"PUO' SOPRAVVIVERE UNA DEMOCRAZIA SENZA IL SOCIALISMO?"
24-04-2022 - LA NECESSITA' DEL SOCIALISMO
Direi di partire da una considerazione preliminare. Non è possibile considerare il socialismo solo come una esperienza storica legata fondamentalmente al Novecento e come tale definitivamente archiviata, tragicamente fallita nella sua declinazione totalitaria e destinata ormai all’irrilevanza politica nella sua versione socialdemocratica e riformista, sempre che quest’ultima parola – sempre più abusata – abbia ancora un senso accanto al sostantivo ‘socialismo’.
Il socialismo è qualcosa di più; è un modello d’interpretazione della realtà a cui necessariamente fare ricorso se non vogliamo arrenderci senza combattere di fronte a un progetto neoliberista che sembra ormai aver informato di sé ogni aspetto della società.
I partiti attori della politica italiana sono macchine al servizio delle ambizioni personali di personaggi talora spregiudicati o del tutto privi della competenza minima necessaria a operare nell’interesse pubblico. Ne è un segnale inequivocabile il fatto che la stessa parole ‘partito’ sia caduta in disuso per indicare quell’aggregato di valori e di interessi cui la Costituzione delega il compito di associare i cittadini «per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».
Una sana prassi democratica non può in alcun modo fare a meno del socialismo. Sarà necessario trovare nuove soluzioni per coniugare libertà ed eguaglianza. La globalizzazione, le questioni energetica e climatica richiedono di ripensare in profondità la relazione tra i due termini, eppure come tutte le più profonde aspirazioni scolpite nel cuore dell’uomo, il socialismo non è destinato a scomparire.
Non c’è dubbio, dati alla mano, che l’Europa – in cui il socialismo è sorto ed è prosperato – si appresti, per molti aspetti, a lasciare il palcoscenico della storia a nuovi soggetti come la Cina o l’India nei quali, tuttavia, i valori dell’umanesimo socialista sono ben lungi dall’essere esaltati.
Il compito che ci attende è di grande portata. Si tratta anzitutto di ricostruire un’idea di socialismo nella testa delle persone più giovani che non l’hanno conosciuto e che hanno del tutto espulso dall’orizzonte delle loro menti l’idea che possa esistere un modello di progresso alternativo a quello esistente. A molti di loro, per esempio, sembra perfettamente normale che si possa lavorare mesi o anche anni con contratti di formazione che non prevedono di essere pagati o addirittura, di dover pagare per effettuare degli stages. È da questo crampo mentale o da segnali simili provenienti dalla società che occorre ripartire per rimetter in moto i destini del socialismo.
Sarà facile? Sicuramente no ma è un passo necessario per riprendere il discorso dove l’avevamo lasciato.
Il socialismo è qualcosa di più; è un modello d’interpretazione della realtà a cui necessariamente fare ricorso se non vogliamo arrenderci senza combattere di fronte a un progetto neoliberista che sembra ormai aver informato di sé ogni aspetto della società.
I partiti attori della politica italiana sono macchine al servizio delle ambizioni personali di personaggi talora spregiudicati o del tutto privi della competenza minima necessaria a operare nell’interesse pubblico. Ne è un segnale inequivocabile il fatto che la stessa parole ‘partito’ sia caduta in disuso per indicare quell’aggregato di valori e di interessi cui la Costituzione delega il compito di associare i cittadini «per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».
Una sana prassi democratica non può in alcun modo fare a meno del socialismo. Sarà necessario trovare nuove soluzioni per coniugare libertà ed eguaglianza. La globalizzazione, le questioni energetica e climatica richiedono di ripensare in profondità la relazione tra i due termini, eppure come tutte le più profonde aspirazioni scolpite nel cuore dell’uomo, il socialismo non è destinato a scomparire.
Non c’è dubbio, dati alla mano, che l’Europa – in cui il socialismo è sorto ed è prosperato – si appresti, per molti aspetti, a lasciare il palcoscenico della storia a nuovi soggetti come la Cina o l’India nei quali, tuttavia, i valori dell’umanesimo socialista sono ben lungi dall’essere esaltati.
Il compito che ci attende è di grande portata. Si tratta anzitutto di ricostruire un’idea di socialismo nella testa delle persone più giovani che non l’hanno conosciuto e che hanno del tutto espulso dall’orizzonte delle loro menti l’idea che possa esistere un modello di progresso alternativo a quello esistente. A molti di loro, per esempio, sembra perfettamente normale che si possa lavorare mesi o anche anni con contratti di formazione che non prevedono di essere pagati o addirittura, di dover pagare per effettuare degli stages. È da questo crampo mentale o da segnali simili provenienti dalla società che occorre ripartire per rimetter in moto i destini del socialismo.
Sarà facile? Sicuramente no ma è un passo necessario per riprendere il discorso dove l’avevamo lasciato.
Fonte: di Andrea Becherucci