UGO COCCIA
22-09-2024 - GALLERIA SOCIALISTA di Ferdinando Leonzio
Al congresso di Roma, tenuto dal 1° al 4 ottobre 1922, il PSI si presentava spaccato in due: si confrontavano i massimalisti (rivoluzionari) guidati da Giacinto Menotti Serrati, direttore dell'Avanti!, e i riformisti (gradualisti) con leader Filippo Turati, il più prestigioso fra i fondatori del partito nel 1892.
I riformisti, sconfitti, si erano poi riuniti a parte e avevano fondato un loro partito: il Partito Socialista Unitario (PSU), con segretario Giacomo Matteotti.
Ciò rendeva finalmente possibile al PSI l'ingresso nella Terza Internazionale, quella Comunista, fino ad allora inibitogli proprio dalla presenza nel partito dei riformisti. Partì dunque per Mosca una delegazione del PSI capitanata da Serrati per concordare la fusione col Partito Comunista d'Italia (PCdI) [1], ovviamente con la supervisione e la benedizione della Chiesa di Mosca. Nel frattempo, in seguito alla cosiddetta Marcia su Roma [2], il fascismo era andato al potere, con l'intenzione di restarci a lungo.
Raggiunto l'accordo per la fusione, Serrati si affrettò a mandarne il testo alla Direzione del PSI, che l'approvò [3], e a scrivere un entusiastico articolo per l'Avantí!, che il redattore capo Pietro Nenni pubblicò, ma affiancandogli un suo articolo di segno diametralmente opposto.
L'imprevista divergenza fra i due si diffuse nelle file del partito e ne nacque una disputa fra i favorevoli alla concordata fusione (massimalisti fusionisti) col partito comunista e i contrari (massimalisti autonomisti), capitanati da Pietro Nenni e da Arturo Vella. La decisione finale fu demandata ad un nuovo congresso [4], che si concluse con la vittoria degli autonomisti, che elessero segretario Tito Oro Nobili, che il 25 aprile 1925 passerà la mano a Olindo Vernocchi.
La nuova Direzione chiuse il discorso Terza Internazionale, assunse l'importante deliberazione del divieto di correnti organizzate e radiò dal partito vari fusionisti che violavano quella deliberazione.
Le elezioni politiche del 6 aprile 1924 si svolsero in un clima di assoluta violenza operata dalle squadre fasciste, tale da falsare il risultato finale, assai favorevole al governo di Mussolini. Tutto ciò fu coraggiosamente denunciato alla Camera, con un puntuale e documentato discorso, da Giacomo Matteotti, che così firmò la sua condanna a morte: il 10 giugno 1924 fu infatti rapito e assassinato da una banda fascista.
A nulla valsero l'indignazione dell'opinione pubblica né quella dei partiti d'opposizione, che da allora si astennero dal partecipare ai lavori parlamentari (Aventino). E quando il socialista unitario Tito Zaniboni organizzò (5-11-1925) un attentato (fallito) alla vita del Duce, il primo partito ad essere sciolto fu proprio quello di Matteotti, il PSU [5].
A quel punto Nenni, ritenendo superata dalla nuova e grave situazione politica la divisione tra massimalisti e riformisti, propose alla Direzione di riaccogliere i riformisti nel partito, per far fronte comune contro la dittatura.
La Direzione respinse la proposta [6], essendo arroccata nella difesa del presunto dovere di salvaguardare l'originalità ideologica del PSI: così come aveva energicamente respinto il tentativo di assorbimento del PSI da parte dell'Internazionale Comunista, per lo stesso motivo ora si opponeva a un'operazione che avrebbe inquinato la “purezza” rivoluzionaria del Partito.
Nenni si dimise dalla Direzione del Partito e da quella di direttore dell'Avanti! e nel PSI si verificò una nuova spaccatura tra i favorevoli e i contrari alla fusione col PSU/PSLI. Come al solito si decise che l'ultima parola sarebbe dovuta spettare a un ennesimo congresso, che infatti fu convocato per il 14 novembre 1926. Ma esso non poté aver luogo in quanto un decreto governativo del 6 novembre 1926 deliberò di sciogliere tutti i partiti. Il Congresso fu dunque rimandato a quando sarebbe stato possibile tenerlo.
La Direzione del PSI, pur rimanendo ferma nel suo assurdo “patriottismo di partito”, o forse proprio per questo, ebbe tuttavia un guizzo di intuito politico. La soppressione dell'Avanti!, il cui ultimo numero poté uscire il 31 ottobre 1926, era stata un segnale inequivocabile che il regime di Mussolini già si stava avviando alla strada senza ritorno dell'aperta dittatura. Nella sua ultima riunione dunque la Direzione del PSI deliberò di trasmettere i suoi poteri a un'altra Direzione, già predisposta in Francia, dove da alcuni anni erano affluiti molti profughi antifascisti, fra cui un discreto numero di socialisti, per sfuggire alle minacce e alle persecuzioni fasciste. Vernocchi ebbe frequenti contatti con essi. Il provvedimento aveva lo scopo di dare al PSI continuità giuridica, organizzativa e soprattutto politica, compreso il compito di salvaguardare l'originalità ideologica del PSI, praticamente quella della maggioranza dell'ultima Direzione massimalista, fino a quando non fosse stato possibile tenere un regolare congresso in Italia.
Che il PSI e l'Avanti! erano risorti in Francia lo si vide chiaramente con l'uscita a Parigi del 1° numero del giornale, datato 12-12-1926 e sottotitolato “Bollettino del Partito Socialista Italiano”. Esso dava notizia del passaggio di poteri tra la disciolta Direzione italiana e la nuova Direzione all'estero:
La Direzione del Partito Socialista Italiano prima di sciogliersi, in seguito al decreto che colpisce tutti i Partiti di opposizione in Italia – decreto che a tali partiti inibisce non solo l'attività, ma anche l'esistenza – ha deliberato di conferire i suoi poteri alla Direzione già nominata e residente all'estero, composta dai compagni: Avv. Ugo Coccia, che avrà incarico di Segretario Generale; Giorgio Salvi, che avrà funzioni di vicesegretario politico e di Segretario Amministrativo; Alfredo Masini, Gino Tempia, Siro Borgassi, Giovanni Bordini, residenti in Francia, Pedroni di Ginevra, Armussi e Lombardo di Zurigo.
I riformisti, sconfitti, si erano poi riuniti a parte e avevano fondato un loro partito: il Partito Socialista Unitario (PSU), con segretario Giacomo Matteotti.
