TITO ORO NOBILI
28-05-2024 - GALLERIA SOCIALISTA di Ferdinando Leonzio
Tito Oro Nobili, figlio di Achille e di Caterina Moretti, nacque il 25 marzo 1882, nel piccolo Comune di Magliano Sabina, oggi in provincia di Rieti[1]. Dopo aver frequentato il ginnasio nel convitto comunale di Terni, si iscrisse al liceo di Rieti, dove ebbe i primi contatti con le idee socialiste e collaborò al giornale L'Unità Operaia (1896). Nel 1897 partecipò a una delle prime agitazioni contadine dell'Umbria meridionale, lo sciopero delle barbabietole. Nel 1902 si iscrisse al Partito Socialista Italiano (PSI), nel periodo in cui si svolse il congresso di Imola, la cui mozione recitava, fra l'altro:
L'azione del partito è riformista perché rivoluzionaria, è rivoluzionaria perché riformista.La sua azione concreta si ispirerà sempre a questo principio.
Trasferitosi a Roma, Nobili si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza e nel 1904 si laureò. Tornato a Terni vi iniziò la sua attività forense, ottenendo ottimi risultati e mettendosi in luce anche come protagonista della vita pubblica cittadina. Meno bene andò la sua attività nella locale sezione socialista per contrasti con la predominante ala massonica, tanto che nel 1906 la sezione fu sciolta. Nel 1907 si presentò alle elezioni provinciali, ma non fu eletto, nonostante egli, come socialista e come avvocato, avesse affiancato le lotte dei primi nuclei operai e dei contadini, in particolare per la questione degli usi civici[2].
La difficile convivenza coi massoni troverà la sua soluzione nel congresso socialista di Ancona (1914) che approvò la mozione Zibordi-Mussolini che dichiarava fra loro incompatibili l'appartenenza al PSI e quella alla massoneria. Ciò infatti rafforzò la sua posizione nel PSI cittadino [3].Trasferitosi a Roma, Nobili si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza e nel 1904 si laureò. Tornato a Terni vi iniziò la sua attività forense, ottenendo ottimi risultati e mettendosi in luce anche come protagonista della vita pubblica cittadina. Meno bene andò la sua attività nella locale sezione socialista per contrasti con la predominante ala massonica, tanto che nel 1906 la sezione fu sciolta. Nel 1907 si presentò alle elezioni provinciali, ma non fu eletto, nonostante egli, come socialista e come avvocato, avesse affiancato le lotte dei primi nuclei operai e dei contadini, in particolare per la questione degli usi civici[2].
Nel 1914, sull'onda del successo socialista di quell'anno[4] alle elezioni amministrative, Tito Oro Nobili fu eletto al Consiglio Comunale di Terni e a quello provinciale dell'Umbria, dove fu affiancato da Arsenio Brugnola[5], Giovanni Colasanti[6], Piero Farini[7] e Giuseppe Sbaraglini[8].
Nobili non partecipò, per la sua accentuata miopia, alla guerra mondiale che di lì a poco sarebbe scoppiata[9], ma si impegnò nell'assistenza alla popolazione civile, promuovendo la formazione di un'azienda annonaria fra le mutue operaie e un calmiere sui generi alimentari di prima necessità.
Finita la guerra, col tragico bilancio di seicentomila morti e un milione e mezzo di mutilati e invalidi, il PSI, unico partito che compattamente, salvo qualche rara eccezione[10], si era schierato contro la partecipazione dell'Italia all'immane carneficina, che aveva partecipato alle conferenze internazionali pacifiste di Zimmerwald[11] e di Kienthal[12], fu giustamente premiato nelle prime elezioni politiche del dopoguerra. Infatti nelle elezioni politiche del 16 novembre 1919 passò dai 52 seggi che aveva ottenuto nel 1913 a 156.
Nobili si era presentato a quelle elezioni con un pedigree politico e amministrativo di tutto rispetto ma, pur avendo avuto 6075 voti di preferenza, non fu eletto, probabilmente a causa di contrasti col candidato, poi eletto, Pietro Farini. Per coerenza con questo insuccesso si dimise da consigliere provinciale.
Tuttavia, in occasione della tornata elettorale amministrativa del 1920, mentre ancora durava l'onda lunga del successo socialista[13], fu rieletto consigliere provinciale dell'Umbria[14] e comunale di Terni, di cui divenne sindaco, con una maggioranza consiliare di 31 a 9. Nei pochi mesi in cui rimase in carica come sindaco si batté perché Terni e il suo circondario fossero elevati a provincia; ma soprattutto cercò di raddrizzare alcune palesi ingiustizie, ad esempio esentando dalla “tassa di famiglia” i redditi minimi e requisendo gli alloggi sfitti.
Intanto, in seguito alle conclusioni dello storico congresso di Livorno del PSI, il 21 gennaio 1921, era stato fondato il Partito Comunista d'Italia (PCdI), guidato da Amadeo Bordiga, Antonio Gramsci, Umberto Terracini, Egidio Gennari, ecc.
Da quel momento ebbe inizio un tormentone politico, con un PSI massimalista nevroticamente smanioso di entrare nella Terza Internazionale[15], senza però rispettare tutte le 21 “condizioni” poste per esservi ammessi, in particolare quella riguardante l'espulsione dei riformisti, e con la centrale moscovita intenzionata a non cedere su nessun punto. La surreale vicenda inciderà per molto tempo sull'Italia, sul partito socialista, sui singoli come Tito Oro Nobili.
Nel 1921, quando Nobili aveva già assunto il controllo della federazione socialista di Terni, essendo stata sciolta la Camera dei deputati per iniziativa del governo Giolitti (7-4-1921), con lo scopo di ridimensionarvi la presenza socialista, furono indette elezioni anticipate. Nobili si dimise da sindaco per potersi candidare, rimanendo tuttavia assessore, fino alla caduta dell'Amministrazione ad opera dei fascisti, a metà ottobre 1922.
Le elezioni del 15 maggio 1921[16] scalfirono, ma non distrussero il PSI che, nonostante la lacerante scissione comunista, riuscì ad eleggere 123/535 deputati e a rimanere il primo partito d'Italia[17]. Questa volta il Nostro fu eletto, con ben 8740 voti di preferenza. Questa elezione, in una con le sue pur notevoli qualità personali, lo proiettò sulla scena politica nazionale. La quale era ormai dominata non solo dalle diatribe interne al PSI[18], ma dalla dilagante violenza squadristica che mirava allo smantellamento della intera rete organizzativa del movimento operaio italiano.
Dalla periferia affluivano ai capi socialisti richieste di aiuto di dirigenti, amministratori, cooperatori, sindacalisti e anche di semplici militanti, intimiditi, aggrediti, cacciati dalle loro case e perfino dalle loro città.
