avere la forza di iniziare una nuova traversata del deserto.
Fonte: di Enno Ghiandelli