Ciò rendeva finalmente possibile al PSI l'ingresso nella Terza Internazionale, quella Comunista, fino ad allora inibitogli proprio dalla presenza nel partito dei riformisti. Partì dunque per Mosca una delegazione del PSI capitanata da Serrati per concordare la fusione col Partito Comunista d'Italia (PCdI) [1], ovviamente con la supervisione e la benedizione della Chiesa di Mosca. Nel frattempo, in seguito alla cosiddetta Marcia su Roma [2], il fascismo era andato al potere, con l'intenzione di restarci a lungo.
Raggiunto l'accordo per la fusione, Serrati si affrettò a mandarne il testo alla Direzione del PSI, che l'approvò [3], e a scrivere un entusiastico articolo per l'Avantí!, che il redattore capo Pietro Nenni pubblicò, ma affiancandogli un suo articolo di segno diametralmente opposto.
L'imprevista divergenza fra i due si diffuse nelle file del partito e ne nacque una disputa fra i favorevoli alla concordata fusione (massimalisti fusionisti) col partito comunista e i contrari (massimalisti autonomisti), capitanati da Pietro Nenni e da Arturo Vella. La decisione finale fu demandata ad un nuovo congresso [4], che si concluse con la vittoria degli autonomisti, che elessero segretario Tito Oro Nobili, che il 25 aprile 1925 passerà la mano a Olindo Vernocchi.
La nuova Direzione chiuse il discorso Terza Internazionale, assunse l'importante deliberazione del divieto di correnti organizzate e radiò dal partito vari fusionisti che violavano quella deliberazione.
Le elezioni politiche del 6 aprile 1924 si svolsero in un clima di assoluta violenza operata dalle squadre fasciste, tale da falsare il risultato finale, assai favorevole al governo di Mussolini. Tutto ciò fu coraggiosamente denunciato alla Camera, con un puntuale e documentato discorso, da Giacomo Matteotti, che così firmò la sua condanna a morte: il 10 giugno 1924 fu infatti rapito e assassinato da una banda fascista.
A nulla valsero l'indignazione dell'opinione pubblica né quella dei partiti d'opposizione, che da allora si astennero dal partecipare ai lavori parlamentari (Aventino). E quando il socialista unitario Tito Zaniboni organizzò (5-11-1925) un attentato (fallito) alla vita del Duce, il primo partito ad essere sciolto fu proprio quello di Matteotti, il PSU [5].
A quel punto Nenni, ritenendo superata dalla nuova e grave situazione politica la divisione tra massimalisti e riformisti, propose alla Direzione di riaccogliere i riformisti nel partito, per far fronte comune contro la dittatura.
La Direzione respinse la proposta [6], essendo arroccata nella difesa del presunto dovere di salvaguardare l'originalità ideologica del PSI: così come aveva energicamente respinto il tentativo di assorbimento del PSI da parte dell'Internazionale Comunista, per lo stesso motivo ora si opponeva a un'operazione che avrebbe inquinato la “purezza” rivoluzionaria del Partito.
Nenni si dimise dalla Direzione del Partito e da quella di direttore dell'Avanti! e nel PSI si verificò una nuova spaccatura tra i favorevoli e i contrari alla fusione col PSU/PSLI. Come al solito si decise che l'ultima parola sarebbe dovuta spettare a un ennesimo congresso, che infatti fu convocato per il 14 novembre 1926. Ma esso non poté aver luogo in quanto un decreto governativo del 6 novembre 1926 deliberò di sciogliere tutti i partiti. Il Congresso fu dunque rimandato a quando sarebbe stato possibile tenerlo.
La Direzione del PSI, pur rimanendo ferma nel suo assurdo “patriottismo di partito”, o forse proprio per questo, ebbe tuttavia un guizzo di intuito politico. La soppressione dell'Avanti!, il cui ultimo numero poté uscire il 31 ottobre 1926, era stata un segnale inequivocabile che il regime di Mussolini già si stava avviando alla strada senza ritorno dell'aperta dittatura. Nella sua ultima riunione dunque la Direzione del PSI deliberò di trasmettere i suoi poteri a un'altra Direzione, già predisposta in Francia, dove da alcuni anni erano affluiti molti profughi antifascisti, fra cui un discreto numero di socialisti, per sfuggire alle minacce e alle persecuzioni fasciste. Vernocchi ebbe frequenti contatti con essi. Il provvedimento aveva lo scopo di dare al PSI continuità giuridica, organizzativa e soprattutto politica, compreso il compito di salvaguardare l'originalità ideologica del PSI, praticamente quella della maggioranza dell'ultima Direzione massimalista, fino a quando non fosse stato possibile tenere un regolare congresso in Italia.
Che il PSI e l'Avanti! erano risorti in Francia lo si vide chiaramente con l'uscita a Parigi del 1° numero del giornale, datato 12-12-1926 e sottotitolato “Bollettino del Partito Socialista Italiano”. Esso dava notizia del passaggio di poteri tra la disciolta Direzione italiana e la nuova Direzione all'estero:
La Direzione del Partito Socialista Italiano prima di sciogliersi, in seguito al decreto che colpisce tutti i Partiti di opposizione in Italia – decreto che a tali partiti inibisce non solo l'attività, ma anche l'esistenza – ha deliberato di conferire i suoi poteri alla Direzione già nominata e residente all'estero, composta dai compagni: Avv. Ugo Coccia, che avrà incarico di Segretario Generale; Giorgio Salvi, che avrà funzioni di vicesegretario politico e di Segretario Amministrativo; Alfredo Masini, Gino Tempia, Siro Borgassi, Giovanni Bordini, residenti in Francia, Pedroni di Ginevra, Armussi e Lombardo di Zurigo.
Il Partito Socialista Italiano rivivrà nelle Federazioni, nelle Sezioni Socialiste Italiane in Francia, nella Svizzera, in Austria, nel Belgio e nell'America.
L'Avanti! rimarrà l'organo del Partito Socialista Italiano e sarà pubblicato, per ora settimanalmente a Parigi. […]
Facendo seguito al deliberato della disciolta Direzione, il nuovo vertice parigino del PSI decise di accettare l'investitura confidatagli dalla disciolta Direzione e di mettere subito in azione, in pieno, il nuovo organismo direzionale, precedentemente preparato nell'eventualità intravista della possibile ed ormai avvenuta dissoluzione del partito in Italia.
Nel numero seguente (27-12-2026) del bollettino, la nuova Direzione presieduta da Coccia, ci tenne a precisare che era fatto obbligo di cessare subito ogni attività di tendenza e ribadiva con determinazione la sua avversione ad ogni idea di fusione coi partiti affini, sia a destra che a sinistra.
Dava inoltre comunicazione di aver nominato a rappresentare il PSI in seno all'Ufficio Internazionale di Informazione dei Partiti Socialisti Rivoluzionari [7] Ugo Coccia, segretario del partito, e Carlo Lombardo della Federazione Svizzera, in sostituzione di Olindo Vernocchi, ex segretario e di Arturo Vella, a suo tempo il più deciso sostenitore di quell'adesione.