Lo stesso Nobili tra il 1921 e il 1922 subì varie aggressioni[19], e nel marzo 1923 ebbe completamente devastata la sua abitazione di Terni, i mobili fracassati, incendiati sulla pubblica piazza l'archivio e la biblioteca; per cui decise di trasferirsi a Roma con la famiglia[20], pur continuando l'attività professionale a Terni. Anche a Roma subì vari tipi di persecuzione: perquisizioni, fermi, interrogatori e vigilanza. Tuttavia egli trovava la forza per fare il consigliere provinciale di Perugia, l'assessore comunale di Terni e il deputato nazionale, sempre combattendo contro la disoccupazione e il latifondo.
E intanto La Direzione, mentre si crogiolava con l'IC, teneva imbalsamato il suo forte gruppo parlamentare; il quale, però, era a maggioranza riformista. Esso – meglio tardi che mai! – si decise ad intervenire autonomamente, approvando una mozione in cui si dichiarava disponibile ad appoggiare un governo che fosse rispettoso delle leggi e delle libertà dei cittadini. Ciò consentì a Turati, in occasione della crisi governativa del luglio 1922 di partecipare alle consultazioni del Re appunto per chiedere un governo che ristabilisse le libertà statutarie. Era ormai troppo tardi e Turati non ottenne nulla. Ma il suo gesto di indisciplina diede finalmente occasione ai massimalisti di liquidare i rivali riformisti e così accontentare Mosca.
Il congresso di Roma (1-4/10/1922) si concluse con l'espulsione dei riformisti, i quali andarono a costituire un loro partito, che chiamarono Partito Socialista Unitario (PSU), con segretario Giacomo Matteotti, vice Emilio Zannerini, simbolo il sole nascente, organo di stampa La Giustizia con direttore Claudio Treves[21]. La frittata era fatta: il socialismo italiano da tre correnti aveva ricavato tre partiti! E non era ancora finita quella che Pietro Nenni chiamerà l'orgia delle scissioni. Alla fine dello stesso mese (28-10-1922) i fascisti realizzarono la Marcia su Roma e il Re nominò il loro “Duce” Benito Mussolini Presidente del Consiglio.
Intanto i socialisti rimasti nel PSI elessero la nuova Direzione con segretario Domenico Fioritto, Serrati ancora a dirigere l'Avanti! e con rappresentante del Gruppo Parlamentare (ormai ridotto a 36 deputati) Francesco Buffoni. Gongolante per il risultato ottenuto e in ossequio alla richiesta del Comintern, essa inviò a Mosca una delegazione[22] per concordare con una del PCdI la fusione fra i due partiti, naturalmente con la supervisione e la benedizione dell'IC.
L'accordo fu raggiunto[23] e Serrati mandò copia del relativo documento alla Direzione, che il 31 dicembre l'approvò, con la sola astensione del segretario Domenico Fioritto. Mandò anche un entusiastico articolo sul raggiunto accordo, intitolato All'Unità comunista!, che fu pubblicato sull'Avanti! del 3 gennaio 1923.
Ma, accanto a quello del direttore Serrati, il redattore capo, Pietro Nenni, che intanto lo sostituiva, ne pubblicò uno suo, di segno diametralmente opposto, intitolato La liquidazione del Partito socialista? Ne nacque una vivace polemica tra coloro (autonomisti) che si opponevano alla liquidazione sotto-costo del PSI, come la definì Nenni, e quelli (fusionisti) che volevano eseguire gli accordi di Mosca e fondersi col PcdI.
Nel corso di un convegno tenuto a Milano il 14 gennaio 1923, gli autonomisti, capeggiati da Arturo Vella e Pietro Nenni, costituirono Il Comitato Nazionale di Difesa Socialista[24], che occupò l'Avanti! e fece eleggere nuovo capogruppo parlamentare Tito Oro Nobili (che così entrò in Direzione), un massimalista con vivo il senso dell'autonomia socialista, al posto del fusionista Francesco Buffoni. Anche i fusionisti si organizzarono e il 25 febbraio 1923 costituirono il Comitato Nazionale Unionista[25].
Per districare l'ormai intricata matassa organizzativa e politica, un nuovo congresso era più che necessario. Esso si tenne a Milano dal 15 al 17 aprile 1923 e fu vinto dagli autonomisti, che elessero una Direzione „monocolore“[26], che a sua volta elesse un nuovo segretario nella persona di Tito Oro Nobili. Il quale accettò, pur sapendo che la nuova carica avrebbe ancor di più attirato su di sé violenze e aggressioni. La direzione dell'Avanti! fu affidata a un comitato composto da Pietro Nenni, Riccardo Momigliano e Olindo Vernocchi.
La difesa dell'autonomia socialista, di cui Nobili fu sempre convinto interprete, era ormai divenuta incompatibile con la collaborazione a qualsiasi titolo con la III Internazionale, a fronte del tentativo di assorbimento da parte comunista. Fu dunque definitivamente accantonata la questione dell'adesione alla Terza Internazionale, che tanto aveva logorato il PSI, e furono vietate le correnti organizzate. Quest'ultima decisione ebbe una dolorosa prima applicazione in occasione della pubblicazione della rivista Pagine Rosse, di fatto organo della frazione terzinternazionalista, quando la Direzione[27] mise fuori del partito socialista il comitato di redazione, composto dai capi della frazione[28]. Nel 1924 un simile provvedimento colpirà altri esponenti presentatisi alle elezioni in lista col PCdI, cui poi aderiranno.
Un importante problema che Nobili dovette affrontare come segretario fu quello appunto della partecipazione alle nuove elezioni del 6 aprile 1924, con un partito dilaniato da tre scissioni (comunista, riformista, terzinternazionalista), intimidito dalle squadre fasciste, in un clima di violenze il cui apice fu l'assassinio del candidato socialista Antonio Piccinini (28-2-1924)[29].
I fascisti ottennero 374 seggi su 535, ma il PSI riuscì a portare alla Camera 22 deputati[30] e Tito Nobili a essere rieletto, nella Circoscrizione umbro-laziale, anche se con sole 1522 preferenze. Le violenze, le intimidazioni, le sopraffazioni che avevano contrassegnato la campagna elettorale furono oggetto di ferma denuncia da parte socialista e, con particolare incisività, dal segretario del PSU, il deputato Giacomo Matteotti. Il che gli costerà la vita. Il 10 giugno 1924 infatti egli fu aggredito, rapito e pugnalato. Il fosco delitto antisocialista, come lo definì l'Avanti! del 13 giugno 1924, suscitò enorme indignazione nel Paese e per un momento il regime sembrò vacillare. Le opposizioni parlamentari decisero di astenersi dai lavori della Camera („Aventino“) fino a quando non fosse stata fatta giustizia. Tito Oro Nobile, assieme ad Arturo Vella, fece parte del comitato unitario delle opposizioni, in rappresentanza del PSI.
