TRUMP, LE GUERRE E L’EUROPA di Andrea Becherucci
di Andrea Becherucci
24-11-2024 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
I risultati delle recenti elezioni presidenziali americane hanno visto la netta vittoria di Donald Trump. È compito difficile dare un quadro pressoché completo delle ragioni che hanno fatto prevalere il tycoon sulla sua avversaria Kamala Harris ma si possono almeno abbozzare alcune risposte.
Anzitutto la vittoria di Trump non è mai stata seriamente in discussione anche quando in Italia i mezzi d’informazione e i sondaggi fornivano analisi e dati evidentemente di gran lunga lontani da quella che si sarebbe rivelata la realtà dei fatti. Non è la prima volta che questo succede nel nostro Paese in cui, spesso, giornalisti e analisti di dichiarate convinzioni progressiste confondono la realtà con i propri desideri; penso a un articolo dell’ANSA che a ventiquattrore ore dal voto dava la candidata democratica avanti di quattro punti (!!!).
Viceversa, l’ex-presidente Trump si era potuto giovare di un insieme di fattori favorevoli alla sua rielezione, dal drammatico cambio in corsa del candidato antagonista, ossia dalla mancata ricandidatura di Joe Biden, all’attentato subito da Trump in Pennsylvania il 13 luglio da cui questi è uscito indenne con l’aura del “prescelto”. Le responsabilità dell’establishment del partito democratico sono pesantissime, in particolare quelle del clan Obama, prima sceso in campo a favore della rielezione di Biden e poi responsabile del suo abbandono nella corsa per un secondo mandato alla Casa Bianca quando, però, ormai era troppo tardi per cambiare il corso degli eventi.
Inutile chiedersi a questo punto, come ancora molti commentatori italiani fanno, per quale ragione gli elettori americani hanno votato un candidato plurinquisito e condannato, volgare e maleducato. I motivi di questa scelta sono ben chiari quando solo si vogliano leggere senza pregiudizi certe cronache provenienti dagli Stati Uniti. Elettori ispanici entrati legalmente nel Paese dove pagano le tasse che votano in larga percentuale Trump contro gli immigrati irregolari (Trump ha promesso il completamento del muro sul confine USA-Messico), maschi afroamericani che non si sono riconosciuti nel programma di Harris e hanno votato Trump. Questi sono tutti voti che sono andati ad aggiungersi a quelli del bacino elettorale tradizionale di “the Donald” e cioè i voti della “white trash” quella “spazzatura bianca” costituita dai bianchi più poveri e meno acculturati, oltre a quelli della classe media proletarizzata dagli esiti della globalizzazione molti dei quali hanno perso il lavoro e sono a rischio povertà.
Tutti questi elettori non si sono sentiti rappresentati da un partito democratico che appare sempre più elitario e votato a perorare cause che interessano minoranze sempre più ristrette. È nel giusto, però, chi pensa che il vero vincitore di queste elezioni sia il miliardario Elon Musk che ha fatto più che finanziare la campagna elettorale di Trump spendendosi costantemente per condividerne in pubblico le posizioni. Non bisogna dimenticare l’impatto che un personaggio del genere potrà avere sulla politica mondiale: da Starlink il suo servizio satellitare a bassa orbita (che ha svolto un ruolo fondamentale a fianco dell’Ucraina in guerra) alla gestione del social X, ormai medium globale.
Quale impatto sulle guerre in corso potrà avere la rielezione di Trump alla Casa Bianca? Il tycoon si è circondato di “falchi” fedelissimi alla sua linea evitando di cadere nell’errore del 2016 quando una parte del “deep state” gli si rivoltò contro. Personaggi come il futuro consigliere per la sicurezza nazionale Michael Waltz, l’ex-governatore della Florida Marco Rubio destinato al ruolo di Segretario di Stato e l’ambasciatore in pectore in Israele Mike Huckabee dovrebbero garantirgli l’applicazione integrale della sua dottrina consistente per quanto riguarda l’Ucraina nell’interruzione delle sovvenzioni e degli invii di armamenti e nel congelamento dello statu quo seconda l’esempio coreano (presumibilmente con la restituzione alla Russia della Crimea e del Donbass, territori non solo russofoni ma anche storicamente appartenenti alla Russia).
Molto più complicato si presenta, invece, lo scenario mediorientale con un Netanhyau che si sentirà, presumibilmente, autorizzato aa affondare ulteriormente il colpo contro le milizie di Hamas e Hezbollah e la popolazione palestinese.
Cosa ne sarà dell’Europa ora che l’attore principale del gioco è cambiato? Alcuni commentatori dipingono scenari catastrofici, altri sono più cauti. Il vero problema è che Trump si confronterà con un governo europeo (la Commissione) fra i più deboli e frammentati che si siano visti finora e questo non può essere un buon viatico.