Ugo Coccia era nato a Roccantica, un piccolo comune in provincia di Rieti, l'11 agosto 1895. Fin da giovane aveva abbracciato gli ideali socialisti, schierandosi senza esitazione con l'ala massimalista del PSI.
Dopo la prima guerra mondiale, cui aveva partecipato, diventato avvocato, aveva sposato Anna Montiroli [8], da cui nel 1929, a Parigi, avrà il figlio Franco [9].
Nel 1925 era poi diventato vicesegretario del partito (con segretario Olindo Vernocchi). Successivamente, nel 1926, poco prima delle leggi eccezionali, per sfuggire alle persecuzioni fasciste, era emigrato in Francia, dove era entrato in contatto con altri esuli socialisti.
Aveva anche predisposto, d'intesa con Vernocchi, una Direzione del PSI in Francia, pronta a sostituire quella italiana, qualora quest'ultima non fosse più in grado di operare a causa delle persecuzioni fasciste, come poi effettivamente accadde.
Coccia si buttò a capofitto nell'organizzare sezioni e federazioni aderenti al PSI, riuscendo a mettere in piedi un'organizzazione di tutto rispetto. Alla fine del 1927 il PSI in esilio avrà un migliaio di iscritti, divisi in tre Federazioni in Francia, una ciascuno in Svizzera, Belgio, Argentina, USA più 30 gruppi nel mondo ed altri clandestini in Italia. Coccia svolgeva anche il ruolo di redattore-capo, di fatto direttore, dell'Avanti!
Un lavoro certosino che assicura a Ugo Coccia un posto non secondario nella storia nel socialismo italiano. Intanto si erano aggiunti al gruppo dirigente del PSI due personalità di primo piano: Angelica Balabanoff e Pietro Nenni.
La Balabanoff [10], dopo un lungo peregrinare in varie parti d'Europa, si trasferì a Parigi nel 1926, come segretaria del Boureau dell' Ufficio Internazionale di Informazione dei partiti socialisti rivoluzionari[11]. Ben presto divenne leader dei massimalisti ortodossi del PSI, rigidamente contrari, anche in ossequio ai deliberati della precedente Direzione italiana, alle frazioni organizzate [12] e ad ogni fusione coi riformisti, ritenendo che decisioni di quella portata poteva prenderle solo un regolare congresso in Italia e non piccoli gruppi di fuorusciti.
Pietro Nenni [13], in seguito a persecuzioni dal regime fascista, fu costretto a riparare in esilio. L'11 novembre 1926 riuscì a raggiungere Lugano, poi Zurigo ed infine Parigi, dove in seguito fu raggiunto dalla moglie Carmen e dalle loro quattro figlie. In coerenza con quanto aveva sostenuto in Italia egli rimase il leader dei fusionisti, di coloro cioè che volevano realizzare l'unificazione coi riformisti, anche perché le differenziazioni del passato erano diventate completamente anacronistiche, essendo del tutto impossibile realizzare, sotto la dittatura fascista, riforme socialiste o tentare una rivoluzione.
L'Avanti! rimarrà l'organo del Partito Socialista Italiano e sarà pubblicato, per ora settimanalmente a Parigi. […]
Facendo seguito al deliberato della disciolta Direzione, il nuovo vertice parigino del PSI decise di accettare l'investitura confidatagli dalla disciolta Direzione e di mettere subito in azione, in pieno, il nuovo organismo direzionale, precedentemente preparato nell'eventualità intravista della possibile ed ormai avvenuta dissoluzione del partito in Italia.
Nel numero seguente (27-12-2026) del bollettino, la nuova Direzione presieduta da Coccia, ci tenne a precisare che era fatto obbligo di cessare subito ogni attività di tendenza e ribadiva con determinazione la sua avversione ad ogni idea di fusione coi partiti affini, sia a destra che a sinistra.
Dava inoltre comunicazione di aver nominato a rappresentare il PSI in seno all'Ufficio Internazionale di Informazione dei Partiti Socialisti Rivoluzionari [7] Ugo Coccia, segretario del partito, e Carlo Lombardo della Federazione Svizzera, in sostituzione di Olindo Vernocchi, ex segretario e di Arturo Vella, a suo tempo il più deciso sostenitore di quell'adesione.
Ugo Coccia era nato a Roccantica, un piccolo comune in provincia di Rieti, l'11 agosto 1895. Fin da giovane aveva abbracciato gli ideali socialisti, schierandosi senza esitazione con l'ala massimalista del PSI.
Dopo la prima guerra mondiale, cui aveva partecipato, diventato avvocato, aveva sposato Anna Montiroli [8], da cui nel 1929, a Parigi, avrà il figlio Franco [9].
Nel 1925 era poi diventato vicesegretario del partito (con segretario Olindo Vernocchi). Successivamente, nel 1926, poco prima delle leggi eccezionali, per sfuggire alle persecuzioni fasciste, era emigrato in Francia, dove era entrato in contatto con altri esuli socialisti.
Aveva anche predisposto, d'intesa con Vernocchi, una Direzione del PSI in Francia, pronta a sostituire quella italiana, qualora quest'ultima non fosse più in grado di operare a causa delle persecuzioni fasciste, come poi effettivamente accadde.
Coccia si buttò a capofitto nell'organizzare sezioni e federazioni aderenti al PSI, riuscendo a mettere in piedi un'organizzazione di tutto rispetto. Alla fine del 1927 il PSI in esilio avrà un migliaio di iscritti, divisi in tre Federazioni in Francia, una ciascuno in Svizzera, Belgio, Argentina, USA più 30 gruppi nel mondo ed altri clandestini in Italia. Coccia svolgeva anche il ruolo di redattore-capo, di fatto direttore, dell'Avanti!
Un lavoro certosino che assicura a Ugo Coccia un posto non secondario nella storia nel socialismo italiano. Intanto si erano aggiunti al gruppo dirigente del PSI due personalità di primo piano: Angelica Balabanoff e Pietro Nenni.
La Balabanoff [10], dopo un lungo peregrinare in varie parti d'Europa, si trasferì a Parigi nel 1926, come segretaria del Boureau dell' Ufficio Internazionale di Informazione dei partiti socialisti rivoluzionari[11]. Ben presto divenne leader dei massimalisti ortodossi del PSI, rigidamente contrari, anche in ossequio ai deliberati della precedente Direzione italiana, alle frazioni organizzate [12] e ad ogni fusione coi riformisti, ritenendo che decisioni di quella portata poteva prenderle solo un regolare congresso in Italia e non piccoli gruppi di fuorusciti.