Nobili, tuttavia, avrebbe desiderato un'opposizione che dal Parlamento si trasferisse nel Paese per coinvolgere e pilotare un movimento di popolo, ma l'Aventino era troppo composito e rimaneva sempre più inerte. In merito ad esso il PSI in seguito si era alquanto diviso: c'era chi voleva la permanenza nell'Aventino e la partecipazione ad eventuali elezioni; chi voleva la permanenza in esso, ma astenendosi dal partecipare a qualunque elezione gestita dal governo Mussolini; chi era per la rottura con l'Aventino.
Allo scopo di un chiarimento sulla via da seguire nei rapporti con l'Aventino fu convocata a Milano, per il 1° marzo 1925, una riunione del Consiglio Nazionale del PSI che il segretario accolse con queste parole:
Nel giorno in cui ricorre l'anniversario della morte di Piccinini, il quale sentì tanto potentemente il suo dovere di socialista da accettare una candidatura che portava con sé una condanna di morte, mentre è presente nello spirito di ognuno di noi la luminosa figura di Matteotti, e all'uno e all'altro martire fanno dolorosa corona le mille e mille vittime, note e ignote, da Di Vagno[31] a Oldoni[32], esprimiamo l'augurio che dalla nostra discussione escano delle deliberazioni che per la loro elevatezza, per la loro serietà, soprattutto per il loro contenuto socialista, possano essere degne della fervida accettazione delle masse socialiste e lavoratrici.
Nel Consiglio Nazionale emersero, come previsto, varie posizioni, ma nulla di realmente inconciliabile, tranne forse l'intravedersi di una “destra” rappresentata da Nenni e Romita e di una “sinistra” guidata da Vernocchi. Tuttavia, probabilmente logorato da così gravi responsabilità e motivandole con ragioni personali, a conclusione dei lavori della Direzione, secondo impegni precedentemente assunti, il 24 aprile 1925 Tito Oro Nobili presentò le sue dimissioni da segretario nazionale del PSI[33]. Questo il suo messaggio:
Nel lasciare, per già troppo contenute necessità professionali, il posto di fiducia e di lotta a cui per più di due anni ho dedicato con fede e con passione ogni mia attività, rivolgo un cordiale ringraziamento a tutti quanti nell'aspra e talvolta penosa fatica mi furono cooperatori sicuri ed assidui: ai compagni della Direzione del Partito e dell'Avanti!, a quelli della Segreteria centrale, al Consiglio di Amministrazione e al personale della Società Editrice Avanti!, ai deputati, fiduciari, ai Comitati di tutti i nostri movimenti e alle Federazioni.
L'emozione di questo distacco che non attenuerà il mio interessamento per la vita e per lo sviluppo del nostro Partito trova compenso nella certezza assoluta che l'indirizzo non ne sarà modificato e che il suo rafforzamento sarà oggetto di particolari cure da parte del mio successore, al quale mi è grato, pertanto, porgere un fervido saluto augurale per l'opera che egli è chiamato a continuare, migliorandola, perché sempre più netta e inconfondibile si delinei e si affermi, in cospetto ad ogni pretesa affinità, la fisionomia del Partito Socialista Italiano nella sua storica e insopprimibile funzione di partito rigidamente classista e di non illusoria unità proletaria[34].
Nobili rimase dunque nella Direzione e in seguito propose l'uscita del PSI dall'Aventino, cosa che fu concretizzata nel settembre 1925. Due mesi dopo, il fallito attentato contro il Dittatore, organizzato dal socialista unitario Tito Zaniboni (4-11-1925) diede spunto al regime per eliminare immediatamente (6-11-1925) il suo partito, il PSU, che fu dunque il primo ad essere sciolto[35] e per sopprimere il suo organo di stampa La Giustizia, diretto da Claudio Treves.
Il primo a capire la situazione fu probabilmente il condirettore dell'Avanti! Pietro Nenni. Che senso aveva, oramai, la divisione dei socialisti tra massimalisti e riformisti, dal momento che sotto la dittatura fascista, sostenuta dalla Monarchia, dall'esercito, dalla milizia, dalla conservazione, era realisticamente impossibile organizzare una rivoluzione e, tantomeno, ottenere delle riforme in senso socialista? Non era meglio riunire le forze in attesa del momento della rivincita?
Per questo egli avanzò nella Direzione, tanto più che il discorso con la Terza Internazionale era stato da tempo chiuso, la proposta di riaccogliere nel PSI i socialisti del PSU e di affidare la direzione dell'Avanti! a Claudio Treves, che era una bandiera più che credibile del giornalismo socialista?:
Alla borghesia unita nel fascismo, bisogna opporre un proletariato unito nel socialismo. Quando ciò si sarà fatto, comincerà la rinascita delle forze socialiste, e ogni giorno avremo non una nuova disfatta, ma faremo un passo innanzi.
Ma la Direzione, tutta intera[36], riunitasi 1l 17 dicembre 1925, con la sola eccezione di Giuseppe Romita, respinse la proposta. Nenni, per reazione, si dimise dalla Direzione del Partito e da quella dell'Avanti![37]
E intanto La Direzione, mentre si crogiolava con l'IC, teneva imbalsamato il suo forte gruppo parlamentare; il quale, però, era a maggioranza riformista. Esso – meglio tardi che mai! – si decise ad intervenire autonomamente, approvando una mozione in cui si dichiarava disponibile ad appoggiare un governo che fosse rispettoso delle leggi e delle libertà dei cittadini. Ciò consentì a Turati, in occasione della crisi governativa del luglio 1922 di partecipare alle consultazioni del Re appunto per chiedere un governo che ristabilisse le libertà statutarie. Era ormai troppo tardi e Turati non ottenne nulla. Ma il suo gesto di indisciplina diede finalmente occasione ai massimalisti di liquidare i rivali riformisti e così accontentare Mosca.
Il congresso di Roma (1-4/10/1922) si concluse con l'espulsione dei riformisti, i quali andarono a costituire un loro partito, che chiamarono Partito Socialista Unitario (PSU), con segretario Giacomo Matteotti, vice Emilio Zannerini, simbolo il sole nascente, organo di stampa La Giustizia con direttore Claudio Treves[21]. La frittata era fatta: il socialismo italiano da tre correnti aveva ricavato tre partiti! E non era ancora finita quella che Pietro Nenni chiamerà l'orgia delle scissioni. Alla fine dello stesso mese (28-10-1922) i fascisti realizzarono la Marcia su Roma e il Re nominò il loro “Duce” Benito Mussolini Presidente del Consiglio.
Intanto i socialisti rimasti nel PSI elessero la nuova Direzione con segretario Domenico Fioritto, Serrati ancora a dirigere l'Avanti! e con rappresentante del Gruppo Parlamentare (ormai ridotto a 36 deputati) Francesco Buffoni. Gongolante per il risultato ottenuto e in ossequio alla richiesta del Comintern, essa inviò a Mosca una delegazione[22] per concordare con una del PCdI la fusione fra i due partiti, naturalmente con la supervisione e la benedizione dell'IC.
