"POPULISMO E DEMOCRAZIA"
25-07-2021 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
“Democracy Rules” è l'ultimo saggio dello storico tedesco Jan-Werner Müller, docente di storia delle idee politiche alla Princeton University. In Italia è noto per il suo precedente libro, “Che cos'è il populismo?”. Il concetto di populismo, dice Müller, è qualche cosa di intrinsecamente opposto al pluralismo e in ultima analisi alla democrazia. Viktor Orban in Ungheria, Narendra Modi in India e Nicolás Maduro in Venezuela – dice - sono populisti. Crescenti timori sulla tenuta della democrazia riguardano anche il Brasile, la Turchia e la Polonia. I populisti, sostiene Müller, amano presentarsi come campioni di democrazia, ma il loro concetto di popolo è angusto e selettivo: critici, rivali politici e immigrati ne sono esclusi. Al momento attuale, è improbabile che abbattano la democrazia: la strumentalizzano, la corrodono. Müller non si concentra tanto sulle “norme” democratiche quanto sui principi democratici che animano quelle norme. In altre parole, se ci preoccupiamo del deterioramento della democrazia, che cosa pensiamo esattamente di perdere? E' proprio il timore della perdita l'elemento centrale di “Democracy Rules.” Essenziali in ogni sistema realmente democratico sono i principi di libertà, eguaglianza e – paradossalmente – l'insicurezza, ossia la possibilità di perdere determinati benefici. Chi è realmente democratico deve accettare l'idea che i vincitori non possono essere consacrati in eterno e i perdenti non possono essere distrutti. Salvaguardare l'incertezza significa che la democrazia è inerentemente dinamica e fluida. “Gli individui rimangono liberi di decidere che cosa a loro importa di più,” scrive Müller, ma attenersi agli obblighi democratici vuol anche dire che la libertà deve essere contenuta da quelli che definisce “rigidi confini”, che i veri democratici accettano e i populisti violano. Müller ne evidenzia tre: a nessuno può essere negato lo stato di cittadino libero e eguale; nessuna “nazione”, “popolo”, “cittadino” deve essere definito in termini etnici o razziali; la democrazia prevede i perdenti, ma i perdenti, per ricordare John Stewart Mill, non possono essere messi a tacere. Non solo, devono avere la chance di vincere la prossima volta. La democrazia comporta discussione, dissenso e, al limite, insubordinazione. E' una realtà complessa e complicata – troppo per i populisti, che ragionano in termini di “loro o noi”, vogliono un immutabile, uniforme “volontà popolare”, e soluzioni del tipo “il vincitore prende tutto.” Müller non sottovaluta i pregi della democrazia diretta ma accetta che la forma rappresentativa, dove i votanti mandano i politici a governare in nome loro, sia necessaria in società complesse con un'alta divisione del lavoro. Il governo nella democrazia rappresentativa deve essere aperto, reattivo e pronto a render conto ma messo in grado di poter funzionare. Fra governo e cittadini, pertanto, sono necessarie “infrastrutture critiche” di partiti e media che denuncino e facciano da mediatore. E qui sorgono una serie di problemi, perché, ad esempio, se è facile formare nuovi piccoli partiti - che svolgono la funzione di rispondere alle richieste di elettori inascoltati – è tuttavia difficile finanziarli e sostenerli. I partiti politici sono parte essenziale dell'infrastruttura democratica, ma i partiti non devono essere troppo omogenei e devono tollerare il dissenso. In caso contrario, si verifica una vera e propria “autocrazia interna al partito”, il che implica “una profonda avversione all'idea che la parte opposta possa avere ragione, perché nessuna parte opposta è ammessa, tanto per cominciare.” Per quanto riguarda la stampa, mentre proliferano i social media, è al collasso la stampa locale, il che priva la popolazione di una voce per segnalare al governo questioni che li riguardano direttamente e che conoscono a fondo. Tre sono le minacce che bisogna sventare: l'inaccettabile diseguaglianza economica e la doppia “secessione” da una vita civica condivisa: al vertice, dai ricchi e ben inseriti (che possono isolarsi dalle esigenze comuni e pagare privatamente quando le prestazioni sociali sono insufficienti); alla base, dai poveri e disinseriti (che sono troppo sopraffatti dalla quotidianità per impegnarsi politicamente). Partiti ben regolati e la stampa sono ancora lo strumento migliore per “mobilitare quelli alla base e contrastare coloro al vertice.” Recenti sondaggi indicano che coloro che si ritengono danneggiati dalla democrazia in Europa e negli USA vogliono soppiantare la democrazia. I democratici devono pertanto essere pronti a resistere agli antidemocratici, se necessario con strumenti illiberali e antidemocratici. Una democrazia degna di questo nome, ci dice Müller in sostanza, deve essere aperta e liberale, e il liberalismo, se non vuole distruggere sé stesso, deve essere aperto al sociale e democratico.
Fonte: di GIULIETTA ROVERA