Pietro Nenni [13], in seguito a persecuzioni dal regime fascista, fu costretto a riparare in esilio. L'11 novembre 1926 riuscì a raggiungere Lugano, poi Zurigo ed infine Parigi, dove in seguito fu raggiunto dalla moglie Carmen e dalle loro quattro figlie. In coerenza con quanto aveva sostenuto in Italia egli rimase il leader dei fusionisti, di coloro cioè che volevano realizzare l'unificazione coi riformisti, anche perché le differenziazioni del passato erano diventate completamente anacronistiche, essendo del tutto impossibile realizzare, sotto la dittatura fascista, riforme socialiste o tentare una rivoluzione.
Anche i socialisti del disciolto PSU, rifondato il 29 novembre 1925 come PSLI, riuscirono a riorganizzarsi all'estero, attorno al loro leader Filippo Turati, espatriato in Francia clandestinamente nel dicembre 1926, con l'aiuto di Ferruccio Parri, Carlo Rosselli e Sandro Pertini.
Nel primo congresso (Parigi, 18-19/12/1927) il loro partito assunse la denominazione di Partito Socialista Unitario dei Lavoratori Italiani (PSULI), con organo il quindicinale Rinascita Socialista [14], diretto da G. E. Modigliani, che uscirà nel 1928. Il PSULI aderiva all'IOS e alla Concentrazione, dove era rappresentato da Modigliani e da Treves.
I due leader massimalisti-antagonisti, Balabanoff e Nenni, nell'aprile 1927 furono designati come rappresentanti del PSI nella Concentrazione di Azione Antifascista (1927-1934) [15], che Coccia riteneva lo strumento più adeguato per combattere la dittatura fascista. La Balabanoff fu anche cooptata nella Direzione del PSI [16].
All'approssimarsi del convegno di Marsiglia fissato per il 15 gennaio 1928, tre componenti erano presenti nel PSI:
quella dei “terzini” [17], che avevano il loro punto di forza nella sezione di Parigi che, accusata fi frazionismo, finirà sciolta e molti suoi esponenti saranno espulsi dal partito;
quella fusionista, capeggiata da Nenni, che invece, per meglio combattere il fascismo, auspicava la fusione col PSULI. Anche questo gruppo avrà i suoi espulsi per frazionismo;
quella massimalista ortodossa, fedele alle direttive della Direzione italiana: divieto di frazionismo e nessuna fusione né coi comunisti né coi riformisti.
Queste direttive furono espressamente ribadite sull'Avanti! del 18 dicembre 1927):
La Direzione del Partito ha deliberato di vietare al prossimo Convegno di Marsiglia ogni e qualsiasi discussione intorno alla tattica del Partito. Ci ha fatto saper poi che non si presenterà dimissionaria e che accetterà soltanto di sottoporre ai compagni d'Italia le eventuali modificazioni (dettagli) della sua composizione che il Convegno credesse di proporre.
Pure illusioni! Tentare di mettere la museruola a un convegno socialista è impresa quasi impossibile. E infatti il dibattito, cui parteciparono 30 delegati, non solo non si limitò, come si voleva, alle sole questioni organizzative, ma risultò molto vivace, al punto che al convegno furono presentate tre distinte mozioni: quella di “Difesa Socialista” (massimalista), che prevalse di poco; quella fusionista, firmata da Filippo Amedeo, molto vicino a Nenni [18], e alcune di singole federazioni.
La Direzione risultò immutata, ma comunque rimaneggiata, in quanto quattro suoi componenti avevano chiesto di essere sollevati dall'incarico per ragioni di distanza: Domenico Armuzzi, Dante Lombardo e Carlo Pedroni in quanto residenti in Svizzera e Gino Tempia, residente a Nizza. Ai quattro subentrarono, oltre la Balabanoff, in precedenza cooptata, Filippo Amedeo, Carlo Marchisio e Armando Sangiorgi [19].
Nella riunione della Direzione del PSI del 19 febbraio 1928, nuova segretaria del Partito fu eletta Angelica Balabanoff, sostenuta da un Comitato Esecutivo composto da Giorgio Salvi, Giovanni Bordini, Siro Burgassi e Ugo Coccia, il quale fu anche designato ad affiancare Nenni nella Concentrazione, in sostituzione della Balabanoff, divenuta segretaria. La direzione politica del giornale era assunta dal Comitato Esecutivo, mentre Ugo Coccia continuava a esserne il capo-redattore.
Le conclusioni del febbraio 1928 non furono considerate soddisfacenti da coloro che si battevano per l'unità socialista, come Nenni [20], la cui parola d'ordine era Rinnovarsi o sparire, e Amedeo. Ma anche altri elementi della maggioranza, come Franco Clerici e Ugo Coccia, cominciavano a mostrare insofferenza per le rigidezze ideologiche della maggioranza. La differenziazione della posizione di Coccia dal resto della maggioranza venne esplicitamente ufficializzata a conclusione dei lavori della Direzione del 4-5 agosto 1928, quando egli presentò una propria mozione che ebbe il suo solo voto, in cui, fra l'altro si diceva:
Il PSI rivendica il proprio carattere di partito unitario di tutta la classe operaia del nostro Paese. Tale nacque nel 1892. Tale si è mantenuto durante i 36 anni di vita e di lotte che lo onorano, rifiutando sempre ogni trasformazione che ne facesse il partito di una frazione, di una tendenza, di una setta del socialismo italiano.
E' solo nel PSI quindi che i partiti formatisi ai suoi margini in seguito alle scissioni, sulla base di programmi di frazione e di tendenza, possono ricostituire quell'unità delle forze socialiste italiane che, concordemente, in Italia come nei centri di emigrazione, le masse proletarie invocano quale elemento di lotta e di vittoria contro la dittatura fascista. […].
Riafferma che il sistema della democrazia interna di partito é la base della costituzione del PSI, sistema che permette di risolvere tutte le insopprimibili divergenze tattiche con la disciplina più leale delle minoranze ai deliberati della maggioranza degli iscritti in Italia e all'estero [...] [21]
La tensione aumentò fino al punto di spingere Coccia a presentare le dimissioni dalla redazione dell'Avanti! e dal Comitato Esecutivo del PSI. Dimissioni che la Direzione si affrettò ad accettare: il Comitato Esecutivo rimaneva esso stesso il responsabile politico del giornale, mentre redattore-capo diventava la segretaria del Partito. La rigidezza della Balabanoff e la fermezza di Nenni nel sostenere la necessità dell'unificazione col PSULI infuocarono un dibattito già acceso anche nelle Federazioni. Un gruppo di 58 fusionisti fu espulso.