L'accordo fu raggiunto[23] e Serrati mandò copia del relativo documento alla Direzione, che il 31 dicembre l'approvò, con la sola astensione del segretario Domenico Fioritto. Mandò anche un entusiastico articolo sul raggiunto accordo, intitolato All'Unità comunista!, che fu pubblicato sull'Avanti! del 3 gennaio 1923.
Ma, accanto a quello del direttore Serrati, il redattore capo, Pietro Nenni, che intanto lo sostituiva, ne pubblicò uno suo, di segno diametralmente opposto, intitolato La liquidazione del Partito socialista? Ne nacque una vivace polemica tra coloro (autonomisti) che si opponevano alla liquidazione sotto-costo del PSI, come la definì Nenni, e quelli (fusionisti) che volevano eseguire gli accordi di Mosca e fondersi col PcdI.
Nel corso di un convegno tenuto a Milano il 14 gennaio 1923, gli autonomisti, capeggiati da Arturo Vella e Pietro Nenni, costituirono Il Comitato Nazionale di Difesa Socialista[24], che occupò l'Avanti! e fece eleggere nuovo capogruppo parlamentare Tito Oro Nobili (che così entrò in Direzione), un massimalista con vivo il senso dell'autonomia socialista, al posto del fusionista Francesco Buffoni. Anche i fusionisti si organizzarono e il 25 febbraio 1923 costituirono il Comitato Nazionale Unionista[25].
Per districare l'ormai intricata matassa organizzativa e politica, un nuovo congresso era più che necessario. Esso si tenne a Milano dal 15 al 17 aprile 1923 e fu vinto dagli autonomisti, che elessero una Direzione „monocolore“[26], che a sua volta elesse un nuovo segretario nella persona di Tito Oro Nobili. Il quale accettò, pur sapendo che la nuova carica avrebbe ancor di più attirato su di sé violenze e aggressioni. La direzione dell'Avanti! fu affidata a un comitato composto da Pietro Nenni, Riccardo Momigliano e Olindo Vernocchi.
La difesa dell'autonomia socialista, di cui Nobili fu sempre convinto interprete, era ormai divenuta incompatibile con la collaborazione a qualsiasi titolo con la III Internazionale, a fronte del tentativo di assorbimento da parte comunista. Fu dunque definitivamente accantonata la questione dell'adesione alla Terza Internazionale, che tanto aveva logorato il PSI, e furono vietate le correnti organizzate. Quest'ultima decisione ebbe una dolorosa prima applicazione in occasione della pubblicazione della rivista Pagine Rosse, di fatto organo della frazione terzinternazionalista, quando la Direzione[27] mise fuori del partito socialista il comitato di redazione, composto dai capi della frazione[28]. Nel 1924 un simile provvedimento colpirà altri esponenti presentatisi alle elezioni in lista col PCdI, cui poi aderiranno.
Un importante problema che Nobili dovette affrontare come segretario fu quello appunto della partecipazione alle nuove elezioni del 6 aprile 1924, con un partito dilaniato da tre scissioni (comunista, riformista, terzinternazionalista), intimidito dalle squadre fasciste, in un clima di violenze il cui apice fu l'assassinio del candidato socialista Antonio Piccinini (28-2-1924)[29].
I fascisti ottennero 374 seggi su 535, ma il PSI riuscì a portare alla Camera 22 deputati[30] e Tito Nobili a essere rieletto, nella Circoscrizione umbro-laziale, anche se con sole 1522 preferenze. Le violenze, le intimidazioni, le sopraffazioni che avevano contrassegnato la campagna elettorale furono oggetto di ferma denuncia da parte socialista e, con particolare incisività, dal segretario del PSU, il deputato Giacomo Matteotti. Il che gli costerà la vita. Il 10 giugno 1924 infatti egli fu aggredito, rapito e pugnalato. Il fosco delitto antisocialista, come lo definì l'Avanti! del 13 giugno 1924, suscitò enorme indignazione nel Paese e per un momento il regime sembrò vacillare. Le opposizioni parlamentari decisero di astenersi dai lavori della Camera („Aventino“) fino a quando non fosse stata fatta giustizia. Tito Oro Nobile, assieme ad Arturo Vella, fece parte del comitato unitario delle opposizioni, in rappresentanza del PSI.
Nobili, tuttavia, avrebbe desiderato un'opposizione che dal Parlamento si trasferisse nel Paese per coinvolgere e pilotare un movimento di popolo, ma l'Aventino era troppo composito e rimaneva sempre più inerte. In merito ad esso il PSI in seguito si era alquanto diviso: c'era chi voleva la permanenza nell'Aventino e la partecipazione ad eventuali elezioni; chi voleva la permanenza in esso, ma astenendosi dal partecipare a qualunque elezione gestita dal governo Mussolini; chi era per la rottura con l'Aventino.
Allo scopo di un chiarimento sulla via da seguire nei rapporti con l'Aventino fu convocata a Milano, per il 1° marzo 1925, una riunione del Consiglio Nazionale del PSI che il segretario accolse con queste parole:
Nel giorno in cui ricorre l'anniversario della morte di Piccinini, il quale sentì tanto potentemente il suo dovere di socialista da accettare una candidatura che portava con sé una condanna di morte, mentre è presente nello spirito di ognuno di noi la luminosa figura di Matteotti, e all'uno e all'altro martire fanno dolorosa corona le mille e mille vittime, note e ignote, da Di Vagno[31] a Oldoni[32], esprimiamo l'augurio che dalla nostra discussione escano delle deliberazioni che per la loro elevatezza, per la loro serietà, soprattutto per il loro contenuto socialista, possano essere degne della fervida accettazione delle masse socialiste e lavoratrici.
Nel Consiglio Nazionale emersero, come previsto, varie posizioni, ma nulla di realmente inconciliabile, tranne forse l'intravedersi di una “destra” rappresentata da Nenni e Romita e di una “sinistra” guidata da Vernocchi. Tuttavia, probabilmente logorato da così gravi responsabilità e motivandole con ragioni personali, a conclusione dei lavori della Direzione, secondo impegni precedentemente assunti, il 24 aprile 1925 Tito Oro Nobili presentò le sue dimissioni da segretario nazionale del PSI[33]. Questo il suo messaggio:
Nel lasciare, per già troppo contenute necessità professionali, il posto di fiducia e di lotta a cui per più di due anni ho dedicato con fede e con passione ogni mia attività, rivolgo un cordiale ringraziamento a tutti quanti nell'aspra e talvolta penosa fatica mi furono cooperatori sicuri ed assidui: ai compagni della Direzione del Partito e dell'Avanti!, a quelli della Segreteria centrale, al Consiglio di Amministrazione e al personale della Società Editrice Avanti!, ai deputati, fiduciari, ai Comitati di tutti i nostri movimenti e alle Federazioni.