Il futuro dell’Europa si deciderà in prima battuta a Bruxelles ma i contraccolpi provenienti da Washington si faranno sentire presto.
Anzitutto la vittoria di Trump non è mai stata seriamente in discussione anche quando in Italia i mezzi d’informazione e i sondaggi fornivano analisi e dati evidentemente di gran lunga lontani da quella che si sarebbe rivelata la realtà dei fatti. Non è la prima volta che questo succede nel nostro Paese in cui, spesso, giornalisti e analisti di dichiarate convinzioni progressiste confondono la realtà con i propri desideri; penso a un articolo dell’ANSA che a ventiquattrore ore dal voto dava la candidata democratica avanti di quattro punti (!!!).
Viceversa, l’ex-presidente Trump si era potuto giovare di un insieme di fattori favorevoli alla sua rielezione, dal drammatico cambio in corsa del candidato antagonista, ossia dalla mancata ricandidatura di Joe Biden, all’attentato subito da Trump in Pennsylvania il 13 luglio da cui questi è uscito indenne con l’aura del “prescelto”. Le responsabilità dell’establishment del partito democratico sono pesantissime, in particolare quelle del clan Obama, prima sceso in campo a favore della rielezione di Biden e poi responsabile del suo abbandono nella corsa per un secondo mandato alla Casa Bianca quando, però, ormai era troppo tardi per cambiare il corso degli eventi.
Inutile chiedersi a questo punto, come ancora molti commentatori italiani fanno, per quale ragione gli elettori americani hanno votato un candidato plurinquisito e condannato, volgare e maleducato. I motivi di questa scelta sono ben chiari quando solo si vogliano leggere senza pregiudizi certe cronache provenienti dagli Stati Uniti. Elettori ispanici entrati legalmente nel Paese dove pagano le tasse che votano in larga percentuale Trump contro gli immigrati irregolari (Trump ha promesso il completamento del muro sul confine USA-Messico), maschi afroamericani che non si sono riconosciuti nel programma di Harris e hanno votato Trump. Questi sono tutti voti che sono andati ad aggiungersi a quelli del bacino elettorale tradizionale di “the Donald” e cioè i voti della “white trash” quella “spazzatura bianca” costituita dai bianchi più poveri e meno acculturati, oltre a quelli della classe media proletarizzata dagli esiti della globalizzazione molti dei quali hanno perso il lavoro e sono a rischio povertà.
Tutti questi elettori non si sono sentiti rappresentati da un partito democratico che appare sempre più elitario e votato a perorare cause che interessano minoranze sempre più ristrette. È nel giusto, però, chi pensa che il vero vincitore di queste elezioni sia il miliardario Elon Musk che ha fatto più che finanziare la campagna elettorale di Trump spendendosi costantemente per condividerne in pubblico le posizioni. Non bisogna dimenticare l’impatto che un personaggio del genere potrà avere sulla politica mondiale: da Starlink il suo servizio satellitare a bassa orbita (che ha svolto un ruolo fondamentale a fianco dell’Ucraina in guerra) alla gestione del social X, ormai medium globale.
Quale impatto sulle guerre in corso potrà avere la rielezione di Trump alla Casa Bianca? Il tycoon si è circondato di “falchi” fedelissimi alla sua linea evitando di cadere nell’errore del 2016 quando una parte del “deep state” gli si rivoltò contro. Personaggi come il futuro consigliere per la sicurezza nazionale Michael Waltz, l’ex-governatore della Florida Marco Rubio destinato al ruolo di Segretario di Stato e l’ambasciatore in pectore in Israele Mike Huckabee dovrebbero garantirgli l’applicazione integrale della sua dottrina consistente per quanto riguarda l’Ucraina nell’interruzione delle sovvenzioni e degli invii di armamenti e nel congelamento dello statu quo seconda l’esempio coreano (presumibilmente con la restituzione alla Russia della Crimea e del Donbass, territori non solo russofoni ma anche storicamente appartenenti alla Russia).
Molto più complicato si presenta, invece, lo scenario mediorientale con un Netanhyau che si sentirà, presumibilmente, autorizzato aa affondare ulteriormente il colpo contro le milizie di Hamas e Hezbollah e la popolazione palestinese.
Cosa ne sarà dell’Europa ora che l’attore principale del gioco è cambiato? Alcuni commentatori dipingono scenari catastrofici, altri sono più cauti. Il vero problema è che Trump si confronterà con un governo europeo (la Commissione) fra i più deboli e frammentati che si siano visti finora e questo non può essere un buon viatico.
Il futuro dell’Europa si deciderà in prima battuta a Bruxelles ma i contraccolpi provenienti da Washington si faranno sentire presto.
Fonte: di Andrea Becherucci