Si arrivò così al convegno di Grenoble del 16-17 marzo 1930, con due gruppi contrapposti: quello fedele alla Direzione e quello che sosteneva le posizioni di Nenni, cui si erano aggiunti i seguaci di Ugo Coccia e di Franco Clerici. Alla vigilia del convegno di Grenoble si incontrarono i rappresentanti de massimalisti ortodossi, capeggiati da Balabanoff con una delegazione dei fusionisti, guidati da Nenni. La richiesta di quest'ultimo di revocare l'espulsione dei 58 fusionisti fu respinta e si ebbe la rottura fra le due parti, cioè l'ennesima scissione del socialismo italiano [22].
I massimalisti “di sinistra”, riuniti al Café Belle Donne elessero la loro Direzione, composta da Angelica Balabanoff, riconfermata segretaria, Sigfrido Ciccotti, Carlo Marchisio, Oreste Mombello, Pietro Refolo, Giorgio Salvi e Gino Tempia.
I massimalisti “di destra”, riuniti al Café Rivoire, elessero una Direzione composta da Pietro Nenni, segretario e direttore de L'Avvenire del Lavoratore [23], Antonio Bianchi, Franco Clerici, Ugo Coccia, Mario Gabici. Ambedue i partiti si richiamavano alla tradizione del PSI, di cui entrambi si dichiaravano eredi legittimi. Una pattuglia di “terzini” decise di confluire nel PCdI. Il PSI massimalista (PSIm) non avrà un gran futuro e si dissolverà all'inizio della seconda guerra mondiale.
Fra il PSI fusionista di Nenni e Coccia e il PSULI di Turati e Saragat si aprì un proficuo confronto sull'impostazione da dare al nuovo partito, di cui furono protagonisti soprattutto Nenni e Saragat, che trovarono un'intesa sulla base del principio condiviso “conquista rivoluzionaria della democrazia, edificazione democratica del socialismo”. Fra i fautori dell'unità due giovani, destinati a diventare famosi: Fernando De Rosa (PSI) e Sandro Pertini (PSULI).
Il congresso dell'unità [24] ebbe luogo a Parigi, nella Casa dei socialisti francesi, il 19 e il 20 luglio 1930. Nella sala campeggiavano i ritratti di Jean Jaurés e di Giacomo Matteotti, i due eroi socialisti assassinati dalla reazione ed era presieduto da Filippo Turati, l'autore dell'Inno dei Lavoratori, le cui note risuonarono nell'aula, accanto a quelle dell'Internazionale e di Bandiera Rossa. Erano presenti il presidente dell'Internazionale Operaia Socialista Emile Vandervelde e il segretario Friedrich Adler.
Coccia fu relatore sul tema Il Partito Socialista e la Concentrazione Antifascista. Approvate all'unanimità la Carta dell'Unità e tutte le altre relazioni, fu costituito il nuovo Partito, denominato Partito Socialista Italiano/Sezione dell'Internazionale Operaia Socialista (PSI/IOS).
Segretario politico fu eletto Ugo Coccia, con segretario amministrativo Oddino Morgari, con direttori del giornale Pietro Nenni e Pallante Rugginenti. Fu anche costituito un Comitato Esecutivo, composto dal segretario Coccia e da Modigliani, Nenni, Rugginenti e Saragat. Con la segreteria Coccia il PSI/IOS venne organizzato in nove Federazioni. Cinque coprirono la Francia, una il Lussemburgo, una la Svizzera, una il Belgio e un’altra l’Argentina.
Fu Coccia a firmare, nel luglio 1931 l'accordo con Giustizia e Libertà [25] per il lavoro clandestino in comune, in Italia e all'estero.
Nel primo congresso (Parigi, 18-19/12/1927) il loro partito assunse la denominazione di Partito Socialista Unitario dei Lavoratori Italiani (PSULI), con organo il quindicinale Rinascita Socialista [14], diretto da G. E. Modigliani, che uscirà nel 1928. Il PSULI aderiva all'IOS e alla Concentrazione, dove era rappresentato da Modigliani e da Treves.
I due leader massimalisti-antagonisti, Balabanoff e Nenni, nell'aprile 1927 furono designati come rappresentanti del PSI nella Concentrazione di Azione Antifascista (1927-1934) [15], che Coccia riteneva lo strumento più adeguato per combattere la dittatura fascista. La Balabanoff fu anche cooptata nella Direzione del PSI [16].
All'approssimarsi del convegno di Marsiglia fissato per il 15 gennaio 1928, tre componenti erano presenti nel PSI:
quella dei “terzini” [17], che avevano il loro punto di forza nella sezione di Parigi che, accusata fi frazionismo, finirà sciolta e molti suoi esponenti saranno espulsi dal partito;
quella fusionista, capeggiata da Nenni, che invece, per meglio combattere il fascismo, auspicava la fusione col PSULI. Anche questo gruppo avrà i suoi espulsi per frazionismo;
quella massimalista ortodossa, fedele alle direttive della Direzione italiana: divieto di frazionismo e nessuna fusione né coi comunisti né coi riformisti.
Queste direttive furono espressamente ribadite sull'Avanti! del 18 dicembre 1927):
La Direzione del Partito ha deliberato di vietare al prossimo Convegno di Marsiglia ogni e qualsiasi discussione intorno alla tattica del Partito. Ci ha fatto saper poi che non si presenterà dimissionaria e che accetterà soltanto di sottoporre ai compagni d'Italia le eventuali modificazioni (dettagli) della sua composizione che il Convegno credesse di proporre.
Pure illusioni! Tentare di mettere la museruola a un convegno socialista è impresa quasi impossibile. E infatti il dibattito, cui parteciparono 30 delegati, non solo non si limitò, come si voleva, alle sole questioni organizzative, ma risultò molto vivace, al punto che al convegno furono presentate tre distinte mozioni: quella di “Difesa Socialista” (massimalista), che prevalse di poco; quella fusionista, firmata da Filippo Amedeo, molto vicino a Nenni [18], e alcune di singole federazioni.
La Direzione risultò immutata, ma comunque rimaneggiata, in quanto quattro suoi componenti avevano chiesto di essere sollevati dall'incarico per ragioni di distanza: Domenico Armuzzi, Dante Lombardo e Carlo Pedroni in quanto residenti in Svizzera e Gino Tempia, residente a Nizza. Ai quattro subentrarono, oltre la Balabanoff, in precedenza cooptata, Filippo Amedeo, Carlo Marchisio e Armando Sangiorgi [19].
Nella riunione della Direzione del PSI del 19 febbraio 1928, nuova segretaria del Partito fu eletta Angelica Balabanoff, sostenuta da un Comitato Esecutivo composto da Giorgio Salvi, Giovanni Bordini, Siro Burgassi e Ugo Coccia, il quale fu anche designato ad affiancare Nenni nella Concentrazione, in sostituzione della Balabanoff, divenuta segretaria. La direzione politica del giornale era assunta dal Comitato Esecutivo, mentre Ugo Coccia continuava a esserne il capo-redattore.