L'emozione di questo distacco che non attenuerà il mio interessamento per la vita e per lo sviluppo del nostro Partito trova compenso nella certezza assoluta che l'indirizzo non ne sarà modificato e che il suo rafforzamento sarà oggetto di particolari cure da parte del mio successore, al quale mi è grato, pertanto, porgere un fervido saluto augurale per l'opera che egli è chiamato a continuare, migliorandola, perché sempre più netta e inconfondibile si delinei e si affermi, in cospetto ad ogni pretesa affinità, la fisionomia del Partito Socialista Italiano nella sua storica e insopprimibile funzione di partito rigidamente classista e di non illusoria unità proletaria[34].
Nobili rimase dunque nella Direzione e in seguito propose l'uscita del PSI dall'Aventino, cosa che fu concretizzata nel settembre 1925. Due mesi dopo, il fallito attentato contro il Dittatore, organizzato dal socialista unitario Tito Zaniboni (4-11-1925) diede spunto al regime per eliminare immediatamente (6-11-1925) il suo partito, il PSU, che fu dunque il primo ad essere sciolto[35] e per sopprimere il suo organo di stampa La Giustizia, diretto da Claudio Treves.
Il primo a capire la situazione fu probabilmente il condirettore dell'Avanti! Pietro Nenni. Che senso aveva, oramai, la divisione dei socialisti tra massimalisti e riformisti, dal momento che sotto la dittatura fascista, sostenuta dalla Monarchia, dall'esercito, dalla milizia, dalla conservazione, era realisticamente impossibile organizzare una rivoluzione e, tantomeno, ottenere delle riforme in senso socialista? Non era meglio riunire le forze in attesa del momento della rivincita?
Per questo egli avanzò nella Direzione, tanto più che il discorso con la Terza Internazionale era stato da tempo chiuso, la proposta di riaccogliere nel PSI i socialisti del PSU e di affidare la direzione dell'Avanti! a Claudio Treves, che era una bandiera più che credibile del giornalismo socialista?:
Alla borghesia unita nel fascismo, bisogna opporre un proletariato unito nel socialismo. Quando ciò si sarà fatto, comincerà la rinascita delle forze socialiste, e ogni giorno avremo non una nuova disfatta, ma faremo un passo innanzi.
Ma la Direzione, tutta intera[36], riunitasi 1l 17 dicembre 1925, con la sola eccezione di Giuseppe Romita, respinse la proposta. Nenni, per reazione, si dimise dalla Direzione del Partito e da quella dell'Avanti![37]
Ancora una volta apparve indispensabile un congresso, questa volta per decidere sulla questione dell'unità col partito riformista. Esso fu convocato per il 14 novembre 1926, per discutere su tre mozioni: una detta di “Difesa Socialista” (Vernocchi, Nobili, Vella), contraria alla fusione coi riformisti, una “Comitato per l'unità socialista nel PSI” (Nenni, Romita), favorevole, e una terza, mediana, “Gruppo d'Azione Socialista” (Bacci, Mazzali) favorevole, purché l'unificazione si realizzasse su basi di sinistra.
Il congresso però non poté aver luogo, a causa del giro di vite del Governo, ormai lanciato verso l'aperta dittatura: il 6 novembre 1926 furono sciolti tutti i partiti, tranne quello fascista, e il 9 dichiarati decaduti tutti i deputati che avevano partecipato all'Aventino. Fra di essi Tito Oro Nobili, costretto, come tutti quelli che non erano stati arrestati o erano fuggiti all'estero, a ritirarsi dall'attività politica.
Tito Oro Nobili non ebbe neanche questa possibilità, a causa della sua limpidezza morale e del suo coerente antifascismo, che avrebbero potuto incoraggiare altri oppositori.
Nella notte tra il 1° e il 2 novembre 1926 a Pesciano (frazione di Todi), dove si era recato per rendere omaggio alla tomba del suocero appena scomparso, mentre la famiglia era riunita nella casa dei suoceri, fu costretto a uscire, sotto minaccia di incendiare la casa, e aggredito da una squadra fascista (circa tredici persone!), senza che lui gridasse per non spaventare i familiari che stavano dentro. Trattenuto per due ore e torturato, anche spegnendogli sulle palpebre mozziconi di sigarette, tanto da renderlo quasi cieco, fu abbandonato nelle vicinanze dell'ospedale di Todi (PE).
Mentre era ancora ricoverato, il 10 novembre successivo fu arrestato, con l'accusa di aver tramato per sovvertire gli ordinamenti dello Stato, e il 18 dicembre 1926 fu condannato a cinque anni di confino[38] a Favignana[39]. Venne dunque portato al carcere di Palermo, da lì a quello di Trapani e, infine, a Favignana. Dopo qualche mese ottenne, date le gravi condizioni di salute, di poter trascorrere il periodo di pena, in regime di confino domiciliare, a Roma, dove rimase sempre strettamente sorvegliato, anche dopo la fine della condanna[40]. Ma non bastava: il 6 luglio 1927 fu anche radiato dall'albo degli avvocati e poté riprendere la professione solo nel 1934.
Per una serie di difficoltà, soprattutto fisiche ed economiche, nel settembre del 1943 si trasferì a Todi. Ma l'11 marzo del 1944 dovette recarsi a Roma. Mentre stava tornando a Todi, a causa di un bombardamento aereo, restò ferito, mentre la moglie, sua affettuosa compagna di una vita, morì dissanguata presso la stazione di Cesi a circa 10 km da Terni.
Finita la guerra Tito Oro Nobili si impegnò per la ricostruzione del socialismo umbro[41], nonostante le difficoltà visive. Nel giugno 1945, stimato da tutti, fu nominato dal CLN presidente della Società siderurgica “Terni”. In tale veste riuscì ad impedire il trasferimento a Genova degli stabilimenti siderurgici e a promuovere l'attività dei Consigli di Gestione; nonostante le difficoltà causate dai tedeschi, che avevano distrutto o portato via i macchinari, si impegnò per evitare i licenziamenti, modernizzare le attrezzature, cercare nuovi sbocchi commerciali, migliorare la preparazione professionale dei dipendenti. Il 25 settembre 1945 entrò a far parte della Consulta Nazionale[42].
In occasione delle votazioni del 2 giugno 1946, Nobili, sempre schierato nella sinistra del partito, fu presentato per il PSIUP nel collegio di Perugia e fu eletto all'Assemblea Costituente, in cui si occupò particolarmente della libertà religiosa, dei lavoratori all'estero, dell'ordinamento giudiziario.