Le conclusioni del febbraio 1928 non furono considerate soddisfacenti da coloro che si battevano per l'unità socialista, come Nenni [20], la cui parola d'ordine era Rinnovarsi o sparire, e Amedeo. Ma anche altri elementi della maggioranza, come Franco Clerici e Ugo Coccia, cominciavano a mostrare insofferenza per le rigidezze ideologiche della maggioranza. La differenziazione della posizione di Coccia dal resto della maggioranza venne esplicitamente ufficializzata a conclusione dei lavori della Direzione del 4-5 agosto 1928, quando egli presentò una propria mozione che ebbe il suo solo voto, in cui, fra l'altro si diceva:
Il PSI rivendica il proprio carattere di partito unitario di tutta la classe operaia del nostro Paese. Tale nacque nel 1892. Tale si è mantenuto durante i 36 anni di vita e di lotte che lo onorano, rifiutando sempre ogni trasformazione che ne facesse il partito di una frazione, di una tendenza, di una setta del socialismo italiano.
E' solo nel PSI quindi che i partiti formatisi ai suoi margini in seguito alle scissioni, sulla base di programmi di frazione e di tendenza, possono ricostituire quell'unità delle forze socialiste italiane che, concordemente, in Italia come nei centri di emigrazione, le masse proletarie invocano quale elemento di lotta e di vittoria contro la dittatura fascista. […].
Riafferma che il sistema della democrazia interna di partito é la base della costituzione del PSI, sistema che permette di risolvere tutte le insopprimibili divergenze tattiche con la disciplina più leale delle minoranze ai deliberati della maggioranza degli iscritti in Italia e all'estero [...] [21]
La tensione aumentò fino al punto di spingere Coccia a presentare le dimissioni dalla redazione dell'Avanti! e dal Comitato Esecutivo del PSI. Dimissioni che la Direzione si affrettò ad accettare: il Comitato Esecutivo rimaneva esso stesso il responsabile politico del giornale, mentre redattore-capo diventava la segretaria del Partito. La rigidezza della Balabanoff e la fermezza di Nenni nel sostenere la necessità dell'unificazione col PSULI infuocarono un dibattito già acceso anche nelle Federazioni. Un gruppo di 58 fusionisti fu espulso.
Si arrivò così al convegno di Grenoble del 16-17 marzo 1930, con due gruppi contrapposti: quello fedele alla Direzione e quello che sosteneva le posizioni di Nenni, cui si erano aggiunti i seguaci di Ugo Coccia e di Franco Clerici. Alla vigilia del convegno di Grenoble si incontrarono i rappresentanti de massimalisti ortodossi, capeggiati da Balabanoff con una delegazione dei fusionisti, guidati da Nenni. La richiesta di quest'ultimo di revocare l'espulsione dei 58 fusionisti fu respinta e si ebbe la rottura fra le due parti, cioè l'ennesima scissione del socialismo italiano [22].
I massimalisti “di sinistra”, riuniti al Café Belle Donne elessero la loro Direzione, composta da Angelica Balabanoff, riconfermata segretaria, Sigfrido Ciccotti, Carlo Marchisio, Oreste Mombello, Pietro Refolo, Giorgio Salvi e Gino Tempia.
I massimalisti “di destra”, riuniti al Café Rivoire, elessero una Direzione composta da Pietro Nenni, segretario e direttore de L'Avvenire del Lavoratore [23], Antonio Bianchi, Franco Clerici, Ugo Coccia, Mario Gabici. Ambedue i partiti si richiamavano alla tradizione del PSI, di cui entrambi si dichiaravano eredi legittimi. Una pattuglia di “terzini” decise di confluire nel PCdI. Il PSI massimalista (PSIm) non avrà un gran futuro e si dissolverà all'inizio della seconda guerra mondiale.
Fra il PSI fusionista di Nenni e Coccia e il PSULI di Turati e Saragat si aprì un proficuo confronto sull'impostazione da dare al nuovo partito, di cui furono protagonisti soprattutto Nenni e Saragat, che trovarono un'intesa sulla base del principio condiviso “conquista rivoluzionaria della democrazia, edificazione democratica del socialismo”. Fra i fautori dell'unità due giovani, destinati a diventare famosi: Fernando De Rosa (PSI) e Sandro Pertini (PSULI).
Il congresso dell'unità [24] ebbe luogo a Parigi, nella Casa dei socialisti francesi, il 19 e il 20 luglio 1930. Nella sala campeggiavano i ritratti di Jean Jaurés e di Giacomo Matteotti, i due eroi socialisti assassinati dalla reazione ed era presieduto da Filippo Turati, l'autore dell'Inno dei Lavoratori, le cui note risuonarono nell'aula, accanto a quelle dell'Internazionale e di Bandiera Rossa. Erano presenti il presidente dell'Internazionale Operaia Socialista Emile Vandervelde e il segretario Friedrich Adler.
Coccia fu relatore sul tema Il Partito Socialista e la Concentrazione Antifascista. Approvate all'unanimità la Carta dell'Unità e tutte le altre relazioni, fu costituito il nuovo Partito, denominato Partito Socialista Italiano/Sezione dell'Internazionale Operaia Socialista (PSI/IOS).
Segretario politico fu eletto Ugo Coccia, con segretario amministrativo Oddino Morgari, con direttori del giornale Pietro Nenni e Pallante Rugginenti. Fu anche costituito un Comitato Esecutivo, composto dal segretario Coccia e da Modigliani, Nenni, Rugginenti e Saragat. Con la segreteria Coccia il PSI/IOS venne organizzato in nove Federazioni. Cinque coprirono la Francia, una il Lussemburgo, una la Svizzera, una il Belgio e un’altra l’Argentina.
Fu Coccia a firmare, nel luglio 1931 l'accordo con Giustizia e Libertà [25] per il lavoro clandestino in comune, in Italia e all'estero.
Ugo Coccia non ebbe il tempo di dispiegare tutte le sue potenzialità, poiché la morte lo colse giovanissimo a Hyéres, una località di villeggiatura della Costa Azzurra, la sera del 23 dicembre 1932, a causa di una cardiopatia contratta durante la permanenza al fronte nel corso della prima guerra mondiale.
Questo il comunicato ufficiale della Direzione del Partito, pubblicato il 1° gennaio 1933 sull'Avanti! di Zurigo, organo del PSI/IOS:
La Direzione del Partito partecipa la morte del compagno Ugo Coccia. Il segretario generale del Partito si è spento a Hiéres nel Var, il 23 dicembre dopo una lunga malattia, fronteggiata con stoico coraggio, nel tragico dubbio di una prossima fine, ma con la indomita volontà di consacrare fino le ultime energie al Socialismo.
La Direzione addita UGO COCCIA, la sua vita onesta ed operosa in esempio a tutti i compagni; inchina la bandiera abbrunata del partito sulla sua tomba; saluta con profonda commozione la vedova, il padre, i piccoli figli.
La battaglia continua.
Un articolo dello stesso giornale, in prima pagina, a firma NOI, forse attribuibile a Nenni, rievocava la vicenda umana e politica di Coccia, così fortemente intrecciate:
L'anno 1932 sarà stato spietato fino alla fine. Quando si annunciava il soffio della primavera ci strappò Turati [26]; sulla soglia dell'inverno ci strappa la giovinezza minata di Ugo Coccia. Quale schianto per il partito. Quale schianto per la nostra amicizia.
Ugo Coccia era da anni un condannato a morte. In guerra la morte l'aveva lasciato sopravvivere, ma accaparrandoselo per un domani più o meno lontano. Ma egli era un condannato a morte che amava la vita e che sapeva diffondere attorno a sé l'onda di una giovinezza le cui fondamentali doti umane erano la socievolezza, la bontà, l'ottimismo e l'intelligenza. Così, anche nelle ore in cui il suo povero cuore anchilosato lo faceva soffrire di più, non perdeva coraggio né lasciava spegnere in lui l'ingenua letizia che ne faceva un bambino. Dal fondo del suo letto di malato intravvedeva l'alba di giorni meno ingrati e sorrideva a questa speranza.
Tale nella vita privata, tale nella pubblica. S'era dato al Partito tutto intero, senza debolezze, ricco di fede, senza illusioni sulla gravità dei tempi e dei compiti; nella piena coscienza che il Partito avrebbe superate tutte le difficoltà e sormontati tutti gli ostacoli; ma sapendo anche il prezzo che le nostre generazioni hanno da pagare per riconquistare al socialismo italiano diritto di città e pienezza di sviluppo.
Ci scriveva, appena qualche giorno fa: “La salute va discretamente ma quanto lontana ancora la guarigione relativa che posso solo sperare!”.
Poi, con un passaggio quasi insensibile, venendo all'argomento delle nostre lotte, burlava quelli che per rientrare in Italia vorrebbero che il popolo italiano faccia prima la rivoluzione e vada a Modane a riceverli con la musica”. Ed aggiungeva: “Per me il dovere é di rientrare non appena si potrà lottare, raccogliere ancora molti sputi e riapprendere la via del carcere”.
Povero Ugo!
Tu non rientrerai in Italia, né per raccogliere sputi, né per fare olocausto di te. Tu ci lasci a mezza via, rendendo più triste e solitaria la nostra milizia.
Tu non vedrai farsi uomo il tuo piccolo Franco, né crescere Mirella, fiore di gentilezza sbocciato fra gli effluvi della Provenza. Tu non vedrai il socialismo trionfare in Italia.
Quale strazio per i tuoi, per tua moglie che non viveva che di te, per il tuo vecchio babbo…
Ma quale strazio anche per il Partito che ti amava e nel cui ricordo imperituro rivivranno i tuoi migliori e più alti pensieri.
Addio Ugo Coccia!
E noi, compagni, serriamoci più fraternamente gli uni agli altri, anche per pietà di questo esilio che si svolge fra le tombe e i lutti.
Questo il comunicato ufficiale della Direzione del Partito, pubblicato il 1° gennaio 1933 sull'Avanti! di Zurigo, organo del PSI/IOS:
La Direzione del Partito partecipa la morte del compagno Ugo Coccia. Il segretario generale del Partito si è spento a Hiéres nel Var, il 23 dicembre dopo una lunga malattia, fronteggiata con stoico coraggio, nel tragico dubbio di una prossima fine, ma con la indomita volontà di consacrare fino le ultime energie al Socialismo.
La Direzione addita UGO COCCIA, la sua vita onesta ed operosa in esempio a tutti i compagni; inchina la bandiera abbrunata del partito sulla sua tomba; saluta con profonda commozione la vedova, il padre, i piccoli figli.
La battaglia continua.
Un articolo dello stesso giornale, in prima pagina, a firma NOI, forse attribuibile a Nenni, rievocava la vicenda umana e politica di Coccia, così fortemente intrecciate:
L'anno 1932 sarà stato spietato fino alla fine. Quando si annunciava il soffio della primavera ci strappò Turati [26]; sulla soglia dell'inverno ci strappa la giovinezza minata di Ugo Coccia. Quale schianto per il partito. Quale schianto per la nostra amicizia.
Ugo Coccia era da anni un condannato a morte. In guerra la morte l'aveva lasciato sopravvivere, ma accaparrandoselo per un domani più o meno lontano. Ma egli era un condannato a morte che amava la vita e che sapeva diffondere attorno a sé l'onda di una giovinezza le cui fondamentali doti umane erano la socievolezza, la bontà, l'ottimismo e l'intelligenza. Così, anche nelle ore in cui il suo povero cuore anchilosato lo faceva soffrire di più, non perdeva coraggio né lasciava spegnere in lui l'ingenua letizia che ne faceva un bambino. Dal fondo del suo letto di malato intravvedeva l'alba di giorni meno ingrati e sorrideva a questa speranza.
Tale nella vita privata, tale nella pubblica. S'era dato al Partito tutto intero, senza debolezze, ricco di fede, senza illusioni sulla gravità dei tempi e dei compiti; nella piena coscienza che il Partito avrebbe superate tutte le difficoltà e sormontati tutti gli ostacoli; ma sapendo anche il prezzo che le nostre generazioni hanno da pagare per riconquistare al socialismo italiano diritto di città e pienezza di sviluppo.
Ci scriveva, appena qualche giorno fa: “La salute va discretamente ma quanto lontana ancora la guarigione relativa che posso solo sperare!”.
Poi, con un passaggio quasi insensibile, venendo all'argomento delle nostre lotte, burlava quelli che per rientrare in Italia vorrebbero che il popolo italiano faccia prima la rivoluzione e vada a Modane a riceverli con la musica”. Ed aggiungeva: “Per me il dovere é di rientrare non appena si potrà lottare, raccogliere ancora molti sputi e riapprendere la via del carcere”.
Povero Ugo!
Tu non rientrerai in Italia, né per raccogliere sputi, né per fare olocausto di te. Tu ci lasci a mezza via, rendendo più triste e solitaria la nostra milizia.
Tu non vedrai farsi uomo il tuo piccolo Franco, né crescere Mirella, fiore di gentilezza sbocciato fra gli effluvi della Provenza. Tu non vedrai il socialismo trionfare in Italia.