Nell'imminenza delle elezioni politiche del 18 aprile 1948 PSI[43] e PCI, costituirono il Fronte Democratico Popolare (FDP), si presentarono assieme nella stessa lista, con simbolo la testa di Garibaldi, e andarono incontro ad una cocente sconfitta. Nobili entrò in Senato come senatore di diritto, in base ad una disposizione costituzionale che riservava tale diritto, per la prima legislatura repubblicana, ad alcune particolari categorie[44]. Nobili vi entrò in quanto ex deputato aventiniano dichiarato decaduto il 9-11-1926.
Svolse la sua attività, fino all'ultimo, con passione civile e morale, senza mai tradire i suoi principi, che puntavano sulla lotta di classe per realizzare una società più giusta e progredita.
Alle elezioni del 1953 Nobili non si ripresentò e si ritirò dalla politica attiva, non mancando però di seguirne attentamente le vicende, in particolare quelle del partito socialista. Sicché quando il PSI decise di partecipare a un governo di centro-sinistra, egli decise di lasciare il partito, ma non il socialismo, in quanto, nel luglio 1964, aderì al PSIUP[45].
Il congresso però non poté aver luogo, a causa del giro di vite del Governo, ormai lanciato verso l'aperta dittatura: il 6 novembre 1926 furono sciolti tutti i partiti, tranne quello fascista, e il 9 dichiarati decaduti tutti i deputati che avevano partecipato all'Aventino. Fra di essi Tito Oro Nobili, costretto, come tutti quelli che non erano stati arrestati o erano fuggiti all'estero, a ritirarsi dall'attività politica.
Tito Oro Nobili non ebbe neanche questa possibilità, a causa della sua limpidezza morale e del suo coerente antifascismo, che avrebbero potuto incoraggiare altri oppositori.
Nella notte tra il 1° e il 2 novembre 1926 a Pesciano (frazione di Todi), dove si era recato per rendere omaggio alla tomba del suocero appena scomparso, mentre la famiglia era riunita nella casa dei suoceri, fu costretto a uscire, sotto minaccia di incendiare la casa, e aggredito da una squadra fascista (circa tredici persone!), senza che lui gridasse per non spaventare i familiari che stavano dentro. Trattenuto per due ore e torturato, anche spegnendogli sulle palpebre mozziconi di sigarette, tanto da renderlo quasi cieco, fu abbandonato nelle vicinanze dell'ospedale di Todi (PE).
Mentre era ancora ricoverato, il 10 novembre successivo fu arrestato, con l'accusa di aver tramato per sovvertire gli ordinamenti dello Stato, e il 18 dicembre 1926 fu condannato a cinque anni di confino[38] a Favignana[39]. Venne dunque portato al carcere di Palermo, da lì a quello di Trapani e, infine, a Favignana. Dopo qualche mese ottenne, date le gravi condizioni di salute, di poter trascorrere il periodo di pena, in regime di confino domiciliare, a Roma, dove rimase sempre strettamente sorvegliato, anche dopo la fine della condanna[40]. Ma non bastava: il 6 luglio 1927 fu anche radiato dall'albo degli avvocati e poté riprendere la professione solo nel 1934.
Per una serie di difficoltà, soprattutto fisiche ed economiche, nel settembre del 1943 si trasferì a Todi. Ma l'11 marzo del 1944 dovette recarsi a Roma. Mentre stava tornando a Todi, a causa di un bombardamento aereo, restò ferito, mentre la moglie, sua affettuosa compagna di una vita, morì dissanguata presso la stazione di Cesi a circa 10 km da Terni.
Finita la guerra Tito Oro Nobili si impegnò per la ricostruzione del socialismo umbro[41], nonostante le difficoltà visive. Nel giugno 1945, stimato da tutti, fu nominato dal CLN presidente della Società siderurgica “Terni”. In tale veste riuscì ad impedire il trasferimento a Genova degli stabilimenti siderurgici e a promuovere l'attività dei Consigli di Gestione; nonostante le difficoltà causate dai tedeschi, che avevano distrutto o portato via i macchinari, si impegnò per evitare i licenziamenti, modernizzare le attrezzature, cercare nuovi sbocchi commerciali, migliorare la preparazione professionale dei dipendenti. Il 25 settembre 1945 entrò a far parte della Consulta Nazionale[42].
In occasione delle votazioni del 2 giugno 1946, Nobili, sempre schierato nella sinistra del partito, fu presentato per il PSIUP nel collegio di Perugia e fu eletto all'Assemblea Costituente, in cui si occupò particolarmente della libertà religiosa, dei lavoratori all'estero, dell'ordinamento giudiziario.
Nell'imminenza delle elezioni politiche del 18 aprile 1948 PSI[43] e PCI, costituirono il Fronte Democratico Popolare (FDP), si presentarono assieme nella stessa lista, con simbolo la testa di Garibaldi, e andarono incontro ad una cocente sconfitta. Nobili entrò in Senato come senatore di diritto, in base ad una disposizione costituzionale che riservava tale diritto, per la prima legislatura repubblicana, ad alcune particolari categorie[44]. Nobili vi entrò in quanto ex deputato aventiniano dichiarato decaduto il 9-11-1926.
Svolse la sua attività, fino all'ultimo, con passione civile e morale, senza mai tradire i suoi principi, che puntavano sulla lotta di classe per realizzare una società più giusta e progredita.
Alle elezioni del 1953 Nobili non si ripresentò e si ritirò dalla politica attiva, non mancando però di seguirne attentamente le vicende, in particolare quelle del partito socialista. Sicché quando il PSI decise di partecipare a un governo di centro-sinistra, egli decise di lasciare il partito, ma non il socialismo, in quanto, nel luglio 1964, aderì al PSIUP[45].
Morì l'8 febbraio 1967. E' sepolto nel cimitero di Pesciano di Todi. Il giorno dopo la sua morte fu commemorato in Senato dal capo-gruppo del PSIUP Fernando Schiavetti[46].
Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei dire poche parole per ricardare al Senato la figura del nostro campagna Tito Oro Nobili, scomparso ieri a Roma, membro della Camera dei deputati dal 1921 al 1926 e dopo la Liberazione membro della Consulta nazionale, dell'Assemblea costituente e senatore della Repubblica dal 1948 al 1953. La sua vita è stata quella di un militante e di un dirigente del Partito socialista italiano tra il 1900 e la prima guerra mondiale, negli anni dell'apostolato socialista tra gli operai e i contadini del nostro Paese, e poi nel tragico periodo conclusosi con l'avvento del fascismo al potere. Fu in questo periodo che Tito Oro Nobili diede la misura del suo tranquillo coraggio e della sua fedeltà agli ideali del socialismo. Quando, verso la fine del 1920, si scatenò in Italia, con la tolleranza e la complicità dei governi del tempo, la reazione fascista e nella Toscana e nell'Umbria infierì da parte soprattutto della borghesia agraria e cittadina una vera e propria forma di terrorismo, Oro Nobili non ebbe un attimo di esitazione, lui modesto e pacifico professionista formatosi nell'atmosfera umanitaria degli ultimi anni della belle époque, a farsi testimone, nel senso cristiano della parola, della sua fede socialista. Altri in quella bufera, pur sentendo un'intima ripugnanza per il fascismo, non disdegnò i patteggiamenti, i compromessi e i cauti silenzi. Oro Nobili, che non aveva affatto la prestanza fisica del combattente né lo spirito di un ardito (era stato un tenace neutralista), rimase tenacemente a fianco dei lavoratori umbri condividendone i pericoli e soffrendo ed affrontando ogni sorta di insulti, di percosse e di mortificazioni della dignità umana, in cui si distinsero in Umbria e Toscana gli squadristi fascisti. Più di una volta fu catturato e fatto anche oggetto di vere e proprie torture. Ma egli conservò sempre uno stoicismo e un calmo coraggio di cui non menò mai vanto, ritenendosi sin da allora, in virtù dei doveri che gli imponeva la sua qualità di deputato, un resistente tra i resistenti, un perseguitato tra i perseguitati. Dichiarato decaduto dal mandato parlamentare insieme con tutti gli aventiniani, radiato dall'albo degli avvocati, inviato al confino per lunghi anni, non venne mai meno alla linea di dignità e di opposizione che egli riteneva naturale e doverosa in un militante di un movimento operaio di classe. A molti di voi, egregi colleghi, questi possono sembrare ricordi di cose antiche che molti hanno dimenticato e i più giovani addirittura ignorano. Ma è in questa milizia così serenamente affrontata che va ricercato uno dei filoni fondamentali delle energie ideali e politiche da cui è sorta la nostra Repubblica. Né è privo di significato il fatto che questo strenuo assertore dell'emancipazione operaia abbia creduto di concludere logicamente la sua battaglia aderendo al Partito socialista di unità proletaria. Vada alla sua memoria il nostro reverente omaggio e alla sua famiglia l'espressione della nostra solidarietà.
Un'altra testimonianza, appassionata e prestigiosa, su Tito Oro Nobili, apostolo del socialismo, eroe silenzioso dell'antifascismo, ce la diede Oreste Lizzadri, che lo conobbe da vicino, nella sua rievocazione intitolata Tito Oro Nobili - VITA ESEMPLARE DI UN SOCIALISTA, pubblicata sull'Avanti! dell'11 marzo 1967, in cui esordisce così:
Per ricordare degnamente Tito Oro Nobili non basta dire che fu militante fedele della causa del lavoratori e del Socialismo per tutta la vita, anche quando la violenza fascista si abbatté su di Lui con particolare ferocia e crudeltà. La sua partecipazione alla vita politica va inquadrata in un periodo tra i più interessanti e dolorosi della storia del movimento operaio italiano: dagli ultimi anni del secolo scorso[47] - gli albori del socialismo – al primo dopoguerra, alla sconfitta della classe lavoratrice, alla Resistenza, alla Liberazione.
Le città di Roma, Perugia, Terni e Todi, teatri principali della sua attività, hanno intitolato una strada a Tito oro Nobili, che tanto si spese, con onore, dignità, coraggio e incrollabile coerenza, per la sua Umbria, per l'Italia, per il socialismo.
- In precedenza Magliano Sabina faceva parte dell'Umbria. Nel 1927 venne assegnata alla neoistituita provincia di Rieti.
- Diritti di una comunità su terreni altrui o demaniali, come il diritto di pascolo, di legnatico, di erbatico, ecc., spesso disconosciuti da proprietari o possessori del terreno.
- Già dal 1912, in occasione del congresso di Reggio Emilia, Nobili aveva aderito alla vittoriosa corrente „intransigente rivoluzionaria“, guidata da Costantino Lazzari, perciò divenuto segretario del partito.
- Il 12 giugno 1914 il PSI conquistò importanti amministrazioni comunali, come quelle di Bologna e di Milano.
- Arsenio Brugnola (1870-1943), medico e professore universitario, fu deputato socialista nella XXV legislatura del Regno (1919-1921).
- Giovanni Colasanti (1882-1952), storico, archeologo, insegnante, giornalista, fu coerente socialista e antifascista.
- Pietro Farini (1862-1940), farmacista e sindacalista, fu tra i fondatori del partito socialista nel 1892. Oppositore del fascismo, fece parte degli “Arditi del popolo”. Fu eletto deputato nel 1919. Nel 1925 aderì al PCdI.
- Giuseppe Sbaraglini (1970-1947), avvocato sempre a disposizione degli umili e dei perseguitati politici, per la sua facondia oratoria fu soprannominato l'usignolo del socialismo perugino. Fu eletto deputato nel 1919 e nel 1921. Il fascismo lo confinò a Ustica, dove conobbe Antonio Gramsci e Amadeo Bordiga.
- La prima guerra mondiale ebbe inizio il 28-7-1914 con la dichiarazione di guerra dell'Impero austro-ungarico al Regno di Serbia. Avrà termine l'11-11-1918 con la firma dell'armistizio da parte della Germania.
- La più eclatante fu l'improvviso voltafaccia di Mussolini, passato dal neutralismo all'interventismo e prontamente espulso dall'assemblea della sezione socialista di Milano (24-11.1918), la cui decisione venne poi ratificata dalla Direzione (30-11-1914).
- La conferenza di Zimmerwald si svolse dal 5 all'8 settembre 1915. I delegati italiani erano: Angelica Balabanoff (poliglotta-interprete), Costantino Lazzari (segretario PSI), Giuseppe Emanuele Modigliani, Oddino Morgari e Giacinto Menotti Serrati (direttore dell'Avanti!).
- La conferenza di Kienthal ebbe luogo dal 24 al 30 aprile 1916. Il PSI era rappresentato da Enrico Dugoni, Costantino Lazzari, Giuseppe Emanuele Modigliani, Oddino Morgari, Elia Musatti, Camillo Prampolini, Giacinto Menotti Serrati.
- I socialisti in quell'occasione, conquistarono 1915 comuni su 6647.
- Perugia era allora l'unica provincia umbra. La provincia di Terni sarà istituita solo nel 1927.
- La Terza Internazionale, detta anche Internazionale Comunista (IC) o Comintern fu fondata a Mosca il 2-3-1919. Sarà sciolta il 15-5-1943, nel pieno della seconda guerra mondiale.
- In quell'occasione il PSI aggiunse alla falce e al martello del suo contrassegno, il libro (simbolo della cultura).
- Il PCdI ebbe 15 eletti.
- Nobili si schierò con la corrente massimalista e fu contrario a ogni assorbimento del PSI nel partito comunista, ma anche favorevole all'espulsione dei riformisti.