Quale strazio per i tuoi, per tua moglie che non viveva che di te, per il tuo vecchio babbo…
Ma quale strazio anche per il Partito che ti amava e nel cui ricordo imperituro rivivranno i tuoi migliori e più alti pensieri.
Addio Ugo Coccia!
E noi, compagni, serriamoci più fraternamente gli uni agli altri, anche per pietà di questo esilio che si svolge fra le tombe e i lutti.
Il nuovo congresso del PSI/IOS era fissato per il 1° gennaio 1933. Toccherà a Nenni sostituire Coccia nel ruolo di relatore.
- Il PCdI era sorto nel gennaio 1921 da una scissione dei “Comunisti puri” dal PSI.
- Su tale avvenimento si suggerisce il libro di Emilio Lussu Marcia su Roma e dintorni, autentico capolavoro della letteratura italiana, oltre che prezioso documento storico.
- Con la significativa astensione del segretario del partito Domenico Fioritto.
- Il congresso si tenne a Milano dal 15 al 17 aprile 1923.
- I riformisti , il 29-11-1925, si riorganizzarono in un nuovo partito: il Partito Socialista dei Lavoratori italiani (PSLI).
- Unica eccezione Giuseppe Romita.
- Alla fine della seconda guerra mondiale il movimento operaio mondiale si spaccò in tre diverse organizzazioni internazionali: a) la Seconda Internazionale, ricostruita per impulso dei laburisti britannici; b) la Terza Internazionale o Internazionale Comunista fondata per iniziativa dei bolscevichi russi e l'Internazionale di Vienna, detta anche Internazionale due e mezzo, che organizzava i partiti centristi pacifisti che erano stati contro la guerra (fra di essi il PSU di Matteotti). L'Internazionale di Vienna si proponeva l'unificazione delle tre organizzazioni. Fallito tale progetto, essa fini per fondersi con la Seconda Internazionale (congresso di Amburgo del 21-25/5/1923), dando vita all'Internazionale Operaia Socialista (IOS). Non tutti i partiti membri dell'Internazionale di Vienna furono d'accordo con tale scelta: una minoranza di sinistra non aderì alla fusione e creò (Berlino, 30-12-1924) l' “Ufficio Internazionale d'Informazione dei partiti socialisti rivoluzionari”. In un successivo convegno del 1926 tale organizzazione trasferì la sua centrale a Parigi ed elesse propria segretaria Angelica Balabanoff.
- Anna Montiroli, nata a Poggio Mirteto, divenne famosa per essere stata eletta consigliera comunale di Roccantica, il 31 marzo 1946, dunque nelle prime elezioni democratiche dopo il fascismo. Il pomeriggio dell'8-4-1946 fu eletta anche sindaco (1946-1951) della cittadina, risultando tra le prime 10 donne elette sindaco in Italia.
- Franco Coccia, nato a Parigi il 30-4-1929, avvocato, nel 1946 si iscrisse al PCI. Fu consigliere comunale di Rieti e deputato nazionale dal 1963 al 1979. Morì a Roma il 23-11-2017.
- La Balabanoff aveva fatto parte della Direzione intransigente rivoluzionaria del PSI, con segretario Costantino Lazzari eletta nel congresso di Reggio Emilia del 1912.
- I comunisti definirono questa organizzazione l'Internazionale due e tre quarti. L'ex deputato riformista Emanuele Modigliani la definì l'Internazionale Balabanoff.
- In nome di questa disposizione saranno radiati dal partito consistenti gruppi di terzinternazionalisti e di fusionisti (col PSULI).
- Nenni era stato membro della Direzione del PSI in Italia e condirettore dell'Avanti!
- Il giornale fu pubblicato dal 25-4-1928 al luglio 1930, cioè fino alla vigilia del congresso di unificazione socialista. Vi scrivevano, fra gli altri, Claugio Treves, Giuseppe Saragat, Pallante Rugginenti. Un'eccellente ristampa anastatica dell'intera cronologia della rivista é stata curata dalla nota storica Donatella Cherubini per Piero Lacaita Editore.
- La Concentrazione era un organismo unitario dell'emigrazione antifascista (esclusi i comunisti). Ne facevano parte il PSI, il PSULI, il PRI, la Lega italiana per i diritti dell'uomo e la CGdL, ricostituita all'estero dal sindacalista socialista Bruno Buozzi. Il suo settimanale La Libertà era diretto da Claudio Treves. Treves e Modigliani vi rappresentavano il PSLI.
- Si legge sull'Avanti! in esilio dell'11-12-1927: Più tardi, essendo stata nominata a rappresentare il PSI in seno alla Concentrazione ed essendosi perciò trasferita nella città, sede del Partito, i compagni d'Italia designavano a far parte della Direzione la compagna Angelica Balabanoff.
- Così erano detti i terzinternazionalisisti rimasti nel PSI, favorevoli all'adesione alla Terza Internazionale. Si trattava degli ultimi residui dei terzini, in quanto la maggior parte di loro era già confluita nel PcdI nel 1924, tranne il gruppo di Costantino Lazzari.
- Nenni e la Balabanoff erano assenti per motivi diversi.
- La Direzione risultò dunque composta da Angelica Balabanoff, Ugo Coccia, Filippo Amedeo, Giorgio Salvi, Siro Burgassi, Giovanni Bordini, Carlo Marchisio, Alfredo Masini e Armando Sangiorgi.
- Nel giugno 1928 Nenni pubblicò le sue “Tesi sulla unità socialista”.
- In Avanti! del 12-8-1928.
- Va probabilmente fatta risalire a questo episodio la contrapposizione politica nei confronti di Nenni della rivoluzionaria Balabanoff che, dopo aver avversato, "da sinistra", Nenni per la sua politica unitaria e l'intesa con Saragat, per l'unificazione coi riformisti del PSULI, nel 1947 lo avverserà "da destra" per la sua politica unitaria nei confronti del PCI ed aderirà alla socialdemocrazia di Saragat.
- Il giornale dal 22.3.1930 si chiamerà Avanti!. Un ricorso giudiziario darà però ragione alla Balabanoff, per cui il giornale di Nenni avrebbe potuto continuare a chiamarsi Avanti! fin quando sarebbe stato pubblicato in Svizzera, mentre, se pubblicato in Francia, avrebbe dovuto intitolarsi Nuovo Avanti (senza punto esclamativo).
- Vi parteciparono 47 delegati, in rappresentanza di 1017 iscritti per il PSI fusionista e 50 delegati in rappresentanza di 811 iscritti al PSULI. Dopo un anno gli iscritti raddoppiarono.
- Movimento politico liberalsocialista fondato nel 1929 da Carlo Rosselli e altri.
- Filippo Turati era morto a Parigi il 23-3-1932.
Fonte: di Ferdinando Leonzio