- A Perugia, a Spoleto, a Rieti, a Magliano Sabina, a Orvieto, a Todi, a Terni, a Roma.
- Nobili aveva sposato Olina Olivieri, di Todi, da cui ebbe tre figli: Lydia, Renata e Mario.
- Al nuovo partito aderirono anche i „centristi“ di Vincenzo Vacirca e, in seguito, una piccola parte di ex massimalisti guidati dal prof. Adelchi Baratono e dallo psichiatra Ferdinando Cazzamalli. Vi aderirà anche un neofita, laureato in Economia, di nome Giuseppe Saragat.
- La delegazione del PSI era composta da Giacinto Menotti Serrati, Gavino Garruccio, Fabrizio Maffi, Giuseppe Romita e Giovanni Tonetti.
- Vi si oppose solo il delegato Giuseppe Romita.
- Il Comitato Esecutivo della corrente era composto da Bacci, Buscaglia, Clerici, Momigliano, Nenni, Pirri, Sacerdote, Silvestrini e Viotto.
- Vi venne sancita la unificazione tra gli ex terzinternazionalisti e i massimalisti di sinistra, facenti capo a Serrati. Si univano cioè tutti coloro che erano favorevoli all'adesione alla Terza Internazionale.
- Essa era composta da Tito Oro Nobili (segretario), Luigi Fabbri, Riccardo Momigliano, Pietro Nenni, Andrea Pirri, Giuseppe Romita, Arturo Vella, Olindo Vernocchi più il rappresentante del gruppo parlamentare (prima Felice Assennato, poi Diego Del Bello).
- Con la sola astensione di Pietro Nenni.
- Giacinto Menotti Serrati, Francesco Buffoni, Fabrizio Maffi, Mario Malatesta, Ezio Riboldi.
- Antonio Piccinini (1884-1924), candidato del PSI nella Circoscrizione Emilia, fu trucidato da alcuni fascisti la sera del 28-2-1924. Ma la Direzione del PSI chiese ai suoi iscritti e simpatizzanti di votarlo lo stesso, sicché egli, già morto, fu eletto! Fu poi surrogato da Giovanni Bacci.
- Fra di essi Giovanni Bacci, Costantino Lazzari, Giuseppe Romita, Arturo Vella. Il PSU ottenne 24 seggi e il PCdI 19.
- Giuseppe Di Vagno (1889-1921), avvocato, difensore delle lotte bracciantili, dopo essere stato consigliere provinciale di Bari, nel 1921 fu eletto deputato per il PSI. Il 25-9-1921, al termine di un comizio, fu colpito alla schiena con due colpi di pistola da un gruppo di squadristi. Il giorno dopo morì.
- Attilio Oldani (1880-1924), tramviere milanese, fervente socialista, il 26-6-1924, mentre tornava a casa, in piena notte, fu aggredito da cinque sicari fascisti, tempestato di pugni e manganellate e lasciato in fin di vita a terra. Il giorno dopo morì.
- Al suo posto fu eletto Olindo Vernocchi (1888-1948).
- In Avanti! del 25-27 aprile 1925.
- I riformisti si riorganizzarono col loro congresso di Roma (29-11-1925) creando il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI).
- L'unico assente, per importanti motivi di famiglia, era Nobili, il quale però aveva mandato una lettera favorevole all'accettazione delle dimissioni di Nenni, perché riteneva che le sue tendenze nella loro antitesi profonda con la politica interna e internazionale fino a ieri rigorosamente ed efficacemente seguita fossero in contrasto con la linea politica adottate dalla Direzione.
- Il 26 marzo 1926 fonderà, assieme a Carlo Rosselli, il settimanale Il Quarto Stato.
- Il confino politico consisteva nell'obbligo di risiedere in un determinato posto per un certo tempo. Era un modo per rendere impossibile ai condannati di compiere attività in qualche modo ostili al regime fascista. Era una misura amministrativa decisa da una Commissione provinciale composta da esponenti istituzionali e fascisti.
- Isola delle Egadi, in provincia di Trapani.
- Nonostante tutto riuscì a partecipare ai funerali di Costantino Lazzari nell'ottobre 1927.
- Il PSI, già riunificatosi a Parigi nel 1930, era stato clandestinamente ricostituito in Italia il 20-9-1942 da cinque promotori: Giuseppe Romita (segretario), Oreste Lizzadri (vice), Emilio Canevari, Nicola Perrotti e Olindo Vernocchi (ultimo segretario prima dell'esilio). Il 22-23/8/1943, nel corso di un apposito convegno, venne sancita l'unificazione tra PSI (Giuseppe Romita), Movimento di Unità proletaria per il socialismo (MUP, con leader Lelio Basso) e Unità Proletaria (UP, con Giuliano Vassalli, Mario Zagari, Tullio Vecchietti, etc.). Il partito nato dalla fusione prese il nome di Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP), con segretario e direttore dell'Avanti! Pietro Nenni.
- La Consulta Nazionale fu un'assemblea legislativa consultiva provvisoria che si insediò il 25 -9 -1945 ed ebbe fine con l'elezione dell'Assemblea Costituente (2-6-1946). La prima seduta fu presieduta dal socialista Gregorio Agnini, in quanto il più anziano dei consultori. Presidente fu poi eletto il repubblicano Carlo Sforza (1872-1952). Essa era composta da 430 membri, provenienti da diverse categorie, fra cui i deputati di opposizione della XXVII legislatura, compreso dunque Tito Oro Nobile.
- Il PSIUP l'11-1-1947 aveva subito la scissione socialdemocratica guidata da Giuseppe Saragat e aveva ripreso la denominazione di PSI; successivamente era stato estromesso, come anche il PCI, dal governo.
- I senatori di diritto nella prima legislatura (1948) furono 107, di cui 11 socialisti: Francesco Buffoni, Giovanni Cosattini, Michele Giua, Enrico Lopardi, Pietro Mancini, Rodolfo Morandi, Tito Oro Nobili, Sandro Pertini, Antonio Priolo, Giuseppe Romita, Tommaso Tonello.
- Il PSIUP (da non confondere col PSIUP del 1943, da cui aveva preso il nome) fu fondato il 12-1-1964, con segretario Tullio Vecchietti e presidente Lelio Basso. Si scioglierà il 13-7-1972.
- Fernando Schiavetti (1892-1970), laureato in lettere, giornalista, combattente della prima guerra mondiale, fu uno dei fondatori del movimento antifascista Italia Libera. Esule in Francia, fu vicino al movimento Giustizia e Libertà e nel 1946 fu eletto all'Assemblea Costituente per il Partito d'Azione. Confluì poi nel PSI, con cui fu eletto deputato nel 1953 e nel 1958 e senatore nel 1963. L'anno dopo aderì al PSIUP, di cui divenne capogruppo al Senato.
- Il rifermento è alla fine dell'Ottocento.